Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri
Diario: il mio viaggio verso...l'Italia
Un grazie ad “ALLAH” per avermi aiutato in questo mio viaggio, perché senza di lui non sarei stato in grado di partire, di scrivere quello che  io ho passato.

Mi chiamo .... Sono nato il ... nella città di Asmara (Eritrea). Ho conseguito la maturità in scienze naturali e informatica.
Ho fatto il militare dal 1989 fine al 2006. Dal 1996 ho lavorato come addetto contabile, insegnante di informatica di base e tecnico di installazione. Io non avrei mai voluto allontanarmi dal mio paese, ma il mio percorso militare non è stato facile dal 2000, perché ho sempre avuto conflitti con i miei superiori, che mi hanno messo tre volte in prigione. Per questi problemi ho cominciato a sognare di giorno e di notte di lasciare il mio paese, anche se  mi piaceva tanto e avrei dato la vita per difenderlo.

SUDAN
Giovedì 31/11/2006 ore 09:00: quel giorno ero nelle vicinanze di Tessenei (Eritrea), ho chiesto il permesso per andare in Tessenei al mio superiore, lui mi ha detto di ritornare per le 16:00, ma io  una volta arrivato in Tessenei, ho messo in atto il mio grande sogno, quello di non avere più nessun conflitto, nessuno che mi comanda o mi ordina quello che  devo fare. Ho deciso di partire verso il Sudan, ovviamente senza ritorno, in quanto sapevo già  i rischi a cui andavo incontro. Alle 18:40 sono partito da Tessenei a piedi, ho attraversato strade sterrate e colline, facendo molta attenzione a non farmi vedere. Ho passato il confine del Sudan (Gulsa) di notte e sono arrivato in una postazione di polizia  alle 07:00 del mattino (Wedi Sceriff), dove mi hanno perquisito e picchiato. Lì mi hanno preso le impronte digitali e dopo qualche giorno ho sostenuto un colloquio con la commissione, quindi mi hanno spostato a Sitta Weisrin. Qui dopo circa 4 giorni, mi è stato dato un tesserino temporaneo di permesso, solo per stare all’interno di questo campo. In quel campo vivevano circa 300 persone, alcuni in capanne di paglia, gli altri stanno fuori e quando piove si rifugiano, stretti stretti e seduti, nelle poche capanne disponibili. Come cibo si riceve un sacchetto di grano e 1 litro di olio per un mese. Per cucinare c’erano 4 grandi pentole e ognuno, in fila, aspettava il suo turno per preparare il cibo. Come altri, anch’io non ho mangiato a lungo. Successivamente sono partito su una macchina scoperta e piena zeppa di persone, sono andato a Khartoum capitale del Sudan per cercare un lavoro,  qui  ho pagato 1 dollaro a notte per dormire (dalle 24:00 alle 06:00), poi dei famigliari di amici dell’Eritrea sono venuti a prendermi e mi hanno ospitato a casa loro. Dopo una settimana  ho trovato lavoro presso un internet cafè e ci sono stato per 4 mesi e mezzo, sempre con la paura della polizia perché ero senza documenti.
LIBIA
Il 18 aprile 2007 ho deciso di partire per la Libia. Eravamo un gruppo di 8 persone, siamo stati più di due giorni in una casa fuori Khartoum ad aspettare (di queste case ce ne sono tante dislocate in varie parti del paese). Quindi siamo partiti con un camion, eravamo circa 100 persone, abbiamo viaggiato per 2 giorni e 2 notti. Ci siamo fermati ad aspettare i Libici all’appuntamento, ma loro sono arrivati con due giorni di ritardo. Con 3 Jeep Landa cruiser (100 persone divise in 3 macchine), abbiamo fatto altri 2 giorni di auto. Durante il viaggio una di queste si è rotta e abbiamo aspettato quasi un giorno per ripararla. Si riparte e di notte incontriamo i banditi del Darfur e il capo degli autisti ha dovuto pagare 5000 dollari per poter transitare. Dopo 2 giorni di viaggio arriviamo nell’oasi di Cufra (Libia), dove altri Libici ci prendono in consegna. Passano 10 ore di viaggio (solo sabbia e 1 litro d’acqua), stipati all’interno e all’esterno di 2 auto. Tutto il cibo era stato preso per non occupare spazio. Ci fermiamo tutto il giorno sotto il sole senza mangiare nulla. Alle 00:00 partiamo per Eglabia (Libia): si viaggiava quasi sempre di notte. Usciti da Eglabia ci prendono in consegna  altri Libici e riprendiamo il viaggio verso Tripoli, chiusi dentro un camion dove siamo stati 8 ore senza aria, eravamo sfiniti. Arriviamo in una dogana, un poliziotto apre la porta del camion e vedendoci (69 persone stremate) richiude subito. Poi ci fanno scendere e di nuovo ci perquisiscono (cercavano soldi, io li avevo nascosti all’interno di un pezzo di sapone). A Sirte siamo stati in un ufficio di Polizia, dove ho visto tanti giornalisti con telecamere. Dopo un giorno ripartiamo con il solito camion: destinazione prigione a Eglabia. Qui sono stato per 2 settimane. Poi si riparte per una altra prigione, si chiama Meriage (Libia). Era una prigione scavata nella terra, una per uomini e una per donne. Per dormire un sottile materasso di spugna e una coperta. Il cibo era scarso, poca acqua per lavarsi, c’era freddo e una lampadina sempre accesa, anche di notte. Sono stato lì per un mese e mezzo. Ero malato e disperato. Promettendo denaro sono riuscito a far telefonare a delle persone all’esterno e ho concordato  il pagamento di 200 dollari per uscire dalla prigione. Con altri 250 dollari sono arrivato, in aereo, a Tripoli (era il 3 luglio 2007)
ITALIA
23/7/2007  ore 03:30: sono partito da Tripoli, di notte, in un gommone, eravamo in  42 persone, direzione Lampedusa, il viaggio in mare è durato 23 ore.
Il 24/7/2007 alla mattina sono arrivato a Lampedusa. Mi hanno preso le impronte digitali e dopo 2 giorni mi inviano a Gradisca (Gorizia), lì ci sono stato per un mese. Posso dire di essere stato trattato bene. Traslochiamo nel campo della  Croce Rossa di Jesolo e lì ci sono stato per 2 mesi. Il 3/9/2007 ho fatto una intervista a Gorizia e dopo circa un mese è arrivata la risposta: mi avevano riconosciuto lo status di rifugiato per motivi politici. Mi propongono, attraverso uno stampato da firmare, una scelta: avere una casa o prendere 250 euro. Scelgo per la casa. Ma quando arrivo a destinazione (Genova)  ho trovato solo un asilo notturno come accoglienza (puoi andarci dalle 21:00 alle 08:00 mattino). Non era quello che mi aspettavo. Ci sono rimasto un solo giorno. Sono  tornato a Venezia e ho parlato con la Questura, loro mi hanno proposto una nuova scelta: tornare a Genova o prendere 250 euro. Dopo aver tanto discusso ho accettato 250 euro e sono andato nella stazione di Mestre a dormire dal 2/11/2007 al 18/12/2007. Ho parlato con il centro di ascolto di Mestre e mi hanno riferito che io non avevo più diritti, perché avevo rifiutato l’offerta di Genova. Per 2/3 volte ho fatto domanda per entrare nella Casa dell’ospitalità di Mestre e dal 18/12/2007 sono stato accolto per 15 giorni. Quindi sono ritornato a dormire fuori, e un signore italiano molto gentile mi ha consigliato di contattare direttamente l’ARCI Nazionale al numero verde. Il 10/01/2008 ho chiamato questo numero, ho parlato con una donna (Aida), lei ha parlato con collaboratori dell’ARCI di Venezia  (Davide), lui ha tentato a Mestre, ma invano, di trovare un posto per dormire, quindi ha chiamato  Donata di Rovigo (Arcisolidarietà) e il 13/1/2008 sono stato accolto all’ asilo notturno Arcobaleno per 18 giorni. Ho contattato il centro di ascolto del Comune di Rovigo e il 1/2/2008 sono entrato nel progetto SPRAR per 7 mesi e 15 giorni. Finito questo periodo  mi hanno dato 250 euro, sono uscito dal progetto e sono entrato nella Casa della pace (un centro di accoglienza residenziale) di Arcisolidarietà, con cui ho collaborato, nell’accoglienza notturna dell’asilo notturno dal febbraio 2009 fino a oggi. Oggi, ancora non ho trovato un lavoro stabile, ma solo occasionale. Faccio di tutto: facchino, interprete, giardinaggio, imbianchino, ecc. e il volontario di Arcisolidarietà. Ho fatto e continuo a fare decine di Corsi (italiano, computer, orientamento, saldatore, assemblaggio, mediatore, contabile), ma non ho trovato ancora un’attività che mi dia sicurezza e tranquillità. Sono in Italia da quasi 3 anni e penso che in questo Paese non esistono più diritti per i rifugiati politici.
La mia storia è lunga e difficile, so che altri hanno vissuto viaggi come il mio, ma io che ormai ho 37 anni, non riesco a vedere una luce di speranza.
Mi piacerebbe ritornare a vedere i miei amici, parenti e mio padre che sento solo attraverso skype o per telefono, ma non so se ciò potrà realizzarsi.
Ho pensato anche di trasferirmi in un altro Paese europeo, forse un giorno lo farò.
Intanto sono qui che ogni sera accolgo senza dimora, immigrati, richiedenti asilo e rifugiati, nei cui occhi leggo la stessa mia delusione e disperazione.


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Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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