Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

6 marzo 2013

 

Emergenza Nord Africa, in Toscana ha trovato lavoro solo un immigrato su sette.
Immigrazioneoggi.it 6 marzo 2013
Emergenza Nord Africa, in Toscana ha trovato lavoro soltanto un immigrato su sette. È la stima fatta sui 758 profughi rimasti dei 1.500 arrivati a partire dal marzo 2011 in seguito alle sommosse della primavera araba. Complessivamente hanno trovato un impiego, grazie anche ai tirocini messi a disposizione dalla Regione Toscana, poco più di un centinaio di persone. Tra i 758, circa 200 sono considerati vulnerabili (donne, minori, anziani, malati, disabili) e potranno restare ancora nei centri di accoglienza per qualche mese.
Tra i restanti, sono molti quelli che stanno decidendo di mettersi in viaggio verso altri Paesi europei, dove magari hanno parenti o amici. Altri si stanno trasferendo in strutture d’emergenza.
L’assessore al welfare della Regione, Salvatore Allocca, ha fatto sapere che “saranno stanziati finanziamenti ancora da definire per cercare di favorire un percorso di autonomizzazione dei profughi”.
 
 
Edilizia popolare: a Roma denuncia delle associazioni, il bando comunale discrimina i rom.
I campi attrezzati considerati come “strutture permanenti”, quindi minor punteggio nella graduatoria per i rom che vi abitano.
Immigrazioneoggi.it 6 marzo 2013
Porre fine alle discriminazioni nei confronti dei rom sull’assegnazione delle “case popolari” di Roma e garantire un accesso equo al bando generale del 31 dicembre 2012 per gli abitanti dei “villaggi attrezzati” della capitale. È quanto chiedono Amnesty International, l’Associazione 21 luglio, European Roma Rights Centre e Open Society Foundations in una lettera inviata al Comune di Roma e intestata al sindaco Gianni Alemanno, al vice sindaco Sveva Belviso e all’assessore alle Politiche del patrimonio e della casa, Lucia Funari.
Ad oggi, secondo l’Associazione 21 luglio, sono circa una cinquantina le domande presentate da nuclei familiari residenti nei campi di Candoni, Salone e Castel Romano, per un totale di circa 250-300 persone, ma nei prossimi giorni si prevede l’invio di domande per altre 180-200 persone. La possibilità di poter partecipare alle graduatorie era arrivata a fine dicembre col bando generale di concorso per l’assegnazione in locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Un bando che, secondo le associazioni, dà priorità nell’assegnazione degli alloggi che si renderanno disponibili, alle famiglie che si trovino nelle situazioni di maggior vulnerabilità, ovvero di “grave disagio abitativo”, coinvolgendo a pieno titolo le famiglie rom presenti nella capitale.
Tuttavia, dopo la diffusione della notizia, il Comune di Roma è corso ai ripari lo scorso 18 gennaio 2013, pubblicando delle Precisazioni su requisiti Bando Generale per assegnazione alloggi di E.R.P.. Nel documento viene precisato che “i campi nomadi non possono essere equiparati alla situazione descritta nella categoria A1 in quanto da considerarsi strutture permanenti”. Posizione condivisa dall’assessore alle Politiche del patrimonio e della casa di Roma Capitale, Lucia Funari, che in una nota stampa aveva affermato che “i campi nomadi non rientrano nella categoria A1 in quanto, per il beneficio dei 18 punti, i richiedenti devono risultare ospitati in ricoveri temporanei, ossia strutture dedicate all’accoglienza di persone senzatetto, senza casa o senza fissa dimora”.
Posizioni che, per le associazioni, “sembrano avere l’intento discriminatorio di precludere alle persone appartenenti alle comunità rom la possibilità di ottenere il riconoscimento del punteggio previsto dalla categoria A1 e, dunque, di negare loro una speranza concreta di vedersi assegnato un alloggio di edilizia residenziale pubblica”.
La circolare del 18 gennaio, aggiungono le associazioni, “sta determinando un trattamento discriminatorio nei confronti dei circa 3.600 rom e sinti residenti nei villaggi attrezzati di Roma. Molti di essi infatti, pur essendo in possesso dei requisiti per partecipare al bando e pur trovandosi in situazione di grave disagio abitativo, potrebbero desistere dal presentare la domanda necessaria nella convinzione che non gli verrà attribuito un punteggio sufficiente ad ottenere l’assegnazione di un alloggio”. Per tali ragioni, Amnesty International, l’Associazione 21 luglio, European Roma Rights Centre e Open Society Foundations chiedono al Comune di Roma di “adottare misure necessarie a garantire un accesso equo al bando anche attraverso una immediata modifica delle affermazioni contenute nella circolare del 18 gennaio 2013”, di assicurare che le domande presentate da parte di famiglie residenti nei villaggi attrezzati vengano classificate in base alla giusta categoria di appartenenza e che venga data ampia diffusione alle misure adottate per garantire l’accesso all’edilizia residenziale pubblica, anche attraverso comunicazioni specificamente rivolte ai residenti dei villaggi attrezzati.
 
 
 
Grecia: la comunità musulmana avrà una moschea ad Atene, unica capitale europea ancora a non averne.
Samantha Falciatori
Immigrazioneoggi.it 6 marzo 2013
Il sindaco di Tessalonica, Yiannis Boutaris, ha dichiarato che la pianificata costruzione di una moschea è nell’agenda del Governo greco, dicendo: “Questa questione verrà risolta nel corso del tempo, non è più un dato indefinito”. Parlando a un gruppo di giornalisti turchi ai margini di un forum sul turismo greco-turco che si è tenuto ad Ankara lo scorso giovedì, Boutaris ha dichiarato: “È una questione del Governo greco che, per quanto ne so, ha preso la decisione di costruire la moschea”. Queste dichiarazioni rassicurano la comunità turca in Grecia su una questione in cui le vere intenzioni del Governo greco non sono state chiare negli ultimi mesi.
Alla fine di gennaio, infatti, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan aveva sollevato il problema della costruzione di una moschea ad Atene, unica capitale europea a non averne una, sebbene ospiti una popolazione musulmana di circa 700.000 individui , di cui il 40% nella sola capitale. La questione è stata fonte di tensioni e dibattiti, anche perché il Governo greco ha subito forti critiche per la sua lunga indifferenza verso le richieste per una moschea ad Atene da parte delle comunità musulmane, che sinora hanno dovuto esercitare il loro culto in moschee di fortuna allestite negli scantinati di appartamenti privati, caffetterie e vecchi magazzini. Altro punto che ha segnato il dibattito riguarda i finanziamenti del progetto. Lo scorso mese, infatti, durante un incontro bilaterale a Doha, in Qatar, con il primo ministro greco Antonis Samaras, Erdogan aveva suggerito la costruzione della moschea ad Atene da parte del Governo greco con il finanziamento turco. Atene aveva rifiutato, affermando di essere in grado di provvedere alla costruzione della moschea senza che, però, venisse raggiunto alcun accordo effettivo tra le due parti.
Il passo definitivo è giunto con la recente mozione sottoposta al Parlamento greco sui piani di costruzione della moschea, a proposito della quale il viceministro degli Esteri greco, Kostas Tsiaras, ha affermato: “Il Governo greco attingerà alle proprie risorse finanziarie per costruire una moschea ad Atene [...]. Tutti i passaggi legali e tecnici sono stati ultimati”. 
 
 
Il programma di Grillo su sicurezza e immigrazione? Non esiste
affaritaliani.libero.it 5 marzo 2013
Un generico "Stato e cittadini". Poi "energia", "informazione" ed "economia". Per finire con "trasporti", "salute" e "istruzione". Nel programma del Movimento 5 Stelle nessuna traccia dei temi della giustizia. Proposte su sicurezza e immigrazione? Nulla. Assolutamente nulla. Per sapere che cosa ne pensa il leader Beppe Grillo su questi temi bisogna rintracciare i post sul suo blog. Magari qualche invettiva pubblica nelle piazze italiane. Oppure si può fare un giro sui social network e leggere le idee dei militanti. E allora si scopre che esistono tante anime. Dal leghista deluso e ostile agli extracomunitari all'attivista dei centri sociali che odia la polizia. Sarà forse per evitare di scontentare qualcuno che le menti del Movimento hanno deciso di eludere argomenti così controversi? "NO AGLI SCHIAVI MODERNI" - Nel programma per le elezioni politiche del 2013 non ce n'è traccia, ma Beppe Grillo ha più volte esposto le sue idee sul tema dell'immigrazione. Nell'ormai lontano agosto 2006, per esempio, attaccava l'ex ministro del governo Prodi Paolo Ferrero sul suo blog: "La parola immigrazione è un tabù. Qualcosa di cui si deve parlare in modo 'politically correct' per non passare da razzisti". Grillo parla di una "generazione di italiani pagata qualche centinaio di euro al mese o disoccupata" e di "mano d'opera sotto pagata" che scarica "i costi sociali sulla comunità". E che avvantaggia "i padroncini, non l'economia italiana". Perché, secondo Grillo, "non è vero che gli italiani non vogliono più fare certi lavori", ma che piuttosto li vogliono fare "in condizioni di sicurezza e con uno stipendio dignitoso". Quindi, scrive il leader a 5 Stelle, bisogna gestire all'origine "i flussi migratori. Le nazioni più sviluppate dovrebbero destinare una parte del loro pil, almeno quanto spendono in armi, magari al posto delle armi, per aiutare i Paesi poveri. Distribuire la ricchezza nel mondo per non importare schiavi e instabilità sociale".
"SI' ALLA CITTADINANZA PER GLI IMMIGRATI" - Per discorsi come i precedenti sono stati in molti ad accomunare Grillo alla Lega Nord. Non a caso molti leghisti delusi hanno deciso di dirottare il proprio voto sull'ex comico genovese. Però su molti punti questa parte di elettorato non può essere d'accordo su Grillo. Almeno se questi punti fossero stati inseriti nel programma. D'altra parte lo ha ammesso anche Manlio Di Stefano, eletto M5S alla Camera: "Sull'immigrazione il nostro programma non ha un punto specifico". Un esempio? La proposta di legge popolare per dare la cittadinanza italiana agli stranieri nati in Italia da genitori stranieri regolarmente residenti, firmata dallo stesso Grillo. Che, nel novembre 2011, propone sul suo blog di dare la cittadinanza italiana anche a "cittadini stranieri regolarmente residenti da cinque anni a patto che questi siano incensurati e che sostengano un esame di lingua italiana scritta e orale e un esame per mostrare la conoscenza dei nostri fondamenti costituzionali e democratici". Sì, perché Grillo ammette: "Al cosiddetto diritto di sangue preferisco il diritto di suolo".
"ABBRACCIATE CHI PROTESTA" - "Soldato blu, tu hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia. Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco. Sarà un atto rivoluzionario“. Lo scorso novembre scriveva così Grillo, sul suo blog. Il tema della sicurezza non viene mai citato nel programma del Movimento 5 Stelle. Anche qui per capire che cosa intende fare Grillo bisogna andare a ritrovare alcuni suoi post. Per esempio in quello del maggio 2011, dove si legge che "in uno Stato normale le forze dell'ordine non dovrebbero essere impegnate a tempo pieno per reprimere le proteste dei lavoratori". O in quello dell'agosto 2011, che recita: "La mia assoluta convinzione è che ci sono molte forze democratiche interne alle forze dell'ordine e che una pressione della società civile deve permettere a queste persone di uscire allo scoperto, di esprimere le proprie idee e di avanzare le proprie rivendicazioni".
"ITALIA PAESE MILITARIZZATO" - "L'Italia è una delle nazioni più militarizzate del mondo. Carabinieri, Polizia di Stato, Polizie Municipali, Guardia di Finanza, Guardie Forestali, Vigili. Senza contare le guardie giurate, i vigilantes. I Carabinieri non intervengono per mancanza di fondi, non hanno neppure la benzina. I tribunali sono paralizzati senza fax, computer, spesso senza giudici". Questa è la fotografia impietosa che Grillo faceva delle forze dell'ordine italiane nel febbraio 2009, in tempi di ronde padane. Quelle ronde che alcuni giovani del Meet Up volevano far partire nelle città italiane. Definendole "passeggiate notturne" di "assistenti civici" senza spray e manganello. Una sicurezza "dal basso", dunque, o più che altro un presidio. Quel presidio che il Movimento 5 Stelle è riuscito così bene a organizzare, radicandosi sul territorio e nelle piazze italiane, togliendole ad altre forze politiche ormai scomparse dal regno del visibile. Ma in quelle piazze ci si ritrova di tutto. Grillo è riuscito ad attrarre tutta l'ala movimentista ma anche tanti borghesi, per dirla alla vecchia maniera, lontani dall'attivismo. Bello, bellissimo riuscire a rappresentare tutti indistintamente. Ma a un certo punto, se il Movimento 5 Stelle avrà una qualsivoglia responsabilità di governo, dovranno arrivare risposte chiare. Concrete. E allora forse si correrà il rischio che qualcuno possa restare deluso. Un rischio che con il programma scaricabile dal blog di Beppe Grillo non corre quasi nessuno.
 
 
 
Immigrati e Farmaci, scarsa l’incidenza della spesa per farmaci
quellichelafarmaciamagazine.com 6 marzo 2013 
330 milioni di euro: a tanto ammonta nel 2011 la spesa farmaceutica della popolazione immigrata, pari al 2,6% della spesa per farmaci complessiva nazionale. Un’incidenza bassa, laddove si consideri che la popolazione immigrata, nello stesso anno,  rappresentava il 7,5% dei residenti in Italia. È il primo dato che emerge dal rapporto  Farmaci e immigrati: Rapporto sulla prescrizione farmaceutica in un paese multietnico, realizzato da Istituto superiore di sanità, Società italiana di farmacia ospedaliera, Società italiana di medicina delle migrazioni, Cineca e Consorzio Mario Negri Sud, presentato ieri a Roma nella sede dello stesso Iss.
Il rapporto prende in esame un campione di circa 710mila immigrati residenti in Italia su un totale di quattro milioni e mezzo, con un’età media 33 anni e di genere femminile nel 53% dei casi. Dal confronto con un campione composto da cittadini italiani di pari età e sesso, emerge che nel 2011 il 52% della popolazione immigrata e il 59% di quella italiana (percentuali, quindi, sostanzialmente sovrapponibili) hanno ricevuto in quell’anno almeno una prescrizione di farmaci, per una spesa farmaceutica pro-capite a carico del Ssn pari a 72 euro per l’immigrato e 97 per l’italiano.
Il confronto tra i due campioni fa emergere altre similitudini: anche tra gli immigrati, ad esempio, proprio come tra gli italiani, sono le donne a consumare più farmaci. Nel 2011, almeno il 58%  delle immigrate e il 65% delle italiane hanno ricevuto almeno una prescrizione farmaceutica per trattamenti di durata sostanzialmente simile (232 e 237 dosi di farmaco per persona, rispettivamente). Un trend analogo è stato registrato per i pazienti pediatrici: nel 2011 il 54% dei i 134mila bambini inclusi nel campione degli immigrati ha ricevuto almeno una prescrizione farmaceutica, a fronte del 60% dei bambini italiani, con una media, rispettivamente, di 2,4 e 2,6 confezioni a testa.
Differenze più significative si rilevano dal punto di vista delle categorie terapeutiche:  gli immigrati usano più antinfiammatori (11,3% contro l’8,3% degli italiani), gastroprotettivi (10,3% contro 8,7%) e antidiabetici (1,6% contro 1,1%). Più gettonati dagli italiani antipertensivi e anticolesterolemici, antibiotici e prodotti contro asma e Bpco. Ma la differenza più significativa si registra nell’uso degli antidepressivi, decisamente più diffuso tra gli italiani: vi ricorrono 4 cittadini su 100, il doppio esatto degli immigrati, fermi al 2%.
Dal confronto tra paesi di provenienza, risulta che i minori utilizzatori di farmaci sembrano essere i cinesi e i kosovari: solo il 36% dei cittadini di queste nazionalità ha ricevuto almeno una prescrizione da parte del Ssn nel corso del 2011.
 
 
 
La protesta: labbra cucite contro la situazione al Cie
la Repubblica Bologna 6 marzo 2013
''Anche oggi al Cie di Bologna ci sono due persone, un uomo e una donna, con le labbra cucite per protesta, contro la propria situazione e contro le condizioni della struttura'': lo denuncia la Garante dei detenuti dell'Emilia-Romagna, Desi Bruno, precisando di aver saputo ieri di queste due persone e di aver accertato che ''ancora oggi sono nelle stesse condizioni''. 
La Garante spiega che l'uomo ''proviene dal carcere e si chiede come mai si trovi al Cie. La donna l'ha fatto perche' non riesce a comunicare: anche ieri mancava il mediatore arabo''. 
La situazione all'interno del Centro di identificazione ed espulsione è davvero critica, come ha documentato Repubblica (IL VIDEO). La struttura di via Mattei chiuderà un mese per lavori: si cerca di offrire spazi più dignitosi e funzionali. Le persone attualmente trattenute saranno trasferite momentaneamente in altri centri. I trasferimenti cominceranno in settimana e i muratori dovrebbero iniziare lunedì prossimo senza altri ritardi dovuti alla presenza di reclusi. La decisione è stata adottata dopo che anche l’Ausl ha fatto una ispezione su richiesta del prefetto nel centro di via Mattei.
La temporanea chiusura del Cie di Bologna per ristrutturazione lascia "interdetta" la neoeletta alla Camera per il Pd Cécile Kyenge, portavoce della rete Primo marzo, "soprattutto alla luce dei numerosi problemi verificatesi in questi mesi di gestione del Consorzio Oasi di Siracusa, sia a Modena sia a Bologna, per gli stipendi non pagati ai dipendenti e le critiche condizioni sanitarie in cui versano i trattenuti". "Sottolineo - ricorda Kyenge - che qualche mese fa era stata aperta una inchiesta in Procura sull’attribuzione del bando al Consorzio Oasi, che doveva verificare le condizioni offerte: condizioni che, oggi, ci paiono largamente disattese. Credo che siano divenuti maturi i tempi di chiusura definitiva di una struttura di cui, da tempo, lamentiamo costi ed efficacia".
Chi non vuole affatto la chiusura del Centro è la Lega. ''La sopravvivenza della struttura non va messa in discussione'', tuona Manes Bernardini. ''La chiusura per lavori sia e resti temporanea. L'apertura del cantiere non sia un pretesto per sancirne la fine, a danno di altre strutture. Scelte sbagliate negli affidamenti delle gestioni non possono essere il capro espiatorio per mettere in discussione l'efficacia e la necessità della presenza dei Cie. L'alternativa è la liberalizzazione della clandestinità, che consegnerebbe il Paese al caos".
 
 
 
Lega nord Bologna: giù le mani dal Cie
sassuolo2000.it 6 marzo 2013
“Giù le mani dal Centro di identificazione e di espulsione di Bologna, la sopravvivenza della struttura non va messa in discussione”. Il capogruppo leghista in Comune e consigliere regionale Manes Bernardini chiede che “la chiusura per lavori sia e resti temporanea” e “che l’apertura del cantiere non sia un pretesto per sancirne la fine, a danno di altre strutture, Modena in primis, che a quel punto dovrebbe sobbarcarsi (come sta già facendo ora) la presa in carico di decine di irregolari in più”.
“Scelte sbagliate negli affidamenti delle gestioni non possono essere il capro espiatorio per mettere in discussione l’efficacia e la necessità della presenza dei Cie. L’alternativa è la liberalizzazione della clandestinità, che consegnerebbe il Paese al caos”.
“La soluzione è una sola. La legge parla chiaro: la clandestinità è un reato – dice Bernardini -. Motivo per cui i clandestini all’interno dei Cie vanno, appunto, identificati e immediatamente espulsi”.
“Abbiamo mantenuto per due anni a pubbliche spese i profughi, non abbiamo alcuna intenzione di mantenere anche irregolari che, per giunta, in molti casi, stanno mettendo a ferro e fuoco le strutture, creando disordini e insicurezza”.
“Se Bologna dovesse chiudere,  Modena resterà l’unica città in regione ad avere un centro espulsioni. Una scelta dissennata che potrebbe avere serie conseguenze, di cui dovrà rispondere chi dovesse avallarla  - sottolinea il capogruppo della Lega Nord in Regione Mauro Manfredini -. La precaria condizione della struttura, il personale in numero limitato e gli evidenti rischi per la sicurezza (visti i continui disordini scatenati dagli ospiti delle strutture), non consentono a Modena di sobbarcarsi un simile carico.
Chiediamo che anche altri centri, fuori regione, diano un contributo. E ricordiamo che i Cie non sono nati come strutture di accoglienza, ma come luoghi propedeutici al rimpatrio di chi occupa illegalmente il suolo italiano”.
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