Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

19 novembre 2014

L`immigrazione sia una risorsa
Il Messaggero, 19-11-2014
Card. Agostino Vallini
Domenica scorsa, all`Angelus, Papa Francesco, a proposito dei noti fatti di Tor Sapienza, ha rivolto un appello accorato.
Un appello ad affrontare "come priorità" l`emergenza sociale che vede in diverse città europee "tensioni piuttosto forti tra residenti e immigrati". L`invito è rivolto alle istituzioni "di tutti i livelli". La comunità cristiana - ha continuato il Papa "si impegna in modo concreto perché non ci sia scontro, ma incontro. Cittadini e immigrati, con i rappresentanti delle istituzioni, possono incontrarsi, anche in una sala della parrocchia, e parlare insieme della situazione". Papa Francesco, nostro Vescovo, chiama le comunità parrocchiali della città a darsi da fare nel proporre occasioni di incontro per "dialogare, ascoltarsi, progettare insieme, e in questo modo superare il sospetto e il pregiudizio e costruire una convivenza sempre più sicura, pacifica ed inclusiva".
Una richiesta a cui noi cristiani dobbiamo rispondere, senza invadere gli ambiti di competenza e di responsabilità propri delle istituzioni pubbliche, in primo luogo del Comune di Roma, auspicandone però un intervento sempre più incisivo che garantisca la dignità e la qualità della vita delle persone.
L`attenzione e l`iniziativa della comunità ecclesiale a dare sollievo alle tante persone, sempre più numerose, afflitte da vecchie e nuove povertà, con una molteplicità di servizi, è vita quotidiana da sempre. Non c`è parrocchia che, anche grazie all`animazione della Caritas diocesana, non si impegni concretamente, in misura diversa, con mense, docce, vestiario, corsi di italiano, patronato sociale, alloggi, ecc.: se non lo facesse non saremmo una comunità cristiana.
Quanto ci chiede il Papa è un`altra cosa, in qualche circostanza già praticata, ma certamente non abituale. Promuovere la cultura dell`incontro tra le diverse componenti sociali nei quartieri cittadini è un aspetto non secondario di quella Chiesa "in uscita" che Papa Francesco richiama insistentemente per vivere un cristianesimo non individualista o intimista. Un cristianesimo che si faccia carico per fede e per amore della complessità della vicenda umana e dei processi e mutazioni sociali che la accompagnano.
Roma, infatti, negli ultimi sessant`anni è profondamente cambiata, a cominciare dal numero degli abitanti cresciuti di oltre un milione. Dopo le ondate di immigrazione interna, provenienti dalle varie regioni d`Italia, da circa trent`anni - come tante altre città italiane - è soggetta ad un crescente fenomeno di immigrazione dall`estero che, se ben integrata, costituisce una preziosa risorsa culturale e un fattore di sviluppo.
La gestione di politiche poco oculate, in particolare verso rifugiati e rom, ha invece portato negli anni a una vera emergenza sociale, soprattutto nei quartieri periferici dove si riversano migliaia di uomini e donne, giovani e meno giovani, che fuggono dalla disperazione della guerra e della fame in cerca di pace, dignità e futuro. Ma in questi quartieri, le borgate di un tempo, l`integrazione non è facile, sia dal punto di vista sociale che culturale.
Questi quartieri sono sorti alla meglio, dagli anni Sessanta in avanti, senza un piano regolatore intelligente e anticipatore di futuro sviluppo, sull`onda dell`abusivismo edilizio, con le case costruite grazie a immensi sacrifici delle famiglie per lo più venute da fuori, oppure con rioni di case popolari e ultrapopolari, veri alveari umani, spesso accanto a residence privati e recintati. In questi quartieri, per lo più dormitori, la gente non si conosce, non socializza, non sente di appartenervi più di tanto. In questa città divenuta multietnica, creare una cultura dell`accoglienza e dell`inclusione sociale, soprattutto in un tempo di grave crisi economica, è una sfida, che però è da affrontare con impegno per il bene comune.
Non spetta a me dire quali politiche, necessarie e urgenti, andrebbero programmate e perseguite con tenacia e spirito di servizio. Certo è opportuno evidenziare anche che il clima di esasperazione degli abitanti di Tor Sapienza non nasce soltanto dalla presenza degli immigrati e dei rom, persone queste ultime generalmente nate in Italia da generazioni, lasciate vivere da decenni in condizioni miserevoli, alcune delle quali nell`esasperazione dell`abbandono mettono in atto comportamenti illegali. Questo clima - come personalmente ho potuto più volte costatare visitando le parrocchie - nasce dalla sfiducia della gente che si sente abbandonata dalle istituzioni pubbliche. Nelle periferie dilaga lo spaccio della droga, la delinquenza, la prostituzione, le strade sono dissestate, pericolose e non illuminate, i servizi pubblici scarsi, e soprattutto non esistono presìdi che garantiscano la legalità e la sicurezza. La gente ha paura di uscire di casa, è semplicemente esasperata.
Ma non bisogna cedere alla tentazione dello scontro, è da promuovere ad ogni costo la cultura dell`incontro, occorre abbattere i muri, costruire ponti. Ognuno faccia la sua parte: le istituzioni, la Chiesa, la scuola, i corpi sociali, la famiglia.
L`appello di Papa Francesco impegna particolarmente la comunità cristiana a dar vita nelle parrocchie a` centri di cultura del dialogo, uno spazio aperto - una sorta di "cortile dei gentili" della solidarietà - dove la gente si parli, impari a comprendere le reciproche ragioni, a rispettarsi, a promuovere progetti inclusivi, sollecitando i responsabili della cosa pubblica a fare il loro dovere, perché la vocazione di Roma, città universale, patria del diritto e della solidarietà, possa nuovamente rifiorire. È un lavoro facile? Certamente no; ma possibile e, per noi cristiani, doveroso.
* Cardinale Vicario della Diocesi di Roma



Tor Sapienza, «integrazione a rischio»
Avvenire, 19-11-2014
Pino Ciociola
«Sono ragazzi rifugiati: hanno diritto a essere protetti nel nostro Paese e invece adesso al Centro c’è grande paura. Tutto quanto è accaduto lascia solo molto amaro in bocca. La situazione non è bella». C’è un gran sole stamane a Tor Sapienza e Carlotta Sami, Portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), sta venendo qui già da qualche giorno – da sola e senza riflettori – per incontrare e parlare con la gente di viale Giorgio Morandi, con le associazioni e con gli stessi ragazzi del Centro che accoglieva minori e adulti rifugiati, cioè il teatro degli scontri della scorsa  settimana.
È preoccupata. «È stato chiaro e viene fuori proprio parlando con la gente – dice – che i ragazzi del Centro sono diventati evidentemente il capro espiatorio di un disagio che va conosciuto, interpretato e al quale bisogna dare soluzioni». Camminiamo. Via Morandi è ancora blindata. Nella capitale «i rifugiati sono circa duemilaquattrocento e parliamo di una città che ha oltre tre milioni di persone», sottolinea lei: «Mi pare che chiaramente la proporzione non sia... altissima». Allora è «urgente che il Comune e tutte le forze in campo intervengano e diano una linea strategica, chiara, a ciò che significa garantire il diritto all’accoglienza».
Non dimentica che questo quartiere è una polveriera, che la gente da queste parti, già socialmente difficili di loro, è esasperata da criminalità, droga, prostituzione.
«È chiaro che esistano problemi in determinate aree della città», spiega, «ma i problemi non potevano derivare da qualche decina di minorenni ospitati in questo Centro in un quartiere dove vivono migliaia di persone». E soprattutto la soluzione a problemi e disagi «non
può essere portare violenza nei confronti dei rifugiati e far sì che debbano essere portati via per la loro incolumità. Addirittura venerdì scorso uno di loro, diciassettenne, ha avuto un infarto a causa dello stress...». La Portavoce dell’Acnur racconta d’aver incontrato chi le ha detto «non è colpa di quei ragazzi» o «è anche colpa loro, ma devono andarsene, li devono portare sull’autostrada Roma-L’Aquila ». E chi le ha spiegato che «ogni quindici giorni portiamo quarantacinque pacchi viveri a chi ha più bisogno e vive in questi palazzi di Tor Sapienza». Lei prende appunti, segna quanto ascolta, anche le date e gli orari delle prossime riunioni delle associazioni di quartiere.
«La situazione dei rifugiati a Roma non è certo così critica, ve ne sono di assai più difficili – continua –. Lo ripeto, è urgente che il Comune intervenga. L’integrazione non si può imporre, però pensiamo che ad esempio i percorsi che i ragazzi del Centro qui a Tor Sapienza avevano intrapreso sono stati interrotti».
Lei assicura che continuerà a venire qui: «Quando ho visto il Centro di accoglienza protetto da una trentina di agenti ho provato un’amarezza profonda», ricorda. «Ma com’è possibile che il mio Paese non riesca ad assicurare una vita sicura e tranquilla a qualche decina di ragazzi scappati da guerre e violenze?». Soprattutto non ha perso alcuna speranza, anzi. Ha appena passato due ore con altri abitanti a una riunione: «Un professore di filosofia ottantaduenne, una volontaria che vive qui da trent’anni, una madre di cinque figli, altri volontari». E «ne esce un panorama completamente diverso: non ho letto da nessuna parte ciò che ho ascoltato. Venticinque associazioni che lavorano in rete, una conoscenza profonda del territorio».



Il supporto «colto» al razzismo di ritorno
il Manifesto, 19-11-2014

Filippo Miraglia

L'Italia è un Paese dove il razzismo è purtroppo radicato. Fa parte di una cultura diffusa ed è spesso strumentalizzato - da movimenti e forze politiche - per raccogliere facili consensi.
In molte città le periferie, anche per la scelta di ridurre le risorse a disposizione degli enti locali, sono sempre più abbandonate a se stesse e diventano luoghi nei quali il disagio sociale si somma alla solitudine.
La destra politica che, a differenza di altre forze, ha mantenuto legami e insediamento nel territorio, sta cercando di acquisire egemonia nell`elettorato deluso o smarrito, puntando sull`insicurezza, sulle paure, sulla chiusura individualistica, sulle campagne diffamatorie nei confronti delle minoranze e dei migranti. Si generano conflitti, alimentati dalla costruzione del capro espiatorio, dalle scelte sbagliate di chi ha responsabilità pubbliche e da campagne mediatiche irresponsabili.
La retorica razzista infatti non è solo caratterizza l`iniziativa politica della destra xenofoba, ma è sostenuta anche dalle politiche sbagliate sull`immigrazione e in particolare nel campo dell`accoglienza.
L`affermazione alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo della destra più estrema e xenofoba, la ripresa di protagonismo della Lega, la scelta del Movimento 5 stelle di formare un gruppo a Strasburgo con la destra di Farange sono tutti sintomi di quanto stia tornando tra i prodotti «appetibili» in politica il razzismo.
Si è poi palesato, in questi mesi, un attacco particolarmente violento e organizzato sul piano politico (come dimostrano le ultime sortite di Salvini) contro le comunità Rom e Sinti che, sempre più isolate dentro spazi urbani separati e degradati, sono le minoranza che subiscono di più gli effetti negativi delle scelte sbagliate - o delle non scelte - delle amministrazioni locali.
Anche gli intollerabili errori del Ministero dell`Interno nell`occuparsi dell`accoglienza hanno contribuito a far aumentare i fenomeni d`intolleranza e razzismo.
La pervicacia con la quale si continuano a costruire grandi centri e ad alimentare un sistema d`accoglienza parallelo allo Sprar (Sistema d`Accoglienza per Richiedenti Asilo e Rifugiati), gestito dalle Prefetture (Centri d`Accoglienza Straordinari - Cas), che in molti casi ricorre a strutture enormi gestite da soggetti incompetenti, oltre che a una distribuzione territoriale senza alcuna regia e programmazione, non fa altro che predisporre sul territorio centinaia di «incubatori di razzismo».
Da anni ripetiamo che l`accoglienza va fatta dentro strutture piccole e inserite nel contesto urbano (appartamenti per gruppi di singoli o famiglie in numero non diverso dalla media delle presenze «normali»), per consentire processi di inclusione sociale e un impatto positivo sulle comunità locali: Solo questo tipo di accoglienza produce condizioni di vita dignitose e un rapporto costi benefici adeguato all`obiettivo dell`inserimento sociale dei rifugiati.
C`è poi, come è sempre successo nei periodi più bui della nostra storia, il supporto teorico al razzismo dei «colti» e degli amministratori democratici. Basta pensare al caso di Borgaro (periferia di Torino), dove la scelta annunciata dal sindaco dell`autobus «separato» per i Rom, sostenuta da autorevoli interventi di persone colte e di fama indiscussa, ha finito per alimentare comportamenti discriminatori, spesso sfociati in violenza razzista, sia di singoli cittadini che di gruppi organizzati.
Leggendo i commenti di un giornalista noto come Massimo Gramellini, e di un giurista altrettanto conosciuto come Vladimiro Zagrebelsky (magistrato, fratello del più noto Gustavo, e giudice della Corte Europea dei Diritti Umani per 10 anni) sulla annunciata decisione del sindaco di Borgaro, tornano alla mente episodi e commenti analoghi del recente passato. Rinunciando a porsi le domande giuste, questi interventi assolvono di fatto chi ha responsabilità pubbliche per attribuire la colpa del dilagare del razzismo alle vittime e non agli aguzzini.
Così come racconta Hannah Arendt nel sul libro «La banalità del male», in cui le vittime sono gli ebrei, si compie un ribaltamento delle responsabilità con un importante contributo del «razzismo dei colti» e di quello istituzionale.
Saranno ovviamente movimenti e partiti xenofobi a passare all`incasso. Questa volta in maniera più esplicita e decisa, forse proprio in ragione della grande concorrenza del populismo post moderno rappresentato da Renzi da una parte e da Grillo dall`altra.
Per questo, dopo aver perso terreno sia sul piano della credibilità che della visibilità, cambiano i protagonisti, ma si continua a fomentare odio e razzismo, per riconquistare consenso nell`opinione pubblica.
In un periodo nel quale la crisi colpisce in modo sempre più pesante gli individui e le famiglie, i razzisti di professione (Salvini) e i neofiti (Grillo) ricorrono al vecchio gioco del capro espiatorio.
A tutti e a ciascuno spetta reagire e non consentire che la marea razzista si insinui negli spazi che la crisi e la disoccupazione aprono.
Alle organizzazioni sociali democratiche spetta il compito di lanciare l`allarme e di chiamare tutti alla difesa della convivenza civile. Le istituzioni si assumano fino in fondo le responsabilità che gli competono, dando prova di saper governare i processi determinati dal disagio e dal malessere sociale. Evitiamo che, come in passato, l`ignavia apra la strada a un nuovo periodo buio nella storia della nostra democrazia.
* vicepresidente nazionale Arci



Infernetto, rissa con feriti nel centro immigrati. Trasferiti quattro minori
Nei giorni scorsi alcuni ragazzi ospiti della struttura di accoglienza di Tor Sapienza erano stati portati nel casale alla periferia sud di Roma. Ora il nuovo spostamento
la Repubblica.it, 19-11-2014
Saranno trasferiti in alcune case di accoglienza quattro egiziani del centro dell'Infernetto, il quartiere a sud di Roma. Sono ritenuti resposanbili di alcuni tafferugli che si sono scatenati sia ieri nella struttura "Le Betulle" che sabato al loro arrivo.
Ieri sera era scoppiata l'ultima rissa nel centro immigrati dell'Infernetto a Roma, dove nei giorni scorsi sono stati trasferiti alcuni stranieri minorenni ospiti della struttura di accoglienza di Tor Sapienza in seguito delle violente proteste della cittadinanza. Secondo quanto si è appreso, durante la rissa soo stati usati bastoni, tirate sedie, altri oggetti e forse anche un'arma da taglio. Sono sei le persone trasportate in ospedale con ferite e contusioni. E a rimanere lievemente ferito anche un responsabile della sicurezza che ha ricevuto un colpo alla testa. La rissa sarebbe scoppiata tra due gruppi di immigrati per un tentativo di prevaricazione l'uno sull'altro.
Già nei giorni scorsi, dopo l'arrivo dei rifugiati di Tor Sapienza, c'era stata una lite all'interno del centro che si trova nel quadrante sud della Capitale. Ad allertare le forze dell'ordine sono stati anche numerosi residenti del quartiere allarmati dalle grida che arrivavano dall'interno della struttura di via Salorno. In molti sono scesi in strada preoccupati di quanto stava accadendo nel centro "Le Betulle". Al momento il centro resta presidiato da polizia e carabinieri che stanno sentendo quanti hanno assistito alla rissa.
La tensione resta alta. L'ultradestra cavalca la protesta e questa mattina
ha affisso alcuni striscioni, firmati CasaPound, l'organizzazione neofascista che ha sede in via Napoleone III all'Esquilino, son su scritto: "No al centro di accoglienza", "Prima gli italiani". Il vice presidente dell'Assemblea Capitolina, Giordano Tredicine, invece, annuncia che domani presenterà in consiglio la mozione per trasferire immediatamente i richiedenti asilo "in una struttura più attrezzata alla gestione di minori violenti".



Afgani a Tormarancia, convivenza possibile. "Povertà non è un pericolo"
La struttura, vicina a un centro per minori e uno Sprar, nata nel 2012 per ospitare i migranti in transito, è stata ben accolta dal quartiere, dopo l'iniziale diffidenza. Il presidente del Municipio VIII: "Non si può però dare una risposta di ordine pubblico a bisogni sociali"
Redattore sociale, 19-11-2014
ROMA - Alla domanda se sia preoccupato per i fatti di Tor Sapienza, Arman risponde “Io ho paura per mio figlio in mano ai talebani in Afghanistan”.
Al tendone per afgani in transito, a Tormarancia, le notizie provenienti dall'altra parte della città turbano molto più gli operatori che gli ospiti, che di drammi ne hanno già vissuti a sufficienza prima di arrivare. “Vuoi perché si tratta di un quartiere lontano sia da qui che dai loro abituali punti di ritrovo, come Colle Oppio, Piramide e piazza Vittorio – spiega Francesca Biccari, responsabile della tensostruttura con la cooperativa Osa Mayor -, vuoi perché non hanno televisione o mezzi di informazione, ma anche perché non c'è stato il passaparola tipico di quando accadono fatti interni alla comunità: da questo punto di vista c'è stato molto più allarme per l'uccisione del ragazzo pachistano a Tor Pignattara”.
Diverso il discorso per gli operatori sociali che lavorano in questo centro realizzato nel 2012 per accogliere i richiedenti asilo di origine afgana (ma anche qualche pachistano, iracheno e iraniano) di passaggio verso i paesi del nord Europa, o in attesa dei documenti per una sistemazione più stabile.
“L'altro giorno siamo andati a portare la nostra solidarietà alla cooperativa Sorriso, vittima degli attacchi a Tor Sapienza, e abbiamo trovato una tensione terribile – racconta la responsabile -. In questo momento è fondamentale trovare un canale di dialogo con i cittadini del quartiere, come potrebbero essere le parrocchie, altrimenti non ci si capisce più. Ho sentito riproporre le leggende metropolitane che ci riportavano anche qui i primi tempi, quando ancora non ci conoscevano: lì dicono che uomini nudi si affacciano alle finestre, qui si raccontava che ci fossero uomini nudi a spasso di notte per il quartiere. Quando poi i cittadini si sono affacciati a vedere come funzionava, e si è instaurato un dialogo con la popolazione della zona, la convivenza è andata avanti tranquilla, e se ci fosse un problema me lo verrebbero a dire”.
Nei primi tempi, in effetti, si era creato un certo allarme, poi rientrato. “All'inizio i genitori che portavano i figli all'asilo lì vicino temevano ripercussioni sanitarie, ma le preoccupazioni si rivelarono infondate – racconta il presidente del Municipio VIII Andra Catarci -, grazie a una gestione trasparente e aperta alla cittadinanza, che ora ha capito che si tratta di un servizio regolare e monitorato 24 ore su 24”. Le forze dell'ordine fecero qualche giro di controllo, stupendosi della tranquillità, mentre operatori di centri di accoglienza greci, arrivati per uno scambio di esperienze, non si capacitavano dell'assenza di presidi armati. A pochi metri di distanza dal tendone degli afgani c'è anche un centro di accoglienza per minori e un centro Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), di cui nessuno sembra avvertire la presenza. “Arrivano di sera e vanno via la mattina successiva – spiega una signora con il figlio nel passeggino -, li si incontra solo alla fermata dell'autobus, ma sono persone tranquille”.
“L'altro giorno siamo andati insieme a proporre un piano di riqualificazione della via – racconta il signor Gigi, titolare da quarant'anni dell'unico bar-tabacchi rimasto di fronte alla tensostruttura -, c'è un buon dialogo e sappiamo chi sono i referenti del centro. Danno più problemi i poveracci che dormono in uno stabile abbandonato qui vicino, e vengono a lavarsi ogni mattina alla fontanella del mercato, se fossi nel pescivendolo lì vicino mi arrabbierei”. Spiega che il quartiere, nonostante sia relativamente centrale, si è progressivamente svuotato di esercizi commerciali, e sta vivendo un periodo di degrado dovuto alla crisi, nonostante la vicinanza con altre zone in crescita, come Garbatella dall'altra parte della Cristoforo Colombo. Un altro signore lamenta invece la presenza saltuaria di persone di etnia rom, accusate di piccoli furti e di svuotare i cassonetti dell'immondizia alla ricerca di metalli.
“Bisogna capire che povertà non significa necessariamente pericolo – aggiunge Catarci -:  sul nostro territorio ci sono microinsediamenti abusivi e bivacchi in punti abbandonati, anche in quartieri decorosi, dalla Montagnola a via della Vasca Navale. Non si può però dare una risposta di ordine pubblico a bisogni sociali, non serve semplicemente lo sgombero, ma una gestione oculata dei territori, una risposta di politiche sociali a lungo termine”.
I problemi trattati al tendone riguardano più i documenti e gli smistamenti che l'ordine pubblico. C'è un ragazzo con lo zaino in spalla che chiede di essere accolto di nuovo dopo essere stato espulso dalla Norvegia dove abita sua moglie, ma dove lui non può andare perché registrato in Italia, e un uomo che preferirebbe stare al tendone piuttosto che nel centro a cui è stato assegnato perché lontano diversi chilometri dalla prima fermata di autobus per andare al lavoro. Un altro ragazzo si chiede come trovare i soldi per il biglietto per la città dove ritirare il permesso di soggiorno ormai pronto. Buona parte degli ospiti di passaggio qui è bloccata in Italia dal regolamento europeo che costringe a chiedere asilo nel primo paese in cui si viene registrati, mentre proseguirebbero volentieri verso nord, dove spesso vivono già amici e parenti ormai integrati. Da qui un iter burocratico che li porta ad attese di mesi, passando le giornate fra ritrovi nelle piazze e la ricerca di piccole fonti di guadagno.
“Un giorno ero di passaggio a piazza Vittorio, e una novantina di afgani mi vennero incontro a salutarmi – racconta divertita Biccari -, mettendo in apprensione un poliziotto che vedeva me, una donna sola, circondata da tutti quegli uomini stranieri. Gli dissi 'Non si preoccupi, sono tutti ospiti miei, presenti, passati e futuri, li conosco'. La differenza è proprio quella, conoscersi e aprirsi all'altro”.
“Il tendone è un esempio di buona convivenza, da un lato, ma anche di risposta politica a ciò che non è inquadrato per legge, perché accoglie i migranti in transito con o senza documenti in modo organizzato e sicuro, sperimentazione unica in Italia – aggiunge il presidente del Municipio -, ma rischiamo di perdere questa positiva esperienza: si tratta di una struttura nata provvisoria, avevamo proposto di spostare il servizio in uno stabile nel nostro stesso territorio, a Tor Carbone”. La scuola abbandonata necessitava di pochi lavori di messa in sicurezza. Per due volte gruppi di senzatetto rinunciarono all'occupazione alla notizia che sarebbe divenuto un centro di accoglienza. “Ma l'inefficienza dell'assessore Cutini alle Politiche sociali ha fatto sì che, a furia di aspettare, dopo un anno e mezzo di inattività lo stabile è occupato di nuovo”.



Torino, i rifugiati fermano l`ispezione dei politici al Villaggio olimpico
la Repubblica, 19--11-2014
TORINO. Si sono trovati davanti una muraglia di oltre cento persone tra rifugiati e militanti dei centri sociali. E i consiglieri comunali di Torino di Lega Nord, Fratelli d`Italia e Forza Italia, su invito delle forze dell`ordine, hanno dovuto lasciare perdere. Dopo spintoni, insulti e accuse di razzismo, è fallito il blitz nell`ex villaggio Olimpico occupato da circa 600 immigrati, per «verificare la situazione e i danni fatti agli edifici dagli occupanti». La situazione ieri mattina avrebbe potuto degenerare e l`attenzione da parte della prefettura, dopo i fatti di Tor Sapienza a Roma, era altissima. Il tutto era nato da una proposta di sopralluogo del consigliere della Lega Nord, Roberto Carbonero, passata sottotraccia e approvata anche dalla maggioranza di centrosinistra causa equivoci. La chiamata a raccolta da parte dei centri sociali ha fatto il resto. All`ultimo, sopralluogo annullato, ma i consiglieri di Fdi e Lega non hanno desistito.



Chaouki (Pd): "Commissione inchiesta Cie risposta a domanda legalità"
"Un passo importante per la tutela della dignità di tutti"
stranieriinitalia.it, 19-11-2014
Roma, 19 novembre 2014 - "Esprimo apprezzamento per quanto approvato dall'Aula della Camera che, a maggioranza schiacciante - 348 voti favorevoli contro 59 contrari - ha deciso di dare vita ad una Commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione dei migranti e dei rifugiati in Italia. Un passo importante verso la legalita' e per la tutela della dignita' di tutti, immigrati, cittadini italiani e volontari dei centri di accoglienza".
Così Khalid Chaouki, deputato Pd e coordinatore intergruppo immigrazione.
"La commissione rappresenta una risposta fattiva alla domanda di sicurezza e legalita' che proviene in questi ultimi giorni in particolare dalle periferie d'Italia, Roma e Tor Sapienza in primis, ma anche Bologna e Milano; sono queste infatti le aree dove piu' spesso vengono collocati questi centri. Controllare la qualita' dell'accoglienza e garantire ad ospiti e residenti una buona qualita' della vita e' la strada maestra per prevenire disordini sociali e per scardinare quel pericoloso meccanismo di odio verso i piu' deboli, di guerra tra i poveri che vede trionfare solo il malessere e la violenza", conclude Chaouki.



Sbarchi, finita la missione Mare Nostrum con Triton meno fondi e più rischi

la Repubblica.it, 18-11-2014
RAFFAELLA COSENTINO e ANDREA FAMA, video di ALBERTO MASCIA. Con un commento di FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI

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