Libertà di circolazione quanti impedimenti anche nei casi umanitari

Osservatorio Italia-razzismo
Una persona in possesso del titolo di protezione umanitaria o sussidiaria non sempre gode della massima libertà di movimento nel territorio dell’Unione Europea.

Ciò dipende dal rilascio del titolo di viaggio da parte della Questura, che per un rifugiato sostituisce il passaporto. Si tratta di un rilascio discrezionale perché non spetta sempre alla Questura, anzi se questa ritiene che la persona richiedente sia in grado di procurarselo da sola, rivolgendosi all’Ambasciata del proprio Paese d’origine, non procede alla concessione del documento. Inoltre una circolare della Questura di Roma puntualizza che il titolo di viaggio viene rilasciato in base all’identificazione della persona e cioè in base ai dati che sono stati forniti al momento dell’arrivo. E come spesso capita è proprio a questo punto che vengono utilizzati degli alias e quindi dei nomi non corrispondenti a quello ufficiale e originale a causa, probabilmente, di problemi di lingua. È quello che è accaduto a un eritreo titolare del permesso di protezione umanitaria, sposatosi in Italia con una cittadina inglese di origine eritrea. Le pratiche per il matrimonio, non essendoci contatti con l’Ambasciata, sono passati dal Tribunale di Roma ed è lo stesso, in questo caso, che aveva effettuato l’identificazione e che gli aveva accordato il permesso di soggiorno. Ma allora qual è stata la motivazione del diniego del rilascio del titolo di viaggio? (Oltretutto indispensabile al fine del trasferimento in Inghilterra con la moglie). Per ora non si sa. Ed è per la mancata motivazione che gli avvocati Alessandro Ferrara e Maria Rosaria Calderone  hanno presentato ricorso al Tar di Roma, vincendolo. Ma perché, anche in situazioni così chiare, si oppongono tante resistenze alla libera circolazione?

16 luglio 2011

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