Morire nel Mediterraneo

 

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                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

11 giugno 2010

Immigrati, la Consulta boccia l'aggravante della clandestinità
Niente aumenti di pena. Sodisfatta l'opposizione

la Repubblica, 11-06-2010
Vladimiro Polchi
ROMA—Stop agli aumenti di pena per gli immigrati irregolari. La Corte costituzionale boccia l'aggravante di clandestinità, ma dà il via libera al reato d'immigrazione clandestina. Una bocciatura parziale alle politiche migratorie del governo, salutata dall'opposizione come una «buona notizia». A sollevare la questione di legittimità costituzionale, tanto dell 'aggravante, quanto del reato di clandestinità sono state decine di giudici in tutta Italia. Oltre 100 i ricorsi. Ieri è arrivata la decisione della Consulta, adottata a maggioranza in camera di consiglio. Stando alle indiscrezioni, la Corte avrebbe deciso per l'illegittimità dell'aggravante di clandestinità (pene aumentate di un terzo se a compiere un reato è un irregolare) prevista dal primo pacchetto sicurezza del luglio 2008. Un via libera sarebbe arrivato invece al reato di clandestinità (punito con ammenda da 5mila a 10mila euro) introdotto dal secondo pacchetto sicurezza, nel luglio 2009. L'aggravante di clandestinità sarebbe stata bocciata — stando alle prime anticipazioni, non smentite dalla Consulta — per violazione degli articoli 3 e 25 della Costituzione. In primo luogo, dunque, per irragionevolezza perché secondo il principio " ne bis in idem" l'aggravante andrebbe a collidere con il reato di clandestinità introdotto nel 2009. Inoltre, l'aumento di pena violerebbe il principio costituzionale del "fatto materiale" quale presupposto della responsabilità penale:l'aumento di pena sarebbe cioè collegato solo allo status del reo (il trovarsi irregolarmente in Italia) e non alla gravità del reato o alla pericolosità dell'autore.
I giudici costituzionali avrebbero invece considerato legittimo il reato di clandestinità, dichia-rando infondate le questioni sol-levate dal tribunale di Pesaro e da numerosi giudici di pace (tra cui Orvieto, Lecco, Torino, Cuneo, Vigevano e Gubbio). Le motivazioni delle due decisioni si conosceranno solo tra una decina di giorni, quando i giudici relatori, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, le avranno messe nero su bianco. E dalla Corte potrebbero venire anche interpretazioni restrittive del reato di clandestinità: come l'indicazione che spetta al giudice di pace valutare la grave entità del fatto, così da escludere eventuali giustificati motivi per cui l'immigrato si sia trattenuto illegalmente in Italia.
Le indiscrezioni sono bastate a scatenare i commenti politici. Tutti soddisfatti, stando alle prime reazioni. Il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano: «Saranno così fugate tutte le critiche, spesso pretestuose, che hanno accompagnato l'approvazione e l'applicazione del reato di ingresso clandestino». Soddisfatta LiviaTurco,presidentedelForum Immigrazione del Pd: «E' una sentenza scontata,che mette un punto su una questione di grossolana incostituzionalità, di una norma animata solo da furore ideologico». Intanto, ieri, il Consiglio dei ministri ha approvato il "Piano nazionale per l'integrazione" e l'accordo che introdurrà dal 2011 il permesso di soggiorno a punti.



Immigrati, sì al reato di clandestinità ma la Consulta boccia l'aggravante
Niente pene maggiorate se si è legalmente in Italia: norma irragionevole

Il Messaggero, 11-06-2010
Valentina Errante
ROMA- Una norma irragionevole. E la Corte Costituzionale boccia l'aggravante della clandestinità. Per i giudici della Consulta, la legge varata dal governo nel luglio scorso all'in¬terno del pacchetto sicurezza, quella che prevede l'aumento di un terzo della pena se a compiere un reato è un immigrato illegalmente presente in Italia, è illegittima. La Corte Costituzionale, invece, avrebbe dato un sostanziale via libera di legittimità al reato di clandestinità, punito con l'ammenda da cinque a diecimila euro, norma introdotta introdotto con il secondo "pacchetto sicurezza", nel luglio      del 2009. Decisioni che  secondo indiscrezioni non avrebbero   ottenuto l'unanimità in camera di consiglio, ma sarebbero state approvate a maggioranza. Le motivazioni delle due sentenze non sono ancora state depositate. Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, i due giudici relatori le metteranno nero su bianco nei prossimi mesi. La Consulta avrebbe "bocciato" l'aggravante di clandestinità per violazione degli articoli 3 e 25
della Costituzione. In primo luogo, per irragionevolezza perché, sarebbe stato questo il ragionamento dei giudici, in base al principio del "ne bis in idem" l'aggravamento della pena andrebbe a collidere con il reato di clandestinità introdotto nel 2009 dal pacchetto sicurezza. Inoltre, l'aumento di pena violerebbe il principio costituzionale del «fatto materiale» quale presupposto della responsabilità penale, nel senso che l'aumento di pena sarebbe collegato esclusivamente allo 'status' del reo (il trovarsi irregolarmente in Italia) e non alla maggiore gravità del reato, né alla maggiore pericolosità del- l'autore. Come nel caso dei recidivi o dei latitanti. I giudici costituzionali avrebbero invece dato il via libera al reato di clandestinità, dichiarando infondate diverse questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Pesaro e da numerosi giudici di pace (Orvieto, Lecco, Torino, Cuneo, Vigevano e Gubbio). Ma in questo caso sarà necessario attendere le motivazioni della decisione redatte dal giudice Frigo. Dalla Corte, infatti, potrebbero arrivare ulteriori indicazioni. Come quella che spetta al giudice di pace valutare, caso per caso, la grave entità del fatto, così da escludere eventuali giustificati motivi per cui l'immigrato si sia trattenuto illegalmente in Italia.
Ed è proprio sul sostanziale via libera al reato di immigrazione clandestina che si concentra la soddisfazione del presidente dei senatori   del   Pdl, Maurizio Gasparri:   «Appare secondaria la circostanza riguardante l'aggravante di clandestinità, quel che conta davvero in quelle norme è avere sancito che entrare illegalmente in Italia è un reato». Di tutt'altro avviso l'opposizione: Luigi Li Gotti (Idv) plaude alla bocciatura dell'aumento di pena per i clandestini «si torna così al diritto, che troppo spesso, per i capricci della Lega e la grossolanità propagandistica viene messo in discussione», sulla stessa linea Livia Turco (Pd).



La Consulta conferma: la clandestinità è reato

il Giornale, 11-06-2010
Francesca Angeli
L'entrata illegale nel Paese è considerata un crimine. Bocciata invece l'ipotesi dell'aggravante per gli stranieri La norma prevedeva che le pena fosse aumentata di un anno se il colpevole era senza permesso di soggiorno
Roma No all'aggravante di clandestinità. Via libera invece al reato di clandestinità. Non è ancora stata resa nota la sentenza con le motivazioni ma sarebbe questa la decisione della Consulta di fronte ai ricorsi che chiedevano di dichiarare l'incostituzionalità sia dell'aggravante sia del rea¬to di clandestinità. Entrambe le norme sono contenute nel pacchetto sicurezza e sono state immediatamente contestate, non soltanto dall'opposizione ma anche da una parte della magistratura, non appena sono entrate in vigore. I ricorsi alla Consulta per dichiarare illegittimo il reato di clandestinità, introdotto esattamente un anno fa, erano infatti già superiori a cento. Un numero tanto elevato da indurre il sottosegretario al Viminale, Alfredo Mantovano, a parlare di una vera e propria «operazione di boicottaggio del pacchetto sicurezza» da parte di alcuni magistrati.
Soltanto quando i giudici relatori, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, renderanno note le motivazioni si potrà valutare appieno l'impatto delle decisioni della Corte Costituzionale. Uno all'aggravante era atteso. La norma prevedeva che le pene fossero aumentate di un terzo se il colpevole era un immigrato entrato illegalmente nel nostro Paese. L'aumento dipena però violerebbe  il principio costituzionale del «fatto materiale» perché la maggiore severità deriverebbe non dalla gravità specifica del reato ma soltanto dalla condizione specifica del colpevole, ovvero il fatto di essere un clandestino. Dunque niente aggravante. Resta però il reato di clandestinità che è di fatto il cardine intorno al quale il governo ha costruito la sua politica di contrasto dell'immigrazione irregolare nell'ultimo anno.
Il ricorso preso in esame riguardava il caso di un giovane senegalese colpito da un provvedimento di espulsione e poi fermato nuovamente dai carabinieri che lo avevano arrestato perché non aveva rispettato l'ordine di espulsione. Il giudice del Tribunale di Pesaro, Vincenzo Andreucci, che ha affrontato il suo caso però ha ritenuto ci fossero fondate eccezioni di incostituzionalità da sollevare rimandando la questione alla Consulta indicando la violazione di quattro articoli della nostra Carta: 2,3,10, 27. Il giudice ipotizzava la violazione dei principi di uguaglianza e solidarietà e di quello che stabilisce che la responsabilità penale è personale. Ma la Consulta ha dichiarato infondate le questioni di illegittimità sollevate dal Tribunale di Pesaro. Nelle motivazioni potrebbe però aver dato l'indicazione che spetta al giudice di pace valutare caso per caso la grave entità del fatto. E visto che decine di giudici di pace hanno fatto ricorso alla Consulta per dichiarare l'illegittimità del reato di clandestinità non è difficile ipotizzare che cosa accadrebbe se la scelta fosse lasciata aperta.
Soddisfatto il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparo. «La Consulta avrebbe confermato la conformità alle supreme norme del reato di immigrazione clandestina. - dice Gasparri- Una decisione importante che rende secondaria l'esclusione dell'aggravante di clandestinità. Quel che conta è avere sancito che entrare illegalmente in Italia è un reato».
Sempre sul fronte immigrazione  ieri il consiglio dei ministri ha fatto il primo passo per l'approvazione del cosiddetto permesso di soggiorno a punti, ovvero l'accordo di integrazione che prevede un percorso di conoscenza della lingua e dell'ordinamento italiano per lo straniero. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, conta di introdurlo il prossimo



La Consulta: la clandestinità non è un'aggravante

l'Unità, 11-06-2010
Luigi Manconi, Ernesto Maria Ruffini
Violazione degli articoli 3 e 25 della Costituzione e dunque da bocciare. È quanto ha stabilito ieri la Consulta a proposito dell'aggravante di clandestinità contenuta nel pacchetto sicurezza voluto dalla Lega.
Nei mesi scorsi, la Corte Costituzionale era stata investita da diverse eccezioni di incostituzionalità sollevate in merito all'aggravante di clandestinità e al reato di immigrazione clandestina. Ieri la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'aggravante di clandestinità, ma ha ritenuto compatibile con la nostra Carta il reato di immigrazione clandestina.
Intanto, facciamo un passo indietro per cercare di capire cosa prevedono le norme prese in esame della Corte.
L'aggravante di clandestinità dispone, per i reati commessi dagli stranieri extracomunitari irregolarmente residenti in Italia, l'aumento di un terzo della pena applicabile ai cittadini italiani.
Il reato di immigrazione clandestina, invece, stabilisce che lo straniero extracomunitario sor-preso sul territorio italiano senza un regolare permesso di soggiorno possa essere condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria o, in alternativa e a discrezione dell'organo giudicante, all'espulsione dal territorio italiano.
La Corte Costituzionale si era già pronunciata in merito all'aggravante di clandestinità, ritenendo che le ordinanze di rinvio dei giudici che avevano sollevato l'eccezione di incostituzionalità non fossero sufficientemente motivate. Mentre non aveva ancora mai esaminato il reato di immigrazione clandestina.
Ieri, la Consulta, da quanto appreso finora, ha bocciato solo l'aggravante di clandestinità, per violazione degli articoli 3 e 25 della Costituzione.
Non sono state rese ancore note le motivazioni della decisione, ma dalle prime indiscrezioni sembra che l'aggravante di clandestinità sia stata dichiarata incostituzionale per irragionevolezza, perché la condizione di irregolarità è già perseguita dal nostro ordinamento dall'autonomo reato di clandestinità. Inoltre, la previsione dell'aumento di pena sarebbe in contrasto con i principi costituzionali della responsabilità penale, perché l'aumento di pena sarebbe collegato esclusivamente allo status di straniero irregolare e non alla maggiore gravità del reato, né alla maggiore pericolosità dell'autore.
Al riguardo, la sentenza si pone in linea col principio già affermato dalla stessa Corte, per la quale «il mancato possesso di un titolo abilitativo alla permanenza nel territorio dello Stato (...) non è univocamente sintomatico (...) di una particolare pericolosità sociale» (sentenza n. 78/2007).
Sotto altro profilo, invece, la Corte avrebbe riconosciuto la legittimità del reato di clandestinità, dichiarando infondate le diverse questioni di legittimità sollevate da numerosi giudici di pace (Torino, Orvieto, Lecco, Cuneo, Vigevano e Gubbio).
Si tratta di un primo, anche se parziale, risultato positivo, ma rimangono alcune domande.
Se uno straniero non può essere perseguito per la sua sola condizione di essere irregolare e, di conseguenza, è stata ritenuta incostituzionale l'aggravante di clandestinità, come è possibile ritenere legittimo il reato di immigrazione clandestina che punisce proprio quella condizione? Come sarebbe possibile argomentare la responsabilità penale dello straniero solo in relazione alla sua condizione soggettiva di migrante, pur in assenza di qualsiasi fatto a lui imputabile?
Forse la Corte tornerà ancora ad esaminare il reato di immigrazione clandestina. Ce lo auguriamo vivamente.



Consulta. Dichiarata incostituzionale la norma che aumenta le pene per i delitti commessi da immigrati irregolari
Stop all'aggravante di clandestinità

il Sole, 11-06-2010
Giovanni Negri
MILANO- La Corte costituzionale affonda l'aggravante di clandestinità. La camera di consiglio conclusasi ieri mattina avrebbe infatti, secondo le prime indiscrezioni, dichiarato l'illegittimità dell'aumento di pena fino a un terzo, istituito nell'ambito del primo pacchetto sicurezza del 2008, se a compiere il reato è stato un immigrato presente illegalmente in Italia. La stessa Consulta avrebbe però fornito un sostanziale giudizio di legittimità sul reato di clandestinità, punito con ammenda di 5mila a 10mila euro, introdotto dal secondo pacchetto sicurezza del luglio 2009.
Le motivazioni saranno note solo tra qualche tempo, ma, facendo riferimento alle argomentazioni sostenute dalle ordinanze di rinvio alla Corte, è possibile ritenere che nel giudizio di illegittimità sull'aggravante abbia pesato, tra l'altro, il fatto che l'incremento della sanzione non sarebbe stato collegato alla maggiore gravità del reato e neppure alla maggiore pericolosità dell'autore, come per recidivi e latitanti, quanto piuttosto allo status del colpevole (il fatto di trovarsi illegalmente in Italia).
Sulla legittimità del reato di clandestinità, d'altra parte, ambienti della Consulta fanno notare come sarà determinante la lettura delle motivazioni. Dalla Corte, infatti, potrebbero arrivare indicazioni per una valutazione caso per caso da parte del giudice di pace sulla giustificazione delle ragioni per il trattenimento illegale sul territorio italiano.
Naturalmente le anticipazioni che sono arrivate su due delle norme chiave della recente normativa sui clandestini hanno dato motivo a entrambi gli schieramenti politici per cantare vittoria. Così il sottosegretario all'Interno Alfredo Manto-vano ha spiegato che «se verranno confermate le notizie relative alle decisioni della Corte costituzionale in materia di clandestinità, saranno fugate tutte le critiche, spesso pretestuose, che hanno accompagnato l'approvazione e l'applicazione del reato di ingresso clandestino». Mantovano ha poi sottolineato come il reato di clandestinità è un «illecito la cui previsione era necessaria per rendere effettivo il meccanismo delle espulsioni, e quindi per far rispettare le regole riguardanti le modalità di ingresso degli stranieri in Italia. In tale ottica la probabile censura all'aggravante della clandestinità sarebbe ininfluente sul corretto funzionamento del medesimo meccanismo».
Per Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato, «la decisione della Corte costituzionale che boccerebbe l'aggravante dì clandestinità con riguardo al primo pacchetto sicurezza è una buona notizia che dimostra che le stupide forzature ideologiche portano a decisioni sbagliate e dannose che ci descrivono un govèrno schiavo della propaganda leghista. Era evidente che la norma fosse in modo grossolano anticostituzionale e questo dimostra che il governo non sa produrre leggi efficienti, in grado di governare un fenomeno complesso come quello dell'imigrazione  ma vive di propaganda e di bugie».



La clandestinità non è un'aggravante della pena

il Riformista, 11-06-2010
Benedetto Ippolito
La Corte costituzionale ha dato il nulla osta ieri al "pacchetto sicurezza", ossia alla norma che introduce in Italia il reato d'immigrazione  clandestina. Come è noto, la legge aveva sollevato molti dubbi di costituzionalità, provocando i ricorsi di molti giudici di pace e di alcuni tribunali.
L'Alta corte ha dichiarato però illegittima l'aggravante di clandestinità che prevedeva l'aumento di un terzo della pena per gli irregolari che si macchiassero di altri reati, avallando altri appelli che si erano presentati su questa specifica diposizione.
Benché sembri palesarsi un'apparente contraddizione, la sentenza nel suo insieme ha una seria rilevanza politica. Entrare clandestinamente in un Paese è, infatti, giudicato un atto irregolare, perché la legge prevede il riconoscimento dell'identità del migrante sul territorio nazionale. Tuttavia trovarsi illecitamente in un luogo non può costituire di per sé un'aggravante per reati che hanno natura e carattere differenti, e che pertanto richiedono un giudizio e una sanzione autonomi.
Oltre a dare razionalità giuridica, questo stralcio invita a una più profonda riflessione. È riconosciuto, infatti, che la normativa generale che definisce la cittadinanza è indietro rispetto alla condizione effettiva in cui si trovano ad essere di sovente gli stranieri. Ed è ammesso, inoltre, che non tutti i clandestini sono tali per un chiaro intento criminale, ma per altre necessità. La conclusione è, quindi, che la Corte costituzionale, pur affermando l'irregolarità del clandestino, invita a ripensare in modo nuovo la nozione stessa di cittadinanza. Un fatto, solo per questo, d'importanza capitale.



Irregolari alla sbarra l'incubo dei costi per il doppio processo

La Stampa, 11-06-2010 
Raphael Zanotti
TORINO- Bocciata l'aggravante della clandestinità, ma sostanziale disco verde della clandestinità come reato a sé punito con un'ammenda da 5 a lOmila euro.
Con questa doppia decisione, che i giudici relatori Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo si apprestano a mettere nero su bianco, la Corte Costituzionale ha risposto ai numerosi ricorsi presentati da diversi tribunali e giudici di pace sulla qualificazione giuridica della clandestinità.
Una doppia decisione che, per sua natura, ha ricevuto il plauso sia della maggioranza sia dell'opposizione.
La presidente del gruppo del Pd a Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, e il capogruppo dell'Italia dei Valori in commissione Giustizia del Senato, Luigi Li Gotti parlano infatti di decisione corretta della Consulta, che ha dimostrato come la battaglia contro   l'aggravante   fosse giusta. Per il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano e il presidente del gruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, invece l'importante è che sia stata riconosciuta la clandestinità come reato. Ma cosa ha deciso, nei fatti, la Consulta? Secondo prime indiscrezioni l'aggravante sarebbe stata bocciata sulla base di due profili. In primo luogo perché è irragionevole che esista in questa veste, essendo prevista come reato in altra. In secondo luogo perché l'aumento di pena che determinava era legata solo alla condizione del reo, il trovarsi illegalmente in Italia, e non alla maggiore gravità del reato o alla maggiore pericolosità dell'autore. La clandestinità come reato, invece, è passata. Ma la Consulta potrebbe, affidare ai giudici di pace la possibilità di valutare caso per caso i giustificati motivi per cui l'immigrato si è trattenuto illegalmente in Italia. Cosa prima non prevista e motivo di ricorso.
Negli ambienti giudiziari, ora, ci si preoccupa dei costi.
Se un clandestino viene arrestato per spaccio o altri reati, subisce un processo davanti a un giudice togato. Poi deve presentarsi davanti a un giudice di pace per il reato di clandestinità. Nei fatti ciò non avviene. Il reo, quasi sempre, in quel  momento  è  già  stato espulso. Il processo si svolge senza di lui, ma con costi per la collettività: il giudice di pace, le forze dell'ordine, l'interprete. Alla   fine,   ben che vada, arriva l'ammenda tra i 5 e i lOmila euro. Se lo straniero non la paga (cosa abbastanza facile), il rischio è che la pena venga trasformata in lavoro sostitutivo od obbligo di dimora. In pratica lo si costringe a restare in Italia.




E la Cassazione dà le attenuanti agli irregolari: "Sono disagiati
"
il Giornale, 11-06-2010
La Cassazione spezza una lancia in favore degli immigrati non integrati. Ha infatti diritto alle attenuanti generiche e quindi a uno sconto di pena lo straniero che commette dei reati, vivendo in condizioni socio-economiche disagiate. Lo ha stabilito la Suprema corte che, con la sentenza n. 22212 di ieri, ha respinto il ricorso della Procura di Torino presentato contro la decisione del Tribunale che aveva concesso le attenuanti generiche a un algerino accusato in Italia di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. In particolare, riporta il sito Cassazione.net, secondo il pm «le disagiate condizioni di vita non sono idonee ad attenuare la portata dei reati contestati e quindi non possono essere poste a sostegno della concessione della attenuanti generiche». Una tesi, questa, che non ha convinto la sesta sezione penale che, con una motivazione destinata alla massimazione ufficiale, ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura piemontese chiarendo che «il Tribunale non ha concesso le attenuanti generiche per incensuratezza ma per le disagiate condizioni di vita. Si tratta di un parametro sicuramente rientrante nella previsione dell'articolo 62 del codice penale». Non solo. La Cassazione ha inoltre sottolineato come la decisione non sia in contrasto con le norme sulla sicurezza approvate due anni fa (1.125 del 2008). Anche la Procura generale della Suprema corte aveva sollecitato l'inammissibilità del ricorso dell'accusa. Non si tratta della prima volta che il buonismo di alcune sentenze della Cassazione in materia di immigrazione fa notizia. Nel gennaio
2007, la Corte aveva deciso che possono essere riconosciute le attenuanti generiche a un clandestino condannato per omicidio, dato il suo
«stato di emarginazione sociale e di arretratezza culturale» (sentenza n.957). Il caso del 2007 confermava la condanna a 17 anni e quattro me-
si di prigione - riconosciute le attenuanti generiche, equivalenti all'aggravante della crudeltà - pronunciata dalla Corte d'assise d'appello di
Milano nei confronti di un immigrato.
Non è successo lo stesso nel febbraio 2009, quando la Cassazione, seguendo le nuove disposizioni in materia di sicurezza in vigore da luglio
2008,    rideterminò la condanna. Le norme del 2008 escludono che un clandestino, in Italia nonostante l'ordine di espulsione, possa godere del-
le attenuanti generiche. Per questo la Corte ha annullato la condanna a cinque anni e dieci giorni (sospesa con la condizionale) inflitta con ri-
to abbreviato dal tribunale di Urbino a un nigeriano. Le autorità avevano invitato l'uomo a lasciare il Paese.



IMMIGRAZIONE: ECCO I CREDITI. LA LEGA ESULTA
VARATO IN CONSIGLIO DEI MINISTRI IL PERMESSO DI SOGGIORNO A PUNTI MOLTO "SPINTO" DAL CARROCCIO. SOLO UN PROVVEDIMENTO SPOT?

Secolo, 11-06-2010
Federico Locchi
Un po' di demagogia qui, un contentino ai leghisti lì e il Consiglio dei ministri è fatto. L'egemonia culturale e politica del Carroccio sul governo è emersa chiaramente nel consiglio dei ministri di ieri, le cui principali novità riguardano esattamente due battaglie di Calderoli & soci: il taglio degli stipendi Rai e il cosiddetto "permesso di soggiorno a punti".
Due provvedimenti che hanno il comune denominatore di affrontare problemi reali a cui opporre però soluzioni di corto respiro, senza riuscire a concepire cambiamenti strutturali. Per quanto riguarda l'immigrazione, le misure varate vanno incontro esplicitamente ai desiderata del Carroccio. La principale novità contenuta nell'accordo di integrazione riguarda il sistema dei "crediti", i cosiddetti punti (si parte con 16 crediti) da incrementare o da ridurre a seconda dei comportamenti degli immigrati. La soglia di adempimento è il conseguimento di 30 crediti. Impossibile avere il permesso di soggiorno senza la conoscenza della lingua italiana e della cultura civica e della vita civile italiana, senza mandare i figli minori a scuola.
«Questo accordo - ha detto il ministro del lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi - nasce nell'ambito del pacchetto sicurezza e non è uno strumento vessatorio. Anzi, stimola alcuni elementi basici dell'integrazione».
Il ministro ha precisato con una battuta che nessuno chiederà agli stranieri   competenze pari «all'Accademia della Crusca così come non si tratterà di fare un esame di diritto pubblico». L'accordo (della durata di due anni) è destinato agli stranieri (16-25 anni) che entrano per la prima volta sul territorio nazionale; si stipula presso lo sportello unico o la questura contestualmente al momento della presentazione della domanda di permesso di soggiorno. Sono esentati dall'Accordo le vittime di tratta e violenze, chi ha patologie o è portatore di handicap tali da limitare l'apprendimento linguistico e culturale. Con la firma all'Accordo, lo straniero si impegna a rispettare i principi della Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione mentre lo Stato gli garantisce il sostegno al processo di integrazione. A questo scopo, en-tro un mese assicura allo straniero la partecipazione gratuita ad una sessione di formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia della durata tra le 5 e le 10 ore. Al momento dell'entrata in Italia, lo straniero parte da un credito di 16 punti; 15 di questi possono essere sottratti in caso di mancata frequenza al corso di formazione civica. I crediti possono essere incrementati, ad esempio, da percorsi di istruzione professionale, dall'iscrizione al servizio sanitario nazionale, dalla stipula di un contratto di locazione o di acquisto, dallo svolgimento di attività di volontariato. Potranno invece essere decurtati, in caso di condanna penale anche non definitiva, dall'aver commesso gravi illeciti amministrativi o tributari. Con crediti pari o inferiori allo zero c'è l'espulsione. Il provvedimento istituisce anche un'anagrafe nazionale degli intestatari degli accordi di integrazione presso il Viminale. Soluzione reale o provvedimento spot? «Si tratta di misure - ha spiegato il parlamentare del Pdl Fabio Granata - nel complesso destinate a complicare e burocratizzare ulteriormente procedure già piuttosto complesse. Il tutto senza toccare il nodo
cruciale della cittadinanza, che è il cuore stesso della questione dell'integrazione, l'unico snodo a partire dal quale si può pensare a impostare una strategia di lungo periodo, una riforma strutturale, lungimirante».
Il deputato del Pd Andrea Sarubbi, cofirmatario proprio con Granata della proposta per la cittadinanza "breve" e volontaria, ha dal canto suo due riserve circa il provvedimento varato in Consiglio dei ministri: «È giusto puntare sull'integrazione - spiega - ma non a costo zero. Chi va in Francia deve imparare il francese, ma è lo Stato che glielo insegna. Da noi non è così perché il fondo dedicato a queste urgenze è stato azzerato da Tremonti, quindi come al solito affidiamo tutto a Chiesa e volontariato». Inoltre, per il parlamentare democratico, «Sacconi è convinto che in Italia vi sia una immigrazione "circolare", con gente che arriva per lavorare ma non è intenzionata mettere radici. Questo, però, è un modello che va bene per la badante ucraina, non per la colf filippina. E poi l'anno scorso sono stati 20mila gli immigrati che hanno lasciato l'Italia. Mettiamo che i numeri reali siano anche dieci volte tanto: fatto sta che si tratta di una minoranza. Stiamo facendo l'errore fatto dai tedeschi con i turchi. Del resto, se si crede che l'immigrazione sia "circolare" che senso ha chiedere"superdoveri", se si vogliono braccia perché si impone loro di fare volontariato? In questo modo anche chi era venuto per andarsene è incentivato a restare. Insomma, questo è un provvedimento doppiamente carente». Sia come sia, l'impressione è quella di avere a che fare con misure "mediatiche" che evitino i nodi strutturali e le soluzioni realmente co-
raggiose. Manca un'idea di cittadinanza e una volontà di pensare il futuro. Manca un progetto di civiltà che intenda fare realmente fronte alle sfide della contemporaneità. Manca la politica, insomma. Quella vera. Quella che dribbla i facili applausi e fa realmente gli interessi del Paese. Roba che con la demagogia ha francamente poco a che fare.



Immigrati Via al permesso a punti
Reato di clandestinità: sì della Consulta ma senza l'aggravante

Corriere della Sera, 11-06-2010
ROMA — Non può esistere l'aggravante di clandestinità: è illegittima. L'aveva prevista il governo Berlusconi con il «pacchetto sicurezza» del 2008 e adesso la Corte Costituzionale ha stabilito che non possono essere aumentate di un terzo le pene per un reato per il solo fatto che a commetterli sia uno straniero clandestino in Italia.
Resta invece in vigore, non contestata, un'altra norma, voluta sempre dal governo Berlusconi, in un altro «pacchetto sicurezza», quello del 2009: il reato di clandestinità, per il quale continuerà ad essere prevista un'ammenda da cinque a diecimila euro.
C'è un problema costituzionale di fondo, che distingue il reato dall'aggravante: il principio del «fatto materiale» come presupposto della responsabilità penale. I due giudici della Consulta, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, non hanno ancora messo nero su bianco le motivazioni delle loro decisioni. Ma qualche ragionamento è stato già largamente anticipato.
E cioè: l'aggravante di clandestinità violerebbe il principio costituzionale del «fatto materiale», perché l'aumento della pena sarebbe collegato esclusivamente allo status di chi commette il reato. Ovvero il suo trovarsi irregolarmente in Italia, e non a causa della maggiore gravità di reato o della maggiore pericolosità dell'autore (come invece nel caso di recidivi o latitanti).
Esulta l'opposizione, per bocca di Livia Turco, già ministro e oggi presidente del Forum immigrazione del Pd: «La decisione della Corte Costituzionale è una buona notizia, perché questa sentenza mette un punto su una questione di grossolana incostituzionalità, di una norma animata solo da furore ideologico che introduceva l'aggravante di clandestinità».
Ma ad approvare la sentenza è anche la maggioranza, con il commento di Maurizio Gasparri presidente del gruppo Pdl al Senato. Dice, infatti: «a quanto si legge, la Consulta avrebbe confermato la conformità alle supreme norme del reato di immigrazione clandestina. Si tratterebbe di
una decisione molto importante che stronca le pretestuose polemiche sollevate nel Paese».
Intanto proprio oggi a Palazzo Chigi Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, ha illustrato il piano per l'integrazione e la sicurezza per gli immigrati, allegato all'accordo d'integrazione (il cosiddetto «permesso a punti») che ha avuto il definitivo via libera da Palazzo Chigi. Partirà dal gennaio 2011. Ha detto Sacconi: «L'importanza di questo piano è prettamente politica perché prevede un'integrazione virtuosa proponendo modelli molto chiari nella scelta dei contenuti a tutte le amministrazioni. A questo piano ha collaborato anche la Gelmini, ministro per la Pubblica istruzione».



CONSIGLIO DEI MINISTRI
Permesso a punti approvato, Sacconi: «Non è vessatorio»

Il Messaggero, 11-06-2010
ROMA - A gennaio 2011 si cambia. È all'inizio del nuovo anno che, secondo le previsioni del ministro dell'Interno Roberto Maroni, entrerà in vigore l'accordo di integrazione approvato definitivamente ieri dal Consiglio dei ministri, e che segna un nuovo corso nei rapporti fra i cittadini stranieri e lo stato italiano. La principale novità riguarda il sistema dei "crediti", ì cosiddetti punti (si parte con 16) da incrementare o ridurre a seconda dei comportamenti degli immigrati. La soglia di adempimento è il conseguimento di 30 crediti. Impossibile avere il permesso di soggiorno senza la conoscenza della lingua italiana e della cultura civica e della vita civile italiana, senza mandare i figli minori a scuola.
A presentare l'accordo a Palazzo Chigi il ministro del lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi e il collega dell'Interno. Questo accordo - ha detto Sacconi - «nasce nell'ambito del pacchetto sicurezza e non è uno strumento vessatorio. Anzi, stimola alcuni elementi basici dell'integrazione». L'accordo è destinato agli stranieri (16-25 anni) che entrano per la prima volta sui territorio nazionale.. Al momento dell'entrata in Italia, Io straniero parte da un credito di 16 punti, che possono essere incrementati da percorsi di istruzione professionale, dall'iscrizione al servizio sanitario nazionale, dalla stipula di un contratto di locazione o di acquisto. O decurtati in caso dì condanna penale anche non definitiva, dall'aver commesso gravi illeciti amministrativi o tributari. Con crediti pari a zero c'è l'espulsione.



Integrazione Maroni: L'Europa guarda al nostro modello

il Giornale, 11-06-2010
L'accordo di integrazione sta seguendo il suo iter che si prevede dovrebbe concludersi entro la fine dell'anno: in questo modo «da gennaio chi entrerà in Italia» dovrà attenersi a quanto prevede lo stesso accordo. Lo ha annunciato il ministro dell'interno Roberto Maroni, secondo il quale l'Accordo di integrazione assieme al Piano per l'integrazione nella sicurezza, approvato anch'esso dal Cdm, permettono «il giusto rigore e severità» ma anche una «politica per l'integrazione che non ha pari in Europa». «Siamo molto soddisfatti di ciò che abbiamo fatto control'immigrazione clandestina». Il nostro modello riceve l'attenzione dell'Europa: «Abbiamo sviluppato un sistema che è una best practice da portare» in tutto il continente. Il ministro dell'Interno Maroni ha parlato alla conferenza stampa di presentazione del piano per l'integrazione. - «Abbiamo definito un sistema di regole che consente a chi vuole venire in Italia di rispettare le leggi e di seguire un percorso di integrazione che è eccellente».



Immigrazione, Maroni ha scelto
A Campi il centro per clandestini

Corriere Fiorentino, 11-06-2010
Il Cie si farà a Campi Bisenzio, e sarà un Cie come quelli che già si trovano in (quasi) tutte le altre regioni d’Italia. Niente «mini Cie» sul modello proposto dal presidente della Regione
Il Centro di identificazione ed espulsione per immigrati irregolari si farà a Campi Bisenzio, e sarà nient’altro che un Cie come quelli che già si trovano in (quasi) tutte le altre regioni d’Italia. Niente «mini Cie» sul modello proposto dal presidente della Regione Rossi, insomma: il ministro dell’Interno Maroni smentisce le parole del sindaco di Pisa Filippeschi, che mercoledì, dopo l’incontro con lo stesso Maroni, aveva parlato di una disponibilità del governo a valutare forme diverse di gestione dei centri.
Il ministro si è anche detto «sorpreso» del fatto che una conversazione riservata fosse riportata alla stampa, peraltro con il contenuto sbagliato. Maroni invierà la prossima settimana la sua proposta di localizzazione a Rossi, che potrà però fornire un’alternativa. Altrimenti si partirà subito con la costruzione del centro.



EMENDAMENTO ALLA CAMERA: CADE L'OBBLIGO DI CONVERSIONE ALL'ISLAM PER CHI SPOSA UNA STRANIERA
MATRIMONI MISTI, DA OGGI PIÙ LIBERTÀ

Secolo, 11-06-2010
Souad Sbai
ROMA. Alea iacta est, avrebbe detto qualcuno. Ieri alla Camera dei deputati il dado è stato tratto: e le donne fanno un passo avanti verso la parità. Specie tutte quelle straniere provenienti dai Paesi arabi e da alcuni Paesi africani che, per sposare un cittadino italiano, erano costrette a fare convertire il futuro sposo alla propria fede religiosa. Pena il rifiuto del rilascio del nulla osta alle nozze da parte del Paese di origine. La Camera ha infatti approvato ieri all'unanimità un emendamento, promosso dalla sottoscritta e da Manlio Contento (relatore l'on. Orsini) che modifica l'articolo 116 del codice civile per la disciplina dei matrimoni tra un cittadino italiana e una donna straniera. È stato inserito un secondo comma secondo il quale in caso di rifiuto del nulla osta, o decorsi i termini di 90 giorni, l'ufficiale di stato civile sia tenuto a verificare che le leggi del Paese di provenienza del coniuge non entrino in contrasto con l'ordine pubblico italiano, come previsto dal diritto internazionale privato secondo cui, in tal caso, la legge straniera non può essere applicata. Si tratta di una grande vittoria in termini di diritti umani: la Camera ha infat-
ti sancito non solo la primarìetà dell'ordinamento italiano e dei principi che ne stanno alla base, ma ha fatto in modo che venga impedita una discriminazione di genere de facto imposta dalle leggi del Paese di provenienza della donna, spesso lesive del principio di uguaglianza tra i sessi costituzionalmente garantito, nonché del principio della libertà di matrimonio e di quella di confessione e nettamente in contrasto con i principi della nostra Costituzione. In un'Italia in cui il numero degli stranieri è in continua crescita la precedente disciplina dei matrimoni misti, oggi modificata, piegava le donne ad un ingiusto condizionamento alla propria volontà e libertà. E non solo: essa sottoponeva il cittadino
italiano ad una sorta di conversione forzata. Come non ricordare le parole di Karima, rivoltasi ad Acmid Donna Onlus, l'associazione della donne marocchine in Italia, da me presieduta: «Sono una ragazza marocchina che appartiene ai cosiddetti immigrati di seconda generazione. Ho 22 anni, quando arrivai in Italia ne avevo 6, per questo non parlo correttamente quella che tutti chiamano la mia lingua madre, cioè l'arabo. Il mio fidanzato Alessandro è italiano, abbiamo deciso di sposarci civilmente, ma tra i documenti che l'ambasciata marocchina mi ha chiesto per ottenere il nulla osta al matrimonio, c'è anche un certificato che attesti la conversione del mio ragazzo all'Islam. Dato che siamo in Italia e la Costituzione garantisce la libertà religiosa, che senso ha tutto ciò? Non è una violazione di questa libertà?». Si tratta di domande cruciali per il nostro futuro cui finalmente abbiamo dato una risposta. Il provvedimento approvato alla Camera, infatti, non è altro che un primo passo per impedire l'istituzione, nella pratica, di un doppio binario giuridico che entri in contrasto con il diritto positivo, spesso e volentieri discriminatorio verso le donne che si trovano sempre a pagare le più onerose conseguenze.



Vittima dello scontro diplomatico
Tripoli rilascia lo svizzero Max Goldi

Corriere della Sera, 11-06-2010
TRIPOLI — E' stato liberato ieri a Tripoli Max Goldi, uomo d'affari svizzero detenuto in Libia da 4 mesi, vittima indiretta dello scontro diplomatico tra Muammar Gheddafi e Berna. Goldi era stato arrestato nel 2008 per rappresaglia dopo l'arresto a Ginevra di Hannibal Gheddafi, figlio del leader libico, denunciato da due domestici per maltrattamenti. Goldi era stato condannato il 30 novembre 2009 a 16 mesi e al pagamento di un'ammenda per aver violato la normativa sull'immigrazione, in Libia. A febbraio, la pena era stata ridotta in appello a 4 mesi.



Scarcerato l'imprenditore svizzero Goeldi

il Sole, 11-06-2010
L'uomo d'affari svizzero Max Goeldi, condannato da Tripoli a quattro mesi di detenzione lo scorso 11 febbraio, nel pieno della querelle Libia-Svizzera, che aveva portato anche al blocco dei visti per tutta l'area Schengen, è stato rilasciato dalle autorità libiche. Lo ha riferito ieri il suo avvocato difensore Salah Zahaf. Goeldi, incarcerato nel 2008 per rappresaglia dopo l'arresto a Ginevra di Hannibal Gheddafi, figlio del colonnello Muammar, era stato condannato il 30 novembre 2009 a una pena detentiva di 16 mesi e al pagamento di un'ammenda per aver violato la normativa sull'immigrazione  in Libia. L'11 febbraio scorso la sua condanna è stata confermata in appello, ma la sua pena è stata ridotta a quattro mesi. Ieri finalmente la fine dell'incubo. Alla scadenza della detenzione è stato rilasciato dalle autorità libiche.



Dove non arrivano le ong
La predilezione del jihad per i sacrifici umani e i "Ragazzi del Paradiso"

Il Foglio, 11-06-2010
Dalla Cecenia all'Afghanistan, così i "baby martiri" crescono (e vengono uccisi quando sospettati di tradimento)
Il modello khomeinista
Roma, Secondo un recente rapporto di Amnesty International, sono 300 mila i bambini pronti a morire da soldati in guerre religiose, etniche, regionali. Ma dei figli del jihad, arruolati o giustiziati in tenera età, né Amnesty né altre ong umanitarie si è mai occupata. Il Daily Times, giornale sempre addentro all'intelligence militare britannica, ha rivelato che cinquemila bambini pachistani e afghani sono stati addestrati dai talebani per portare a termine attentati kamikaze. Questi "Ragazzi del Paradiso", come si chiamano nella narrativa islamista, sono l'altra faccia dei bambini afghani assassinati in questi anni di guerriglia terroristica.
Mercoledì un bambino di sette anni è stato giustiziato dagli studenti di Allah nella provincia di Helmand. Era stato accusato dì "spiare" il nemico per conto del governo afghano. Il giurista di Harvard Alan Dershowitz parla di "adoratori della morte" per descrivere questa cultura infantile del martirio. Una delle donne che hanno dilaniato la metro di Mosca ad aprile aveva sedici anni. Si chiamava Dzhennet Ab-durakhmanova, volto d'angelo per una "vedova nera" imbottita di tritolo e bulloni, In Iraq i bambini già utilizzati in operazioni suicide sono stati oltre cento, Peter Singer della Brookings Institution, uno dei primi analisti a occuparsi di questo mostro cultural-religioso, parla persino di una "generazione perduta" di bambini musulmani. E' stata contagiata anche la società palestinese per il tramite di Hamas. L'esempio più famoso di questa nuova forma di sacrificio umano ha avuto luogo nel 2004, quando un bambino palestinese di undici anni fu pagato un dollaro per portare un pacco attraverso i controlli di sicurezza israeliani. Il bambino non lo sapeva, ma il pacco conteneva una bomba che sarebbe stata fatta esplodere con un telecomando. Fortunatamente per il bambino, e per gli israeliani, il piano venne sventato.
Tutto ebbe inizio con la rivoluzione in Iran del 1979. L'ayatollah Khomeini stabilì per legge che i bambini potevano arruolarsi senza il permesso del padre. Al tramonto, per anni, sui campi minati lungo la frontiera irachena, decine dì migliaia di bambini andarono a farsi esplodere. Sui loro corpi avanzavano poi i soldati regolari. Durante il sanguinoso assedio alla Moschea Rossa dì Islamabad, Saima Khan, dieci anni, divenne l'eroina della propaganda islamica per aver detto d'esser pronta a morire "da martire", "I bambini sono la prima linea", annunciarono gli imam dei talebani. Anche l'organizzazione libanese Hezbollah ha formato un battaglione di più di duemila bambini.
Il Washington Post ha da poco rivelato l'esistenza di centri di addestramento per baby terroristi in Pakistan. Subiscono il folle indottrinamento da parte degli addestratori talebani, quasi "fossero in trance", secondo Sharmeen Obaid Chinoy, autore del documentario "Children of the Taliban", trasmesso in America dalla rete Pbs. "I bambini erano giunti a dire di voler uccidere i propri genitori", hanno rivelato fonti dell'esercito pachistano. I ragazzini sono allettati da una promessa cupa e fiabesca: fanciulle vergini e fiumi di latte e miele così lontani e colorati rispetto al paesaggio brullo e arido che li circonda.



Il  Tea Party olandese
Ultraliberista, isolazioniste, populista e anti islamico, Così vince Wilders

Il Foglio, 11-06-2010
Il Tea Party europeo ha avuto la sua prima consacrazione elettorale in Olanda, Geert Wilders, ultraliberista, isolazionista, populista e anti islamico, ha quasi triplicato i seggi del suo Partito della libertà (da 9 a 24), piazzandosi al terzo posto davanti ai cristiano-democratici del premier uscente. Jan Peter Balkenende. Anche Mark Rutte, il leader del Partito liberale e probabile premier dopo aver vinto le elezioni con 31 seggi, ha condotto una campagna con parole d'ordine da Tea Party americano: troppo deficit, troppe tasse, troppo internazionalismo, e basta con il politicamente corretto sull'immigrazione  Gli olandesi hanno votato contro l'establishment politico che ha chiuso gli occhi sui danni del multiculturalismo. "Siamo i grandi vincitori e non possono più ignorarci", ha detto un trionfante Wilders. La Main Street olandese ha bocciato il governo di grande coalizione tra cristiano-democratici e laburisti, che ha salvato la Wall Street di Amsterdam (Abn Amro e Fortis, le due banche nazionalizzate durante la crisi finanziaria) e fatto esplodere il deficit (dal quasi pareggio di bilancio al 6,6 per cento del pil). Il liberale Rutte ha promesso di spesa di 45 miliardi, di ridurre le dimensioni dello stato, di dimezzare gli aiuti internazionali allo sviluppo e di respingere gli immigrati che non contribuiscono all'economia del paese. La voglia di libertà degli olandesi è stata espressa anche nel voto ai D66, piccola formazione libertaria simile ai Radicali di Pannella. passata da 3 a 10 seggi.
Wilders ha iniziato a fare sul serio, rinunciando a opporsi all'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni. I negoziati che si sono aperti ieri potrebbero durare mesi, indebolendo la posizione dell'Olanda sui mercati. Gli osservatori scommettono su una coalizione "violetta": liberali, laburisti, libertari dei D66 e Verdi. Ma così, dopo aver votato per un'agenda Tea Party, gli olandesi si ritroverebbero con un premier liberale, in minoranza dentro un governo dominato dalla sinistra.

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