Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

30 aprile 2014

Il Viminale: "Oltre 800mila migranti verso l'Europa, il sistema è al collasso"
Il direttore centrale della polizia delle frontiere, Giovanni Pinto: "Quasi un milione di persone pronte a partire dall'Africa. Nel 2014 sono già sbarcati in 25mila. Non abbiamo più luoghi dove portarli". Poi il dietrofront: "Nessun allarme, situazione sotto controllo". Forza Italia e Lega: "Stop all'operazione Mare Nostrum"
la Repubblica.it, 30-04-2014    
ROMA - "Ci sono 800mila persone, se non di più, pronte a partire dall'Africa verso l'Europa". E' l'allarme lanciato dal direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, Giovanni Pinto, oggi in audizione dalle commissioni Difesa ed Esteri riunite del Senato. "Il sistema di accoglienza per i migranti", ha aggiunto Pinto, "è al collasso, non abbiamo più luoghi dove portarli e le popolazioni locali sono indispettite dal continuo arrivo di stranieri".
"Come durante la Primavera Araba". Secondo la disamina di Pinto, nel 2014 sono arrivati via mare 25mila migranti, più della metà di quelli giunti nell'intero 2013, quando furono 43mila. Di questi, il 90 per cento è partito dalla Libia. I numeri, ha aggiunto Pinto, "sono in linea con quelli del 2011, l'anno delle cosiddette primavere arabe, quando arrivarono 63mila migranti. Il Viminale sta pensando ad un piano di accoglienza per 50 mila migranti, perchè i 16 mila posti dello Sprar (il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) non sono sufficienti".
"Servono altri fondi". "L'operazione 'Mare nostrum' ha dato risultati eccellenti", ha detto Pinto, "ma ha anche incrementato le partenze dalla Libia". "Quelli sostenuti per l'operazione Mare Nostrum, per i voli di trasferimento interno e per i voli di rimpatrio dei migranti sono costi complessivamente significativi", ha continuato Pinto, "ogni mese di pattugliamento costa 9 milioni e mezzo di euro. A questa somma vanno aggiunti, per il solo 2014, 1,27 milioni per i 31 voli charter di rimpatrio: 21 per l'Egitto, 8 per la Tunisia e 2 per la Nigeria. Altri 2,5 milioni - ha ricordato Pinto - sono serviti per i voli di trasferimento interno dei migranti verso le varie località di destinazione. Questa ultima voce è stata coperta da finanziamenti europei, ma ora servono altri fondi".
Exit strategy da Mare Nostrum. Dopo la tragedia del 3 ottobre a Lampedusa, ha ricordato Pinto, "non abbiano più morti e questo è un dato oggettivo. Meglio gli arrivati che i morti, anche se un così massiccio arrivo di persone crea problemi. Mare Nostrum ha svolto un'operazione di drenaggio delle partenze, raccogliendo finora 23mila persone". Secondo Pinto, serve "una exit strategy da Mare Nostrum. La Commissione europea - ha sottolineato - deve mettersi le mani in tasca e dare risorse".
L'allarme di Alfano. La stima di Pinto supera, e di gran lunga, quella dello stesso titolare del Viminale, il ministro dell'Interno Angelino Alfano, che poco meno di un mese fa aveva lanciato un simile allarme: "Secondo le nostre informazioni, in Nordafrica ci sono tra 300 e 600mila persone in attesa di transitare nel Mediterraneo. Si tratta di persone che molto spesso finiscono nelle mani di trafficanti di morte, trafficanti di esseri umani". "Noi ci batteremo perché l'Europa difenda le frontiere"; aveva aggiunto Alfano, "lo strumento c'è, si chiama Frontex, va potenziato. Se non si difende la frontiera non si risolve il problema degli sbarchi".
Fi e Lega contro Mare Nostrum. Durissima la reazione del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri: "E' pazzesco. Sarebbero pronti a partire 800mila clandestini, ben oltre a quelli che aveva annunciato giorni fa Alfano. Una vera e propria invasione che non siamo in grado di gestire. Quanto affermato dal Viminale è scioccante". E il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: "La Lega è pronta a denunciare Renzi e Alfano, perché non stanno facendo niente per fermare l'invasione. Quante malattie stanno tornando in Italia? Ora referendum per reintrodurre il reato di immigrazione clandestina". Critico anche il centrista Pier Ferdinando Casini: "Mare nostrum ha salvato molte vite umane, ma cosi' com'e' non può continuare".
Il dietrofront di Pinto. Dopo le polemiche scatenate dalla sua audizione, il direttore centrale dell'immigrazione Pinto ha poi però fatto una parziale marcia indietro: "Tra i 600mila e gli 800mila sono in Libia, ma non è detto che siano pronti a partire. E poi vorrei assicurare tutti che la situazione è assolutamente sotto controllo. La situazione è complessa, ma stiamo gestendo tutto con la massima tranquillità e non c'è nessuna situazione di allarme".
Minniti: "Mare Nostrum sia europeo". “Il dato degli 800mila migranti che premono alle frontiere meridionali dell’Europa”, ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, Marco Minniti, intervenendo al forum organizzato da Repubblica.it, “non può essere strumentalizzato a fini elettorali. Esprime una realtà con cui non solo l’Italia ma l’intera Europa deve confrontarsi. E’ vero, siamo in presenza di un esodo biblico", ha continuato Minniti, "che deve però affrontato con equilibrio e intelligenza. Non con facili slogan che agiscono sull’emotività della gente, sulla paura, sugli egoismi”.
“Noi”, ha concluso Minniti, “ci assumiamo la nostra responsabilità. Ma è chiaro che così non si può andare avanti. Nel prossimo Consiglio europeo, che si terrà a giugno, l’Italia proporrà che la missione 'Mare
Nostrum' diventi internazionale. Ma sosterremo anche che le Nazioni unite dovranno farsi carico del futuro assetto della Libia. E’ stata l’Onu a decretare con una risoluzione la fine del conflitto che ha portato alla caduta di Gheddafi. Senza una Libia sicura e democratica non riusciremo mai a regolamentare questo flusso di immigrati".



Allarme immigrati. 800mila in arrivo Nei Cie solo 6 mesi
Due emendamenti del governo alla legge comunitaria riducono la permanenza nei Centri
Il Viminale: «Sistema di accoglienza al collasso»
25 mila sbarchi solo da gennaio
l'Unità, 30-04-2014
Claudia Fusani
Gli allarmi sono ormai quotidiani. I numeri dicono tutto: 25 mila sbarchi dall’inizio dell’anno (11 mila in tutto il 2013) e a fine 2014 saremo ben oltre i 61 mila sbarcati nel 2011 sull’onda eccezionale della Primavera araba. Quello alle coste siciliane è ormai un vero e proprio assalto di fronte al quale l’Europa si gira dall’altra parte. Ed è fondato l’allarme di Giovanni Pinto, il direttore centrale dell’Immigrazione e della polizia di frontiera presso il ministero dell’Interno. «Il sistema di accoglienza è ormai al collasso e nei paesi da dove arrivano i flussi, a cominciare dalla Libia, non esistono più interlocutori » ha detto ieri in audizione al Senato davanti alle Commissioni Esteri e Difesa facendo il punto sull’Operazione Mare Nostrum, sistema di controllo e salvataggio nato dopo i 600 morti nel canale di Sicilia nell’ottobre 2013 e che ci costa la bellezza di 300 mila euro al giorno. Sono venute fuori analisi («Mare Nostrum ha incrementato le partenze dalle coste africane») e numeri («800 mila persone in partenza dall’Africa all’Italia») che hanno buttato altra benzina sul fuoco acceso da settimane, soprattutto da Lega e Forza Italia, contro Alfano, il Viminale e la politica dell’immigrazione.
L’allarme immigrazione è diventato così, purtroppo, pane da campagna elettorale. Il governo non si fa prendere alla sprovvista. Sul tavolo infatti ha già pronti un paio di provvedimenti destinati a far discutere e che avranno almeno il merito di mettere ordine in un altro luogo di offesa e di spreco che sono i Centri di identificazione ed espulsione.
Il ministro Alfano ha provveduto ad infilare due emendamenti nel testo della legge Comunitaria che sta per arrivare in aula alla Camera nei prossimi giorni. Il primo emendamento impone che l’identificazione debba avvenire già in carcere. Sembrerà assurdo ma è proprio così: le strutture carcerarie non possono procedere con l’identificazione del clandestino fermato e portato in cella. L’emendamento corregge questa mostruosità burocratica e cerca di accorciare i tempi. Il secondo emendamento al testo della legge comunitaria è quello che scotta. Prevede infatti che i tempi di trattenimento nei Cie non possono più essere «fino a 18 mesi» ma «al massimo 5/6 mesi». Il governo comunque è pronto ad intervenire anche con un decreto per accelerare questa parte. Magari integrandola con altre decisioni prese con il ministero della Giustizia dove, ad esempio, si lavora per rimpatriare i carcerati comunitari. Solo i rumeni sono 3-4 mila unità. Allarme immigrazione e allarme carceri sono, spesso, due facce della stessa medaglia.
La decisione di ridurre di due terzi i tempi di permanenza nei Cie è stata presa per più motivi. «È dimostrato - si spiega al Viminale - che dopo i primi tre, quattro mesi la possibilità di identificare un soggetto è quasi pari a zero. Poiché a quel punto è inutile, probabilmente ingiusto (i più sono persone che vogliono transitare verso altri Paesi, ndr) e anche dannoso e costoso tenerli chiusi nei Cie, tanto vale liberarli ». Su dodici Cie, sette sono praticamente chiusi per devastazione, distrutti dalle rivolte dei clandestini.
L’idea di limitare a sei mesi la permanenza nei Cie era nata qualche mese in un’ottica di spending review. Al netto di qualche scandalo, per i Cie sono stati stanziati 236 milioni di euro per il 2013 (66 milioni in più rispetto al 2012), 220 per il 2014 e 178 per il 2015. La riduzione dei tempi potrebbe come minimo dimezzare la spesa.
Poi c’è Mare Nostrum, sistema di navi della Marina pronte a partire non appena i radar segnalano la presenza di imbarcazioni al largo nel canale di Sicilia. Costa 300 mila al giorno, circa 100 milioni l’anno. Ieri la parole di Pinto sono state usate, tirate e stiracchiate, campagna elettorale purtroppo. Il senso di quello che ha detto era emerso anche lunedì mattina nel vertice sull’immigrazione voluto dal premier Renzi a palazzo Chigi. Non c’è dubbio che Mare Nostrum sia «anche un pull factor dell’immigrazione, un elemento cioè che favorisce i flussi dei disperati in partenza dall’Africa». Scafisti e trafficanti di clandestini (207 arrestati dall’inizio dell’anno) è chiaro che partono volentieri sapendo che basta uscire dalle acque territoriali e c’è qualcuno che ti viene a prendere. La prova sono, racconta una qualificata fonte del Viminale, «le tante imbarcazioni che vengono trovate in mare senza chiglia. Non nelle condizioni cioè di fare la traversata ma perfettamente in grado di accompagnare i disperati che pagano 5-6 mila euro in contanti fino al punto di raccolta delle navi di Mare nostrum». Di opinione diversa la Marina che invece sostiene «il valore umanitario dell’operazione». Le due cose probabilmente non sono in contrasto.
Il sistema di accoglienza nazionale comunque è allo stremo. «Non abbiamo più luoghi dove portare i migranti e le popolazioni locali, non solo quelle siciliane, non ne possono più di questi continui che condizionano anche le attività ordinarie». Un esodo biblico da guerre, carestie, epidemie. Palazzo Chigi ha riunito la conferenza stato- Regioni per distribuire i flussi. Ma è chiaro che non può bastare. Il sottosegretario con delega ai servizi Marco Minniti chiede l’intervento dell’Europa. «L’Italia - dice - non può più farcela da sola, così non si può andare avanti ».



Migranti, allarme del Viminale: 800mila in arrivo
Il Messaggero, 30-04-2014
Sara Menafra  
ROMA- Ottocentomila persone, provenienti dall'Africa subsahariana, sono in Libia in attesa di lasciare il continente. Se vogliano imbarcarsi per attraversare il Mediterraneo, oppure no, nessuno lo sa con precisione e molto dipenderà dalla situazione del governo di Tripoli. A Roma, però, fanno discutere le dichiarazioni del direttore centrale dell'Immigrazione e della polizia delle frontiere che ieri mattina, davanti aile commissioni Difesa ed Esteri del Senato, ha descritto prima gli 800mila come pronti a lasciare rapidamente l'Africa, ma poi ha precisato: «Tra i 600mila e gli 800mila sono in Libia, ma non è detto che siano pronti a partire. E poi vorrei assicurare tutti che la situazione è assolutamente sotto controllo. Stiamo gestendo con la massima tranquillità e non c'è nessuna situazione d'allarme».
A prescindere dalle stime sulle partenze, la Libia rimane una polveriera. Lo stesso Pinto, nel corso dell'audizione, ha descritto un contesto esplosivo. «Attraverso la Libia - aveva detto - giunge l'universo mondo. In quel paese c'è la percezione di assoluta mancanza di controllo e rischiamo in prospettiva di vedere aumentare sensibilmente il numero di clandestini. In Libia non c'è un primo ministro, non c'è alcuna compagine governativa. Ci sono clan, due in questo momento, che hanno il controllo".
IL DIALOGO CON TRIPOLI
Insomma, il vero problema per l'Italia a questo punto è la mancanza di dialogo con Tripoli: «Non abbiamo di fronte - ha spie- gato il prefetto - un governo con cui instaurare una dialettica, mancano interlocutori, possiamo dare tutti gli aiuti che vogliono, ma poi potrebbero essere usati in maniera negativa, non per le finalità stabilite». Intanto, i numeri degli arrivi sono in aumento costante e il Viminale punta ad individuare il prima possibile nuovi alloggi: nei prossimi mesi dovranno essere trovati altri 50mila posti «perché i 16mila alloggi dello Sprar (il sistema di protezione per i rifugiati coordinato dall'Anci, ndr) non sono sufficienti», ha aggiunto Pinto.
Le valutazioni arrivate dal ministero degli Interni hanno riaperto le polemiche sulla missione di salvataggio Mare nostrum. Alla fine dell'audizione, il presidente della stessa commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, è stato tra i primi a chiedere di interrompere l'operazione: «Mare nostrum ha salvato molte vite umane, ma cosi com e non può continuare. C'è bisogno di mettere a registro l'intera operazione perché corriamo il rischio di non riuscire a reggere l'impatto dei nuovi flussi migratori». Contrario a proseguire con i soccorsi il governatore della Regione Lombardia Roberto Maroni: «Il governo intervenga immediatamente per fermare l'operazione Mare nostrum. Il direttore dell'Immigrazione ha detto che con questa missione sono aumentate le partenze dalla Libia. Cosa aspetta ora il governo a fermare questa operazione o a modificarla?». Più che interrompere la missione, però, il governo punta a farla diventare un impegno europeo. Lo dice il premier Renzi. E lo ri- badisce Marco Minniti, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica: «L'Italia in questa partita non può farcela da sola. Ci assumiamo le nostre responsabilità ma cosi non si può andare avanti. La prima questione è parlarne al consiglio europeo di giugno. Mare Nostrum deve diventare una missione europea, internazionale».



I disperati che arrivano dalle rivoluzioni fallite
l'Unità, 30-04-2014
Umberto De Giovannangeli
NON BASTA DARE I NUMERI, PERALTRO TUTTI DA VERIFICARE. NON È ACCETTABILE parlare genericamente di immigrati, quando quell’umanità sofferente ha un altro status da rivendicare: quello di richiedenti asilo. L’allarme lanciato dal Viminale su una nuova, enorme, ondata di migranti in rotta verso l’Europa, va tradotto in politica e non relegato a problema di ordine pubblico. Va tradotto in politica e nell’ammissione di un fallimento che investe l’Europa nel suo insieme e i Paesi euromediterranei in particolare.
Da tempo i segnali che giungono dai Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, come dal devastato Corno d’Africa, avrebbero dovuto determinare nelle cancellerie europee uno scatto di responsabilità e un’azione condivisa. Così non è stato. Non lo è stato per la Libia del dopo-Gheddafi, non lo è stato per la martoriata Siria, distrutta da oltre tre anni di guerra che ha trasformato il popolo siriano in un popolo di sfollati (oltre 5 milioni). Al di là delle dichiarazioni formali, rimaste sulla carta, nei fatti l’Europa ha continuato a guardare alle frontiere Sud non come un luogo di cooperazione e di interscambio, ma come un luogo da presidiare, in armi, perché quei Paesi in guerra potevano essere la base di una «invasione» di migranti.
Libia, Egitto, Siria, Tunisia, Somalia, Nigeria, Sud Sudan...Da questi Paesi milioni di persone cercano di fuggire, non per garantirsi una vita più agiata, ma per salvare la vita. Una vita messa in discussione da pulizie etniche, da conflitti «dimenticati» ma sempre più sanguinosi (Sud Sudan), dall’avidità senza freni di organizzazioni di trafficanti d’uomini che calcolano una vita in dollari, prendere o lasciare. L’epicentro di questa tragedia è il Mediterraneo. Un mare trasformatosi in tomba per migliaia e migliaia di disperati che hanno perso la vita nel momento in cui hanno messo i piedi in una delle tante carrette del mare inabissatesi. La Libia è l’emblema di una stabilizzazione inesistente. Un Paese in mano ad oltre 350 gruppi armati, alcuni dei quali autoproclamatisi «governo» (in Cirenaica). La Libia è a un passo da casa nostra. Un passo tragico per tanta, troppa gente. La Libia del post-Gheddafi è un Paese ingovernato e ingovernabile, in balia di mercenari, trafficanti di esseri umani, miliziani qaedisti... Da questo inferno cercano di fuggire in migliaia. Parte di quel popolo di richiedenti asilo che ingrossa ogni giorno le proprie fila in altri Paesi devastati dalla guerra. Paesi lasciati in balia di dittatori senza scrupoli, di oligarchie che hanno ingrossato i propri conti in banca sulla pelle, e non è una metafora, di milioni di diseredati. La politica ha abdicato. La diplomazia ha fallito.
Di fronte a questa bancarotta il minimo che si deve alle vittime di questa débâcle è quelle di trattarle per ciò che sono, riconoscendone la storia, dando ad esse la dignità dovuta, e concedendo asilo. Non siamo di fronte a un cataclisma naturale. Siamo alle prese con rivoluzioni fallite, fatte fallire. L’Europa non l’ha fatto. Così come ha assistito inerme allo sfiorire delle Primavere arabe, sostituite da restaurazioni in divisa (militare) o da teocrazie islamiste. Cooperazione è rimasta una parola vuota, nel migliore dei casi è stata evocata con sincerità ma mai praticata come si sarebbe dovuto fare. E farlo non in nome di valori che pure dovrebbero far parte di una civiltà dei diritti e della cittadinanza che ha rappresentato il meglio dell’Europa; solidarietà, giustizia, inclusività...La ragione meno poetica, ma molto concreta, per la quale l’Europa dovrebbe attivare finalmente politiche di sostegno nei Paesi del Sud del Mediterraneo, è perché è nel nostro interesse. Perché dare soluzione ai conflitti che agitano quella parte di mondo significa dare una motivazione a milioni di persone per restare nelle loro città, per scommettere su una vita possibile, non solo migliore. La crisi libica, la guerra siriana, la restaurazione egiziana, non sono capitoli della politica estera di una cancelleria europea. Sono, soprattutto per Paesi frontalieri come l’Italia, parte della propria politica interna. Perché non esistono barriere, muri, mari militarizzati che possono fermare l’esodo biblico di una umanità sofferente che non ha più nulla da perdere. Di questa sofferenza, l’Europa è parte. Responsabile, anche se non lo ammette.



Allarme migranti, parole come chiodi
Avvenire, 30-04-2014
Marco Tarquinio
Le parole sono pietre. E a volte diventano chiodi. Per questo bisogna stare attenti a come si parla, soprattutto in questo clima elettorale furente e spesso superficiale. I politici che cercano di eccitare paure xenofobe e di travestire di nuovo in pura questione di sicurezza l’emergenza umanitaria dei migranti raccolti sulle coste del Nord Africa e, con loro e tra loro, i soloni che sparano a zero contro le navi dell’operazione “Mare Nostrum” sappiano che stanno dichiarando di voler inchiodare alle loro croci migliaia di disperati. Sono croci pesanti. Croci di mare e di sabbia, croci di ingiustizia, croci di guerra, croci di indifferenza. Tanti italiani ascoltano e capiscono. Anche in Europa c’è chi sa ascoltare e capire, non solo giudicare da lontano. Pure loro, se ne sono capaci, si ascoltino bene. E se proprio non riescono a capire, si ricordino di Lampedusa.



"Ottocentomila migranti pronti a partire dalla Libia"
la Repubblica, 30-04-2014
ALBERTO CUSTODERO
ROMA. «L'operazione mare nostrum ha dato risultati eccellenti,anche se ha incrementato le partenze dalla Libia. Ci sono 800mila persone pronte a partire dall'Africa verso l'Europa». Lo ha detto il direttore dell'Immigrazione del ministero dell'Interno, Giovanni Pinto, alle commissioni Difesa ed Esteri del Senato. «Il sistema di accoglienza è al collasso — ha aggiuno— non abbiamo più luoghi dove portarli. E le popolazioni sono indispettite dall 'arrivo di stranieri». Nel 2014 na aggiunto, sono arrivati via mare 25mila migranti, più della metà di quelli del 2013, quando furono 43mila. Il 90% è partito dalla Libia. Pinto ha poi tentato di ridimensionare l'allarme suscitato dalle sue parole. «Non è detto che gli 800mila in Libia siano pronti a partire. La situazione è sotto controllo». Una retromarcia, però, risultata vana: le sue dichiarazioni hanno suscitato un vespaio di polemiche nel mondo politico dai partiti di governo e di opposizione. Sul tema è intervenuto lo stesso premier a Porta a Porta: «I toni utilizzati sull'immigrazione — ha detto — mi colpiscono molto perché improntati alla superficialità». «Anche per colpa nostra — ha ammesso Matteo Renzi — di come è stata presentata la notizia degli sbarchi da parte del governo con valutazioni suonate allarmistiche».
«Mare nostrum — ha precisato il sottosegretario con delega all'intelligence, Marco Minniti intervistato a Repubblica tv da Daniele Mastrogiacomo — deve diventare una missione europea e internazionale. Dall'Africa c'è un esodo biblico da affrontare con intelligenza, l'Italia non può farcela da sola, cosi non si può andare avanti». «Quando nell' ottobre scorso sono morte 300 persone — ha ricordato Minniti— abbiamo fatto la missione per salvare vite ed arrestare scafisti. La maggior parte delle persone scappa da situazioni di guerra e molte ottengono l'asilo politico. Serve un'assunzione di responsabilità dell'Europa nel Mediterraneo». «Dobbiamo —ha aggiunto— stabilizzare la Libia, da cui parte oltre il 90% dei migranti. Se in Libia c'è una sicurezza adeguata,la prima accoglienza si fa li e può farla l'Unhcr».



Attento Renzi: su profughi e immigrazione non è più tempo di soluzioni camouflage
L'Huffington Post, 30-04-2014
Maurizio Guandalini
Entrano i profughi in Italia. A migliaia. I campi di accoglienza sono dei colabrodo. Molti entrano e poi, senza tanta fatica, se ne vanno. Chissà dove. Nessuno lo sa. La fase più complessa è quella dello smistamento. Li mandano, in tutta Italia, nei comuni capoluogo, la patata passa in mano ai prefetti che chiedono ai comuni, delle diverse province, l'ospitalità. Come e fino a quando nessuno lo capisce. Tutto è lasciato un al caso.
Approntano in alcuni edifici, dalle caserme alle palestre, la prima accoglienza e quindi parte la girandola delle richieste di disponibilità dei comuni. C'è molta ritrosia, legittima, perché sono delle soluzioni precarie, una tantum, alle quali basta poco per trasformarsi in una semper, e i soldi per sostenerle non ci sono. Nel frattempo le prefetture fanno, come possono, anche degli accordi con dei residence, degli hotel per ospitarli, chissà fino a quando: la diaria giornaliera a persona è di 30 euro, non sufficiente a coprire l'intero costo dell'ospitalità.
Questo è il copione della nostra accoglienza che ha un buco grande come un casa, perché tutta lasciata al caso, alla spontaneità, all'assenza di coordinamento con l'Europa. Fino a quando si potrà andare avanti così? Sono due ambiti distinti, ma nell'immaginario collettivo, la gente, è toccata da un precedente, che è violenza di ritorno, generata, in buona parte, dall'incapacità di fare leggi e provvedimenti per l'immigrazione clandestina. Basta andare nei comuni per toccare con mano la questione sicurezza e come i programmi elettorali amministrativi abbiano tutti al primo posto il tema della vigilanza.
È evidente che c'è indecisione e si vagheggia il nulla, con le forze dell'ordine che sono le prime ad alzare le braccia. Solitudine totale solitudine.
Si zufolano pistolotti morali sull'accoglienza, sul valore di operazioni come Mare Nostrum, ma sono slogan che muoiono all'istante sotto la spinta lieve dell'assenza di un progetto, di una idea, di come le cose potrebbero aggiustarsi per il meglio. Si lascia al caso. E chi obietta che la situazione non ha né capo né coda passa per 'razzista' o 'leghista' o 'lepenista' a seconda dei punti di osservazione.
Questo Paese deve riappropriarsi del metodo di discussione su questioni complesse, senza cadere in facili format pietisti o assistenze caritatevoli. Fa bene la Chiesa fare appelli all'accoglienza e tutta la filiera di rito, ma la Chiesa non ha i compiti della politica e nemmeno di uno Stato laico. I Vescovi nelle loro province possono fare molto: ad esempio, perché no, aprire le tante case vacanze di loro proprietà, sparse un po' ovunque, dando loro, il primo abbraccio misericordioso a chi è arrivato in Italia da profugo. Il politico deve guardare al dopo, sul che fare. Come organizzare l'accoglienza. Dove trovare i fondi. Fino a quando tenerli ospiti. Immaginare se è possibile trovare un lavoro. Una casa.
L'Italia, anche se per cifre tendenzialmente basse, rispetto ad altri paesi, non è stata in grado a fare una legge potente sull'immigrazione (anche clandestina). Si è arrabattata. Ancora oggi è così. La trafila è la stessa che sta interessando i profughi in entrata: i clandestini entrano in Italia, poi ad un certo punto la macchia, non si sa dove sono e cosa fanno. Tanti, si abbandonano alla criminalità, professione dove non è richiesta alcuna carta di identità.
In tanti paesi e cittadine, paesi di provincia, 5,10, 20 mila abitanti, si registrano, quotidianamente, furti, violenza e spaccio. I comuni sono come intontiti,  immobili, lo stesso vale per la vigilanza urbana e per i comandi dei carabinieri. E' così vero che questi temi della sicurezza sono entrati prepotentemente  nella campagna elettorale amministrativa, lasciando un grande spazio bianco perché, effettivamente, nemmeno i comuni sanno che pesci pigliare. Quando fanno retate, prendono spacciatori dai nomi incerti, di certo clandestini, li trattengono qualche ora, qualche giorno ma poi sono costretti a lasciarli liberi.
A proposito di maglie larghe della legge e della pubblica sicurezza.
I treni regionali sono dei far west. Ormai i controllori non passano nemmeno più a controllare i biglietti. Hanno paura. Se lo fanno spesso vanno in coppia. Sulle tratte locali salgono gruppi di persone che si rifugiano nelle ultime carrozze per non pagare i biglietti. Passa il controllore, chiede loro i dati, spesso c'è il rischio di finire alle mani, con minacce rivolte ai ferrovieri, che rischiano tutti i giorni. I controllori alzano le mani, anche perché queste persone sono senza documenti, danno nominativi falsi ecc. Mi raccontava un controllore che ormai non serve nemmeno più avvertire la polfer perché gli uomini in divisa non sanno che fare: non posso trattenerli e sono un inciampo burocratico. Quindi quando si arriva alla stazione successiva per fare scendere i senza biglietto li si lascia andare. Praticamente si chiude un occhio.
Se questa è sicurezza, se questa è certezza della legge. Non ci siamo. In questo paese non ha funzionato nulla in materia di immigrazione clandestina e non. E ora dei profughi. Si fa riferimento all'Europa ma lì è un coacervo di rimpalli, ordini e direttive che è meglio nemmeno conoscere, giusto per non piangere disperazione. Quindi, Renzi dica una parola netta e definitiva sulla materia. Anche perché siamo su una bomba pronta da scoppiare.
I comuni intronati hanno una classe dirigente che, per disperazione, spesso si è inchinata al pietismo compassionevole, circondata, e pressata, da aut aut provenienti dallo Stato e dalla Chiesa, dalle congreghe umanitarie e compagnia di giro. Volete un esempio? I comuni di fronte al caos immigrati hanno dato le case popolari. Sì, sono lavati le mani e il cuore convinti che un gesto così potesse esaurire la loro missione umanitaria. O semplicemente han pensato di mettere lo scotch su uno dei tanti problemi e passare a altro. Risultato? Dei ghetti. Provate informarvi o andate in giro per le grandi città, nelle periferie o nei comuni medio piccoli. Già le case popolari erano, sono, fatiscenti di loro. Con questi ingressi incontrollati si è assommata la degenerazione a degenerazione. Appartamenti fatti letteralmente a pezzi. E' assegnata la casa una famiglia di quattro persone e ci sono poi dieci, quindici persone che transitano abitualmente in quelle stanze. Non rispettano i regolamenti. I garage sono magazzini. Come i balconi. Insomma lo stato è questo.
Siamo, quindi, convinti di avere tra le mani strumenti, legislazioni utili per stare tranquilli su questo fronte?
Perché non si prende questa patata bollente e non si decide, in sede comunitaria, di adottare ad esempio la legislazione statunitense? La si ritocca dove serve e si procede in quella direzione, oltre naturalmente a rafforzare gli strumenti da parte della magistratura e delle forze dell'ordine per fare in modo che i loro interventi siano esaustivi e ad effetto (quante volte abbiamo detto: un poliziotto per 1200 euro al mese vuoi che vada rischiare la vita per fronteggiare la criminalità pericolosa di questi immigrati?).
Attento Renzi che su questo tavolo si giocherà parte della campagna elettorale europea e amministrativa prossima.



Trapani, l'Esercito "mediatore" culturale
Avvenire, 30-04-2014
L'accoglienza? Passa anche attraverso l'incontro culturale. Spiegare ai migranti le leggi del nostro Paese, le regole per la richiesta di asilo e, non ultime, le principali usanze e costumi da rispettare per potersi sempre più integrare e diventare futuri "cittadini" in Italia. Se ne è parlato a Trapani nel convegno "Formare per educare ed essere cittadini del mondo",  organizzato dalla Cooperativa Badia Grande, che gestisce il Centro Accoglienza Richiedenti Asilo di Salina Grande (Trapani), in collaborazione con l'Esercito Italiano.
La sicurezza e sorveglianza del Centro, che ospita 260 migranti, è garantita dai bersaglieri del 6° reggimento dell'Esercito. L'Esercito per svolgere questo compito ha messo in campo i suoi mediatori culturali, soldati italiani di origine africana che parlano anche le lingue dei migranti e che oltre a prestare opera di traduzione testimoniano con la loro stessa presenza l'integrazione possibile.
Nella sola provincia di Trapani sono circa 2000 le domande di asilo politico. E l'Esercito, grazie alla partecipazione alle missioni all'estero, ha sviluppato un'attenta sensibilità alle problematiche legate alle persone che vivono o provengono da Paesi in guerra o che vivono situazioni critiche dl punto di vista umanitario.



Le negano lo stage perché non rinuncia al velo: “Mi hanno discriminata”
CIRDI, 28-04-2014
A una ragazza che studia in un istituto alberghiero è stato rifiutato uno stage in un hotel di Cattolica perché la giovane indossa il velo. La denuncia arriva da un blogger e dai giornali romagnoli. Alla studentessa la direzione dell’albergo ha posto un aut aut: rinunciare al velo durante le tre settimane di stage perché “gli stagisti si devono comportare e vestire in un certo modo”. La giovane ha risposto con un secco diniego: “Mi hanno discriminata ancora prima di vedere le mie capacità e competenze solo per un foulard che è segno irrinunciabile della mia fede e identità culturale”.
Lo stage in albergo non si è fatto, dunque, e la giovane ha dovuto ripiegare su un tirocinio in un Municipio della zona, esperienza che però non ha nulla a che fare col suo percorso di studi.
Intervistato dai media locali, il direttore dell’albergo ha provato a giustificarsi così: la ragazza non poteva indossare il velo  “così come non accettiamo piercing, orecchini particolarmente vistosi, capigliature stravaganti. Il nostro regolamento è chiaro, la religione non c’entra nulla. Il nostro compito è fare accoglienza. Un cappuccino servito con un sorriso è più buono, con un velo il sorriso non si vede”. Critico il presidente regionale di Federalberghi, Sandro Giorgetti: “E’ un errore impedire a questa ragazza di svolgere lo stage, i colleghi hanno sbagliato”.
Fonte: Repubblica.it




 

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