Punire il lavoro nero
Saleh Zaghloul
La settimana scorsa al Senato della Repubblica era in discussione il designo di legge recante "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009".


L’art.48 conteneva importanti provvedimenti in attuazione della Direttiva 2009/52/CE, relativa a sanzioni e provvedimenti nei confronti di chi impieghi alle proprie dipendenze cittadini stranieri in condizioni di soggiorno illegale: garantivano retribuzioni e contributi previdenziali anche ai lavoratori immigrati privi di permesso di soggiorno assunti irregolarmente ed il diritto del sindacato a difenderli, prevedevano il rilascio di permesso di soggiorno temporaneo per ricerca lavoro per i lavoratori irregolari che denunciano lo sfruttamento lavorativo o le condizioni di illegalità del loro rapporto di lavoro e soprattutto prevedevano la non applicazione delle sanzioni a carico di quei datori di lavoro che scelgano di autodenunciarsi e siano disposti a regolarizzare la posizione dei lavoratori impiegati clandestinamente

Approvandole il Senato avrebbe completato il lavoro del Parlamento europeo sancendo che il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori migranti irregolari si combatte attraverso la lotta alla clandestinità prevedendo meccanismi permanenti di regolarizzazione. Ma la maggioranza, al Senato, ha stralciato l’articolo dal disegno di legge con la motivazione ufficiale che il Governo sta elaborando un provvedimento articolato in materia. Molto probabilmente il governo continua a credere nella logica sbagliata e fallimentare della legge Bossi-Fini secondo la quale l’immigrazione clandestina si combatte attraverso la lotta ai lavoratori migranti irregolari costretti a lavorare in nero.
Meno male che esiste l’Unione Europea.
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