Noi, musulmani  italiani
Valentina Brinis
Intervista al Prof. Ahmad Gianpiero Vincenzo presidente dell’associazione Intellettuali Musulmani Italiani (aimi).
L’associazione AIMI promuove convegni e iniziative religiose e culturali, nonché studi, disegni di legge e azioni politiche che possano favorire la sicurezza e l’integrazione dei musulmani in Italia. L’associazione intende rappresentare gli interessi culturali e sociali degli appartenenti alla comunità islamica, cittadini e stranieri, così come di tutti quelli che si riconoscono nei valori di libertà, tutela e sviluppo della persona, ribaditi dalle grandi tradizioni religiose.

Come è stato letto nei giorni scorsi dalla sua nota e dalle dichiarazioni del rettore dell’università egiziana, emerge una critica radicale allo stereotipo che vorrebbe il burqa, o il velo integrale, come espressione di una norma coranica. Ci può spiegare meglio questo concetto?
La questione del velo ha delle origini storiche: già ai tempi del profeta era indossato dalle donne. Nel Corano non è scritto nulla riguardo l’obbligo di portare o meno il velo, ognuno è libero di indossarlo a proprio piacimento e con motivazioni personali. Se ciò si  scontra con le politiche del luogo in cui ci si trova allora è possibile non indossarlo. La tradizione islamica non attribuisce una valenza religiosa al fatto di coprirsi il volto. La normativa di sicurezza in Italia impedisce di “travisarsi” in pubblico e questa legge è già sufficiente, è inutile introdurre nuove norme. Sarebbe più sensato fare un accordo con le istituzioni in modo da ribadire l’estraneità dell’Islam da tali pratiche. Una legge che vieta il burqa indossato per motivi religiosi, non fa altro che portare ad atteggiamenti di ostilità e di segregazione nei confronti di chi lo indossa.

Prendiamo un’altra questione controversa: le mutilazioni genitali. Può essere affrontata negli stessi termini, ovvero anche quella non è riconducibile a precetti religiosi, ma rimanda a costumi e a tradizioni?
L’infibulazione non esiste nella tradizione islamica. Anzi, è condannata da questa. Esiste la circoncisione maschile, come per gli ebrei. Il problema dell’interpretazione religiosa quindi per l’infibulazione, non si pone. 

Parliamo di voi? I membri dell’associazione sono italiani?
Non solo. L’associazione è composta anche da intellettuali arabi. Inoltre al suo interno è molto eterogenea, infatti ci sono sia persone di fede islamica che cristiana, poiché  lo scopo  è quello di innescare una riflessione sulle radici della tradizione islamica, rivalutandone  il patrimonio culturale e il contributo dato alla sviluppo della cultura occidentale. La creazione di un clima di dialogo e di comprensione tra le diverse confessioni è per noi di vitale importanza. L’intento è quello di rinnovare la cultura islamica, che  per anni è stata svalutata e fraintesa a causa del fondamentalismo. Ecco perché fanno parte dell’associazione molti dotti islamici.

Definendovi degli intellettuali, non correte il rischio di creare una cultura di nicchia?
No. L’Islam, a differenza di altre religioni, non ha la figura del sacerdote. Un ruolo importante è quello dell’Imam, guida morale o spirituale. In questi anni si è formata un’ampia rete di moschee e di centri islamici sul tutto il terreno nazionale. I contenuti dottrinali e culturali di tale rete, però, nel migliore dei casi, sono inadeguati ai reali bisogni religiosi e sociali della comunità islamica. Occorre un vasto lavoro di elaborazione culturale che riscopra le radici della migliore dottrina religiosa e filosofica islamica, per fornire ai musulmani il materiale necessario per avviare una riflessione sull’Islam in Italia. Il nostro intento è quello di ribadire l’apertura al dialogo e un atteggiamento teso al superamento dei conflitti tra i cittadini di diversa estrazione etnica e culturale. Quella islamica è una religione e una cultura pluralista al suo interno e in grado di adattarsi al contesto in cui si trova. Sono le politiche che vengono attuate in molti paesi occidentali ad incrementare il fondamentalismo. Ciò a causa della confusione terminologica e concettuale da parte delle istituzioni politiche. In questo modo i più aggressivi fondamentalisti alimentano atteggiamenti ostili nei confronti dei paesi ospitanti considerati incapaci di comprendere certe  tradizioni che, spesso erroneamente, vengono ricondotte  alla religione.  Il nostro essere intellettuali non vuole creare una cultura di nicchia, al contrario, vuole essere d’aiuto nella comprensione e nell’interpretazione delle tradizioni islamiche. L’associazione AIMI intende presentare il pensiero moderato e liberale islamico a livello politico e culturale, con lo scopo dichiarato di contrastare la diffusione delle ideologie fondamentaliste e radicali e favorire l’integrazione in Italia degli appartenenti alla comunità islamica e alle altre minoranze etniche, religiose e culturali.

Ultim’ora: e la proposta del viceministro Urso sulla “ora di religione islamica”?
Assolutamente d’accordo. Ma il progetto va coordinato e gestito, anche economicamente,  a livello nazionale per evitare che – attraverso lo sviluppo incontrollato di iniziative locali – si possa dare spazio alla diffusione di messaggi fondamentalisti.     

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