Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

09 aprile 2015

«Radere al suolo i campi rom» Salvini choc, il Vaticano condanna
Il cardinale Vegliò: parole stupide per ragioni elettorali. Boldrini: inquietante
Corriere della sera, 09-04-2015
 Marco Cremonesi
MILANO La ricetta di Matte() Salvini ha la semplicità consueta: «Radere al suolo» i campi rom. Ma, concede il leader leghista, «non con la gente dentro». Anzi, l`idea è quella di «dare, sei mesi prima, un preavviso di sfratto». Scaduto il termine, si potranno, dice Salvini, «far partire le ruspe». La proposta, annunciata a Mattino Cinque, arriva - certamente un caso -, tre giorni prima della campagna «Chiedo asilo» che la Lega lancerà, per la prima volta in tutta Italia, nel prossimo weekend. Mille gazebo per sottoscrivere un modulo con cui chi lo desidera potrà fare domanda di rinuncia alla nazionalità italiana, chiedere asilo politico, e acquisire «lo status di rifugiato». Dato che, spiega Salvini, «essere immigrati vale mille euro al mese. Con colazione, pranzo e cena garantiti in hotel». Insomma, i rifugiati avrebbero assai più diritti che non gli italiani.
La sortita del capo leghista suscita reazioni forti, e non solo sui social media. Parte la presidente della Camera, Laura Boldrini: «Trovo il verbo "radere" abbastanza inquietante. I campi non vanno mantenuti ma deve essere trovata una soluzione abitativa alternativa. Ciò non significa annientare chi abita i campi». Salvini controrisponde: «Trovo inquietante che la signora Boldrini sia presidente della Camera».
Ma l'uscita non piace affatto nemmeno nel mondo cattolico. Per primo, interviene monsignor Giancarlo Perego, il direttore della fondazione Migrantes della Cei, che parla di una battuta «da ignorante», di «enorme insensatezza» e aggiunge: «Ci sono personaggi che dicono tutto e il contrario di tutto, fanno solo demagogia: parlano e alimentano la rabbia della gente». Poi, arriva il commento del cardinale Antonio Maria Vegliò, capo dicastero vaticano per i migranti: «Posizioni estreme, assurde, come quelli che dicono "I musulmani? Li ammazzerei tutti" o "I migranti? Vadano tutti a casa loro". Frasi stupide... ». Insomma: «Cosa vogliamo pretendere da Salvini? Lo fa per scopi elettorali, sa che quando dice queste cose la percentuale degli amici aumenta». Si incarica della risposta il capogruppo leghista alla Camera, Massimiliano Fedriga: «Se il cardinale preferisce continuare a insultarci, non potremo far altro se non prenderne atto. Non senza un certo sconcerto e stupore, perché tali comportamenti arrivano da un uomo di chiesa».
Eppure, in serata, a «Otto e mezzo» di Lilli Gruber, la vicepresidente pd Debora Serracchiani ricorda a Salvini che a Milano il centrodestra non si è distinto per il numero degli sgomberi dei campi rom. E anzi, con l`amministrazione di centrosinistra gli sgomberi a presidio della legalità non sono mancati. In effetti, quasi quattrocento nella sola era di Giuliano Pisapia. Anche se secondo Salvini, «i rom a Milano oggi sono circa cinquemila. Alla fine del mandato di Letizia Moratti, erano duemila: meno della metà».
Ma, appunto, l`uscita del leader leghista cade a pochissimi giorni dalla nuova campagna di gazebo per chiedere diritto di asilo, oltre mille in tutta Italia. Tra l'altro, ci saranno anche iniziative presso «gli hotel che ospitano e coccolano gli immigrati». Dove, non si sa: «I blitz prima si fanno e poi si annunciano». Sull`espansione a Sud, il «Capitano» leghista ha annunciato che le liste «Noi con Salvini» saranno presenti anche in una cinquantina di elezioni amministrative.



I rom sono il capro espiatorio perfetto
Internazionale, 09-04-2015
Luigi Manconi, sociologo
Tra tutte le ricorrenze internazionali, quella di oggi è forse la meno conosciuta. Da 44 anni, l’8 aprile viene celebrato come la giornata del popolo rom e sinti, in ricordo del primo congresso, che si era svolto a Londra nel 1971, in cui venne fondata l’International Romani Union; poi, nel 1979, anche l’Onu riconobbe ufficialmente questa data.
Dunque, se è vero che i rom sono tra i gruppi più discriminati nel nostro paese (forse il più discriminato), ogni occasione può essere utile per provare a smontare quella macchina di pregiudizio e di stigmatizzazione, di stereotipi e di luoghi comuni che ha consentito la diffusione di una così aggressiva ostilità.
No, i rom non rubano i bambini e no, nel nostro paese (dove una percentuale elevata è di cittadinanza italiana), non ha quasi più senso etichettarli come nomadi. D’altra parte, non tutti vivono in campi attrezzati o abusivi ai margini delle nostre città e chi invece ci vive, spesso lo fa perché costretto dall’assenza di alternative. Ed è proprio l’assenza di alternative che finisce con l’alimentare ciò che, agli occhi di tanti, sarebbe “la natura” – addirittura il dna – di quel popolo e la sua fatale “vocazione” al furto, all’accattonaggio e alla sopraffazione.
Guardiamo ai dati. Si stima che in Italia la popolazione rom e sinti ammonti a 180mila persone. Di queste, circa 70mila hanno la cittadinanza italiana mentre gli altri si dividono tra apolidi, ex jugoslavi e romeni. Oltre il 60 per cento di loro vive all’interno di abitazioni stabili e solo la restante parte si trova in campi attrezzati o abusivi.
Questo mostra quanto sia eccessivo – rivelandone allo stesso tempo la finalità tutta emotivo-propagandistica – il messaggio che li vorrebbe rappresentare come un’emergenza e come un fenomeno di invasione, tale da richiedere la dichiarazione dello stato d’eccezione e misure straordinarie. È ciò che, in realtà, si è cominciato a fare tra il 2008 e il 2011, quando, con un decreto governativo, si è istituita l‘“emergenza nomadi”, in relazione agli insediamenti abusivi in cinque regioni italiane (Campania, Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto). Quel decreto, successivamente, è stato dichiarato illegittimo dalla corte di cassazione. Ma, a distanza di anni da quel pronunciamento, il lavoro da fare resta ancora enorme.
Ne discende un altro equivoco che ha prodotto un singolare paradosso: sembra che sia in atto in Italia un conflitto tra coloro (i cattivi) che vogliono chiudere i campi nomadi e coloro (i buoni) che li vorrebbero tenere aperti, magari attrezzandoli meglio. Si tratta davvero di una colossale truffa ideologica. I campi nomadi, presenti in Italia da decenni, sono allo stesso tempo causa ed effetto della discriminazione ai danni di rom e sinti: producono, infatti, due processi strettamente correlati che si alimentano vicendevolmente e perversamente.
I rom presenti nei campi tendono inevitabilmente ad autoghettizzarsi dentro quella dimensione circoscritta e coatta di marginalità sociale e autogoverno, dove si riproducono circuiti illegali e relazioni di potere. Per contro, chi abita vicino a quei campi si convince del fatto che rappresentino una costante minaccia e, dunque, oscilla tra volontà di chiuderli in maniera definitiva e tentazione di “spazzarli via” con ogni mezzo.
Di conseguenza, premessa a qualsiasi ragionevole strategia di inclusione e integrazione è il superamento degli stessi campi nomadi. Oltretutto, dopo che alcune inchieste giudiziarie hanno cominciato a fare luce sul fenomeno – insieme ad alcune ricerche ben documentate, come quella dell’Associazione 21 luglio – lo si può dire apertamente: sulla pelle dei rom, e sul loro presunto nomadismo, hanno lucrato in molti. Appalti plurimilionari, container come scatole di latta al costo di villette con piscina, edifici fatiscenti con locali privi di finestre al prezzo di un affitto al centro di Roma. E tutto per dire, per poter continuare a dire, che i rom costituiscono un’emergenza.
Per fortuna l’Europa ogni tanto ci viene in soccorso, ed è solo grazie alle pressioni dell’Unione che nel 2012 è stata recepita nel nostro paese la Strategia nazionale d’inclusione di rom, sinti e caminanti. Un programma ancora agli inizi e tutto da realizzare concretamente, ma che – se non altro – rappresenta una prospettiva dotata di razionalità e lungimiranza.
Infine. Recentemente ho sentito citare più volte la poesia, attribuita a Bertolt Brecht, dove si immagina una successione di atti di discriminazione che colpiscono, via via, i diversi gruppi sociali e le diverse minoranze. Chi non reagisce perché, dice, “non è affar mio” verrà a sua volta discriminato, ostracizzato, messo al bando: fino a che l’ultima vittima, sopravvissuta a tutte le precedenti persecuzioni, si scoprirà totalmente sola. Non è solo una tragica parabola e un inesorabile monito morale sulla indivisibilità dei diritti.
C’è, in quei versi, l’anticipazione di una sorta di cupa gerarchia sociale dell’odio, che mostra come lo zingaro, comunque lo si chiami, concentri su di sé il massimo dell’ostilità collettiva. L’autore dei versi è, in realtà, il pastore protestante Martin Niemöller, ma è stato Brecht ad aggiungere, successivamente, quel riferimento agli zingari che ne sottolineava il ruolo di ultimi tra gli ultimi. Ecco, a distanza di settant’anni gli ultimi tra gli ultimi non hanno cambiato nome. E diventa più che mai urgente schierarsi dalla loro parte.



Rom e Sinti, tra sgomberi forzati, parole d'odio e falsi miti
"Il rapporto dell'Associazione 21 Luglio: "aumentano gli sgomberi per il Giubileo". In Italia abita lo 0,25% dei Rom; solo il 3% di loro è nomade. In 40mila vivono nei campi. C'è chi in Tv li definisce "feccia della società": ma i bambini hanno un'aspettativa di vita è inferiore di 10 anni e all'Università non arrivano mai
la Repubblica, 09-04-15
ANDREA SCUTELLA'
ROMA - È il 9 luglio 2014, in riva al fiume Aniene. Trentanove  persone di etnia Rom subiscono uno sgombero forzato dal loro accampamento, in via di Val d'Ala. Supportate da Amnesty International e dall'Associazione 21 Luglio chiedono una sistemazione alternativa. "Dopo ore di intense trattative - riporta una nota dell'Associazione 21 Luglio - ai rom viene offerta l'accoglienza all'interno dell'ex Fiera di Roma". Il 30 novembre, però, arriva la notifica di uno sgombero imminente. I 15 nuclei familiari verranno rimpatriati in Romania. Salvo trovarsi, di nuovo, a fine febbraio 2015, in riva al fiume Aniene. "Lo sgombero forzato ha avuto un costo totale di 168.400 euro, senza che sia stata trovata alcuna risposta adeguata alle famiglie coinvolte". Ecco un chiaro esempio di "Gioco dell'Oca", che 21 Luglio denuncia nel suo primo rapporto nazionale: presentato proprio l'8 aprile, nella giornata internazionale dedicata ai Rom, Sinti e Camminanti.
Giubileo in vista: aumentano gli sgomberi. "Dopo l'annuncio del Giubileo, nel periodo compreso tra il 13 e il 30 marzo - spiega Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio - si è passati da una media 2 sgomberi al mese a 6 a settimana. C'è un libro di Tano D'Amico sull'evento del 2000, che si intitola Il Giubileo nero degli zingari. Alle istituzioni suggerirei di evitare questo rischio". Una preoccupazione condivisa da Riccardo Magi, presidente dei Radicali italiani e consigliere comunale di Roma. "Il rischio - precisa - è quello di cedere a interventi di decoro o pulizia della città in netto contrasto con le politiche sociali". L'esempio della comunità di via Val d'Ala è dietro l'angolo. "Gli sgomberi, lasciando la situazione invariata, muovono tre cose - conclude Stasolla -: i rom, i soldi e i voti". Cacciare una comunità rom, infatti, è di sicuro appeal elettorale.
A Milano si sgombera per l'Expo. "Lo sgombero come metodo è legittimo" precisa Carlo Stasolla "ma diventa forzato quando non si rispettano i parametri stabiliti dalle organizzazioni internazionali", cioè quando manca un preavviso sufficiente e le giuste alternative alla vita in strada per le famiglie. A Roma, lo scorso anno 34 sgomberi forzati hanno coinvolto circa 1.135 persone, secondo i dati forniti da 21 Luglio. A Milano, invece, 191 sgomberi hanno riguardato oltre 2.200 persone. Secondo le Associazioni Naga e Errc vengono chiamati "allontanamenti medio-grandi" quelli eseguiti per opere legate all'Expo e "micro-allontamenti" quelli "frutto della pressione di cittadini" che spesso non rispettano "la normativa vigente".
Il sistema dei campi e i flussi di denaro in aumento. "Dal 2000 l'Italia è stata definita il Paese dei campi". L'Associazione 21 luglio nel suo rapporto denuncia con forza "la politica segregante volta a gestire e a mantenere un sistema abitativo parallelo per soli rom, ovvero su base etnica". Un sistema che è costato alla sola città di Roma circa 22 milioni di euro nel 2013, secondo "Campi Nomadi spa", un documento prodotto da 21 luglio nel 2014, che aveva anticipato la collusione tra politiche sociali e malaffare emersa con l'inchiesta Mafia Capitale. L'Associazione annuncia un "Campi nomadi bis" in uscita il 6 maggio, focalizzato sullo scandalo dei centri di raccolta "temporanei" dei rom. Stasolla non si sbottona troppo sui flussi di denaro diretti verso i campi, ma anticipa che "non sono diminuiti, anzi sono aumentati rispetto al passato".
La longa manus della Cooperativa 29 giugno. Il solo "villaggio" di Castel Romano, su cui era stesa la longa manus della Cooperativa 29 Giugno, sarebbe costato, secondo le stime di 21 Luglio, oltre 5 milioni di euro. Ancor più preoccupante diviene il fatto se paragonato "con quanto il Governo italiano ha dichiarato di avere destinato a politiche di inclusione rivolte ai rom nel documento presentato in sede di Revisione Periodica Universale presso le Nazioni Unite (senza specificare l'arco temporale): 19.830.000 euro".
?Dall'emergenza all'inclusione.? Erede della sciagurata stagione della "emergenza nomadi" (2008-2011)  -  che permise di agire in deroga a diverse leggi nella gestione dei campi  -  la Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti  (2012) "ce l'ha chiesta l'Europa" ed è imperniata su 4 cardini: alloggio, salute, impiego e istruzione. La stagione "emergenziale" si è conclusa a suon di sentenze, considerata illegittima dal Consiglio di Stato nel 2011, con conferma della Cassazione nel 2013. Ad oggi, nonostante i buoni propositi, l'attuazione del nuovo piano vive di ritardi e confusioni.
I rischi della discrezionalità dei Comuni. La discrezionalità degli enti locali non solo nei confronti delle istituzioni nazionali, ma anche nei rapporti reciproci, per l'applicazione dei provvedimenti "può condurre a situazioni in contrasto con la Strategia", sottolinea 21 Luglio. "I Comuni possono attivare misure proprie a prescindere dagli orientamenti delle Regioni (...) come di fatto avviene". Le politiche figlie delle vecchie logiche emergenziali, come la costruzione di nuovi campi, sono costate dal 2012 ad oggi, secondo i calcoli di 21 luglio, circa 13 milioni di euro. Inoltre l'attivazione dei tavoli regionali, fulcro del piano, procede a rilento: a febbraio 2015 erano operativi appena 10 su 20 previsti. Regioni con una consistente percentuale di popolazione rom, come Lombardia e Veneto, sono ferme al palo. Il tavolo del Lazio, invece, pur istituito, non è ancora stato convocato.
Numeri di una percezione sballata. Gli organismi internazionali hanno spesso sottolineato come in Italia manchino adeguati strumenti di monitoraggio per valutare l'inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti. I pochi numeri che ci sono, frutto di stime e non di censimenti, bastano a confutare alcuni luoghi comuni. Non solo l'Italia non è "invasa" dai rom, ma, tra i paesi europei, è quello che ne ha le percentuali più basse: appena lo 0,25% sul totale dei residenti. Metà di loro ha la cittadinanza italiana. Le stime del Consiglio d'Europa oscillano tra le 120mila e le 180mila persone, di cui 40mila vivono nei "campi nomadi". A proposito di nomadismo, c'è un altro mito da sfatare: appena il 3% dei rom continua a viaggiare, secondo il Rapporto Conclusivo dell'indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia diffuso dalla Commissione Diritti Umani del Senato nel 2011.
Baraccopoli e magazzini. I luoghi in cui abitano i rom rientrano spesso nella definizione di baraccopoli stabilita dall'Un-Habitat delle Nazioni Unite. Gli abitati "sono spesso delimitati da recinzioni" e "videosorvegliati", si legge nel rapporto di 21 Luglio. Sono "al di fuori del tessuto urbano e distanti dai servizi primari, come scuole, ospedali e supermercati" tantoché "l'isolamento spaziale spesso si traduce in isolamento sociale". Le "condizioni igienico-sanitarie" sono "critiche" e le "unità abitative sono temporanee, solitamente bungalow, container o roulotte". Il "Best House Rom", il discusso centro di raccolta temporaneo di Roma senza luce e aria naturale in cui vivono 300 rom ormai da 2 anni, è accastato come magazzino. La segregazione sulla base dell'origine etnica, inoltre, potrebbe costare all'Italia l'ennesima procedura di infrazione da parte dell'Unione Europea.
I minori rom. Oltre il 60% dei rom presenti in Italia hanno meno di 18 anni, secondo Opera Nomadi. Di questi "almeno 15mila" sarebbero "a rischio apolidia". La condizione, cioè, di inesistenza di fatto per la burocrazia italiana, che ha ripercussioni gravissime sulla vita quotidiana: l'impossibilità di avere un pediatra o un medico di famiglia, di iscriversi a scuola, di contrarre un prestito, un mutuo, di prendere la patente di guida, di iscriversi alle liste di collocamento. Di vivere, insomma.
Un bambino ha  possibilità di laurearsi prossime allo zero. Un bambino che vive in un "campo nomadi" in Italia, secondo le stime raccolte da 21 Luglio, ha possibilità prossime allo 0 di intraprendere un percorso universitario e neanche l'1% di frequentare le scuole superiori. Tra la scuola primaria e la secondaria di primo grado abbandonano il 50% dei minori rom e sinti. Circa il 95%, invece, getta la spugna tra le medie e le superiori. Infine un bambino appartenente alle minoranze zigane ha un'aspettativa di vita di 10 anni inferiore rispetto a un collega gagè. E dire che i progetti di scolarizzazione dei rom, nel solo Comune di Roma, sono costati 3,2 milioni nell'anno solare 2014.
E tocca pure sentire quello della Lega: "Sono la feccia della società". "I rom sono la feccia della società" dice in diretta Tv l'europarlamentare della Lega Nord, Gianluca Buonanno. Un'affermazione dell'arguto deputato che ha scatenato l'applauso del pubblico di Piazza Pulita, immediatamente stigmatizzato dal conduttore Corrado Formigli. Nel 2014 altri 442 discorsi d'odio  -  calco dell'inglese hate speech  -  hanno afflitto il dibattito pubblico italiano, "di cui 204 ritenuti di particolare gravità". L'87% dei questi discorsi sono stati pronunciati da uomini politici. Ne risulta un bombardamento quotidiano da parte di alcune forze politiche contro i Rom, i Sinti e i Camminanti.
Sentimenti antizigani. Non deve stupire, allora, il triste primato risultato dal sondaggio del Pew Research Centre, secondo cui l'85% degli italiani esprime sentimenti antizigani. Per ogni Buonanno che parla c'è una folla pronta ad applaudire. Una volta acclamata, la parola, non fatica a trasformarsi in azione: da parte dell'istituzioni  -  Borgaro, provincia di Torino: un sindaco Pd e un assessore ai trasporti di Sel hanno pensato a una linea bus dedicata esclusivamente al servizio tra il campo rom e il capolinea  -  della società civile  -  "È  severamente vietato l'accesso agli zingari" recitava il cartello appeso all'ingresso dell'esercizio commerciale romano  -  e dei singoli individui, probabili autori dei numerosi incendi che hanno interessato molti "campi nomadi" nel 2014.



Salvini: i rom? Raderli al suolo
il Garantista, 09-04-2015
La campagna delle elezioni regionali della Lega può regalare a Matteo Salvini un risultato abbondantemente sopra alla soglia delle due cifre. Nei sondaggi il movimento oscilla tra il 13 al 16 per cento dei voti, un aumento sostanzialmente dovuto a un espandersi del consenso anche in regioni fino ad oggi ritenute inespugnabili.
La povertà, che ha desertificato molti dei sentimenti di solidarietà tra la popolazione più esposta dalla lunga crisi, favorisce l’attecchirsi dello slogan “prima gli italiani”, evoluzione de “padroni a casa nostra”, quando questo significava che i “buoni” padani dovevano comandare nel nord e, non i “cattivi” terroni che occupavano i posti pubblici e aumentavano la criminalità e il lassismo.
Da qualsiasi lato lo si voglia prendere il razzismo è un’arma efficacissima, quando è usata con sapienza, la giusta dose di arroganza mediatica, coccolata da schiere di intrattenitori dei talk show. Dentro il fenomeno Salvini, come sempre a torto liquidato dalla sinistra elitaria, risiedono un coacervo di calcoli elettorali e progetti politici di medio periodo, molto accorti.
Il capo della Lega sa benissimo che è altamente improbabile che diventi presidente del Consiglio, ma è consapevole che la sua destra, si può evolvere passando dalla xenofobia spicciola al nazionalismo anti imperialista europeo, per poi contribuire alla ridefinizione del campo liberista conservatore.
Per ora il Matteo da Giussano, accoglie strumentalmente i gruppi dell’estrema destra, ma che per vie scompositive e aggregative punta all’insuccesso di un nuovo soggetto moderato. Il trionfo di Sarkozy nelle recenti dipartimentali francesi, la buonissima affermazione della Le Pen, raccontano della mutazione in atto dei conservatori in tutto il continente e oltre oceano. E la campagna contro i rom, così immediata, condivisa dalla maggioranza dell’opinione pubblica è un “necessario” passaggio, cui la Lega di Salvini sa di dover utilizzare per rafforzare la sua influenza culturale.
Per cui è comprensibile che l’eurodeputato intensifichi la crociata: «Cosa farei io al posto di Alfano e di Renzi? Con un preavviso di sfratto di 6 mesi raderei al suolo i campi rom». Secondo il segretario dei padani i rom: «Come tutti gli altri cittadini, si organizzano, comprano o affittano una casa. I campi rom in Europa non esistono e hanno i diritti e i doveri di tutti i cittadini».
Sul fronte opposto gli risponde il deputato Pd Khalid Chaouki: «La questione relativa alla gestione dei rom va certamente affrontata di petto e con determinazione, a partire dalla tutela dei minori dallo sfruttamento e dalla chiusura dei vergognosi campi-ghetto, simbolo del fallimento trasversale delle politiche sui rom in questi anni soprattutto nella capitale». A ben leggere le parole di Chaouki, che respinge: «La sterile e ridicola propaganda della Lega, perché alzare i toni e alimentare un clima di odio serve sola nascondere le colpe dei veri responsabili» dentro il campo democratico si è aperta una riflessione nuova, una ammissione che le vecchie risposte non sono più sufficienti.
I numeri dicono che in Italia vi sono circa 157mila rom, di cui la gran parte italiani, che i campi hanno aggravato una situazione che in altri paesi è stata affrontata, a fronte di cifre ben più alte, con maggiore efficacia e rispetto dei minimi standard di umanità. «L’allora ministro Maroni – ricorda il deputato Pd – ha speculato politicamente senza risolvere alcunché facendo calare sulla giunta Alemanno milioni di euro in nome di una falsa emergenza rom e alimentando di fatto le casse di Mafia Capitale».
Ma che la destra strumentalizzi questi temi è risaputo, il problema è che la sinistra, che governa diffusamente negli enti locali e negli ultimi vent’anni è stata varie volte al governo, non ha saputo mettere in campo politiche adeguate. A cominciare da Roma, il diffuso malessere delle periferie, su cui si sono scaricati centri di accoglienza, campi rom e ignorate i problemi causati da una crescita abnorme dell’urbanizzazione, della mancanza di servizi e trasporti, interrogano oggi non Marino, ma la stagione di Alemanno, e pure le precedenti giunte di centro sinistra. In generale è un modello di multiculturalismo politico, evocato come unico strumento non razzista in grado di affrontare le emergenze, gestire la convivenza, promuovere l’integrazione, a uscirne sconfitto.
Salvini fonda la sua attuale fortuna politica, capace com’è di far passare in secondo piano il fatto che le due leggi che più hanno aggravato la situazione sono la Bossi Fini e la Giovanardi Fini. Per questo oggettivamente siamo in una fase politica inedita, dove la narrazione del segretario leghista sostiene che il suo partito diventerà il primo partito del centro destra alle regionali del 31 maggio, usando anche l’argomento che nelle regioni rosse: “Dal primo giugno cambierà tutto e, almeno una di queste non rimarrà tale”.
E’ possibile che si riferisca alla Liguria dove la situazione politica dentro il centro sinistra potrebbe
degenerare fino a una clamorosa sconfitta. La trasformazione della destra italiana è in pieno svolgimento e le spinte di Salvini obbligheranno anche Forza Italia, dopo una annunciata sconfitta, a ridefinire valori e parole d’ordine. Sbaglia chi pensa che le sinistre non ne saranno influenzate e, una buona dose di realismo alla Chaouki o alla Francesca Danese, assessore di Roma, posta sotto scorta perché affronta con decisione bubboni come la crisi abitativa e l’immigrazione, sarebbe bene si espandesse di più, non solo nel Pd.

 

LA SCOMMESSA MULTIETNICA
CINESI, PERUVIANI, SENEGALESI: LE COMUNITÀ MOBILITATE PER RENDERE MILANO GLOBALE
Corriere della sera, 09-04-2015
Alessandra Coppola
Archi, corse, parate, degustazioni e digiuni. Il mondo che arriva a Milano per Expo trova i «comitati di benvenuto» più vari, organizzati dal mondo che a Milano c`è già. L'Orim, Osservatorio regionale per l`integrazione e la multietnicità, anticipa al «Corriere» i dati che saranno nel prossimo rapporto: 284 mila stranieri solo in città (al primo luglio 2014), 517 mila nell`area della vecchia provincia. Su 1,3 milioni di persone, un quinto viene da lontano. Senza contare chi ha un`altra origine, ma ha acquisito la cittadinanza italiana, o i figli dei migranti che mediano tra più culture.
Filippini, soprattutto, egiziani, cinesi, peruviani, srilankesi, ecuadoriani, romeni, ucraini: l`Istat elenca 159 nazionalità, dalle più numerose fino a due donne delle Barbados, due uomini del Mozambico, un rappresentante del Lesotho, una signora dello Swaziland. Miscelati tutti assieme, danno l`idea di una metropoli che è un pianeta. E che ha molte risorse per accogliere i milioni di visitatori attesi per l`Esposizione universale.
Se il Comune darà il via libera definitivo, segni visibili del carattere internazionale della città saranno i paifang, gli archi tradizionali che dovrebbero essere costruiti, nelle previsioni, entro la prima settimana di giugno, a delimitare la Chinatown milanese. Preoccupati i residenti, per l`8o per cento «autoctoni», alle prese con raccolte di firme contro il «rischio ghetto». Le associazioni che hanno promosso il progetto e che sono pronte a finanziarlo sottolineano, invece, che i paifang rossi in stile San Francisco «riconoscono l`importanza di una diversità culturale - parole di Francesco Wu, presidente dell`Uniic, l`Unione dei giovani imprenditori italo-cinesi - che fa parte della storia cittadina».
L`insediamento dallo Zhejiang alla zona di Sarpi, Canonica, Rosmini è uno dei più antichi d`Europa, risale ai primi del Novecento. E il quartiere oggi, ragiona Wu, è il risultato di questa mescolanza secolare. «Del resto anche a Londra o ad Amsterdam le Chinatown non sono abitate in maggioranza da cinesi, ma sono aree miste».
Tra le comunità storiche, si
faranno vedere senza dubbio all`Esposizione anche gli habesha, i milanesi originari del Corno d`Africa. In particolare, la rappresentanza diplomatica di Addis Abeba sta studiando iniziative sul tema del caffè: bevanda universale, protagonista di uno dei cluster di Expo e originaria esattamente dell`Etiopia.
I peruviani si concentreranno invece sulla quinoa. In particolare, spiega César Aliaga dell`associazione Korichanca, «sulla mescolanza e l`innovazione» a partire da questa pianta tradizionale. Il contributo della comunità, però, non si limiterà al cibo (benché in America Latina il Perù vanti la gastronomia più prelibata). In collaborazione con il consolato di Lima, l`associazione sta preparando un progetto «sulle donne - continua Aliaga -: non tanto sul tema della violenza, quanto sul modello femminile, sulla bellezza combattiva delle donne». E pure una gara sportiva: una corsa, i cui dettagli sono da definire, e che si svolgerà nei primi giorni dell`Expo.
Confermata la ormai classica parata per il giorno dell`indipendenza dell`Ecuador, lungo corso Venezia. Danze, carri, musica e quest`anno un`edizione speciale che cade nel mezzo del semestre Expo, il 10 agosto (probabilmente anticipata alla domenica 9). I senegalesi che fanno capo all`associazione Sunugal lavoreranno in collaborazione con il padiglione francese. Laboratori, scambi tra scuole, conferenze, concerti e in particolare il progetto «Adotta un albero», con l`obiettivo di arrivare a piantare nel Paese africano un frutteto di un milione di piante entro il 2015.
Non tutti gli stranieri a Milano si muoveranno per comunità, però. Molte sono disgregate o non hanno solidi punti di riferimento. Spesso è più forte un legame trasversale. Com`è nel caso dei musulmani milanesi. Sfumata la speranza di costruire una grande moschea entro il primo maggio, il Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche) sta preparando per i visitatori religiosi una guida ai luoghi di culto.
E soprattutto sta studiando, in vista del mese sacro di Ramadan, che quest`anno cade tra metà giugno e metà luglio, dei momenti collettivi di rottura del digiuno. Che in un evento dedicato al cibo non è di secondaria importanza.
terrastraniera



Dai monumenti alle partite I nuovi italiani fanno da guida
Mediatori culturali scelti tra le seconde generazioni
Corriere della sera, 09-04-2015
Alessandra Coppola
Benvenuti in quaranta lingue diverse. Dal bulgaro all`aramaico, dal coreano all`urdu. Viola Banaj, 27 anni, lo dice in albanese e poi ovviamente in inglese e francese. L`italiano l`ha imparato da bambina. «Me l`ha insegnato a Tirana mio zio». Poi a scuola è diventato fluente: «Mi serviva anche per aiutare i miei genitori», partiti per l`Italia più adulti, mamma badante, papà carpentiere in Lunigiana. Superiori in Toscana, università a Milano, oggi Viola è una dei 3o8 «nuovi italiani» che parteciperanno all`Esposizione universale da «mediatori culturali».
L'idea è venuta a Orsola Mallozzi ed Elena Bulgarelli, che a partire dall`impresa Positiv@mente, dedicata alla promozione del territorio, hanno sviluppato il progetto «ExpoTour2m5»: un servizio di accompagnamento dalla Fiera al centro, dai musei alle vie dello shopping, dai trasporti alla ristorazione. Per questa missione, che va oltre le capacità linguistiche (ed è questa la novità) sono stati assoldati italiani di origini diverse, tra i 21 e i 50 anni. Per la gran parte, seconde generazioni «nate o cresciute in Italia - spiegano le organizzatrici - ma rappresentanti anche della cultura dell`ospite».
Ying Huang, 35 anni, arrivata bambina dallo Zhejiang, sa che cosa potrebbero desiderare i (milioni) di visitatori attesi dalla Cina. «Se sono alla prima esperienza in Italia, saranno curiosi di tutto». Dal caffè espresso, alla colazione che è dolce (e non salata come in Oriente). Con loro si comincerà dai fondamentali: piazza Duomo e via Monte Napoleone. «Ma è sempre più frequente - aggiunge Ying - che arrivino viaggiatori esperti. Allora si studiano dei percorsi tematici. Dalle ville private ai musei minori: sono clienti più sofisticati». E non è escluso che vogliano uscire anche dallo schema classico arte/ moda: «Di Milano molti conoscono anche le squadre di calcio e desiderano visitare lo stadio San Siro. Oppure chiedono di assistere a una rappresentazione al Teatro alla Scala, privilegiando il balletto, adatto anche ai bambini».
La ricchezza di ExpoTour per le creatrici è questa: «Non solo turisti. La figura a cui proponiamo il servizio è anche quella del professionista, dell`azienda o della delegazione in Italia per motivi di business». I mediatori selezionati, allora, non sono solo delle guide né degli interpreti. Ma hanno formazioni più complesse. Viola Banaj ha frequentato il conservatorio a Tirana, sta completando la specializzazione in Scienze internazionali alla Statale di Milano, ha lavorato come direttrice didattica in istituti scolastici albanesi in Italia e per mantenersi agli studi si è impiegata anche nel settore delle assicurazioni.
Ying Huang è laureata in Economia aziendale alla Bocconi e ha lavorato per società con interessi sui mercati asiatici. «Tra i nostri mediatori - continuano le fondatrici - compaiono profili professionali altamente qualificati e specializzati nelle relazioni commerciali». O comunque eclettici, aperti. Madkour Mohammed, 34 anni, nato in zona Navigli da genitori egiziani, ha accento milanese ma parla un arabo impeccabile: «Finché non sono andato all`asilo è stata la mia unica lingua, poi si è sovrapposto l'italiano".
Ma i rapporti con le origini non li ha persi: «Andavo in Egitto almeno una volta l`anno», a trovare i nonni. Geometra, a lungo ha lavorato in un`azienda edile. Poi dal 2010 ha cominciato a guardare oltre, organizzazione di eventi, allestimenti. Un`amica gli ha parlato di questo progetto, ha partecipato alle selezioni, è stato scelto.
Si comincia ufficialmente a breve, il 18 aprile, con un portale (expotour2015.com) in 15 lingue: da lì i visitatori interessati potranno scegliere accompagnatori e servizi, e «nutrire» il blog «Feeding the Culture» con consigli e contributi sul tema dell`intercultura. L`ambizione è rodarsi con Expo. Ma anche «restare e crescere dopo il 31 ottobre - dicono - con la possibilità di aprirsi ad altre città italiane».



Nessuno grida sono #OumarDansoko
L'Huffington Post, 09-04-2015
Flore Murard-Yovanovitch Diventa fan
Scrittrice, blogger, giornalista
Il suo nome, Oumar Dansoko, non vi dirà nulla (molto meglio ripetere in loop Andreas Lubitz). Il 2 aprile scorso Oumar Dansoko, richiedente asilo di 25 anni di nazionalità Guineana si è immolato a Bruxelles nella sede di Fedasil, l'Agenzia Federale per l'accoglienza dei richiedenti asilo. Aveva presentato la sua domanda di asilo nel 2008. Si è recato all'Ufficio immigrazione per stranieri intorno alle 11. È andato in bagno, si è cosparso di benzina e si è dato fuoco nell'Ufficio per stranieri. Luogo simbolico. L'indomani, il 3 aprile Oumar Dansoko è deceduto.
Era un richiedente asilo, avrebbe dovuto essere protetto dalla Convenzione di Ginevra, ma la sua domanda era stata rigettata ed era ormai senz'appello. Nessun articolo ne parla, nessun scalpore, siamo assuefatti al dolore degli altri. Gli altri possono darsi fuoco l'anima in pace, cospargersi di benzina nel cuore dell'Europa e dell'indifferenza, gli altri possono morire per un timbro su un pezzo di carta che aspettano da anni e che proprio questa attesa senza speranza ormai - questa negazione dovremmo scrivere - hanno fatto impazzire. Gli altri possono vivere con la paura quotidiana in pancia, di venire arrestati, espulsi, fatti salire in un aereo, rimpatriati, rimandati al mittente. Gli altri possono sentirsi così vulnerabili, stanchi, calpestati, emarginati... gli altri possono immolarsi.
Gli altri possono impiccarsi nelle celle di detenzione per stranieri. Un uomo di nazionalità marocchina (non si sa il suo nome) che era rinchiuso nel centro di detenzione di Merksplas da due mesi è stato trovato morto lo stesso giorno, il 2 aprile, nel blocco n°4. Si è impiccato. Dopo 16 anni in Belgio gli avevano annunciato la sua prossima espulsione. Il luogo è altamente simbolico, dei centri di detenzione razziale per solo stranieri. Un altro morto di Stato, come nei nostri Cie, dove la lista di suicidi e abusi è lunga.
"Notre monde est malade. Il ne veut pas du monde. Il veut la fin du monde. C'est une géographie d'hystérie que n'éclairent plus les allumettes des opprimés. On tourne en rond. Le cercle est vicieux", scrive il Collettivo dei Sans Papiers di Bruxelles su Facebook. "Il nostro mondo è malato. Non vuole il mondo. Vuole la fine del mondo. È una geografia dell'isteria, che i fiammiferi degli oppressi non riescono più ad illuminare. Giriamo su noi stessi. Il circolo è vizioso".
Stesso grido silenzioso, che non raggiungerà né l'Ufficio immigrazione, né noi. Rivolte silenziose, per questioni legate quasi sempre ai terribili documenti, spada di Damocle che pesa su tutte queste persone. Vittime di non accoglienza, di non integrazione; rese non persone autonome, oggetti da rispedire. Il malessere totale dell'estrema precarietà in Europa e dell'insopportabile rimpatrio coatto. Colpevole, la burocrazia che procura pura disperazione.
Nel cuore della stupenda civiltà europea, gli immigrati vanno a fuoco o s'impiccano in silenzio, nell'indifferente anestesia generale, resi meri corpi da una cultura razzista che non li vuole e viola il diritto d'asilo.

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