Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 marzo 2015

Boom di domande d’asilo. Ecco chi sbarca in Italia
Avvenire, 27-03-2015
Ilaria Sesana
Mai così tante domande d’asilo dal 1992. Era dalla guerra nei Balcani, che l’Europa e i Paesi industrializzati non affrontavano un flusso così massiccio di profughi e richiedenti asilo. Il Trends report dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati diffuso ieri ha registrato per il 2014 circa 866mila richieste d’asilo in Europa, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Giappone. Con una crescita del 45% rispetto al 2013. «Questo è il quarto anno consecutivo di aumento», si legge nel rapporto dell’Acnur.
La Germania è stata la méta principale dei richiedenti asilo (173mila persone). Ma l’Italia, con 63.700 domande, è tra i Paesi che hanno avuto il maggior incremento: +148% rispetto al 2013, quando vennero registrate 25.700 domande. Si tratta soprattutto di cittadini maliani (9.800 domande), nigeriani (9.700), gambiani (8.500) e pachistani (7.100). Mentre delle decine di migliaia di siriani ed eritrei sbarcati sulle nostre coste nel corso del 2014 quasi non è rimasta traccia: tra i primi solo 500 hanno presentato richiesta d’asilo. E tra i giovani in fuga dalla dittatura dell’Asmara, appena 480 hanno deciso di fermarsi in Italia.
In termini assoluti è la Germania, come detto, la nazione con il più alto numero di domande d’asilo: 173 mila, di cui un quarto da parte dei siriani. Al secondo posto gli Stati Uniti con 121.200 richieste, soprattutto da messicani e cittadini provenienti dal Centro America. Sul terzo gradino del podio la Turchia che alla fine dello scorso anno ospitava oltre 1,5 milioni di rifugiati siriani e che ha ricevuto 87.800 nuove domande di asilo nel 2014, molte delle quali di provenienza irachena. Al quarto posto la Svezia, con 75mila nuove domande d’asilo (quattro su dieci i siriani).
Siria e Iraq sono i principali Paesi d’origine dei rifugiati. Uno su cinque viene dalla Siria (poco meno di 149mila domande d’asilo) e il loro numero è raddoppiato rispetto alle 56mila persone censite nel 2013. Segno che la crisi nel Paese sta ulteriormente peggiorando. Seconda nazionalità sono gli iracheni (68.700 le domande d’asilo) e anche in questo caso il loro numero è raddoppiato in soli 12 mesi. Seguono afghani (60mila domande), eritrei (48mila), nigeriani (22.100 domande, con un aumento del 52% rispetto al 2013) e somali (19.900).
Il 1992 fu l’anno dei record: 900mila le persone in fuga dalla guerra di Bosnia che chiesero protezione in Europa e negli Stati Uniti. Oggi le gravi crisi umanitarie in atto pongono ai Paesi in via di sviluppo una sfida simile. «La nostra risposta deve essere generosa come allora – commenta Antonio Guterres, alto commissario Acnur –. Garantendo accesso all’asilo, ai programmi di resettlement e altre forme di protezione per le persone in fuga da questi terribili conflitti».
Per Carlotta Sami, portavoce dell’Acnur per il Sud Europa «non si sta facendo abbastanza» per fronteggiare le crisi umanitarie in atto. «Ci sono alcuni Paesi europei che hanno incrementato moltissimo la loro capacità e disponibilità di accogliere i rifugiati – aggiunge –. Ma ve ne sono alcuni che invece non stanno contribuendo.
E noi crediamo che la responsabilità di gestire questa crisi deve essere di tutti». Sulla possibilità di allestire campi d’accoglienza in territorio africano da cui possano essere inviate richieste d’asilo, Sami è possibilista: «Questa richiesta non è ancora stata avanzata in maniera diretta dall’Unione Europea, ma non abbiamo nulla in contrario, anche se ci sono delle condizioni che devono essere soddisfatte». In primis, il rispetto dei diritti umani dei richiedenti asilo e dei rifugiati, cui deve essere garantita libertà di movimento: «Devono essere pensati come una fase di passaggio e non come centri in cui vengono bloccati».



Aiutiamo gli immigrati a tornare nei loro paesi
Pensare di poter respingere i lavoratori stranieri è un`illusione. Bisogna invece trovare nuove forme di collaborazione con i loro Stati di origine
l'Espresso, 27-03-2015
Roberto Saviano L`antitaliano www.lespresso.it
VANESSA MARZULLO, una delle due ragazze rapite in Siria il 31 luglio 2014 e liberate il 15 gennaio 2015, rompe il silenzio dopo più di due mesi e parla di fango ricevuto e di vergogna. Ma la vergogna cui si riferisce è per un paese che ormai utilizza qualunque cosa per alimentare uno sterile dibattito politico sempre più fine a se stesso, sempre meno incline a comprendere davvero cosa accade. Vanessa dice «sono solo beghe politiche» e le sue parole mi hanno ricordato il modo in cui la Lega Nord ha vilmente strumentalizzato la morte di David Raggi, il ventisettenne ucciso a Terni, la notte del 12 marzo scorso, da un coetaneo marocchino davanti a un locale che abitualmente frequentava.
Amine Aassoul è un immigrato espulso, rientrato a Lampedusa con false generalità, aveva già commesso rapine e furti. David Raggi era invece un ragazzo modello, informatore farmaceutico, volontario del 118, ricordato da tutti come persona generosa e gentile.
La dinamica dell`omicidio è presto ricostruita: Amine Aassoul viene cacciato dal locale perché ubriaco e molesto, brandisce una bottiglia rotta con cui aggredisce David Raggi al collo. Matteo Salvini ha immediatamente trasformato questo omicidio in una campagna anti immigrato, annunciando una class action nei confronti dell`attuale governo che non brilla certo per umanitarismo, ma che la Lega considera «nemico degli italiani e della sicurezza». Eppure da Terni, la famiglia di David Raggi, dà  al paese una lezione di democrazia come la politica non è più in grado di darne e Diego Raggi ammonisce: «L`omicidio di mio fratello David non sia motivo di odio razziale».
La morte di David per mano straniera e la reazione della politica a questo omicidio - abbiamo sentito il solito grido scomposto della Lega ma nessuna altra voce sí è levata per stigmatizzare questo perenne impeto razzista mi dà la possibilità di parlare di un libro, "Exodus. I tabù dell`immigrazione" scritto da Paul Collier ed edito da Laterza.
COLLIER SCRIVE che, dato il divario nei salari tra terzo e primo mondo, si stima che quasi il 40% della popolazione dei paesi poveri, se potesse, lascerebbe la propria terra per raggiungere le nazioni ricche. Ciò significa che siamo solo agli inizi di un fenomeno che in futuro sarà molto più esteso, massiccio e, se continuiamo a gestirlo in questo modo, preoccupante. Collier suggerisce a un paese come l`Italia che, come porta di accesso al cosiddetto "mondo ricco", è direttamente interessato dal fenomeno migratorio, di creare una politica di asilo più ragionevole che non dipenda unicamente dalla fortuna di riuscire a mettere un piede a Lampedusa sfuggendo alla morte.
Collier suggerisce un sistema per cui pur facendo domanda di ingresso da un paese esterno all`Unione europea, si possa avere qualche chance effettiva di essere accolti. Ma Collier dice anche che bisognerebbe creare posti di formazione per migranti al fine di poter auspicare un rientro nei paesi di origine dove si potranno mettere a frutto le competenze acquisite. A quanto pare, infatti, i paesi ricchi sottraggono ai paesi poveri risorse anche e soprattutto umane; ma forse potremmo allargare il discorso e dire che i paesi più ricchi e sviluppati, sottraggono a quelli più poveri e in difficoltà, quelle risorse umane di cui i paesi più poveri avrebbero bisogno per crescere. Collier dice una cosa interessantissima, ovvero che gli effetti economici dell`immigrazione sulla popolazione ospite sono tutto sommato trascurabili. Ciò significa che il futuro non può prescindere da un`unione di intenti tra Stati nazionali e aziende che devono lavorare perché diminuiscano le disuguaglianze economiche tra aree geografiche e perché si possa essere formati in un paese e poter far ritorno in patria per mettere a frutto gli anni di formazione.
IL FALLIMENTO della primavera araba è un fallimento prima di tutto nostro: abbiamo appoggiato le rivoluzioni, ma ci siamo disinteressati alle transizioni democratiche. La democrazia non si impone né si ottiene per imitazione, ma è diretta conseguenza di un crescente benessere. Se vogliamo risolvere davvero il problema immigrazione, le ultime politiche utili sono quelle dei respingimenti. E la gestione dei flussi l`unica cosa su cui ragionare. Dobbiamo capirlo, una volta per tutte.



Medici senza frontiere: "Nel mondo ci sono 51 milioni di migranti"
L’associazione di medici volontari lancia la sua campagna, #Milionidipassi: scarpe logore, ma "comode" e "glamour" sono la provocazione lanciata. L’Italia e l’Europa ospitano pochissimi rifugiati, rispetto agli altri paesi del mondo. De Filippi (Msf): "Abbiamo responsabilità gravissime".
di Andrea Scutellà
il Piccolo, 27-03-2015
ROMA. Cinquantuno milioni di scarpe logore affollano il Teatro Centrale a Roma. Sono le compagne di viaggio di quanti oggi, al mondo, migrano per sopravvivere, secondo Medici senza frontiere. #Milionidipassi è la campagna lanciata dall’associazione umanitaria, che evoca un rumore sordo, il rumore di un piede che tocca la terra. Un rumore che diventa un boato, il suono di un esodo, se moltiplicato per 51 milioni. Al centro proprio le scarpe: usurate da milioni di chilometri di cammino, ma che Msf definisce provocatoriamente “comode” e “glamour”.
È chiaro, allora, che siamo di fronte a una nuova epoca di migrazioni, causate, per lo più, dall’intervento umano: povertà, guerre, discriminazioni, inquinamento ambientale, sono le motivazioni più quotate. Un’emergenza umanitaria che l’Europa non può ignorare.
L’esodo in numeri: l’Europa non è invasa. L’immagine dell’esodo, dei 51 milioni di passi, non deve fuorviarci: non esiste alcuna “invasione” dell’Europa. Dei 51 milioni di viaggiatori oltre la metà, ovvero 33, sono sfollati interni, secondo l’elaborazione di Msf su dati Unhcr. Sono 16 milioni i rifugiati e 1,2 sono richiedenti asilo. Circa il 95% delle persone in fuga resta comunque nei paesi d’origine. Tra i primi 6 paesi che ospitano rifugiati al mondo non c’è neanche un paese europeo: tra il Pakistan, primo1,6 milioni, e l’Etiopia, sesta con 590mila, ci sono il Libano, l’Iran, la Turchia e la Giordania. L’Italia è al 35° posto e ospita appena 78mila rifugiati.
“C’è una responsabilità di Bruxelles e dei paesi occidentali ed europei – spiega Loris De Filippi, presidente di Msf Italia – basti pensare che la Norvegia, che è uno dei paesi più ricchi d’Europa, quest’anno ha aperto una quota per mille rifugiati, contro i 26mila della Svezia ad esempio. Restano comunque numeri piccolissimi se li paragoniamo a quelli della Turchia. C’è una responsabilità gravissima dell’Europa – prosegue De Filippi – quella di bloccare le frontiere e non fare più soccorso in mare. Mare nostrum è finita”. Dal 2000 ad oggi oltre 22mila persone sono morte nel Mediterraneo. Una tragedia che, dopo anni di calo, si è acuita nel 2014 con la sospensione del programma di salvataggio: oltre 3mila persone, lo scorso anno, hanno perso la vita durante la traversata.
I paesi colpiti. L’Africa subsahariana è la regione che produce più sfollati interni al mondo: sono 12,5 milioni. Il 53% dei rifugiati di tutto il mondo proviene dai 3 paesi flagellati dai conflitti più duri: Afghanistan, Siria e Somalia. In Siria, ormai, le vittime sono 200mila. Gli eserciti in guerra sono meno numerosi di quello degli sfollati interni: circa 7,6 milioni di persone, infatti, hanno dovuto abbandonare la loro casa, ma hanno preferito tuttavia restare all’interno del loro paese. Sono 3,9 milioni, invece, i rifugiati registrati al di fuori dei confini siriani. Non è rosea neanche la situazione del Sud Sudan e della Repubblica Centrafricana. Il primo stato, dalla sua nascita, ha creato 2 milioni di sfollati interni e circa 500mila rifugiati nei paesi limitrofi. Nel secondo, invece, circa 500mila persone hanno perso la casa, ma sono rimaste all’interno del Paese. Sono 380mila, invece, quelli costretti a scappare. “Estreme” secondo Msf sono “le condizioni di vita nell’Est” dell’Ucraina dove “c’è un’enorme necessità di assistenza sanitaria di base”. Gli attacchi di Boko Haram in Nigeria, invece, hanno costretto alla fuga in Ciad almeno 18mila persone.
Cosa fa Msf. Lo scopo di Medici senza frontiere è semplice: portare assistenza medica gratuita nei paesi dove non c’è. L’associazione è presente nella maggior parte dei Paesi nominati: come il Sud Sudan, dove oltre agli ospedali, Msf si occupa di distribuire “beni di prima necessità, come taniche per il trasporto di acqua, pentole, coperte, sapone” nel Northern Bahr el Ghazal, lo stato più povero del Paese. I “logisti” dell’associazione costruiscono latrine per evitare la diffusione delle epidemie e cercano di portare almeno 20 litri di acqua per ogni sfollato al giorno. Nel campo più grande della Repubblica Centraficana, invece, quello di Bataganfo a fine febbraio 2015 Msf ha vaccinato 18mila bambini.
“Gli sfollati di Batangafo – si legge nella pubblicazione dell’associazione, #Milionidipassi – dicono la stessa cosa più e più volte: (…) ‘Ci piacerebbe andare via, vogliamo tornare a casa, ma senza garanzie per la nostra sicurezza, resteremo e faremo di tutto per rafforzare le capanne. Non ce ne andremo’”. Un bel monito da lanciare a chi, ancora oggi, vorrebbe che i 78mila rifugiati italiani se tornassero “a casa loro”. Davanti alla disperazione non c’è chiusura che tenga: accoglienza e comprensione sono le risposte necessarie.



Alunni stranieri. Un piano nazionale e docenti per l’italiano come seconda lingua
Il ministro dell’Istruzione: “Lo sta predisponendo il governo, istituiremo una nuova classe di concorso per gli insegnanti”. "Prof e risorse alle scuole che lo chiederanno"
stranieriinitalòia.it, 27-03-2015
Roma – 27 marzo 2015 -  Agli 800 mila alunni di origine straniera che siedono tra i banchi delle nostre scuole è dedicata una (piccola) parte della riforma della varata dal governo.
Il disegno di legge sulla Buona Scuola prevede infatti che ogni scuola definisca  il fabbisogno di docenti per il raggiungimento di una lunga serie di obiettivi. Tra questi ci sono anche: “alfabetizzazione e perfezionamento della lingua italiana per gli alunni stranieri”.
Ma chi terrà quei corsi? Auspicabilmente, docenti specializzati nell’insegnamento dell’italiano come seconda lingua (italiano L2). Oggi sono come fantasmi: non esiste una classe di concorso né una certificazione univoca, nelle scuole pubbliche vengono scavalcati da docenti che non hanno le loro competenze e per lo più quindi lavorano nel privato o nel terzo settore.
Le cose, però, stanno per cambiare. Il Governo sta infatti “predisponendo un piano nazionale, a carattere pluriennale, per l'insegnamento e l'apprendimento dell'italiano come lingua seconda", ha annunciato due giorni fa il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, nel corso di un’audizione davanti al Comitato parlamentare Schengen, Europol e Immigrazione.
"Il piano - ha  spiegato il ministro- andrà declinato con gli enti locali e le associazioni. E a ciò si correla l'istituzione di una classe di concorso specifica per l'insegnamento dell'italiano come lingua seconda. Inoltre  abbiamo previsto la valorizzazione dei centri provinciali per istruzione degli adulti", dove già si tengono corsi di italiano L2 per gli immigrati.
Intanto, parlando di la Buona Scuola, Giannini ha confermato che “le scuole dovranno prevedere specifiche misure per l'alfabetizzazione degli alunni stranieri, anche attraverso l'attivazione di corsi opzionali di lingua e laboratori linguistici in rete". Con quali mezzi?: "Sulla base delle singole proposte che arriveranno dalle scuole, il ministero metterà a disposizione le risorse umane e gli strumenti necessari".



"Io sono italiano". A Milano cittadinanza simbolica per 100 figli di immigrati
La cerimonia in una scuola. Il sindaco Pisapia: "Un gesto di giustizia e di equità. Ora il Parlamento intevenga"
stranieriinitalia.it, 27-03-2015
Milano - 25 marzo 2015 -  "Io sono milanese, io sono italiano" dice l’attestato consegnato stamattina a 110 bambini dal Comune di Milano. Dice una cosa vera, anche se per la legge quei bambini che crescono in città, figli di immigrati, sono stranieri.
L’evento si è svolto presso l'istituto comprensivo statale "Maffucci" di via Guicciardi,  frequentato da tanti alunni di origine straniera, ed è stato uno dei tanti del festival RiGenerazioni. Forse il più significativo nella lotta per i diritti delle seconde generazioni.
"Dare un attestato di cittadinanza ai bambini e ai ragazzi che crescono a Milano e studiano nella nostra città – ha spiegato il sindaco Giuliano Pisapia - è un gesto di giustizia e di equità. Si tratta purtroppo di un gesto solo simbolico, ma fa parte di una campagna più ampia che chiede al Parlamento di intervenire. Tutti i ragazzi che crescono e studiano nel nostro Paese devono avere gli stessi diritti e, naturalmente, gli stessi doveri".
Nascita e residenza ininterrotta in Italia per 18 anni, questi i paletti imposti oggi dalla legge sulla cittadinanza alle seconde generazioni che vogliono diventare italiane. Requisiti spropositatamente rigidi, che però nel 2014 a Milano hanno comunque permesso a 589  ragazzi, una volta diventati maggiorenni, di presentare in Comune la dichiarazione per il riconoscimento della cittadinanza.
"Milano continua ad essere laboratorio di diritti civili”  ha affermato stamattina l'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. “Anche oggi da questa scuola mandiamo un messaggio forte e chiaro a Roma affinché il Parlamento si dia una mossa. La cittadinanza non è un problema politico, ma una questione che riguarda la vita vera di bambini e ragazzi e delle loro famiglie".

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