Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

04 gennaio 2013

Immigrati: sei fermati vicino costa Brindisi, sbarcati in 70
la Repubblica.it, 04-01-2013
Roma, 3 gen. (Adnkronos) - Alle 17 di oggi un cittadino di Torre Matarella, localita' vicino Brindisi, ha chiamato la centrale operativa della Guarda Costiera di Roma segnalando un'imbarcazione a luci spente vicino alla riva. E' intervenuta la Guardia Costiera di Brindisi con una motovedetta e una pattuglia a terra. Sei immigrati sono stati fermati a terra e hanno dichiarato di essere sbarcati in 70. Di questi, sette sono minori. Alle ricerche collaborano le altre forze di polizia.



Il giallo degli 800mila immigrati spariti con il censimento
Erano nell'anagrafe, non si sa dove siano
Corriere della sera, 04-01-2013
Alessandra Coppola
MILANO — Dove son finiti tutti? Milano si ferma a un milione e duecentomila abitanti, Napoli resta sotto la soglia delle sette cifre (962 mila), a Genova oltre ventimila mancano all'appello. A fare i conti sull'Italia intera, tra le rilevazioni del censimento (59,4 milioni) e i dati dell'anagrafe (61,2), c'è una metropoli fantasma: 1.815.742 persone che risultavano nelle liste dei Comuni, ma che poi nelle verifiche dell'Istat sono scomparse.
Una parte del mistero è già risolta dai numeri: per la maggior parte i missing hanno passaporto straniero. Gli immigrati residenti sono 4,8 milioni, quelli censiti solo 4.029.145. Anche in questo caso, però, sorge il dubbio: dove sono gli altri 800 mila?
Innanzitutto, «le cifre che mancano vanno spalmate fino al censimento precedente, del 2001 — avverte il professor Gian Carlo Blangiardo, demografo alla Bicocca e alla Fondazione Ismu — dunque in 10 anni». Un lungo periodo in cui l'Italia, così com'è collocata, al centro del Mediterraneo, ha fatto da approdo, ma anche da ponte: molti stranieri sono arrivati, tanti altri sono andati via. Qualcuno per tornare in patria, qualcun altro per raggiungere Paesi più a Nord. Soprattutto negli ultimi anni, effetto della crisi, tanto che per il 2011 l'ultimo Rapporto Ismu segnala per la prima volta «crescita zero»: il saldo tra ingressi e uscite è quasi nullo.
Dunque, una parte degli 800 mila è andata via e non ha avvertito l'anagrafe (non è richiesto). Lavoratori licenziati che tentano la fortuna altrove. Mogli e figli arrivati con il ricongiungimento e poi, peggiorate le condizioni economiche, rimandati indietro. Neocomunitari, romeni per esempio, che sono tornati a casa, ma hanno mantenuto la residenza in una città italiana, con l'idea magari di rientrare in stagioni migliori (senza perdere la residenza continuativa che serve, tra l'altro, nelle richieste di cittadinanza). «Difficile quantificare con chiarezza — spiega ancora Blangiardo —, l'errore dell'anagrafe si è accumulato negli anni e non si può dire quanti e quando sono andati via».
È possibile, però, ipotizzare che una quota di migranti sia sfuggita alla verifica? E che quindi alcuni di questi «fantasmi» siano in realtà ancora in Italia?
Lo indica anche il responsabile del Servizio censimento della popolazione dell'Istat, Giuseppe Sindoni: «Il 40 per cento degli irreperibili è straniero». Un milione su 2,3 milioni di persone che non risultavano ai rilevatori. Una parte è stata recuperata: 190 mila. Si torna alla cifra di 800 mila scomparsi, sfuggiti. Perché censire i migranti è oggettivamente più complicato, ammette Sindoni: la lingua, la mobilità, la diffidenza.
«È evidente che i numeri non tornano — osserva il demografo della Sapienza, Antonio Golini —, ma le difficoltà di contare esattamente in un territorio come l'Italia, 8 mila Comuni dalla Val d'Aosta alla Sicilia, sono immense. Quest'anno erano disponibili elenchi di strade per consentire un lavoro più mirato. Ma basta andare nelle periferie romane o torinesi per capire quante persone possano sfuggire. Italiane come straniere». Al punto che potrebbe essere l'ultima rilevazione di questo tipo: per il futuro si pensa di «incrociare tutti i database esistenti, dall'Inps alle utenze telefoniche, e fare indagini a campione», come già accade in Francia o negli Usa.
È un problema soprattutto delle grandi città, sottolinea il demografo dell'Università di Padova, Gianpiero Dalla Zuanna: «Nei piccoli comuni le differenze tra anagrafe e censimento sono minime. Perché il controllo è più forte». Altra faccenda Milano o Roma, «quando bisogna verificare la presenza di centinaia di migliaia di persone». Uno non risponde al citofono, l'altro non compila il questionario, l'altro ancora dimentica di rimandarlo indietro. «Anche nei rilevamenti del passato c'era chi mancava all'appello. Ma le discrepanze erano minori, perché minore era la mobilità». Oggi invece ci si sposta di continuo, i migranti più degli altri: «Cambiano residenza e non lo dicono». Il censimento non li registra, l'anagrafe — che ha tempo fino alla fine del 2013 per adeguarsi ai dati Istat — li cancella. E sono definitivamente scomparsi.



IMMIGRATI, SERVE UNA LEGGE PIÙ AMICHEVOLE
La Stampa, 04-01-2013
UGO DE SIERVO
Anche il recente censimento conferma quanto era già chiaro sulla base delle tante ricerche sulla realtà dell'immigrazione nel nostro Paese: ormai essa si è profondamente trasformata, sia in termini quantitativi che in termini sociali, da quando si è presa consapevolezza che il nostro Paese era divenuto un Paese di immigrazione.
Se poco più di trent'anni fa un primo tentativo di quantificazione determinava la presenza di un numero di immigrati fra trecento e quattrocentomila, nel 1988 ci poteva riferire a circa un milione, nel 2004 si dava atto che i permessi di soggiorno erano oltre due milioni e trecentomila, mentre da alcuni anni ci si riferisce alla presenza di circa cinque milioni di immigrati regolari, malgrado tutti i pesanti effetti prodotti dalla crisi economica. E tutto ciò ovviamente oltre il grande pianeta degli immigrati in situazione irregolare, in grande prevalenza originato dall' impropria utilizzazione dei flussi turistici, piuttosto che tramite i tragici afflussi irregolari tramite il Mediterraneo.
Contemporaneamente è mutata la provenienza degli immigrati, se attualmente gli immigrati provenienti da Paesi dell'Europa centro-orientale, ivi compresi anche Paesi aderenti all'Unione europea (da soli i romeni sono poco meno di un milione) superano il numero degli immigrati da tutti i Paesi africani e ancora più nettamente quello degli immigrati da tutti i paesi asiatici.
Ma ancora più significativo è rilevare la sostanziale stabilizzazione sul territorio e nell'attività professionale di parti significative degli immigrati, malgrado tutte le notorie difficoltà in fasi di crisi economica, mentre chiaramente distinte sono le ali- quote degli immigrati temporanei, se non stagionali. Ed a tutto ciò corrisponde evidentemente il fatto che gli immigrati svolgono in modo tendenzialmente stabile tutta una serie di lavori e di attività in alcuni settori, nei quali si registra una forte carenza di attività professionale da parte dei Cittadini italiani (come ben noto, non solo nel settore dei servizi, ma in alcuni ambiti delle attività di tipo agricolo, industriale o nel settore edile).
Ma allora si comprende come mai l'immigrazione debba essere affrontata, alla luce dei valori personalistici che caratterizzano la nostra Costituzione, come una grande questione nazionale che contribuisce a ridurre i problemi prodotti dalla accentuata denatalità del nostro Paese, con un anomalo suo notevole invecchiamento, e dalla stessa «fuga» di molti italiani da varie attività lavorative, tuttora importanti.
Una piena consapevolezza è tanto più necessaria in quanto finora sono state assai carenti le politiche nazionali di accompagnamento del fenomeno migratorio, mentre addirittura non sono mancati strumentali allarmismi (per di più venati da gravi discriminazioni di tipo razzista) e legislazioni fortemente ostili. E' evidente che grandi e rapidi fenomeni del genere, non adeguatamente supportati, produ- cono anche fenomeni di degrado sociale: al di là di giusti interventi a tutela dela legalità, gli italiani dovrebbero però essere ben consapevoli, sulla base della storia delle nostre emigrazioni, delle enormi fatiche e delle grandi difficoltà connesse all'inserimento in società diverse di soggetti provenienti da situazioni di sottosviluppo e di pauperismo.
Ormai il problema che si pone in modo impellente è quello della sistematica rivisitazione sia della legislazione sull'ingresso nel Paese che della legislazione sulla cittadinanza. Da una parte si è constatato che in realtà sono differenziate le categorie di immigrati e molteplici le normative internazionali o sovrannazionali da rispettare; dall'altra si continua a dover prendere atto della larga inefficacia di tante procedura di contenimento e di rifiuto degli immigrati irregolari. Ma poi appare ormai evidente quanto sia arrivata fuori tempo la riforma della legislazione sulla cittadinanza in senso largamente favorevole ai meri discendenti degli emigrati italiani (a prescindere da ogni loro attuale legame sostanziale con l'Italia) ed il riconoscimento dei diritti elettorali politici ai Cittadini residenti all'estero, mentre la legislazione sull'attribuzione della cittadinanza agli immigrati appare molto restrittiva ed affidata a inidonee e lente procedure burocratiche (d'altronde i modestissimi dati quantitativi relativi alle nuove cittadinanze di questo tipo ne sono una prova del tutto evidente). Ma il perdurare di linee dei genere non può che incrementare la dannosa, se non molto pericolosa, formazione nella nostra società di vastissime sacche di persone prive dei pieni diritti civili e politici e quindi neppure integralmente vincolabili ai doveri di solidarietà sociale e politica.
Né l'uscita da tutto ciò può essere garantita dalla sola (seppur ovvia) previsione del riconoscimento della cittadinanza ai giovani nati in Italia da genitori stranieri e che qui si sono formati: se è giusto ricordare il dato assai significativo degli oltre settecentomila figli di immigrati che frequentano i vari gradi scolastici, occorrerebbe farsi carico pure della condizione sociale e dello stato giuridico dei genitori di questi ragazzi. Ciò che quindi appare ineludibile è la previsione di un vero e proprio diritto a conseguire, senza inutili burocratismi, la cittadinanza a chiunque sia regolarmente presente in Italia da un periodo determinato, senza che abbia posto in essere comportamenti gravemente illeciti.
 In altri termini, mi sembra che non basti neppure un atteggiamento più aperto verso politiche di integrazione, ma sia necessario passare ad una legislazione più amichevole verso le diverse categorie dei migranti e che apra prospettive di stabile inserimento nel nostro contesto nazionale agli immigrati che qui si sono utilmente stabilizzati.



Ci risiamo. Si torna a scioperare al centro immigrati di Trapani Milo: lavoratori non pagati
Marsala.it, 04-01-2013
Non c'è pace al Cie, il Centro di Indentificazione ed Espulsione, di Contrada Milo a Trapani. I lavoratori della Cooperativa "L' Oasi", che ha in gestione la struttura, oggi e domani tornano a scioperare perchè sono in attesa della tredicesima mensilità e dello stipendio di Novembre.
 Giusto un mese fa avevano dovuto lottare con ogni forma di protesta per aver pagati gli arretrati. Ora il problema si ripropone per i circa cinquanta lavoratori della struttura: operatori, infermieri, mediatori culturali.
«In un incontro in Prefettura del 28 dicembre - ha spiegato il segretario della Uiltucs Mario D’Angelo - c’era stato assicurato che il consorzio avrebbe erogato ai dipendenti un acconto di 500 euro. Ma si è trattata dell’ennesima promessa disattesa».
A parte la prima mensilità, la cooperativa "L'Oasi", che ha in gestione il centro di Trapani Milo dopo aver vinto la gara in Prefettura, non è mai stata puntuale nei pagamenti.  A fine novembre la situazione sembrava essersi normalizzata grazie a un fido bancario di circa 450 mila euro, ottenuto con alla mediazione della Prefettura e tramite il quale la cooperativa aveva potuto saldare agli operatori del Cie gli stipendi arretrate di settembre e ottobre. «Con il fido
- continua D’Angelo - il consorzio potrebbe garantire altre 5 mensilità ai dipendenti oltre le tre arretrate, in attesa che la Prefettura gli accrediti le somme vantate per la gestione del centro. Ma ora la cooperativa torna a parlare di tecnicismi bancari".
Alla base dei problemi c'è l'eccessivo ribasso con la quale la cooperativa ha vinto la gara (ribasso che, secondo i più, arriverebbe a coprire a malapena i costi di gestione) che si riversano poi nella cattiva qualità di alcuni servizi per gli ospiti del centro, come hanno raccontato le diverse delegazioni di parlamentari e di giornalisti che in questo periodo hanno fatto visita al Cie di Milo. Sono stati gli stessi dipendenti, lo scorso Novembre a rivelare: “Manca la carta per asciugarsi le mani, scarseggiano vestiario e beni per i migranti. Si è passati dalle bottiglie di shampoo alle bustine monodose. Gli ordini dei farmaci sono ridotti. La qualità dei pasti è pessima e manca persino il condimento per l’insalata”.
Con i lavoratori di Trapani protestano anche quelli di Modena, dove c'è un altro Cie gestito sempre dalla stessa cooperativa, con identici problemi di ritardo nei pagamenti degli arretrati.
A questa situazione si aggiunge quella dei migranti rinchiusi nel centro, trattati come reclusi. Lo scorso Novembre l'associazione Medici per i Diritti Umani (MEDU) aveva denunciato il caso di un giovane tunisino trattenuto  con doppia frattura scomposta dei calcagno dopo un tentativo di fuga il 2 Ottobre.



Immigrazione:Ps rintraccia 8 clandestini
A Borgo S.Sergio, sono uomini tra 20 e 40 anni, privi documenti
(ANSA) - TRIESTE, 4 GEN - Nell'ambito dell'attivita' di controllo del territorio, questa mattina, in localita' Borgo San Sergio, gli agenti della Squadra Volante della Questura hanno rintracciato otto clandestini africani. Sono tutti uomini, tra i 20 e i 40 anni, privi di documenti di identificazione. Sono in corso indagini per accertare le modalita' del loro ingresso in Italia. Gli otto stranieri sono stati indagati per violazione della normativa sull'immigrazione. (ANSA).



Amnesty International: in Italia le comunità rom ancora segregate e senza prospettive
CIRDI, 04-01-2013
In occasione della presentazione di un nuovo documento, intitolato “Ai margini: sgomberi forzati e segregazione dei rom in Italia“, Amnesty International ha sollecitato l’urgente modifica delle leggi, delle politiche e delle prassi discriminatorie che emarginano le comunità rom in Italia.
Il documento mette in luce il continuo e sistematico mancato rispetto dei diritti dei rom da parte delle autorità italiane. Nei 10 mesi trascorsi da quando il Consiglio di stato, il più alto organo di giustizia amministrativa, ha dichiarato illegittima la cosiddetta “Emergenza nomadi”, ossia le leggi d’emergenza che hanno preso di mira i rom in Italia, questi ultimi non hanno ricevuto alcuna riparazione né alcun concreto rimedio alle violazioni dei diritti umani causate da tre anni e mezzo di stato d’emergenza.
 ”Il governo italiano non sta tenendo fede ai suoi obblighi internazionali e agli impegni assunti di fronte alla Commissione europea. Bambini, donne e uomini residenti nei campi continuano a essere sgomberati senza adeguata consultazione, preavviso e offerta di un alloggio alternativo” – ha dichiarato Elisa De Pieri, ricercatrice sull’Italia del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. “I residenti dei campi informali sono i più colpiti e continuano a essere sgomberati a ogni occasione (…) La recente apertura di un nuovo campo segregato, La Barbuta, fuori Roma, è un esempio assai evidente di come le autorità non intendano cambiare (…) Il governo Monti non usa il linguaggio offensivo dei suoi predecessori. Ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, non si riscontrano reali differenze” – ha aggiunto De Pieri.
Nonostante la promessa di promuovere uguale trattamento e di migliorare le condizioni di vita dei rom, sancita nella Strategia nazionale d’inclusione dei rom, dei sinti e dei caminanti presentata dal governo italiano all’Unione europea quest’anno a febbraio, nel 2012 centinaia di rom sono stati vittime di sgomberi forzati a Roma e Milano, rimanendo senza alloggio. I piani per chiudere i campi autorizzati e quelli “tollerati” vanno avanti nonostante la mancanza di un’autentica consultazione e di adeguate salvaguardie legali. Le condizioni di vita nella maggior parte dei campi autorizzati restano molto misere, mentre quelle nei campi informali sono anche peggiori, con scarso accesso all’acqua, all’energia elettrica e ai servizi igienico-sanitari. Prosegue la segregazione su base etnica e la maggior parte dei rom è esclusa dall’accesso all’edilizia popolare. In molti casi, i ripetuti sgomberi forzati hanno spinto i rom a costruirsi baracche in luoghi dove sono esposti a condizioni estremamente precarie, con accesso assai limitato all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e ad altri servizi, con riparo pressoché inesistente dalle intemperie e infestati da topi e ratti.
Secondo le autorità locali di Roma, nei primi sei mesi del 2012 sono state sgomberate oltre 850 persone dai campi informali. Rifugi di emergenza sono stati offerti solo in 209 casi, tutti riguardanti madri e bambini. Solo cinque madri e i loro nove figli hanno accettato, mentre la maggior parte ha rifiutato la separazione dal resto della famiglia. A Milano, oltre 400 persone sono state colpite da sgomberi dall’inizio del 2012 alla fine di luglio.
Amnesty International, oltre ad aver pubblicato un appello al presidente Monti per porre fine alla segregazione e agli sgomberi forzati in Italia che in dieci giorni ha raccolto circa 10.000 firme, a luglio ha raccomandato che la Commissione europea avvii una procedura d’infrazione contro l’Italia sulla base della Direttiva sull’uguaglianza razziale, per il trattamento discriminatorio dei rom rispetto al loro diritto a un alloggio adeguato.



“La Befana vien cantando…”, a Roma concerto per i più piccoli organizzato dalle associazioni di immigrati.
Oggi in Campidoglio l’iniziativa organizzata dalle associazioni di immigrati Besa e Viva Latino America.
Immigrazioneoggi, 04-01-2013
“La Befana vien cantando…” è lo spettacolo musicale messo in scena questa sera a Roma, alle ore 16.00, presso la sala della Protomoteca del Campidoglio dalle associazioni di immigrati Besa e Viva Latino America con il patrocinio di Roma Capitale.
Il concerto è un’iniziativa a favore dei bambini di Albania, Kosovo, Macedonia e del Sud America.



Krysten, una bisex per la prima volta al Senato americano
Krysten Sinema 36 anni, è stata eletta nella ultraconservatrice Arizona
Mormone, senza fissa dimora per anni, è diventata avvocato e ora è stata eletta nell’ultraconservatrice Arizona
La Stampa, 04-01-2013
maurizio molinari corrispondente da NEW YORk
Mormone di nascita, cresciuta in una famiglia lacerata, homeless per due anni ma con la grinta necessaria per diventare avvocato e quindi il primo senatore bisex a Capitol Hill: è Krysten Sinema la maggiore novità del 113° Congresso degli Stati Uniti che si è insediato ieri a Washington.  
Sinema fa parte tanto delle 20 donne che siedono al Senato - un numero record composto da 16 democratiche e 4 repubblicane - che dei 6 membri del Congresso apertamente gay, ma è l’unica a definirsi bisex, un’identità della quale si dice orgogliosa anche se le è quasi costata l’elezione.  
Nell’Arizona ultraconservatrice aveva infatti per avversario Vernon Parker, l’ex sindaco di Paradise Valley sostenuto dal Tea Party, che l’ha attaccata con una raffica di spot tv nei quali veniva descritta come una «hippie anti-americana», colpevole di «praticare riti pagani» con riferimenti evidenti alla sua sessualità. Eletta nel Parlamento dell’Arizona dal 2005, Sinema, che ha 36 anni, si è difesa dagli assalti assumendo posizioni moderate su economia e sicurezza nazionale, ma senza mai negare di essere bisex e ce l’ha fatta: alla fine ha prevalso nelle urne, sebbene per appena 10 mila voti e tra le polemiche per la necessità di una riconta dei voti, visto che durante il primo spoglio ne erano stati dimenticati ben il 25 per cento.  
Il braccio di ferro che le ha schiuso le porte di Capitol Hill è solo l’ultimo di una vita tutta in salita. Nata nel 1976 a Tucson, ha vissuto da piccola il divorzio dei genitori e quando il secondo marito della madre perse il lavoro per la recessione degli Anni 80, dovettero lasciare la casa pignorata, andando a vivere per due anni dentro una stazione di benzina abbandonata dove, come lei stessa racconta, «non c’erano acqua corrente, né servizi igienici né elettricità».  
I suoi erano mormoni, ma lei non ha mai praticato alcuna fede, crescendo nella duplice convinzione che «contano la capacità di lavorare duro e l’etica dell’impegno individuale, senza lasciare che altri facciano le cose importanti per noi». È riuscita a terminare il college, lavorare per un breve periodo come assistente sociale, laurearsi in Legge ed entrare in politica, eletta nel Parlamento dell’Arizona - prima deputato e poi senatore - nelle file del partito democratico.  
In comune con il presidente Barack Obama ha la convinzione che l’etica individuale nulla toglie all’importanza dell’aiuto da parte della collettività: «Durante tutta la mia vita ho beneficiato dei sostegni ricevuti dalla famiglia, dalla Chiesa e dal governo». È questa identità a metà fra l’individualismo del West e l’importanza del ruolo del governo nella vita dei cittadini che ne ha fatto, nel Parlamento dell’Arizona, «una liberal capace di intendersi con i conservatori», dice David Lujan, senatore dello Stato dell’Arizona. Gli avversari repubblicani pensano invece il contrario, e la accusano di essere una «trasformista pronta a essere tutto e il contrario di tutto pur di perseguire i propri interessi».  
Determinata sostenitrice del matrimonio gay, della pianificazione famigliare e della riforma dell’immigrazione, Sinema incarna in realtà molti dei valori che prevalgono nell’America che ha rieletto Obama: dalla convinzione che i diritti dei gay siano la nuova frontiera delle battaglia per i diritti civili all’impegno per la legalizzazione dei clandestini. Ecco perché non è un caso che nella nuova Camera dei Rappresentanti i deputati democratici i bianchi siano per la prima volta in minoranza rispetto a ispanici e afroamericani. 

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