Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 aprile 2011

30.000 migranti
Tito Boeri
Internazionale 26 aprile 2011
Sono circa trentamila i migranti arrivati finora a Lampedusa dal Nordafrica. Un numero destinato ad aumentare, ma inferiore a quello registrato in altre occasioni. Negli anni novanta, per esempio, l’Italia ha accolto 77mila profughi delle guerre balcaniche, per lo più con la stessa formula giuridica (il permesso di soggiorno temporaneo per ragioni umanitarie) usata per le persone sbarcate a Lampedusa.
Quasi tutti gli altri paesi europei accolgono un numero di rifugiati più consistente. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel 2009 la Germania ha accolto 593mila persone, la Gran Bretagna 270mila, la Francia 200mila e i Paesi Bassi 80mila. L’Italia accoglie un rifugiato ogni mille abitanti, la Germania più di sette, la Gran Bretagna quasi cinque. Insomma, se si attuasse una redistribuzione proporzionale dei rifugiati in Europa, dovremmo accoglierne di più, non cederli ai vicini.
Tutti i paesi europei hanno irrigidito le procedure per l’ingresso. Dobbiamo chiedere all’Europa di costruire soluzioni condivise sui rientri assistiti e i reinsediamenti. Ma allo stesso tempo dobbiamo essere pronti a delegare poteri a istituzioni sovranazionali. Questi problemi possono essere gestiti meglio a livello europeo.

 

 

VIMINALE, RIMPATRIATI 40 EGIZIANI. SI ERANO FINTI LIBICI
(ASCA) - Roma, 27 apr - Nella serata di ieri sono stati rimpatriati a Il Cairo, con un volo charter decollato dall'aeroporto di Lamezia Terme (CZ), 40 egiziani, facenti parte di un gruppo di 54 clandestini (di cui 23 si erano dichiarati minorenni), rintracciati lunedi' scorso sul litorale di Soverato. Lo comunica una nota del Viminale spiegando che gli stranieri, per evitare il rimpatrio, avevano riferito di essere libici e 9 di essi, inoltre, pur essendo maggiorenni, avevano riferito di avere meno di 18 anni. Tuttavia, sono stati effettuati mirati accertamenti che hanno appurato che i 9 minorenni erano, in realta', maggiorenni. Inoltre, personale specializzato nell'individuazione della nazione di origine dei clandestini ha appurato che tutti i 54 stranieri erano egiziani.
Pertanto, i 14 minorenni sono stati affidati a strutture indicate dalla competente autorita' giudiziaria, mentre i restanti 40 maggiorenni sono stati rimpatriati a Il Cairo.
 
 
 
Immigrazione:tensioni nella notte in campo S.M. Capua Vetere
CASERTA, 26 APR - Tensione la notte scorsa nella tendopoli allestita ex Caserma 'Andolfato' di S.Maria Capua Vetere, e che accoglie meno di 200 immigrati nord africani.
Utilizzando come scale le brandine alcune decine di ospiti hanno scalato in piu' punti il muro di cinta calandosi, poi, nella campagna circostante con le lenzuola annodate, mentre i connazionali, con lancio di pietre, tenevano impegnati poliziotti e carabinieri. Almeno una ventin sono riusciti a sfuggire al controllo delle forze dell'ordine. Nella notte e questa mattina una quindicina di nord africani sono stati fermati tra Capua e S.Maria Capua Vetere e ricondotti nella tendopoli.(ANSA).
 
 
 
«Cambiamo Schengen» Ma l'accordo non c'è
il Riformista 27 aprile 2011
Sonia Oranges
La parola d'ordine è: rivedere Schengen. Nel vertice italo-francese di ieri il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il Capo di Stato francese Nicolas Sarkozy, hanno siglato la pax migratoria. Più o meno. Sì, perché le dichiarazioni dei due statisti sembrano segnare un accordo più di facciata che di sostanza, con la Francia che vuole maglie più larghe per poter chiudere le proprie frontiere (e tacitare la propria opinione pubblica) e l'Italia che non sembra avere le idee ben chiare su come tutelare il proprio interesse dal finora modesto assalto proveniente dal Nordafrica.
«Vogliamo che Schengen viva e perché viva dev'essere riformato - ha detto l'inquilino dell'Eliseo in conferenza stampa - La questione migratoria non può essere rimbalzata da un Paese all'altro, ma dev'essere gestita insieme dai due governi». A fargli da eco, il riconoscimento di Berlusconi all'impegno francese che in questi ha sostenuto «uno sforzo cinque volte superiore al nostro» per accogliere i migranti, confermando che «nessuno vuole bloccare Schengen, ma in circostanze eccezionali devono esserci delle modifiche: su questo lavoreremo insieme». Quali siano le modifiche possibile, non è chiaro, visto che l'accordo europeo è molto vago sul punto: le frontiere possono essere chiuse in caso di eventi straordinari (come un G8) o se lo Stato membro tema per la propria sicurezza nazionale. Dunque, già ora la Francia potrebbe considerare un pericolo la libera circolazione dei tunisini cui l'Italia ha concesso permessi in ma¬niera forse un po' sommaria (tanto che ieri il Cavaliere, con una mossa da acrobata, è arrivato a smentire se stesso affermando che i migranti tunisini «non hanno diritto all'asilo perché in Tunisia non c'è una guerra civile») e attivare le procedure per la sospen¬sione di Schengen. Ed è casomai sulle procedure, ora lunghe e macchinose, che si potrebbe in¬tervenire, anche se in questo caso l'Italia ne uscirebbe fortemente penalizzata, visto che finora si è dovuta muovere in solitudine nel contrasto all'immigrazione clan¬destina, con buona pace dell'agenzia Frontex che ora si vorreb¬be rimpolpare e degli annunciati (e mai realizzati) pattugliamenti congiunti italo-francesi concordati dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. L'idea, infatti, è quella di poter «ristabilire temporaneamente controlli comuni, sulla base di condizioni che dovranno essere in futuro definite», si legge nella lettera inviata dal capo del governo italiano e dall'inquilino dell'Eliseo ai presidenti della Commissione europea José Manuel Barroso e del Consiglio Ue.   Herman Van Rompuy che ha fat¬to sapere di voler sottoporre l'intera questione al prossimo vertice Ue che si terrà il 24 giugno a ne si è detta disponibile a esaminare le obiezioni poste dall'Italia e, soprattutto, dalla Francia: «È già possibile ristabilire tempora¬neamente controlli alle frontiere. Quello che cerchiamo è di definire le condizioni nelle quali questo si potrà fare».
La «convergenza» sui temi e l'esito «molto, molto positivo», affermato dalla coppia Berlusconi-Sarkozy, dunque, nei fatti non ha ancora una fisionomia concreta e non sembra trovare soluzione al dissidio (tutto in realtà giocato sui temi di politica interna dei due paesi dove i principali partiti di governo sono assediati dalle istanze della propaganda xenofoba rispettivamente della Lega e del Front National) sulla validità dei permessi rilasciati da Palazzo Chigi ai migranti provenienti dalla Tunisia e sbarcati a Lampedusa negli ultimi mesi.
L'ipotetica modifica di Schengen, tra l'altro, finora era stata ventilata solamente da parte francese. Ancora ieri mattina, poco prima del vertice, era definita come «decisamente fantasiosa» dal sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano che sottolineava come «se ci troviamo di fronte a un'ondata di profughi, Convenzione di Dublino ha come regola che il profugo venga assistito nel Paese dove arriva: è una regola da rivedere perché penalizza i paesi più vicini ai luoghi di provenienza». E, sempre ieri mattina, era tornato sul tema dell'immigrazione anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano: «Nulla sarebbe più miope, meschino e perdente, del ripiegamento su sé stesso di ciascuno dei paesi membri dell'Unione europea. La risposta al flusso dei migranti sta in un concreto, forte impegno di cooperazione allo sviluppo dei paesi delle sponde sud ed est del Mediterraneo».
E su questo, in qualche modo, sembrano voler puntare Francia e Italia. Almeno a leggere tra le righe della lettera italo-francese in cui si chiede all'Ue «da un lato di ridefinire le sue relazioni con i Paesi terzi, in particolare quelli della sponda Sud del Medi-terraneo, dall'altro rivedere in profondità la propria normativa interna in questo settore», dando priorità a «un accordo globale con i suoi vicini sulla sponda sud del Mediterraneo». L'obiettivo sareb¬be dirottare a Tunisia ed Egitto, i fondi europei tradizionalmente destinati ai paesi dell'est. Riani¬mando in qualche modo quell'Unione mediterranea annunciata da Sarkozy all'indomani della sua elezione, e abortita sul nascere.
 
 
 
«Soluzione non è dividere le famiglie»
Cinque Giorni 27 aprile 2011
La responsabile alle politiche sociali del Pd Roma suggerisce al sindaco di riaprire le caserme in disuso per "tamponare" l'allarme
Afghani, libici e Rom: sono stati questi giorni infuocati nella capitale, giorni in cui l'amministrazione ha dimostrato di aver fallito sul terreno principale della campagna elettorale del sindaco Alemanno. Il sindaco avrebbe dovuto aver imparato la lezione: l'immigrazione è un fenomeno difficilmente governabile con la forza. 0 peggio con il non governo. In questa situazione infatti si è scelto coscientemente di non organizzare un piano di accoglienza reale e risolutivo. Ma la città si aspetta e merita ancora delle soluzioni efficaci, non vuole più assistere a scene come quella di pochi giorni fa dell'occupazione da parte di un centinaio di Rom della Basilica di San Paolo. Situazioni che, unite alla mancata gestione della presenza di afghani al terminal Ostiense, all'arrivo di poche centinaia di libici alla stazione Termini, alla mancata gestione dei somali in via dei Villini, alzano il livello della tensione sociale. La soluzione non può e non deve essere quella di dividere queste famiglie. La soluzione non è non permettere a nessuno straniero di entrare nel nostra città. Eppure l'aria che si respira è proprio questa. Eppure, Roma è una grande metropoli e come tale dovrebbe essere governata. Il Partito Democratico non è al governo di questa città ma c'è l'urgenza di dare voce a quei cittadini che vivono con preoccupazione e smarrimen¬to la presenza di insediamenti di fortuna privi di assistenza e servizi che formano sacche di degrado soprattutto nei quartieri più periferici. A quegli amministratori municipali che fanno fronte a queste si-tuazioni senza risorse, senza strumenti ma solo con la loro buona volontà e responsabilità. E a tutti gli stranieri, rifugiati e immigrati che vivono tra le strade della capitale senza assistenza né percorsi certi. Chiediamo che il sindaco trovi soluzioni alternative aia violenza e all'inefficacia degli sgomberi con la riapertura, per esempio, delle caserme in disuso. Soluzione questa sicuramente temporanea che permetterebbe però un ragionamento più complessivo per il coinvolgimento dei municipi con opportune risorse (come quelle per il piano rom). Chiediamo al sindaco di creare percorsi di integra¬zione per chi decìde di ri¬spettare le regole: percorsi certi di inserimento scolastico e di formazione al lavoro per gli adulti. Perché solo per-correndo la via dell'integra¬zione, le strade della città torneranno libere e sicure. Emanuela Droghei (responsabile politiche sociali del Pd di Roma)
 
 
Vince la linea francese
Berlusconi: rivedere Schengen. Sarkozy.frontiere chiuse in casi eccezionali
la Repubblica 27 aprile 2011
Anais Ginori
ROMA — Passa la linea voluta da Parigi: frontiere chiuse quando ci sono emergenze migratorie in corso, come accade oggi a Lampedusa e nel Mediterraneo. Il vertice italo-francese di ieri ha sancito un'intesa sulla necessità di rivedere al più presto le regole di Schengen. Il governo italiano fa marcia indietro sulla possibilità di condividere il carico dei flussi migratori con i paesi vicini e si asso-cia invece alla richiesta di un'interpretazione più restrittiva della libera circolazione nello spazio Ue. Una convergenza messa per iscritto nel messaggio comune che Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi hanno inviato a Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo e a José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. Lagovernance di Schengen va ripensata, hanno detto i due leader. «Nessuno di noi vuole negare Schengen, ma in condizioni eccezionali crediamo possano esserci variazioni», ha spiegato Berlusconi.
È stato il vertice della pace, dopo mesi di accuse reciproche. Raramente un summit bilaterale era stato così carico di tensioni. L'incontro tra i due leader è stato addirittura anticipato rispetto al calendario previsto, nel tentativo di appianare i conflitti sui vari dossier. Ma il bilancio della giornata di ieri si è chiuso in positivo soprattutto per la Francia. Dall'immigrazione alla Libia, l'Italia ha seguito la strada tracciata dall'Eliseo. Berlusconi è stato anche costretto ad ammettere che il carico di immigrati che pesa sull'Italia è relativo. L'accoglienza di immi-grati Oltralpe, ha spiegato, «è cinque volte superiore a quella dell'Italia. La Francia ogni anno accoglie 50 mila migranti. Noi invece abbiamo una media di 10 mila. Di questo siamo consapevoli e da parte nostra non c'è nessuna volontà di accusare la Francia di inadempienze». Una smentita impli-cita delle critiche pronunciate nelle settimane scorse contro i francesi dagli esponenti della Lega Nord.
L'imperativo per Palazzo Chigi era ricucire lo strappo. Le coincidenze non hanno aiutato. Mentre Sarkozy arrivava a Roma, il gruppo Lactalis annunciava l'Opa su Parmalat. Anche in questo caso, il premier ha voluto smussare i toni. «Crediamo entrambi nel libero mercato. Lavoreremo insieme per trovare un'intesa», ha annunciato Berlusconi, frenando sulle velleità nazionaliste del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. L'unica vittoria che l'Italia ha incassato è stata sull'appoggio alla candidatura del governatore di Bankitalia, Mario Draghi, per la presidenza della Bce.
Sull'immigrazione il governo italiano si è rassegnato a non pretendere più il "burden sharing", la condivisione dei migranti tra partner europei, una richiesta che l'aveva fortemente isolata nell'Ue. «Nulla sarebbe più miope, meschino e perdente del ripiega-mento su se stesso di ciascuno dei paesi membri dell'Unione europea» aveva commentato ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La proposta di revisione di Schengen ora pas-serà al vaglio degli altri partner europei. «Andiamo nella stessa direzione», ha commentato un portavoce della Commissione Ue in serata. Non si tratterà di una " rivoluzione" del Trattato entrato in vigore nel lontano 1995, ma di una "chiarificazione" su alcuni punti. L'obiettivo di Italia e Francia è ottenere un consenso attorno alla riforma per il Consiglio europeo del 24 giugno. Già il 4 maggio il commissario agli Affari Interni, Cecilia Malmstrom, presenterà un pacchetto di misure. «La situa-zione migratoria nel Mediterraneo — scrivono Berlusconi e Sarkozy—potrebbe rapidamente trasformarsi in una vera e propria crisi in grado di minare la fiducia che i nostri concittadini ripongono nella libera circolazione all'interno dello spazio Schengen». La lettera contiene anche diverse proposte sul rafforzamento di Frontex, l'agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell'Ue, e la richiesta di maggiori aiuti verso i paesi di provenienza dei migranti. «Rafforzare l'agenzia Frontex costituisce un imperativo prioritario» aggiungono Sarkozy e Berlusconi. Almeno su questo punto, l'Italia avrà tutto da guadagnare.
 
 
 
La questione rom e le guerre tra poveri
Federico Fornaro
il Riformista 27 aprile 2011
L'immagine dei rom che lasciano mesti,in fila indiana, la basilica di San Paolo, dove si erano rifugiati a segui¬to dello sgombero del campo abusivo dove vivevano, è destinata a fare il giro del mondo e non rappresenta certo un bel biglietto da visita per Roma e per l'Italia.
Ancora una volta è esplosa, in tutta la sua drammaticità, l'irrisolta questione dei rom. Un tema di cui preferisce parlare il meno possibile perché, per dirla in ter¬mini crudi, non fa audience.
Anche il recente, pregevole, "Rapporto conclusivo dell'inda¬gine sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti in Italia" della Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato (presieduta da Pietro Marcenaro) è pas¬sato quasi inosservato, nonostante contenesse dati e riflessioni utili per comprendere la realtà.
Bisogna, infatti, avere il coraggio di ammettere che differen-za di altre minoranze e dei migranti in genere, la condizione dei rom, nell'opinione di larga parte della popolazione italiana, non suscita sentimenti di umana pietà, ma, al contrario, un fastidio crescente, spesso destinato a trascendere in fenomeni di aperta intolleranza; il tutto condito da leggende metropolitane (ladri di bambini ecc.) difficili da cancel¬lare dall'immaginario collettivo. Luca Cefisi, che ha appena pubblicato sul tema dei rom un coraggioso libro dal titolo Bam¬bini ladri (Newton Compton, pp.223, euro 12,90), rileva, infatti, che questa intolleranza diffusa «trova le sue giustificazioni in un giudizio duro e aspro, una vera condanna collettiva: i rom non sono come gli altri immigrati sono «tutti uguali», incessantemente dediti al furto e allo sfruttamento dei loro figli. Considerati ostili e asociali, renitenti alle regole e alle leggi, non sembrano meritare la solidarietà che si dà ai poveri, né la comprensione che si deve all'altro».
La mancata integrazione, per di più, sta producendo un pericoloso cortocircuito: i rom rifiutati dalla società circostante, ghettizzati, trattati come un soggetto estraneo, finiscono per rifugiarsi nella tradizionale struttura dei clan, trovando spesso nella scorciatoia della violazione delle leggi e degli espedienti, una facile risposta all'intolleranza e alla mancata ricerca del dialogo.
I ricercatori sociali ci dicono,però, che è indispensabile, in primo luogo rifuggire dalla categoria unificante e semplificatrice del «sono tutti uguali», perché, al contrario dell'opinione dominante, l'universo rom ha molte più sfaccettature di quelle che ap-paiono a un primo sguardo superficiale e bisogna aiutare chi - e sono molti - vogliono accettare la sfida dell'integrazione.
Spesso,infatti, i media dimenticano che oggi in Italia vivono migliaia di rom nati e cresciuti in Italia; gente che se anche volesse tornare al proprio paese d'origine non saprebbe dove andare.
In realtà in questi anni si è lasciato incancrenire il problema dei rom, pensando che la soluzione fossero i campi nomadi e le periodiche azioni di sgombero di quelli abusivi. L'aver individuato per i campi localizzazioni nelle aree più degradate delle grandi città ha poi finito per scatenare «guerre tra poveri», indegne di una grande nazione civile.
 
 
Bombe,immigrati, Lega Il Cavaliere va in contropiede
Alessandro Sallusti
il Giornale 27 aprile 2011
A leggere certi giornali sembra che Silvio Berlusconi sia felice di bombardare i libici, al contrario di Umberto Bossi che invece ha orrore delle bombe e del sangue. Spero che nessuna persona dotata di buon senso cada in questo tranello mediatico. Non soltanto il premier odia la guerra tanto quanto l'amico Umberto, ma per quanto ne so ha in più l'angoscia di dare il via libera ai nostri caccia contro una persona, Gheddafi, con la quale ha intrattenuto un rapporto personale leale e sincero. Anzi, se francesi e americani non hanno già raso al suolo Tripoli e se è una speranza che ciò non accada lo si deve proprio al freno a mano che il governo italiano ha tirato sin dall' inizio sul caso Libia. Prima ha preteso che l'operazione passasse sotto il comando della Nato, poi ha tenuto aperto l'unico canale di trattativa con il rais, oggi ha ottenuto regole rigide per le operazioni (solo obiettivi militari con armamenti limitati). Cose non da poco, se addirittura ieri Sarkozy è sceso a Roma atrattare la pace con Berlusconi, riconoscendo all'Italia il ruolo e la dignità che le competono, aprendo per la prima volta una trattativa seria a livello europeo sulla questione dei clandestini in arrivo dalle coste del Nord Africa e fino ad oggi lasciati sul gobbone nostro.
La contraddizione tra Pdl e Bossi, quindi, è soltanto apparente. Del resto la posizione della Lega è stata chiara fin dall'inizio e coerente con il suo Dna culturale che la vincola al principio dell'autodeterminazione dei popoli e quindi alla non ingerenza in case altrui. In questo senso le questioni dei costi e dei clandestini, sollevate un po' da tutto il centro destra e con forza da esponenti del Carroccio, sono importanti ma non decisive. Più che altro funzionano eccome in chiave di consenso elettorale, e Bossi che di voti se ne intende non ha perso la ghiotta occasione di smarcarsi con quel cinismo che lo contraddistingue: noi non spariamo, dice. Un lusso, quello delle parole, che lui può permettersi, a differenza del capo del governo (e pure di quello dello Stato) che oltre a pensare al federalismo ha il compito e l'obbligo di tenere l'Italia nel mondo, di rispettare accordi e trattati internazionali firmati non soltanto da lui.
A Berlusconi si possono rinfacciare alcune cose ma non certo di non aver ingaggiato, sulla guerra alla Libia e sui clandestini, un braccio di ferro con i potenti del mondo. Addirittura l'Italia è riuscita ad aprire una breccia sull'inviolabilità dell'architettura europea, e ieri è stato Sarkozy a fare sua la tesi di Tremonti sulla necessità di rivedere trattati ormai obsoleti, compreso quello sulla libera circolazione degli uomini. Dall'alleanza militare e politica della Nàto non si può uscire, ma condizionarne le scelte dall'interno si può ed è esattamente quello che stiamo facendo.
Per via di tutto questo aspetterei aparlare di crisi della maggio-ranza, di vittoria della linea francese. Quando si gioca con avversari più grandi e quindi più forti è da suicidi usare la forza. Meglio, se si vuole arrivare sull'obiettivo, usare altre tecniche. Il calcio insegna, molte partite si vincono con catenaccio e contropiede. E scommetto che anche questa volta Bossi e Berlusconi, con ruoli diversi, stanno tirando nella stessa Dorta.
 
 
 
Immigrati, Roma-Parigi: controlli e frontiere chiuse in caso di crisi
CRISTINA MARCONI
il Messaggero 27 aprile 2011
Nessuna rivoluzione, ma una sostanziosa riforma della governance delle frontiere europee. Quello dì cui la convenzione di Schengen ha urgentemente bisogno per soprav¬vivere e riconquistare la «fiducia dei cittadini nella costruzione europea» è una decisa revisio¬ne, una rinfrescata tale da fugare ogni dubbio interpretativo al momento di applicare le clau¬sole sospensive già previste nel testo originario e usate dall'Italia, ad esempio, nei casi del G8 di Genova e di quello dell'Aquila, e consentite anche davanti a generiche minacce per l'ordine pubblico. Clausole che andrebbero però rinvigorite, in modo da permettere di reintrodurre in maniera più chiara quei controlli ai confini nazionali che dal 1995 sono solo un pallido ricordo per la maggior parte dei cittadini europei.
E' questa la richiesta che Italia e Francia hanno avanzato nella lettera congiunta a Bruxelles e che in qualche modo era stata già prevenuta dalla commissaria per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, con la proposta presentata la settimana scorsa in Commissione e in procinto di essere illustrata il prossimo 4 maggio. Ma nella loro missiva al presidente della Commissione José Manuel Barroso e al presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy hanno chiesto alle istituzioni comunitarie di andare oltre delle misure ritenute insufficienti, con un «pacchetto più ambizioso», in grado di «rafforzare la governance» dell'area Schengen, grazie a «requisiti più vigorosi e strumenti più efficaci» tali da portare ad ununa «maggiore disciplina collettiva ed un maggior livello di coesione sugli standard di protezione delle frontiere esterne comuni, anche in vista dell'allargamento».
A Bruxelles la lettera è stata studiata in tempi record e accolta come una «buona notizia», che complessivamente va nella giusta direzione, ossia quella di una chiarezza a prova di malinteso e di strumentalizzazione politica dell'applicazione delle regole di Schengen, ed è stato chiesto di avanzare proposte concrete, che, secondo quanto annunciato da Van Rompuy, verranno discusse al prossimo vertice europeo del 24 giugno,
Dopo settimane di dichiarazioni infuocate provenienti da Oltralpe, Sarkozy, incalzato dalla candidata dell'estrema destra Marine Le Pen che chiede l'uscita della Francia da Schengen, era ovviamente interessato ad ottenere la possibilità di sospendere gli accordi in caso di evidenti debolezze nella protezione esterna delle frontiere europee. Con toni diplomatici, la missiva parla invece di «condizioni eccezionali» che dovranno essere «precisamente indi¬viduate» e valutate in anticipo per pennettere un «ripristino provvisorio» delle frontiere. La proposta dovrebbe servire anche a capire chi è che certifica e quali sono i casi eccezionali in cui potrebbero essere reintrodotti i controlli interni, mettendo anche in chiaro. Se la questione possa essere gestita dallo Stato membro interessato o se serva un via libero specifico dall'Unione europea. Le misure dovrebbero valere in futuro sull'intero sistema delle frontiere esterne, in vista anche dell'allargamento dello spazio di Schengen a Romania e Bulgaria, che doveva avvenire già nel marzo scorso ma che è stato rinviato per via di alcuni ritardi di Bucarest nell'adeguarsi agli standard sul controllo.
Ma il vertice del 24 giugno non discuterà solo di govemance delle frontiere. L'Italia, dopo mesi di critiche alla mancanza di solidarietà europea davanti alle emergenze, ha ottenuto che Frontex, l'agenzia che si occupa del controllo delle frontiere esterne, si trasformi in un'agenzia più seria, dotata di mezzi propri e di una maggiore disponibilità da parte degli Stati membri. Secondo la lettera di Berlusconi e Sarkozy deve diventare «il fulcro di coordinamento del dispositivo di valutazione e sorveglianza attraverso la creazione di una rete di esperti e di gruppi di valutazione». Inoltre l'Ue punta a dare un giro di vite al suo sostegno allo sviluppo dei paesi del Mediterraneo, per ottenere in cambio una stretta alle politiche per la riammissione, di cui sarebbe protagonista, con un maggior margine di manovra in sede negoziale.
 
 
 
 
Abbiamo visto rom felici
associazione Popica
Abbiamo visto ruspe abbattere baracche di legno, plastica e pezzi di eternit.
Abbiamo visto uomini, donne e bambini, trascinarsi per le strade della città con carrelli e carrozzine carichi di tutti i loro averi.
Abbiamo visto famiglie preferire la strada alla separazione dei propri nuclei proposta dall’Amministrazione Comunale.
Abbiamo visto un popolo scappare dalla persecuzione e chiedere rifugio alla Chiesa.
Abbiamo visto la Basilica di San Paolo a Roma riempirsi di questi uomini, di queste donne, di questi bambini.
Abbiamo ascoltato il loro rispettoso silenzio nella Chiesa in cui si erano rifugiati.
Abbiamo ascoltato le vane promesse, le minacce, le false proposte.
Abbiamo ammirato l’orgoglio e la tenacia di un Popolo vessato che smetteva di subire, iniziava a resistere e rivendicava la propria Esistenza.
Abbiamo esultato quando si sono aperte le porte dei saloni di San Paolo.
Abbiamo visto giornalisti e telecamere illuminare e affollarsi intorno a chi per anni ha vissuto nel disprezzo e nell’invisibilità.
Abbiamo ammirato attoniti la tenacia dei rom nella loro lotta.
Abbiamo osservato i cancelli della Basilica chiudersi alla veglia di Pasqua e genitori di piccoli battezzandi rifiutarsi di entrare in una chiesa dove i rom venivano lasciati fuori.
Abbiamo perso la voce, ma mai la speranza, assieme ai tanti ragazzi e alle tante ragazze dell’Arpj, dell’Arci, dei BPM, di Stalker, del Csoa la Strada, di A buon Diritto e di tutte le associazioni e i movimenti che ci sono stati.
Abbiamo trascorso infinite ore di stallo in cui la speranza poteva cedere alla stanchezza.
Abbiamo ammirato la forza dei Rom non cedere alla stanchezza.
Abbiamo montato e smontato tende per ripararci dalla pioggia e dalla umidità.
Abbiamo ascoltato le parole di don Franzoni davanti ai cancelli della Basilica.
Abbiamo fatto il pranzo di Pasqua tutti assieme.
Abbiamo urlato, riso,discusso, pianto, ci siamo arrabbiati e ci siamo abbracciati.
Abbiamo provato commozione di fronte all’evangelica forza della Comunità Cristiana di Base di San Paolo.
Abbiamo apprezzato la vicinanza del Papa e particolarmente il coraggio e la forza di Monsignor Feroci, della sua Caritas e di Sant’Egidio che, in mezzo a più fuochi, hanno saputo resistere e hanno consegnato ai Rom la loro meritata vittoria.
Abbiamo creduto di potercela fare tutti assieme.
Abbiamo compreso il senso della Liberazione.
Abbiamo visto uomini, donne e bambini, salire sui pullman con le dita in segno di vittoria [Il 25 Aprile dei rom].
Abbiamo visto vincere i Rom e, con loro, tutti quelli che, come noi, sono rimasti umani.
Popica onlus
Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links