Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

18 febbraio 2011

Alemanno rilancia sulle tendopoli Vertice col prefetto e il questore
Il sindaco ha spiegato che si stanno prendendo in considerazione tutte le possibilità per ospitare le persone provenienti dai campi abusivi che saranno smantellati. Il Pd: "Va a zig e zag, si fermi e dica una parola definitiva"
la Repubblica, 17-02-2011
"Tutte le soluzioni di emergenza devono essere esplorate, senza escluderne nessuna a priori". Il sindaco Gianni Alemanno smentisce di aver mai detto che le tendopoli siano un'opzione esclusa, tra quelle che si stanno prendendo in considerazione per ospitare i rom provenienti dai campi abusivi che saranno smantellati. "Dobbiamo esplorare tutte le possibili ipotesi - sottolinea Alemanno - per avere soluzioni flessibili e di emergenza, mentre continuiamo a lavorare sull'aspetto progettuale" legato ai nuovi campi nomadi.
E intanto si è concluso l'incontro in Campidoglio tra il sindaco, il prefetto della capitale, Giuseppe Pecoraro, e il questore, Francesco Tagliente. La riunione in Campidoglio, annunciata ieri dallo stesso primo cittadino, era stata convocata per fare il punto della situazione sulle misure di emergenza da adottare per poter procedere allo sgombero dei campi nomadi abusivi della città. All'uscita il prefetto e il questore si sono trincerati dietro a un garbato 'no comment'. "E' andata bene, siamo soddisfatti", si è limitato a dire Pecoraro.
Reazioni. "Come al solito il sindaco un giorno dice una cosa e quello successivo l'esatto opposto. Alemanno va a zig e zag, senza una strategia precisa", ribatte Marco Miccoli, segretario del Pd di Roma. "Registriamo lo stesso copione ondeggiante anche sulle tendopoli per i Rom - incalza Miccoli - dopo la morte dei quattro bimbi il sindaco annunciò che le prime tendopoli dovevano essere pronte già per la scorsa domenica, poi, lunedì scorso, poi ha bloccato i lavori per quella di Villa Troili, mentre ieri l'altra virata, con il sindaco che annunciava che per i Rom non ci sarebbero state tendopoli ma che sarebbero stati portati in caserme in disuso. Oggi, infine, l'ultima, ennesima, retromarcia: Alemanno boccia le caserme e rimette in campo le tendopoli per i Rom. Ma si può prendere sul serio un sindaco così?" conclude Miccoli. Critico anche Vannino Chiti, commissario del Pd Lazio e vice presidente del Senato."Sulle famose 'tendopoli'  la confusione e' grande. Il sindaco Alemanno si fermi e dica una parola definitiva".



Ieri l'incontro tra il sindaco, il prefetto Pecoraro e il questore Tagliente per fare il punto delia situazione
Alemanno ripesca l'ipotesi tendopoli
Cinque, 18-02-2011  
Immediata la reazione dei Partito Democratico, che per bocca dei commissario laziale dei Pd Vannino Chiti ha chiesto al primo Cittadino una «parola definitiva»
Le questione nomadi resta in cima alle preoccupazioni dei sindaco Alemanno, che ieri ha incontrato il prefetto Giuseppe Pecoraro e il que¬store Francesco Tagliente per fare il punto delia situazione. Nel corso del vertice convocato in Campidoglio alie quattro del pomeriggio, s'è affrontato nuovamente il problema degli insediamenti per rom e sinti in attesa che il piano nomadi predisposto dal prefetto venga attuato. Al termine dell'incontro, durato poco piü di un'ora, Pecoraro ha espresso «soddisfazione» anche a nome del sindaco e dei questore. Ma al momento in cui chiudiamo il giornale non trapelano ulteriori dettagli sulle misure prese in considerazione nel vertice. Certo è che chiudere il cerchio per il sindaco non sarà semplice. In mattinata Alemanno aveva addirittura ripescato 1'ipotesi tendopoli per i no¬madi. «Bisogna esplorare tutte le possibili ipotesi - ha detto il sindaco - per avere soluzioni flessibili e di emergenza, mentre lavoriamo sull'aspetto proget- tuale». E dunque, è il ragionamento del primo Cittadino, «tutte le soluzioni di emergenza devono essere esplorate senza escluderne nessuna a priori». Parole giunte inaspettate dopo la de- cisione presa mercoledi da sindaco e prefetto di bloccare i lavori per installare una tendopoli a Villa Troili. Im¬mediata la reazione del Partito Demo¬cratico, che per bocca del commissario laziale del Pd Vannino Chiti ha chiesto ad Alemanno una «parola definitiva»,
mettendo in luce le contraddizioni dei sindaco sull'individuazione dei campi. «Come d'abitudine dall'inizio dei suo mandato - è stato 1'affondo di Chiti - il sindaco di Roma annuncia cose sem¬pre diverse : Il 9 febbraio ha dichiarato di aver individuato delle aree dove insediare le tendopoli. Ieri (mercoledi, ndr), invece, aveva già cambiato idea, annunciando che il Campidoglio sta studiando altre alternative. Infine, questa mattina (ieri, ndr), torna ancora sui suoi passi e parla delia possibilité di insediare le tendopoli. Siamo alia confusione totale. Quello che stupisce di que sta vicenda è 1'approssimazione e la superficialità con la quale il sindaco sta affrontando questa emergenza. Gianni Alemanno cerca altri responsabili pur di non accusare se stesso e nel frattempo dice tutto e il contrario di tutto, senza essere stato in grado di garantire né la dignità dei Rom né la sicurezza per i romani. Eppure era lui stesso a fare in Campagna elettorale della sicurezza e della questione dei la priorita' del suo programma».



Alemanno:"Tendopoli non escluse in fase di emergenza"
Il Corriere Laziale
 "Tutte le soluzioni di emergenza devono essere esplorate, senza escluderne nessuna a priori". Cosi il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, a margine delia presentazione del primo rapporto sugli ingegneri in Italia. II sindaco smentisce di aver mai detto che le tendopoli siano un'opzione esclusa, tra quelle che si stanno prendendo in considerazione per ospitare i rom provenienti dai campi abusivi che saranno smantellati. "Dobbiamo esplorare tutte le possibili ipotesi - ha sottolineato Alemanno - per avere soluzioni flessibili e di emergenza, mentre continuiamo a lavorare sull'aspetto progettuale" legato ai nuovi campi nomadi. II sindaco ha infine confermato che "nel pomeriggio" avrà luogo una riunione sull'emergenza rom con il prefetto Giuseppe Pecoraro e il questore Fran¬cesco Tagliente.



Emergenza rom, niente tendopoli ma caserme e centri d'accoglienza
Rinaldo Frignani
Corriere della Sera 17 febbraio 2011
Addio tendopoli, ora si pensa a caserme, ex commissariati e strutture alternative da trasformare in centri d'accoglienza. Tramontata l'ipotesi di un accampamento temporaneo a Villa Troili e in altri municipi dopo le proteste degli abitanti, sul Piano nomadi si cambia strategia. Se ne parlerà anche giovedì durante un incontro fra il prefetto Giuseppe Pecoraro, il questore Francesco Tagliente e il sindaco Gianni Alemanno. L'ipotesi è quella di utilizzare edifici e non più tende, con garanzia di sicurezza e accoglienza per i rom provenienti dagli insediamenti abusivi sparsi in città.
Si calcola che siano circa 200, con 2.400 persone, la metà delle quali minorenni (anche se in molti avrebbero già lasciato la città). Su di loro si basa la seconda fase del Piano nomadi, insieme con la costruzione di tre campi autorizzati con i quali dovrebbe concludersi l'emergenza nomadi entro la fine dell'anno. Una corsa contro il tempo, che ha subìto un'accelerazione dopo la tragedia dei bimbi rom morti due settimane fa sull'Appia Nuova. L'altro ieri il ministro dell'Interno Roberto Maroni e il prefetto Pecoraro hanno fatto il punto sulla situazione: sui 30 milioni di euro richiesti da Prefettura e Campidoglio per completare il Piano si sarebbe aperta una sorta di «trattativa» che potrebbe portare alla concessione di un terzo della somma. Finanziamenti che potrebbero consentire la costruzione di due campi autorizzati prima dell'estate.
Ecco perché, proteste a parte, le costose tendopoli (15 mila euro a struttura contro i 10 mila di un alloggio definitivo, come quelli in via di Salone) sono state accantonate a favore di strutture già esistenti. La vigilanza sarebbe affidata alla Questura, tenuto anche conto che gli abitanti dei campi abusivi, spesso non soltanto rom ma anche immigrati dell'Est europeo, devono essere identificati e fra loro potrebbero esserci pregiudicati. «Sia in termini di risorse che di disponibilità organizzative - conferma Alemanno - il ministro Maroni ha garantito grande attenzione alla situazione romana. Me lo ha detto anche il prefetto. Anch'io ho sentito il ministro - aggiunge il sindaco - mi ha spiegato quali sono le prospettive, che sono molto interessanti: sui nuovi stanziamenti stiamo trattando, però ci sarà la possibilità di completare il Piano nomadi e per dare una svolta entro l'anno, sgomberando tutti gli accampamenti abusivi e tollerati».
Sul fronte dei nuovi campi autorizzati, invece, Alemanno sottolinea come «non hanno nulla a che vedere con i vecchi: sarà garantita la solidarietà ma anche la sicurezza e un controllo molto forte. Sono campi - conclude - che non devono e non possono creare problemi per i territori, e ovviamente saranno insediati in luoghi lontani dai centri abitati». Ma ieri, intanto, sono proseguite le polemiche politiche. Sulla questione dello «scaricabarile» sul prefetto per il Piano nomadi, il sindaco ha replicato al Pd: «Non so di cosa parli, io non so più che farci: chi decide è lui il commissario straordinario e noi siamo il soggetto attuatore, e dobbiamo attenerci alle sue decisioni».



Immigrati, ripresi gli sbarchi motovedetta scorta barcone
Un'imbarcazione con a bordo ventisei persone è stato soccorso al largo di Lampedusa dalla Guardia costiera e scortata in porto. I migranti hanno dichiarato tutti di essere tunisini
la Repubblica, 17-02-2011
Dopo quattro giorni senza sbarchi, un peschereccio con ventisei migranti è approdato in serata a Lampedusa. Sull'isola, intanto, sono ripresi i ponti aerei e navali per alleggerire il centro stipato con quasi 2 mila persone. Ed entro pochi giorni sarà pronto il Villaggio della solidarietà a Mineo (Catania), nel residence degli Aranci, che ospitava militari americani di stanza a Sigonella.
A Lampedusa c'è tuttavia tensione tra i tunisini preoccupati per l'ipotesi che possano essere rimpatriati. Alcuni di loro sostengono di avere raccolto queste voci, che non hanno però alcuna conferma ufficiale, dai loro parenti in Tunisia. E c'è chi ha minacciato scioperi della fame, anche se poi la situazione si è tranquillizzata.
Rassicurazioni hanno avuto il sindaco Bernardino De Rubeis e la sua vice, la senatrice Angela Maravantano (Lega), che in mattinata hanno incontrato il ministro dell'Interno Roberto Maroni al Viminale. "In una decina di giorni - ha riferito il sindaco - il ministro mi ha detto che i tunisini saranno trasferiti dal Centro di accoglienza di Lampedusa". Un volo con 97 a bordo è partito alla volta di Bari, mentre altri settanta - tra cui gli ultimi 30 minori rimasti - erano stati imbarcati su un traghetto di linea per Porto Empedocle.
Un aiuto fondamentale allo 'svuotamento' dell'isola potrà arrivare dall'apertura del Villaggio di Mineo che, ha spiegato Maraventano, "avverrà entro mercoledì prossimo secondo quanto assicuratoci da Maroni". Lì - è il progetto del Viminale - troveranno posto tutti i richiedenti asilo attualmente ospitati nei Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo).
In queste ultime strutture, così liberate, potranno essere trasferiti i 5.000 clandestini sbarcati a Lampedusa nell'ultimo mese. Sono 11 i Cara operativi su tutto il territorio nazionale, con una capienza di oltre 3mila persone. Ma dopo il sindaco di Mineo, oggi è stato il governatore della Sicilia a frenare. Raffaele Lombardo ha scritto infatti una lettera al ministro per chiedere di coinvolgere "sia l'amministrazione regionale siciliana, sia gli enti locali, in ogni decisione da prendere sulla destinazione da assegnare agli immigrati giunti sulle coste italiane nelle ultime settimane".
A rendere complicate le operazioni, lo spettro di una ripresa degli sbarchi dopo alcuni giorni di stop. In serata è stato soccorso un barcone avvistato a circa 12 miglia dall'isola, con 26 immigrati a bordo, tutti maschi. L'imbarcazione è stata quindi scortata sull'isola da due motovedette della Guardia costiera. I passeggeri hanno detto di esser partiti da Djerba, nel Sud della Tunisia.



Cosi la Crisi Cambia le Rotte dei Clandestini
La Corriere della Sera, 18-02-2011
TUNISI — Ultima tappa e ultimo carico nella cittadina libica di Zuara. Prima di attraversare il confine con la Tunisia e imboccare la striscia di asfalto, che qui, con una visione positiva delia vita, chiamno «Strada statale» e che conduce verso i porti defi-lati di Zarzis, Houmt Souk (nell'isola di Djerba), Gabes, Sfax e via risalendo. I camion libici viaggiano vuoti e torneranno stracarichi di ogni tipo di mercanzia: dai mattoni al ferro; dal detersivo agli strofinacci. Gli autisti corrono da incoscienti e non si fermano mai. Hanno fretta di caricare e di precipitarsi a Tunisi, nella centrale avenue Bourguiba, dove, ai tavolini dei caffè, sono attesi da centinaia di giova-ni ragazze, prostitute part-time.
Veloci e spregiudicati. Con mezzi capienti e, da sempre, poco controllati. Insomma, quei camionisti fanno un po' quello che vogliono, come pegno del fondamentale legame economico tra Libia e Tunisia (carburanti in cambio di tutto il resto). Ecco il nodo più debole nella rete antimmigrazione co-struita negli ultimi anni dall'Italia con Algeria, Tunisia, Egitto e, soprattutto, Libia. In particolare l'ac-cordo del 2008 tra Silvio Berlusconi e il colonnello Gheddafi aveva segnato un punto di svolta. Le vecchie rotte dell'immigrazione africana si erano ritro-vate senza il principale sbocco nel Golfo dela Sirte, tra Bengasi e Tripoli; mentre le motovedette agli ordini di Mubarak in Egitto e di Ben Ali in Tunisia, bloccavano i corridoi laterali d'accesso al Mediterrâneo.
Che fosse cinismo 0 inevitabile «realpolitik», un dato di fatto è ormai certo: quell'equilibrio tra Euro-pa e Africa sta saltando. Le prime voei sono partite da ambienti francesi non ben identificati (forse i servizi segreti, forse le ambasciate locali). Le agenzia di stampa transalpine le hanno rilanciate in Rete nei giorni scorsi: attenzione, presto potrebbero rimettersi in movimento le earovane dei disperati in fuga dalla miséria dei Paesi subsahariani. Da sinistra a destra, guardando la cartina geografica: Mali, Niger, Chad e Sudan. Con rinforzi provenienti dalla faseia ancora più a Sud, dalla Nigeria all'Etiopia, fino al Kénia.
Gli osservatori più qualificati, in questa fase, si mantengono prudenti. Cosi Marck Petzold, il direttore delia sede di Tunisi dell'Organizzazione internazionale dell'immigrazione (oltre 120 Paesi mem-bri, sede centrale a Ginevra) commenta: «Al momento non abbiamo informazioni sufficienti, non possiamo né confermare, né smentire». Tuttavia Petzold dà una mano a ragionare sulle vecchie rotte che portavano in Europa, via Italia, migliaia di immigrati. n punto su cui poggiare il compasso era la lunga costa libica, nel Golfo delia Sirte. Li termi-navano tre itinerari di lunga percorrenza, con partenza dal Mali; dalla Nigeria, (passando per il Chad), dal Sudan.
Ma ora «il vento del Nord», che ha già spazzato via due regimi autoritari, costringe a spostare l'attenzione proprio sulle ali egiziane e tunisine finora
rimaste marginali. Certo, forse ci vorrà un po', perché, come awerte Guido Bolaffi, esperto di immigrazione e direttore dei sito temático www.west-info.eu, «il timoré di rimanere intrap-polati in manifestazioni e disordini potrebbe frena-re una parte degli outsider in arrivò dal Centrafrica». Al contempo sarebbe sbagliato sottovalutare il richiamo di frontiexe praticamente incustodite. Le correnti di immigrati potrebbero capovolgersi ri-spetto al recente passato. L'Egitto, per altro, è già da qualche mese il caposaldo di una linea che si spinge fino alla Turchia e da qui alla Grecia e poi al resto d'Europa, Italia compresa. Fino a non molto tempo fa i clandestini in partenza dalle coste egiziane puntavano su Bengasi. E la stessa cosa facevano, sull'altro flanco dei confini libici, i tunisini, che sa-lutavano il loro Paese, a Ben Guerdane, lasciandosi aile spalle gli ultimi contrabbandieri di benzina, e si imbarcavano nel porto libico di Zuara.
A questo punto le parti si potrebbero invertire. Le organizzazioni criminal!, che amministrano una vera e propria filiera su scala «industriale», si trove-rebbero a âisposizione un fronte inaspettatamente più largo. Il traffico clandestino potrebbe ritornare sulla pista libica per poi rifluire da Bengasi verso l'Egitto e da Tripoli verso la Tunisia.
Per il momento fonti diplomatiche di vari Paesi europei interpellate al Cairo, Khartoum (Sudan), Algeri e Tunisi, escludono che possano aprirsi ca-nali diretti con i Paesi centroafricani, alternatif alla Libia.
Di nuovo uno sguardo all'atlante, allora. Sul versante Sud dell'Algeria premono Mali e Niger. La linea di confine è interminabile, ma il governo di Algeri, oggi assediato da un forte blocco islâmico, ha un interesse vitale a mantenere una sorveglianza ad alta intensità: evitare il passaggio di terroristi (Al Qaeda, ma non solo). Finora la cerniera sui porti ha retto abbastanza bene, specie nella zona orientale. L'Italia ha siglato con l'Algeria un accordo di riammissione degli immigrati clandestini nel 2006. Da allora i giovani Harraga, «coloro che bruciano i passaporti» per saltare sulle barche in fuga, si sono quasi azzerati. Circa 1.600 partenze nel 2008; 400 nel 2009; 250 nel 2010. Tutti, 0 quasi, sono stati ri-presi nei terminal di arrivo, le decine di insenature tra Cagliari e Pula, e rispediti a casa. Ma se il governo di Algeri non dovesse reggere, quella porta si ria-prirebbe subito, insieme con quella di Orano (a ovest), di fronte alla Spagna.
Sull'altro estremo delia cartina, gli esperti e i di-plomatici sul campo considerano improbabile che emerga una direttissima Sudan-Egitto. Le vie di col-legamento non sono buone, i costi sarebbero trop-po alti. E allora, per lógica 0 semplice calcolo delle probabilità, non resta che la doppia freccia (per Tunisi 0 per il Cairo) sul traballante rondò libico.



I migranti tunisini alloggiati alla Fiera
C'è la Fiera del Mediterraneo di Palermo, ci sono anche conventi, monasteri ed ex Opere pie. Fino agli stadi, che verranno utilizzati se l'emergenza immigrazione dovesse diventare drammatica. Ecco la mappa stilata dalla Protezione civile per accogliere i mihgranti. Quattromila i posti rintracciati in tutta la Sicilia, di cui 800 in tendopoli
la Repubblica, 17-02-2011
ROMINA MARCECA
C'è la Fiera del Mediterraneo di Palermo, ma ci sono anche conventi, monasteri ed ex Opere pie, fino agli stadi che verranno utilizzati se l'emergenza immigrazione dovesse precipitare ancora. La Protezione civile si è messa a caccia di strutture in tutta la Sicilia per fronteggiare l'emergenza sbarchi e ha rintracciato oltre quattromila posti in cui sistemare i clandestini approdati sulle coste siciliane. Fino ad oggi sono arrivati in 5.462, ma il ministro Maroni ha parlato di ben altre cifre. L'ondata migratoria, stando al ministro, potrebbe portare circa 80 mila immigrati sulle nostre coste nel caso in cui si dovesse attivare anche il flusso dall'Egitto.
La mappa stilata dalla Protezione civile, al netto dei settemila posti del villaggio degli aranci di Mineo, comprende tutta la Sicilia. La ricognizione è stata frenetica ed è stata completata in meno di due giorni, dopo che il commissario straordinario per l'emergenza clandestini, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, ha convocato gli altri otto prefetti dell'Isola, il dipartimento di sanità regionale e la Croce Rossa. Un lavoro che è ancora alle prime battute. Il prossimo passo sarà determinato dall'ordinanza della presidenza del Consiglio che fisserà compiti, ruoli e costi dell'operazione.
Le direttive del commissario straordinario Caruso, intanto, sono chiare. Le prime strutture che saranno utilizzate dopo i centri già attivi che si occupano di accoglienza per i richiedenti asilo e quelli per l'identificazione e l'espulsione, i Cie e i Cara, saranno gli edifici con alloggi nei centri delle province. Lontano dalle città. Strutture come la Fiera del Mediterraneo saranno attivate solo in un secondo momento, perché proprio da questi siti è più facile, per i clandestini, poter evadere e far perdere le tracce. Per mettere in moto la macchina dell'accoglienza, assicurano dalla Protezione civile, servono meno di quindici giorni. Alcune strutture necessitano di piccoli ritocchi di manutenzione per entrare in funzione. In altri casi, come per la sede di una cooperativa di Erice, bastano quattro giorni per portare l'edificio da una capienza di 60 posti al doppio.
Il terzo livello della mappa è quello che mira all'utilizzo delle tendopoli. Le aree segnalate dalla Protezione civile sono quattro in tutta la Sicilia, con tendopoli che potrebbero ospitare circa 800 immigrati. Poco favorevole alle tendopoli è il ministro dell'Interno Roberto Maroni. "Non voglio fare tendopoli - ha detto ai giornalisti alla Camera ieri - Sarebbe stato facile allestirle per ospitare i migranti arrivati, ma sono clandestini e devono stare in luoghi controllabili".
Ad annunciare l'individuazione delle strutture era stato lo stesso commissario straordinario per l'emergenza Caruso. "L'emergenza umanitaria - aveva detto due giorni fa - va fronteggiata con soluzioni di emergenza. La verifica, voglio che sia chiaro, viene fatta in tutta Italia e non solo in Sicilia".
Sull'emergenza clandestini ieri è intervenuto anche il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, che chiede al governo nazionale un coinvolgimento della Regione. "Prima di prendere qualsiasi decisione sulla realizzazione di centri di accoglienza nell'Isola, il governo nazionale apra un dialogo con la Regione e gli enti locali siciliani - dice Lombardo - Accogliendo il grido di dolore che proviene dalle migliaia di migranti, che in questi ultimi giorni sono giunti in Sicilia, la Regione non può restare a guardare inerte, proprio per questo chiede di essere coinvolta nelle scelte per trovare le soluzioni più idonee, a cominciare dall'ipotesi del centro di solidarietà a Mineo".



ITALIA DA SBARCO
I PROCLAMI. GLI ALLARMI INASCOLTATI. GLI ACCORDI CON GHEDDAFI MENTRE IL MAGHREB ESPLODEVA. COSI FRATTINI & C. SI SONO SCOPERTI IMPREPARATI AD AFFRONTARE LE FUGHE Dl MASSA DA TUNÍSIA ED EGÍTTO. COLLEZIONANDO GAFFE
l'espresso, 18-02-2011
FABRIZIO GATTI
Serviranno soldi e autorevoIezza. Due strumenti indispensabili per trattare con i futuri governi di Tunisia ed Egitro. Propriociòche manca all'Iralia. Gli sharchi a Lampedusaesullecoste dei-la Sicilia di tunisini ed egiziani sono la prima linea di un fallimenro. I soldi scarseggiano, altro che "piano Marshall" del Maghreb. E 1'autorevolezza, se mai ne avevamo ancora, è srata sepolta sotto i festini bunga bunga di Arcore. Immaginate la reputazione di Silvio Berlusconi: lui che va al Cairo a trattare con la fama di aver fatto passare una prostituta minorenne per nipote del rais deposto Ho-sni Mubarak. Oppure 1'affidabilità dei ministro del 1 'Interno, Roberto Maroni, in missione a Tunisi in nome di un Paese che ha armato con storditori elettrici e tecnologia da 007 la polizia dell'odiato presidente Zine El Abidine Ben Ali. Perfino un documento riservato delia Protezione civile, scoperto da "Lespresso", già il 9 dicembre 2010 segnala a Palazzo Chigi l'impreparazione a una eventualeemergenza a Lampedusa: "Fortuna vuole che attualmente arrivano pochi barconi, sei o sette negli ulrimi quattro me-si»,scrive 1'Ufficio gestione emergenze, «ma se dovessero improvvisamente aumentare ci troveremmo del tutto impreparati e impos-sibilitati a dare una pronta risposta alia gestione delPemergenza». Piú o meno la stes-sa frase riappare in un nuovo appunto," Aggiornamento situazione Lampedusa", fir-mato il 25 gennaio scorso dal direttore del-rUfficio gestione emergenze, Fabrizio Curcio. Quarantasette giorni dopo la prima lettera e sette anni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, proclamato il 23 dicembre 2003 e prorogato al 31 dicembre 2010 al cosro di decine di milioni, eravamo ancora impreparati.
Dal 2001 il governo italiano è sceso a patti con le peggiori dittature dei Mediterrâneo. Abbiamo puntellato il regime di Ben Ali con le trattative dei 2003 e dei 2004 in cambio del blocco delle partenze clandestine per 1'Italia. E il traffico di immigrati si è sposta-to in Libia. Allora, dal 2004 al 2009, abbiamo firmara contratti economic! e di polizia con I'altro dittatore delia regione, Muhammar Gheddafi. E i viaggi delia Speranza si sono trasíeriti a Est. Nei frattempoci siamo ri-voiti aH'Egitto,ottenendoaccordi peril rim-patrio dei Cittadini egiziani sorpresi in Italia senza i documenti in regola, gli unici effettivamente espulsi. F. ci siamo accontentati. Abbiamo ignorato Ia voglia di democrazia di milioni di persone. Abbiamo finto di non sape-re delle migliaia di morti in mare tra quanti cercavano la nostra democrazia. Abbiamo calpestato le fosse co-muni nelle quali il regime di Tripoli ha nascosto i cadaveri arrivati a riva (come racconta il servizio a pagina 44). Sarebbe bastato guardare me-glio 1'anno di nascita dei tiranni amici per preoccuparsi un po' di piü: 1936 per Ben Ali, stessa età di Berlusconi; 1942 per Gheddafi; 1928 per Mubarak. E poi porsi una domanda: cosa succederà dopo di loro? Limitare quello che sta acca-dendo nelle ultime due setti-mane tra le coste tunisine e Lampedusa a una questione di imrnigrazione, sarebbe ridut-tivo. Le fughe in massa dalla Tunisia su barche e pescherecci sono la reazionea anni di re-pressione delia liberta. Pro-prio quello che il governo Berlusconi, e la maggior parte dei Cittadini italiani che gli hanno
dato consenso, hanno fatto finta di non vedere. Una bomba a orologeria che ora è esplosa. E siamo solo alPini-zio. La prospettiva di altri ar-rivi in massa è piú che fondata. Persone che approfittano delia situazione di caos per raggiungere PEuropa. Tra loro molti poli-ziotti di Ben Ali che dopo le manifestazioni, per paura, si sono tolti la divisa e ora cercano asilo.
A Chaffar, spiaggia storica delle partenze per Lampedusa, si racconta che esistono due tipi di tunisini: quelli emigrati in Italia e quel-li che vorrebbero emigrare in Italia. Un progetto che gli accordi di polizia tra Roma e Tunisi di sette anni fa hanno solorinviato. «Un parametro indicatore di quello che succederà», racconta una fonte de "L'espresso" nella zona, «è il valore dell'euro. Prima delia fuga in Arabia Saudita di Ben Ali le banche cambia-vano 190 dinari per 100 euro e per la stessa somma il mercato nero chiedeva 194 dinari. Oggi gli euro sono introva-bili in banca e cento euro valgono ben 250 dinari. Significa che migliaia di tunisini stan-no cambiando soldi per partire». Quello sceso in piazza è il popolo di Internet. Tra i dieci milioni di abitanti delia Tunisia, almeno due milioni sono i fre-quentatori di Facebook e Twitter, canali su cui da fine dicembre si è propagata la rivolta. Bisognerebbe ditfondere nelle scuole il sito " lOOOmemories/egypt", vedere le foto e Ieggere le biografie, per convincersi che i ragazzi uccisi al Cairo non hanno nulla di diverso dai ragazzi europei. Vale anche per Tunisi. Non sono talebani. E nemmeno terroristi.
Non dovremmo avere alibi. Eppure, nelle sue prime due mosse, il governo iraliano ha subito raccolto due figuracce. La proposta pubblica del ministro degli Esteri, ? Franco Frattini, di inviare poliziotti italia-ni in Tunisia non viene nemmeno discussa a livello diplomático con la contraparte. Ed è immediatamente bocciata dal premier di Tunisi, Mohammed Gannouchi. Il resto è opera del ministro Maroni quando, domenica sera a "Che tempo che fa" su RaiTre dice: «Stiamo cercando inutilmente, anche attraverso la nostra ambasciata, di prendere contatri con le forze di polizia tunisine per capire come aiutarli a control-lare, a prevenire queste partenze e non riusciamo a prendere contatti •Il filmato sta girando sui blog. L'ambasciata avrebbe dovuto spiegare al ministro che la polizia si è dissolta proprio per i suoi stretti lega-mi con il clan di Ben Ali e della moglie, Layla Trabelsi. Molti commissariati sono stati incendiati. E cercare di contattare i poliziotti oggi è come voler ristabilire rap-porti con il regime. Il Paese è nel caos, attraversato da bande armate. L'unica autorità al momento è l'esercito: in tutto 35 mila militari, contro i 200 mila poliziotti ora alio sbando, riforniti per anni con mezzi e strumenti di tortura importât! da aziende italiane. Dalle auto agli storditori elettrici. I legami delPItalia con il regime vanno oltre. Secondo fonti dell'esercito cinque contractor italiani, dipendenti di una agenzia di sicurezza privata, sono in cárcere con l'accusa di aver sparato sulla folia dai tetti di Tunisi. Li hanno arrestati dopo le manifestazioni del 16 e 17 gennaio. «Le violenze, la fuga,g!i sbarchi», dice al telefono un ex poliziotto di Sfax che chiede Panonimato, «fanno il gioco dei regime. II caos giustifica il pugno di ferro. La partita è ancora aperta». ?

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