Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

08 febbraio 2013

Cittadinanza ai figli degli immigrati La politica risponde sì, no, forse
Il tema dello ius soli e dei diritti dei figli dei migranti divide le forze politiche, tra favorevoli, contrari e incerti. Eppure in molti (a partire dal presidente della Repubblica) hanno chiesto una riforma della vecchia legge del 1992. Nessuno dei 48 disegni di legge presentati alle Camere in questa legislatura (contati dall'Espresso) ha raccolto i consensi necessari ad andare avanti
la Repubblica, 08-02-2013
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Concedere la cittadinanza a chi nasce in Italia? Sì, no, forse. Il tema dello ius soli e dei diritti dei figli dei migranti divide le forze politiche, tra favorevoli, contrari e incerti. Eppure in molti (a partire dal presidente della Repubblica) hanno chiesto in questi anni una riforma della vecchia legge del 1992, che resta ancorata allo ius sanguinis (la cittadinanza dei genitori) e non prevede lo ius soli (si è cittadini del Paese dove si nasce). Ma nessuno dei 48 disegni di legge presentati alle Camere in questa legislatura (contati dall'Espresso) ha raccolto i consensi necessari ad andare avanti. Queste sono le nuove posizioni in campo a pochi giorni dalle Politiche 2013.
PD - Il Partito democratico (con SEL) mette per iscritto nel programma che il primo atto della prossima legislatura sarà l'approvazione di una legge per concedere la cittadinanza ai bambini, figli di immigrati, nati e cresciuti in Italia. Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, lo ha promesso: "La prima norma che il nostro governo farà sarà sulla cittadinanza: chi nasce e cresce qui è italiano".
PDL - Il Pdl parla di immigrazione solo nel capitolo "Sicurezza" del suo programma, nel quale si prevede un incremento del "contrasto ai fenomeni della immigrazione clandestina" e il "rafforzamento degli accordi bilaterali tra Stati per l'attuazione di politiche di rimpatrio effettivo degli immigrati clandestini e definizione degli accordi bilaterali per scontare la pena detentiva nei Paesi d'origine". Quanto alla cittadinanza, recentemente Silvio Berlusconi ha detto che dello ius soli "se ne può parlare ed è qualcosa che si deve approfondire", aggiungendo però subito: "Sono abbastanza reticente ad esprimere pareri miei, perché poi succede che ciò che non è nel nostro programma magari può essere assunto come una posizione diversa da parte dei nostri alleati. E per questo bisogna stare attenti a votare". Il riferimento è chiaramente alle posizioni contrare delle Lega Nord.
Lega Nord - Ius soli? Tutt'altro. I leghisti prevedono un giro di vite sulla concessione della cittadinanza agli immigrati. Oltre al requisito dei dieci anni di regolare residenza nel nostro Paese, si prevede anche il superamento di un apposito esame di conoscenza dell'italiano e della storia italiana nonché il possesso di un idoneo reddito soggetto a tassazione e la rinuncia alla cittadinanza di origine.
Scelta Civica con Monti - Nelle venticinque pagine dell'Agenda Monti non una riga, né una parola è dedicata ai migranti. Riforma della cittadinanza? Diritto di voto? Revisione della Bossi-Fini? Niente di niente. Il programma si limita ad affermare che "la lotta contro la xenofobia, l'antisemitismo e le discriminazioni sono il denominatore comune delle forze europeiste". Il ministro Andrea Riccardi ha però precisato che l'Agenda è in continuo aggiornamento, preannunciando un capitolo dedicato alla concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati regolari che frequentano le scuole.
Rivoluzione Civile. Nella sintesi del programma pubblicato sul sito del partito guidato da Antonio Ingroia si fa un breve ma chiaro cenno alla questione migrante: "Contrastiamo ogni forma di razzismo e siamo per la cittadinanza di tutti i nati in Italia e per politiche migratorie accoglienti".
Movimento 5 Stelle. Qualche tempo fa Beppe Grillo ha pubblicato un post giudicando lo ius soli un'idea che serve solo a "distrarre gli italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi. Da una parte i buonisti della sinistra senza se e senza ma, che lasciano agli italiani gli oneri dei loro deliri. Dall'altra i leghisti e i movimenti xenofobi che crescono nei consensi per paura della liberalizzazione delle nascite". Nulla a tal proposito si legge nel programma del Movimento se non la proposta "dell'insegnamento gratuito della lingua italiana per gli stranieri (obbligatorio in caso di richiesta di cittadinanza)". Ma la posizione dell'M5S pare più articolata. Per Davide Barillari, candidato del M5S alla Regione Lazio, "una persona che nasce in Italia dovrebbe essere in modo naturale già cittadino italiano".



La questura deve consegnare il cartellino dattiloscopico allo straniero che ne fa richiesta per provare la sua identità.
Per il Consiglio di Stato la scheda con le impronte digitali non può essere considerata documento riservato ai fini di sicurezza in quanto i rilievi foto dattiloscopici sono eseguiti per accertare le esatte generalità del cittadino straniero.
Immigrazioneoggi, 08-02-2012
Sbaglia la questura a non consegnare copia del cartellino con le impronte digitali allo straniero che ne fa richiesta per corredare con un documento di identità l’autocertificazione dei redditi allegata all’istanza di ammissione al gratuito patrocinio per la proposizione di un ricorso in Cassazione.
Il principio è stato affermato dal Consiglio di Stato che con sentenza depositata il 31 gennaio ha accolto il ricorso di un cittadino tunisino che aveva chiesto inutilmente di ottenere la copia dei rilievi eseguiti dalla questura in occasione della sua identificazione.
Secondo i giudici di Palazzo Spada il diniego all’accesso è stato illegittimo, in quanto i rilievi dattiloscopici, avendo un’esclusiva funzione identificativa, non potevano essere ricondotti alla categoria di cui all’art. 3 del D.M. 10 maggio 1994, n. 415, recante il “Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi”, che elenca una serie di categorie di documenti sottratti all’accesso per motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero a fini di prevenzione e repressione della criminalità. Tra tali atti, precisa il Consiglio di Stato, non è espressamente contemplata la scheda dattiloscopica, né potrebbe farsi rientrare per via interpretativa in alcuna delle altre categorie espressamente elencate (es. “relazioni di servizio”, “informazioni fornite da fonti confidenziali”; documenti concernenti il “funzionamento dei servizi di polizia”; atti concernenti “la sicurezza delle infrastrutture”) che riguardano tutte notizie rilevanti al fine di garantire la sicurezza pubblica, la prevenzione e la repressione della criminalità. Infatti i rilievi dattiloscopici (cioè le impronte digitali) eseguiti nei confronti dello straniero sono diretti ad accertarne le esatte generalità in quanto il suo ingresso e la sua permanenza in Italia sono subordinati ai rilievi dattiloscopici raccolti nel sistema automatizzato in uso alle forze di polizia al solo fine di identificare, pur in presenza di diverse generalità, il soggetto al quale esattamente riferire precedenti penali ovvero elementi ritenuti ostativi al rilascio od al rinnovo del permesso di soggiorno. In definitiva i rilievi riguardano direttamente la persona dell’interessato, “la cui conoscenza è insuscettibile di arrecare nocumento agli interessi generali in materia di ordine pubblico e sicurezza, e, pertanto, non possono costituire una documentazione al medesimo inaccessibile”.



Scarcerata la mamma romena Don Colmegna interrompe il digiuno
La 29enne, ospitata in passato alla Casa della Carità, era stata condannata per un assurdo burocratico
Corriere della sera, 08-02-2013
Paolo Foschini
Ci sono anche storie che finiscono bene: Anna è libera. La giovane romena processata e condannata a sua insaputa a sei mesi di galera è stata scarcerata ieri, dopo 28 giorni trascorsi in cella tra Monza e Como, per decisione del giudice milanese Carlo Giovanni Cotta: il quale ha sospeso l'esecuzione della sentenza mentre don Virginio Colmegna ha potuto felicemente sospendere, dal canto suo, il digiuno cominciato lunedì scorso all'esplodere del caso. «È stata dolorosa - ha detto lei appena scarcerata - soprattutto la lontananza dalle mie tre figlie, che per fortuna sono state sempre seguite anche in mia assenza e non hanno perso neanche un giorno di scuola». E nel pomeriggio ha potuto riabbracciarle a casa.
La giovane mamma scarcerataLa giovane mamma scarcerata
La storia di Anna, nome naturalmente fittizio, aveva viaggiato negli ultimi sei anni su due binari diversi. Uno era quello a lei noto, e cioè la sua vita: «Fino al 2006 - e adesso che può parlare è lei stessa a ricordarlo - vivevo chiedendo l'elemosina in metropolitana. Avevo 21 anni, in Italia ero arrivata con mio padre dalla Romania quando ne avevo 12». Un giorno la fermano e le chiedono i documenti. La rilasciano dopo due ore. «L'unica volta che mi è successo», dice ora Anna con un sorriso. E un po' alla volta, infatti, la sua vita cambia: i volontari di don Colmegna la ospitano alla Casa della carità, le danno una residenza, lei trova un lavoro in regola, poi un altro migliore e un altro ancora, si guadagna un appartamento in affitto fuori Milano, le figlie crescono bene, «insomma - sintetizza - la felicità».
Sull'altro binario, però, in quello stesso periodo succedono cose diverse. Da quel vecchio controllo del 2006 nasce un fascicolo giudiziario che diventa un processo, che nel 2010 diventa una condanna: sei mesi per l'accusa di «accattonaggio con minore». Peccato che Anna non ne sappia niente: il suo domicilio risulta eletto presso un difensore assegnatole d'ufficio e ogni atto giudiziario a suo carico finisce lì, mentre lei viene dichiarata contumace. «Finché il 9 gennaio scorso - dice ancora incredula - sono arrivati i carabinieri a casa mia a dirmi che dovevo seguirli in carcere».
Per fortuna nella sua «nuova vita» non è più sola come un tempo. Un'amica si offre di tenerle i figli e affida Anna all'avvocato Fabrizio Busignani, che immediatamente scrive un'istanza al Tribunale di Milano. Accolta in pieno dal giudice Cotta, secondo cui le notifiche al difensore d'ufficio sono tutte regolari ma da sole non bastano a «provare l'effettiva conoscenza del procedimento» da parte dell'imputata. «L'esecuzione della sentenza deve dunque essere sospesa», è la sua conclusione: e rilevando che anche la pubblica accusa si è infine dichiarata d'accordo sul punto ha ordinato di «provvedere immediatamente alla scarcerazione» senza alcuna udienza ulteriore. Ora Anna, attraverso il suo legale, potrà fare regolarmente appello contro la sentenza di primo grado: nella «convinzione - argomenta l'avvocato - che esistano gli estremi per un annullamento totale».
Don Virginio è stato il primo ad abbracciare Anna all'uscita dal carcere di Como. «È un gran risultato - ha commentato subito dopo - che però fa intravedere quanto ancora ci si debba impegnare per difendere i diritti dei deboli e quanto il carcere in sé non risolva i problemi». Quindi ha precisato che l'appello della campagna «Carcere, diritti e dignità» continua «per tutte le Anna che non hanno parola, contro il sovraffollamento carcerario, per la dignità e i diritti di tutti i detenuti». E a questo punto, dopo quattro giorni, è corso a mangiare un panino.



Emergenza Nordafrica - Comuni, Provincie e Regioni danno ragione ai profughi
Non sono stati messi in campo interventi efficaci per accompagnare all’integrazione
Melting pot Europa, 08-02-2013
La tensione in molte città è alle stelle, la disperazioni dopo un anno e mezzo di abbandono porta migliaia di "profughi" a ricercare la strada della "buona uscita" in denaro nella speranza di poter lasciare quel sistema che li ha traditi ed ingannati. Ma chi lascerà Padova per raggiungere Roma, chi lascierà Roma per andare Napoli e chi abbandonerà Napoli per Bologna (e così via) non troverà certo una nuova vita.
L’unica certezza è che l’anno e mezzo trascorso fino al 31 dicembre 2012 è stato un fallimento ed un enorme spreco di denaro finito in larga parte nelle tasche di albergatori e cooperative.
Sembrano essersene accorti anche comuni, regioni e provincie che hanno inviato una serie di richieste al Ministero dell’Interno riconoscendo il fallimento del "Piano di Accoglienza".
Eppure il Sindaco Zanonato di Padova, per esempio, proprio lunedì sera, ha rifiutato di incontrare i profughi che bussavano alla sua porta tacciandoli come delinquenti.
In ogni caso il documento è lì, ed è finito sui tavoli del Governo.
Lo riportiamo integralmente di seguito.
"Il 31 dicembre 2012 si è chiusa la fase di gestione emergenziale dell’Emergenza Nord Africa, che è passata dalla gestione della Protezione Civile a quella ordinaria delle Prefetture. Questo passaggio si è verificato in condizioni di grande incertezza e di mancato coordinamento in merito alle procedure, alle risorse, alla governance dei processi.
Riteniamo fondamentale che questo Governo, prima della chiusura del suo mandato, definisca dei punti fermi dai quali l’azione del prossimo Governo possa ripartire con chiarezza e celerità. La situazione sui territori è al collasso.
Rispetto alla situazione dei minori non accompagnati, aspettiamo ancora il rimborso per spese che i Comuni hanno responsabilmente sostenuto nei mesi scorsi sulla base di un accordo preciso con il Governo, che avrebbe dovuto coprirle con risorse proprie, trattandosi di competenze dello Stato centrale. I ritardi nell’erogazione si sommano all’incertezza sulle risorse future per far fronte all’accoglienza dei minori ancora in carico e fino al compimento del diciottesimo anno di età, mettendo a repentaglio la tenuta del bilancio di molte amministrazioni. Pensiamo alle grandi città, ma anche e soprattutto a piccoli comuni, che rischiano di andare in dissesto finanziario. Non solo. In termini di procedure, è allarmante verificare come sui territori, in particolare nelle regioni di primo arrivo come la Sicilia, si sia ripristinata pienamente la pericolosa consuetudine per la quale il collocamento dei minori avviene, da parte dell’autorità di polizia, direttamente presso le strutture di accoglienza, senza il previo accordo e autorizzazione con il Comune territorialmente competente. Sono sempre più numerose le lettere con cui i Comuni, nella maggior parte di piccole dimensioni, ci comunicano con allarme il rischio di dissesto finanziario dovuto a questa situazione.
Altrettanto preoccupante è la situazione rispetto ai cittadini stranieri adulti, ancora in accoglienza fino al 28 febbraio, rispetto ai quali rimane del tutto incerto e rallentato il percorso di avvio all’autonomia ancora una volta a causa della mancata concessione, da parte delle autorità centrali, degli strumenti necessari e concordati per procedere nella strada delle dimissioni. Non sappiamo cosa accadrà a marzo, poiché se da un lato non sono stati messi in campo interventi efficaci di sistema per accompagnare all’integrazione, dall’altro non ci sono certezze in merito alla prosecuzione dell’accoglienza, con particolare riguardo alle persone vulnerabili.
Un aspetto ulteriore è poi quello dei minori non accompagnati richiedenti asilo rispetto ai quali, nonostante la norma ponga chiaramente in capo al Ministero dell’Interno la responsabilità, non ci sono certezze di sorta in merito alla copertura dei costi di presa in carico prima dell’entrata nel circuito SPRAR.
Va salvaguardato il principio costituzionale che richiede che non possano essere attribuiti compiti agli Enti locali senza garantirne la copertura. Ne va altrimenti a repentaglio la tenuta complessiva dei servizi, dei bilanci e della coesione sui territori.
Infine, non si può non evidenziare come, anche con riferimento alla governance territoriale, nonostante l’impegno assunto in più sedi di attivare e mantenere come snodo principale di coordinamento i Tavoli regionali coordinati dalle Prefetture dei comuni capoluogo di provincia , in molti territori tali Tavoli stentino a diventare pienamente operativi, creando serie difficoltà tanto nella gestione ordinaria quanto nella programmazione futura. Alla luce di ciò Regioni, Province e Comuni richiedono con urgenza al Governo:
1. lo sblocco delle risorse già assegnate al Ministero del Lavoro e Politiche Sociali per la copertura dei costi di accoglienza dei minori nel 2012 e inspiegabilmente non ancora resi disponibili dal Ministero delle Finanze, nonché la destinazione delle eventuali economie per sostenere i costi dell’accoglienza dei minori anche dopo il 31 dicembre 2012, in analogia con quanto fatto per gli adulti;
2.lo sblocco delle risorse già assegnate alla Protezione Civile per dare compimento alla copertura dei costi dell’accoglienza dei cittadini stranieri per l’anno 2012 e la prosecuzione dell’accoglienza dopo il 28 febbraio, con particolare riferimento alle persone più vulnerabili, nonché una chiarezza nella definizione degli strumenti per accompagnamento all’autonomia;
3.piena assunzione di responsabilità da parte del Ministero dell’Interno in merito all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo;
4.rilancio dell’operatività dei Tavoli regionali.
5.Possibilità di rendicontare, da parte dei gestori delle strutture di accoglienza, le eventuali risorse necessarie per l’autonomia dei migranti, anche in deroga ai 250 euro previsti come “contributo straordinario per l’uscita” previsto dal manuale operativo del progetto S.P.R.A.R."



Niente piscina perchè rom
CIRDI; 06-02-2013
Pescara – Un centro sportivo nega l’iscrizione alla rom di 7 anni accusata, generalizzando sull’etnia, di non adeguarsi alle regole della civiltà italiana.
Razzismo o discriminazione per razza. Null’altro che questa la definizione per il trattamento ignobile che il responsabile di un centro sportivo di Pescara ha riservato ad una bambina di etnia rom ieri pomeriggio, quando con il papà si era recata nella palestra per chiedere l’iscrizione ai corsi di nuoto e di danza. “Non intendo iscrivere vostra figlia”, avrebbe detto il responsabile sportivo al genitore nomade, “dovete abituarvi alle regole di noi italiani, perché voi zingari non siete persone civili e non siete capaci di integrarvi. Pertanto non intendo iscrivere vostra figlia”.Così, al giovane padre non è rimasto altro da fare che uscire dall’impianto sportivo e correre dai carabinieri per denunciare la discriminazione razziale subita.
A rendere noto il caso è Vanessa Cirillo, responsabile per la regione Abruzzo della Fondazione romanì Italia, spiegando le conseguenze che ne sono derivate. “La Fondazione”, dice, “ha inoltrato la segnalazione all’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale, che ha attivato i propri legali per denunciare i fatti alla magistratura e nelle prossime settimane promuoverà opportune iniziative per contrastare le violenze contro i bambini delle comunità romane’s”.
La famiglia protagonista della triste vicenda, peraltro, si era rivolta alla struttura sportiva per risolvere i problemi di salute della bambina, su consiglio del pediatra, e rigetta al mittente qualsivoglia attribuzione di illegalità: “Il capofamiglia”, riferisce Vanessa Cirillo, “ per diversi anni ha lavorato presso una nota catena nazionale di supermercati e attualmente è disoccupato ma comunque estraneo a fatti di illegalità, e la sua famiglia è perfettamente integrata nel tessuto sociale cittadino”. La Fondazione roman’ì ritiene che quanto accaduto sia “il risultato verso la minoranza rom dell’istigazione all’odio razziale della politica abruzzese, della indifferenza delle istituzioni, della strumentalizzazione della società civile”.
Fonte: Cityrumors.it

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