Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

3 febbraio 2011

Dalle carte segrete svelate dal sito di Assange nuovi sconcer-tanti dettagli. Un gruppo eritrei intercettato il primo luglio 2009 a 33 miglia da Lampedu¬sa è stato picchiato dai militari italiani: «Almeno sei feriti».
GABRIELE DEL GRANDE
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l'Unità 3 febbraio 2011
Eritrei pestati dai militari della ma¬rina italiana durante i respingimenti in Libia e l'ambasciatore italiano a Tripoli che fa finta di niente e si nega alle pressanti richieste dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite. Emergono altri sconcertanti dettagli nei cable dell'ambasciata americana in Libia diffusi in rete da Wikileaks.
In particolare in un documento riservato, datato 5 agosto 2009. L'ambasciatore americano Gene Cretz ha appena incontrato il direttore dell'Alto commissariato dei rifugiati a Tripoli, l'iraqeno Mohamed Alwash, in piena stagione di respingimenti. Oggetto della riunione è la definizione di un piano di accoglienza negli Stati Uniti di un gruppo di rifugiati politici eritrei respinti dall'Italia e detenuti a Misratah. Ma ben presto la discussione si sposta su altro. Alwash è una persona moderata. Ma ci sono due cose che proprio non gli sono andate giù. La prima è il pestaggio degli eritrei respinti dalla Marina militare italiana il primo luglio. La seconda è l'ostruzionismo dell'ambasciatore italiano a Tripol, Francesco Trupiano.
È il primo luglio 2009. A 33 miglia a sud di Lampedusa viene intercettata una imbarcazione con 89 passeggeri a bordo, tra cui 75 eritrei (comprese 9 donne e tre bambini). Racconta Alwash all'ambasciatore americano: «Quando l'imbarcazione è stata intercettata, tre degli eritrei hanno chiesto di parlare con il comandante della nave italiana per informarlo del loro status di rifugiato. Diversi passeggeri hanno mostrato al comandante i loro attestati rilasciati dagli uffici dell'Alto commissariato dei rifugiati delle Nazioni Unite». Ma il comandante è intransigente. Dice che c'è un «ordine tassativo del governo italiano di riportare i migranti in Libia», e quindi ordina a tutti di salire sulla nave italiana diretta verso la Libia. Al rifiuto degli 15eritrei i militari italiani passano alle maniere forti. Alwash riferisce di «scontri fisici tra i migranti e l'equipaggio italiano che si concludono con alcuni degli africani picchiati dagli italiani con bastoni di plastica e di metallo». Il bilancio degli scontri è di «almeno sei feriti». Alcuni dei passeggeri «filmano l'incidente con il proprio cellulare, e a quel punto l'equipaggio italiano decide di confiscare tutti i telefoni cellulari, i documenti e gli oggetti personali, che non sono ancora stati restituiti». Al rifiuto delle autorità libiche di inviare una propria motovedetta per il trasbordo, gli eritrei sono «consegnati a una piattaforma petrolifera dell'Eni al largo delle coste della Libia», quella di Bahr Essalam, da dove poi vengono portati a terra e detenuti. Dopo due giorni di insistenti richieste, gli operatori delle Nazioni Unite ottengono l'autorizzazione a incontrare il gruppo dei respinti. Le 9 donne e i 3 bambini si trovano nel campo di Zawiyah. Tra loro c'è «una donna incinta con urgente bisogno di cure mediche». A Zuwarah invece incontrano gli uomini. Sei di loro hanno ancora i punti di sutura sulla testa e sul viso.
Alwash sollecita il governo italiano, ma non arrivano risposte Agli americani confida di ritenere che «il governo italiano faccia intenzionalmente ostruzionismo alle Nazioni Unite». In particolar modo nella figura dell'ambasciatore italiano a Tripoli, Francesco Trupiano. Alwash dice che «Trupiano si rifiuta di incontrarsi con l'Unhcr» e che ha saputo che Trupiano dice di lui che è soltanto un «piantagrane». Trupiano, dice Alwash, è concentrato soltanto sui respingimenti e dice addirittura di non sapere niente di un iniziale accordo tra Nazioni Unite e governo italiano per riportare in Italia una ventina dei 93 titolari di asilo politico che le Nazioni Unite hanno identificato tra i respinti in Libia. Tutti elementi che lo portano a concludere che «l'accordo di cooperazione tra Italia e Libia per respingere i migranti intercettati nel Mediterraneo verso la Libia, stia violando i diritti umani dei migranti e mettendo in pericolo i richiedenti asilo». Un altro documento, dopo il cable di ieri, che raccomandiamo di utilizzare agli avvocati dei due processi ancora in piedi contro i respingimenti, nella speranza che sebbene a due anni di distanza dai fatti, si possa ristabilire la ragione del diritto sopra la ragione politica



Un altro "golpe" dei pm: liberano i clandestini
Libero 3 febbraio 2011
CRISTIANA LODI
Mantova, Firenze, Cesena, Genova e adesso anche il Veneto intero, con otto procure, si coalizza contro la Bossi-Fini.
Le toghe scelgono l'Europa (...) (...) e affondano la legge nazionale, ritenendola inapplicabile alla luce delle norme che "suggeriscono" interpretazioni a favore degli immigrati sorpresi in Italia senza permesso. Stop all'arresto del clandestino e via al rimpatrio volontario.
L'Europa aveva dato all'Italia due anni di tempo per adeguarsi. Il termine, come noto, è scaduto il 24 dicembre senza che lo Stato italiano abbia preso una decisione in merito. Così il caos normativo ha per-messo che il virus del rimpatrio volontario contagi i più importanti tribunali italiani: compresi quelli presenti in terra leghista.
La Bossi-Fini punisce i casi in cui l'irregolare, una volta espulso, non se ne va. Se non   rispetta   l'ordine   del questore, vale a dire se non lascia l'Italia dopo cinque giorni, il clandestino rischia da uno a cinque anni di carcere. La direttiva europea stabilisce invece che l'immi¬grato senza permesso si allontani spontaneamente e con tempi dilatati: fino a un mese. Così le toghe venete, dopo quelle delle Procure di altre città italiane, si appellano al concetto di inapplicabilità degli ordini di allontanamento imposti dai questori, dando così priorità alla norma-tiva europea. Secondo questa direttiva, gli ir¬regolari eventualmente ammanettati,  dovranno essere scarcerati subito. Qualora l'ordine di allontanamento imposto dal questore fosse precedente il 24 dicembre, la Procura può sospendere il processo e chiedere al giudice di porre un quesito sulla norma da applicare alla Corte di giustizia europea o alla Consulta. Ma cambia poco anche quando la direttiva del questore è successiva alla data fa-tidica: in tal caso il pm chiede al giudice l'archiviazione e la liberazione del clandestino.
La giustizia veneta, riuniti gli otto procura¬tori del distretto, ha scelto l'Europa. E adesso si prepara ad aprire le gabbie ai clandestini già arrestati, oltre che a bloccare le manette per quelli che circolano impunemente. Il vuoto creato dal conflitto normativo offre un assist favorevole al clandestino, proprio dove il cuore della Lega pulsa più forte. Non più arresti automatici, ma soltanto rimpatri volontari. Il garantismo al posto del rigore normativo. E i risultati si vedono già: secondo una stima delle procure in linea con l'Europa, nell'ultimo mese, gli arresti degli irregolari sono crollati del 90 per cento. Alla faccia della Bossi-Fini, del decreto Maroni, degli arresti e dei processi.
I magistrati,  soprattutto quelli del Veneto e per bocca del   procuratore   generale Pietro Calogero, si appellano «al rispetto della libertà e della dignità degli immigrati. Alla necessità (seppure ardua,  aggiungiamo noi)  di contemperare questi diritti sacrosanti «con il problema della  sicurezza».  La Lega, com'è  ovvio,  non  ci  sta. Giampaolo Gobbo, sindaco di Treviso, rende l'idea: «L'Europa chiede di non arrestare i clandestini? Allora dia i mezzi per fronteggiare i problemi legati all'immigrazione e alla criminalità. Se non è in grado di farlo, imporre una legge di questo tipo è scorretto». Di più, aggiunge Gobbo: «È la prova che il popolo sovrano non vale nulla. Bisognerebbe fare come negli paesi anglosassoni, dove i magistrati vengono eletti dal popolo e non sono funzionari dello Stato».



Emergenza abitativa degli immigrati, soluzioni al vaglio

la Provincia 3 febbraio 2011
Ri.Re
finito sotto la lente d'ingrandimento dell'amministrazione comunale il disagio abitativo degli immigrati che risiedono a Terracina. Proprio per analizzare il fenomeno nei giorni scorsi si è svolto il preannunciato incontro tra l'assessore ai Servizi Sociali Francesco Zicchieri, il presidente dell'Azienda Speciale Valerio Golfieri e il responsabile dell'associazione «Maison Babel» Shadadi Ali. Quest'ultimo ha illustrato i risultati delle interviste realizzate presso lo sportello per l'immigrazione, attivato nei mesi scorsi in via Giacomo Leopardi, mettendo in evidenza come molto spesso i cittadini immigrati non riescano a trovare un'abitazione in affitto pur avendo il regolare permesso di soggiorno e un lavoro stabile. «Una situazione del genere - ha dichiarato Shadadi Ali- oltre che frutto del pregiudizio, dipende anche dalla mancanza di informazioni da parte dei cittadini immigrati». Francesco Zicchieri e Valerio Golfieri hanno preso atto del quadro dettagliato fornito dal responsabile di «Maison Babel», sottolineando il lavoro importante che sta svolgendo lo sportello immigrazione. Quanto al problema abitativo, sono state individuate alcune possibili iniziative, come la costituzione di un'agenzia per la casa che, utilizzando fondi regionali disponibili, potrebbe svolgere la funzione di informazione e facilitazione dei rapporti tra potenziali inquilini e affittuari. Un'altra ipotesi ventilata sarebbe l'assegnazione di contributi di 250 euro al mese per pagare l'affitto delle famiglie immigrate con redditi bassi e almeno 5 anni di residenza a Terracina. Le varie proposte finiranno in un delibera quadro che sarà sottoposta all'approvazione della giunta comunale.



Un corso di aggiornamento professionale per operatori delle anagrafi, degli sportelli immigrati e dei servizi sociali.

Iniziativa congiunta dei Comuni di Ravenna, Parma e Ferrara. 8 lezioni in diretta streaming.
ImmigrazioneOggi 3 febbraio 2011
Un corso di aggiornamento professionale per operatori delle anagrafi, degli sportelli immigrati e dei servizi sociali: è l’iniziativa promossa dal Comune di Ravenna in collaborazione con i Comuni di Parma e di Ferrara, il CSII di Ferrara, Agi e Anusca e con il patrocinio della Regione Emilia Romagna.
A partire dall’8 febbraio, otto lezioni per approfondire la normativa sul soggiorno, le politiche dell’immigrazione nell’Unione europea alla luce del Trattato di Lisbona, i procedimenti amministrativi, le cause e gli strumenti contro la discriminazione, gli aggiornamenti informatici. Il corso, giunto alla sua terza edizione, si svolge a Parma e in diretta web in due sedi allestite presso la Provincia di Reggio Emilia e il Comune di Castelnovo ne’ Monti. I workshop si possono inoltre seguire in diretta streaming sul portale di Lepida.



Test di italiano: pubblicati i calendari di Palermo, Crotone e Treviso.

Oggi inizia il capoluogo veneto con 158 candidati, a Crotone il prossimo 7 febbraio, a Palermo il 15 febbraio con 39 prenotazioni.
ImmigrazioneOggi 3 febbraio 2011
I primi test d’italiano per gli stranieri richiedenti il permesso di soggiorno CE di lungo periodo residenti nella provincia di Crotone si svolgeranno nel capoluogo il 7 febbraio, alle ore 14.30, presso l’Istituto comprensivo “Cutuli” in via Boccioni, 1.
Nel capoluogo siciliano l’esame è in programma per il 15 febbraio, alle ore 14.30, presso l’Istituto comprensivo statale Ctp “Eda Antonio Ugo” in via E. Arculeo, 39. Alla prova parteciperanno 39 cittadini stranieri.
A Treviso inizierà oggi, alle 18.30, la prova per 158 richiedenti il permesso di lungo periodo presso gli Istituti comprensivi Asolo, Conegliano 1 e le Scuole medie statali Martini e Coletti di Treviso.
La Prefettura del capoluogo veneto ha reso noto anche il calendario 2011 delle sessioni di esame che avranno inizio il 22 marzo, 10 maggio, 28 giugno, 23 agosto, 11 ottobre e 29 novembre.
Sul sito della prefettura di Treviso è attiva inoltre la casella di posta elettronica dedicata alla procedura relativa al test. La casella è accessibile dall'icona “Scrivi @l Prefetto”, facendo scorrere il menu a tendina alla voce “Argomento” su “Comunicazione all’Ufficio Test d’italiano”. Tale casella può essere utilizzata per comunicazioni e richieste informazioni all’ufficio.



Cina, record anche l'emigrazione

Avvenire 3 febbraio 2011
STEFANO VECCHIA
Il 3 febbraio i cinesi festeggiano il loro Capodanno. L'ingresso nell'Anno del Coniglio, considerato di buon auspicio per l'incerto orizzonte economico mondiale, vede nella madrepatria cinese un flusso enorme di viaggiatori in spostamento dalle sedi di residenza abituale a quelle di origine, ma anche un intenso flusso di cinesi verso l'estero che da giorni si incrocia con quello degli emigranti al rientro per l'occasione. La più grande migrazione planetaria rispecchia ampiezza e limiti della demografia cinese: 240 milioni di cinesi all'interno e 15 milioni di migranti sposteranno per qualche giorno gli equilibri di popolazione del grande Paese asiatico, mettendo in crisi non soltanto i sistemi di trasporto, ma avendo un notevole impatto sull'intera rete aerea mondiale e quella ferroviaria panasiatica. Nella solo Cina popolare, si calcola che nel periodo di una quarantina di giorni che connette il Capodanno cinese al Festival della Primavera, saranno oltre due miliardi e mezzo i viaggi intrapresi, con ogni mezzo, da cinesi della madrepatria e della diaspora. Uno straordinario movimento di persone che rispecchia anche le dimensioni, ragioni e le caratteristiche dell'emigrazione cinese, la quale soprattutto in questo periodo mostra i suoi risvolti economici e sociali. In un tempo in cui il flusso migratorio dalla Cina verso l'estero torna ad avere consistenza e caratteristiche di esodo e le rimesse hanno superato i 50 miliardi di dollari annui. Gli 8,34 milioni di emigranti nel 2010 -anno boom - fanno della Repubblica popolare cinese il quarto Paese al mondo come numero di partenze. I cinesi della diaspora sono sparsi per tutti i continenti, con le maggiori comunità, sovente di antico stanziamento, nel Sudest asiatico, e con la presenza più consistente fuori dall'Asia negli Stati Uniti, dove sfiorano i tre milioni. Un fenomeno migratorio antico e articolato, che nella storia ha avuto ragioni e tendenze diverse e che oggi si associa una emigrazione economica che per molti osservatori è «uno tsunami in formazione», ovvero un evento dalla portata tale da potere ridefinire il nostro secolo come «secolo cinese». La maggiore integrazione del Paese nel sistema mondiale, accelerata negli ultimi anni, l'apertura all'economia di mercato e la maggiore disponibilità di informazioni hanno minato il potere dello Stato e riconnesso i cinesi della madrepatria con le comunità della diaspora, aprendo prospettive nuove e immense in termini di potenzialità e di rischi. Già oggi molti si appellano ai governanti di Pechino, finora di fatto assente nella gestione del fenomeno migratorio, perché lo regolamenti e perché non ne faccia una valvola di sfoga da tensioni, povertà e dissidenza. Prima che diventi anche un ulteriore elemento di contrasto con la comunità internazionale.
Una famosa poesia cinese dice che «ovunque arrivano le onde dell'oceano, là arriva la diaspora cinese». Quello che il poeta suggerisce è la capacità intellettuale di aprirsi al mondo, incontrarlo, probabilmente integrarlo... Sono oggi queste le caratteristiche della diaspora cinese? Anzitutto, si tratta di un fenomeno organizzato, ma soprattutto attraverso i canali informali che gli sono propri. Logiche permanenti nell'antica Terra di Mezzo estese al mondo. Le regole confuciane e gli equilibri interni ai clan e alle famiglie ne sono la base ideologica, la necessità economica, il motore. Questo spiega la continuità delle comunità, il loro radicamento e, generalmente parlando, la loro crescita. Come l'esempio italiano illustra bene, quanti arrivano hanno già un contesto accogliente in cui situarsi, da regolari o da irregolari; hanno tetto, alloggio, cibo e coperture. Non sono necessariamente poveri, ma certamente hanno le giuste connessioni.
Questa " spontaneità" è alimentata dal sostanziale disinteresse ufficiale per il fenomeno migratorio, che per altro include anche quanti - e il trend più consistente e recente è quello che riguarda diversi Paesi africani - entrano nella Repubblica popolare cinese. Facile, a Pechino e dintorni, avere un passaporto che garantisce la partenza; a che cosa debba servire nessuno sembra pensare. Va detto che, data la posizione cinese nel sistema economico globale, finora pochi hanno premuto per un cambiamento nel senso di un maggiore regolamentazione dei flussi migratori che fanno capo a Pechino. Il Paese è partner essenziale, allo stesso tempo il suo potenziale migratorio è vasto almeno quanto le capacità eco¬nomiche che va dispiegando. La migrazione è oltre il controllo del governo, ma il governo, nel cercare di mantenere un buon rapporto con l'estero, può far leva su strumenti già in opera. Ad esempio, utilizzando secondo convenienza il sostegno in denaro alle comunità all'estero. I cinesi della diaspora sono anche ambasciatori, a livello individuale e collettivo, di civiltà e di opportunità, ma ancora più sono strumenti di compartecipazione allo sviluppo economico e culturale nei nostri tempi. La loro integrazione e un corretto controllo dei flussi sono già ora, per molti osservatori, strumenti indispensabili.



Immigrazione clandestina: otto condanne Assolti con formula piena gli italiani che figuravano all'epoca come datori di lavoro degli extracomunitari

Gazzetta del Sud online - 3 febbraio 2011
Nuccio Anselmo
Si è chiuso con otto condanne e una lunga serie di assoluzioni e prescrizioni, il processo di primo grado per l'operazione "Fox", celebrato davanti alla prima sezione penale del tribunale, presieduta dal giudice Salvatore Mastroeni. Si tratta di ben 27 persone tra extracomunitari e italiani che vennero rinviati a giudizio nel lontano marzo del 2006 dall'allora gup Marco Dall'Olio per rispondere a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina e falso. Tutti furono coinvolti nel 2004 nell'operazione denominata "Fox" della Squadra mobile. Si trattava secondo l'accusa iniziale di 19 datori di lavoro che avrebbero denunciato false emersioni dal lavoro nero di immigrati e di 8 cingalesi.
Erano coinvolti i cingalesi Nadinka Sugath Angilipolage, Sanjeewani Priyanka Liyanage Karunanayaka, Chaminda Suresh Asanka Tissera Warnakulasuriya, Sriyani Hewage Pathirana, Dilani Thanuja Andarege Dona, Henry Appuhamy Liyanage Karunanayake, Gimbam Don Andarege Appuhamy, Dimutu Thushara Maddumage; e gli italiani Salvatore Riga, Giacomo Maressa, Gianfranco Pantano, Nunziata Zerbo, Giovanna Insana, Massimo Lauritano, Santina Cairoli, Giuseppina Renda, Francesco Giardina, Anselmo Occhino, Alessandro Dana, Lucia Viola, Antonino Abbate, Agostino Previtera, Francesco Laganà, Grazia Florio, Vincenzo Fasolo, Antonia Leone, Salvatore Lauritano.
La sentenza. Gli otto cingalesi sono stati tutti condannati: Angipolage Nandika Sugath a 4 anni, 2 mesi e 4.000 euro di multa; Karunanayake Liyanage Henry Appuhamy a 3 anni, 6 mesi e 11.000 euro di multa; Karunanayake Liyanage Priyanka Sanjeewani a 3 anni e 8 mesi più 11.000 euro di multa; Appuhamy Andarage Don Gimhan a 3 anni, 6 mesi e 10.000 euro di multa; Warnakulasuriya Tissera Asanka Suresh Chaminda a 3 anni, 8 mesi e 4.000 euro di multa; Pathinara Hewage Sriyani a 3 anni, 6 mesi e 1.000 euro di multa; Andarage Dona Thanuja Dilani a 3 anni, 4 mesi e 10.000 euro di multa; infine Madawala Maddumage Thushara Dimutu a 3 anni, 4 mesi e 10.000 euro di multa.
Diversa la decisione per i diciannove datori di lavoro dell'epoca: Giovanna Insana, Salvatore Riga, Francesco Giardina, Giacomo Maressa, Gianfranco Pantano, Anselmo Occhino, Alessandro Dana, Salvatore Lauritano, Lucia Viola, Antonino Abbate, Agostino Previtera, Francesco Laganà, Grazia Florio, Vincenzo Fasolo, Antonia Leone sono stati tutti assolti con la formula «perché il fatto non sussiste», mentre Nunziata Zerbo è stata assolta con la formula «per non aver commesso il fatto». Quindi "escono" tutti dal procedimento con ampia formula assolutoria dopo una lunga "odissea giudiziaria".
I giudici hanno invece dichiarato la prescrizione dei reati per Massimo Lauritano, Santina Cairoli e Giuseppina Renda, e per un caso anche per Massimo Lauritano. Hanno registrato assoluzioni parziali da alcuni capi d'imputazione e dichiarazioni di prescrizione anche gli otto cingalesi coinvolti
L'indagine della Squadra Mobile, che fu coordinata all'epoca dall'allora procuratore aggiunto Salvatore Scalia e dal sostituto Adriana Sciglio, scattò nel giugno del 2003, e mise in luce un flusso di clandestini che dallo Sri Lanka, dietro lauti compensi all'organizzazione, giungeva in varie città italiane tra cui Messina. Il tutto organizzato da un gruppo di cingalesi con base a Messina e potenti collegamenti in Italia e all'estero (gli investigatori della Mobile agirono infatti con la collaborazione dei colleghi di Padova e Milano). Si trattò di un "giro" che quando venne smascherato andava avanti da almeno un anno. L'organizzazione utilizzava due differenti canali: da un lato pratiche di ricongiungimento a beneficio di falsi familiari di immigrati regolari, i quali giungevano a Messina dallo Sri Lanka o venivano "smistati" verso altri stati europei; dall'altro false dichiarazioni d'emersione da rapporti di lavoro "nero", che in realtà non erano mai esistiti.
Per tutti gli indagati le accuse contestate inizialmente furono di associazione finalizzata all'immigrazione clandestina e violazione dell'articolo 13 del Testo unico del 1998. I provvedimenti cautelari nel 2004 vennero siglati dal gip Antonino Genovese, su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore Scalia e dal sostituto Adriana Sciglio. Il sistema degli ingressi di clandestini nel nostro paese era parecchio redditizio per l'organizzazione, consentiva "ricavi" da un minimo di 1.000 ad un massimo di 7.500 euro, che venivano richiesti a chi voleva accedere alla falsa regolarizzazione. Con alcune complicità anche nell'amministrazione pubblica del paese d'origine e "aiuti" internazionali, l'organizzazione utilizzava le due modalità: la prima era quella di far passare i clandestini per familiari di immigrati cingalesi regolarmente presenti a Messina, magari solo ricorrendo al cambio della foto nel fascicolo che riportava tutti i dati di un parente realmente esistente; oppure si faceva leva – secondo le accuse iniziali, poi cadute al processo –, sulla complicità di messinesi, inducendoli a rilasciare la fasulla dichiarazione d'emersione dal lavoro nero alla quale poi seguiva puntualmente l'atto di licenziamento. E così il clandestino si era costituito una base in apparenza legale per prolungare la sua permanenza a Messina. I casi scoperti all'epoca dalla Mobile nel corso dell'inchiesta furono una trentina, sicuramente solo la punta dell'iceberg di un fenomeno molto più vasto e comune a molte grandi città del Paese.
L'inchiesta
L'indagine della Squadra Mobile, che fu coordinata all'epoca dall'allora procuratore aggiunto Salvatore Scalia e dal sostituto Adriana Sciglio, scattò nel giugno del 2003, e mise in luce un flusso di clandestini che dallo Sri Lanka, dietro lauti compensi all'organizzazione, giungeva in varie città italiane tra cui Messina. Il tutto organizzato da un gruppo di cingalesi con base a Messina e potenti collegamenti in Italia e all'estero (gli investigatori della Mobile agirono infatti con la collaborazione dei colleghi di Padova e Milano). Si trattò di un "giro" che quando venne smascherato andava avanti da almeno un anno. L'organizzazione utilizzava due differenti canali: da un lato pratiche di ricongiungimento a beneficio di falsi familiari di immigrati regolari, i quali giungevano a Messina dallo Sri Lanka o venivano "smistati" verso altri stati europei; dall'altro false dichiarazioni d'emersione da rapporti di lavoro "nero", che in realtà non erano mai esistiti. Per tutti gli indagati le accuse contestate inizialmente furono di associazione finalizzata all'immigrazione clandestina e violazione dell'articolo 13 del Testo unico del 1998. I provvedimenti cautelari nel 2004 vennero siglati dal gip Antonino Genovese, su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore Scalia e dal sostituto Adriana Sciglio.



Egitto - Democrazia e libertà nel mondo arabo

Eleana Marullo
www.olinews.info
martedì 1 febbraio 2011
I cambiamenti per la democrazia e la libertà ai quali stiamo assistendo in Tunisia ed Egitto e nel mondo arabo in generale sono possibili soltanto perché oggi alla presidenza negli Stati Uniti c’è Obama. I popoli arabi, infatti, hanno sempre lottato contro i regimi autoritari, sacrificandosi per la libertà; ma le rivolte sono state represse nel sangue.
Dopo il crollo del muro di Berlino, con la fine del vecchio ordine mondiale e dello spettro della guerra “fredda”, si sperava che non ci sarebbe più stato bisogno di regimi dittatoriali al servizio delle due alleanze militari (Nato e Varsavia) che si contendevano il controllo del mondo. Il cambiamento sperato non avvenne: negli Stati Uniti prevalse, fino all’avvento di Obama, la politica di un ordine mondiale basato sull’unilateralismo e sul controllo del mondo intero da parte di una sola potenza. Questa politica aveva ancora bisogno di dittature amiche alle quali era permesso di violare gravemente i diritti umani, reprimendo nel sangue le rivolte per la libertà e la democrazia. I movimenti democratici e laici nel mondo arabo sono stati distrutti nel silenzio totale delle “destre” e delle “sinistre”negli Stati Uniti e in Europa.
Obama, malgrado la forte opposizione interna, cerca di rispettare le linee della nuova politica annunciata nel discorso al mondo arabo ed islamico pronunciato nel 2009 proprio al Cairo. Ben Ali ha capito che era esaurito il vecchio appoggio totale della Casa bianca. I capi dell’esercito tunisino hanno realizzato che Ben Ali era ormai esautorato ed hanno rifiutato di sparare sul popolo in rivolta. Prima di Obama questo non sarebbe stato possibile: la repressione durissima e sanguinaria operata ai danni della popolazione passava sotto silenzio in occidente,tranne che per dittatori che si opponevano all’ordine mondiale americano.
Di Saddam e delle violazioni dei diritti umani in Iraq, ad esempio, si parlò solo dopo 1990, quando il dittatore impose l’aumento del prezzo del petrolio per la ricostruzione, alla fine della guerra decennale contro l’Iran, portata avanti per conto dell’Occidente.
Il secondo fattore che rende possibile il cambiamento nel mondo arabo è la diffusione di Internet e delle Tv satellitari (al-Jazeera) per cui è difficile tenere nascosta la repressione. La gioia per la democrazia e la libertà che stanno avanzando nel mondo arabo è mischiata al ricordo di tutte le persone che hanno lottato e sono state sconfitte anche per il silenzio dei “democratici” occidentali. E’ triste sapere che i movimenti politici di matrice religiosa e gli integralisti sono nati proprio per colmare il vuoto lasciato da queste sconfitte, con l’appoggio dell’occidente. Dopo essere stati sostenuti contro i laici arabi, sono usati ancora oggi come spauracchio per mantenere le dittature: “meglio i dittatori come Ben Ali e Mubarak che gli integralisti al potere” o “meglio i dittatori come Mubarak che una democrazia egiziana anti israeliana”.
Certo è che le posizioni contro le dittature nelle altre parti del mondo (Ucrania, Iran), sono più nette, chiare e tempestive.
Speriamo non si versi più sangue in Egitto.




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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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