Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 gennaio 2015

Lombardia. Bordonali (Lega): "Bloccare immediatamente i flussi migratori"
L' assessore alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione della Regione Lombardia: "Stop a Schengen per Expo contro minaccia terrorismo"
stranieriinitalia.it, 21-01-2015
Milano, 21 gennaio 2015 - "Negli ultimi giorni, in Lombardia, si sono registrati fenomeni preoccupanti in materia di estremismo islamico: prima e' stato ritrovato, nella casa milanese di un Tunisino, un manuale per l'arruolamento di combattenti da mandare nei teatri di guerra; poi i Ros hanno individuato un reclutatore, che viveva tra Varese e Milano; infine abbiamo scoperto che un'altra cittadina italiana, di origini magrebine, e' stata arruolata dall'Isis".
Lo ha detto Simona Bordonali, assessore alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione della Regione Lombardia.
Si tratta di una situazione preoccupante, su cui il Governo italiano non sta dando risposte adeguate - aggiunge Bordonali -. Le parole del ministro Alfano, che ha dichiarato di aver disposto solo nove espulsioni in piu' di un mese, non ci lasciano tranquilli. Occorre bloccare immediatamente i flussi migratori in entrata ed espellere tutti coloro che sono potenzialmente pericolosi".
"Sarebbe inoltre opportuno, in vista di Expo, - prosegue la titolare lombarda alla Sicurezza -, come suggerito dal presidente Roberto Maroni, sospendere il trattato di Schengen, finché non avremo pieno controllo dei confini nazionali". "Dobbiamo mostrarci forti nella lotta al terrorismo - conclude l'assessore Bordonali -, per evitare di sembrare il ventre molle dell'Europa in materia di contrasto all'estremismo islamico".



Pinotti: regole per immigrazione
"Ma accogliere chi scappa dalla morte"
Tgcom, 21-01-2015
23:09 - Sì al controllo dei "flussi e alle regole", ma anche "integrazione" per chi arriva. Così il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha replicato a Marine Le Pen sul tema dell'immigrazione. "Ci vogliono regole ma dentro a queste il tema dell'accoglienza è centrale", ha sottolineato la Pinotti, secondo la quale "dopo le primavere arabe molti scappavano perché rischiavano di morire".



Polizia francese violenta contro i migranti. La denuncia di Human right watch
Izza Leghtas, ricercatrice dell’Ong, riporta i risultati delle interviste a 44 migranti a Calais: "Diciannove persone, di cui due bambini, hanno dichiarato che la polizia li ha maltrattati. 8 hanno avuto delle membra fratturate o altre lesioni visibili. 21, di cui due bambini, hanno detto che la polizia li ha inondati di gas lacrimogeno"
Redattore sociale, 21-01-2015
ROMA - Human right watch denuncia le violenze della polizia francese nei confronti dei migranti senza dimora, compresi donne e bambini, che si trovano a Calais in attesa di trovare il modo di andare verso la Gran Bretagna.
Quarantaquattro le persone intervistate da Izza Leghtas, ricercatrice dell’Ong che racconta al giornale francese Libération: “Diciannove persone, di cui due bambini, hanno dichiarato che la polizia li ha maltrattati. Otto hanno avuto delle membra fratturate o altre lesioni visibili. Ventuno, di cui due bambini, hanno detto che la polizia li ha inondati di gas lacrimogeno”.
Il prefetto di Pas-de-Calais, Denis Robin, ha reagito dichiarando a France Info che riconosce “Il numero significativo di infortuni” ma assicura che “la prima causa sono i conflitti violenti tra contrabbandieri, tra nazionalità” e che la seconda è dovuta “ai migranti che si feriscono nel tentativo di raggiungere la Gran Bretagna”. Il prefetto ha avvalorato la sua tesi puntando sulla mancanza di denunce ufficiali, senza però parlare di quanto sia difficile per un immigrato irregolare sporgerla.
Ma a Calais le violenze da parte della polizia nei confronti dei migranti hanno radici antiche e vengono denunciate dal 1999. Nel 2008 era uscito un report redatto da due universitari, Karen Akoka e Olivier Clochard, per la Coordinazione francese sul diritto d’asilo che le documentava in maniera accurata: botte, rifugi distrutti, coperte impregnate di gas lacrimogeno e caccia all’uomo. Nel 2011 è uscito un ulteriore rapporto di denuncia, redatto dagli attivisti di No border indirizzato ai Difensori dei diritti.
Nonostante ciò le violenze non sono cessate, oggi “sono meno flagranti, ma continuano. Prima venivano perpetrate a viso aperto, beffandosi di tutti”, spiega Christian Salomé dell’associzione L’auberge des migrants di Calais. “Dal report dei No border qualcosa è cambiato. Adesso succede al riparo degli sguardi indiscreti”, dichiara.
E proprio alla luce di questi fatti la Human right watch chiede al governo francese di agire per bloccare le violenze, agendo anche perché “si intensifichino gli sforzi per fare in modo che tutti i richiedenti asilo siano alloggiati senza ritardi, come prevede la legislazione europea” dal momento che un gran numero di loro è costretto a vivere in rifugi di fortuna, con un solo pasto al giorno e con scarso accesso ai servizi igienici. (hélène d’angelo)



Lampedusa secondo Ascanio Celestini
Corriere delle migrazione, 18-01-2015
Amalia Chiovaro
Lampedusa non è solo l’isola degli sbarchi, è tanto altro ancora. Questo lo racconta bene Ascanio Celestini, attore e drammaturgo italiano, che in questo momento è impegnato nella revisione delle interviste raccolte lo scorso settembre sull’isola, poco prima del Festival Sabir, e che presto potrebbero diventare una possibile drammaturgia per un documentario.
«Il problema di Lampedusa – dice Celestini – è che esiste una narrazione globale che sovrasta tutto e che poi non coincide con quelle che sono le narrazioni “domestiche”. L’isola viene raccontata solo attraverso le vicende dei migranti, morti o sopravvissuti. Con questo lavoro abbiamo voluto dare voce ai lampedusani che invece parlano d’altro, per esempio delle malattie da curare fuori dall’isola, o dei figli che nascono e che costano 7000 euro, perché le famiglie sono costrette a trasferirsi altrove per farli nascere. Inoltre, a Lampedusa, una produzione culturale vera e propria non è mai stata fatta. Si è scritto molto, si è fatto molto, però quasi sempre dall’esterno, e a me invece interessava capire dall’interno».
L’aspetto più interessante che è andato emergendo da questo lavoro è che nessuno ha quasi mai tirato fuori argomenti legati al fenomeno migratorio: «Solo una ragazza – continua Celestini – ne ha parlato, raccontando la sua esperienza come volontaria nel centro di primo soccorso e accoglienza, una volta terminata la scuola. Questo mi ha fatto pensare alla “Sindrome del peggiore della classe”, nel senso che anche se ti sforzi di cambiare la tua condizione, di offrire una percezione diversa della tua vita, gli “altri” (il mondo intero) continuano a vederti come vogliono, come hanno già deciso. E questo ti porta ad una riflessione: “Che studio a fare se resto il peggiore della classe? Se sono già etichettato così? Emilio Quadrelli, nel suo saggio Gabbie metropolitane, lo spiega bene questo concetto. Racconta di due donne africane, donne recluse, che un giorno si sono spogliate e cosparse di olio e sono state inafferrabili per ore. Una cosa folle agli occhi di tutti, ma quando è stata chiesta loro una spiegazione hanno risposto: “L’abbiamo fatto perché voi ci vedete così”. Dire quello che gli altri si aspettano che possiamo dire è una operazione vecchia, ma con questa centrifuga culturale è diventata una regola. Lo sguardo etnocentrico, per esempio, pesa molto sullo sguardo che i migranti hanno di loro stessi. Ecco cosa sta venendo fuori dalle nostre interviste».
Celestini si concentra poi su alcuni racconti raccolti fra settembre  e ottobre scorsi, durante gli eventi organizzati prima dai Cantieri Meticci e poi col festival Sabir, in occasione dell’anniversario della strage del 3 ottobre. Il drammaturgo, a distanza di qualche mese, propone una riflessione a freddo di tale esperienza, partendo dalle persone  con cui ha interloquito: «L’isola è per forza di cose un concentrato di occidente. C’è uno spaesamento rispetto ad un mondo che diventa sempre più grande e incomprensibile. Don Mimmo Zambito, il parroco giunto da un anno sull’isola, parla del “Mondo in 20 chilometri quadrati”. Cercando di partire dal suo punto di vista, la questione è la stessa affrontata nel vangelo di Matteo, dove si dice che non si possono servire sia Dio che il denaro. A Lampedusa si pensa poco a Dio e molto al denaro. Si propende per la gestione del “cattivo amministratore” che troviamo nel vangelo di Luca, ovvero colui che dimezzò i debiti ai creditori del suo padrone, al fine di conquistarli. Anche Antonio Taranto, presidente dell’Archivio Storico di Lampedusa, in un suo articolo, descrive la storia antropologica dell’isola come una serie di depredazioni: i coloni spagnoli non riescono a coltivare la terra e tagliano selvaggiamente tutti gli alberi, poi arrivano quelli che raschiano i fondali per raccogliere le spugne, in seguito vengono da diverse parti del Mediterraneo per la pesca del pesce azzurro e ora, da trent’anni, si sfrutta il turismo. Insomma, ogni volta che si prospetta un nuovo motivo di guadagno si abbandona il precedente, sfruttando il presente senza pensare al futuro. In sintesi, il culto per il denaro, che risolve ogni problema e la narrazione globale, che precipita sull’isola senza che essa la senta come propria, sono i due protagonisti di questa ricerca».
Per il nostro interlocutore il tema dello spaesamento è divenuto un elemento cardine di analisi, tanto che aggiunge: «Delle migliaia di stranieri passati dall’isola non si è fermato praticamente nessuno. Un solo minore è stato adottato. Lampedusa (quella dei migranti) sta in tutto il mondo tranne che su quell’isola. Perciò sto cercando gli stranieri che sono passati e che non si sono fermati. Quelli che hanno visto Lampedusa come gli italiani vedevano Ellis Island. Ma soprattutto mi chiedo se la migrazione non sia un modo di vedere il mondo. Una deriva, insomma. In un racconto scritto nella primavera del 1918, Zweig parla di un soldato siberiano che, dalla Francia, cerca di tornare in Russia. Non sa che c’è stata la rivoluzione e scambia il lago di Ginevra per il lago Bajkal e cerca di attraversarlo per tornare a casa. Quello che vorrei raccontare è lo spaesamento che gli stranieri, provenienti dal mondo più povero, rappresentano in maniera eclatante e che riguarda anche noi che abitiamo nel settore più ricco del pianeta».
Di certo Ascanio Celestini tornerà a Lampedusa, magari con nuovi progetti, ma senza perdere il filo del racconto



Stati Uniti: Corte Suprema; un detenuto musulmano può portare la barba, purché sia corta
Ristretti Orizzonti, 21-01-2015
Ansa, 21 gennaio 2015
Una sentenza unanime della Corte Suprema Usa ha dato ragione a un detenuto musulmano che aveva sporto denuncia contro il carcere dell'Arkansas perché gli vietava di portare la barba anche se corta. Il caso è stato denunciato da Gregory Holt, un musulmano conosciuto anche con il nome di Abdul Maalik Muhammad, noto alle autorità per aver minacciato le figlie dell'ex presidente Bush e poi condannato all'ergastolo nel 2010 per aver colpito la fidanzata con un coltello. Il carcere vieta di portare la barba lunga ma come compromesso, Holt aveva chiesto di poter avere una barba di pochi centimetri. In una lettera inviata alla Corte, Holt sosteneva che il rifiuto dello Stato di fare eccezioni è oppressivo e costringe i detenuti "a obbedire al loro credo religioso, affrontando un'azione disciplinare, o a violare quel credo". La Corte Suprema ha accettato il ricorso di Holt sostenendo che il divieto viola i suoi diritti e che comunque la barba non pone un rischio per la sicurezza.

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