Elezioni, un argomento per capire la differenza

Italia-razzismo
Suona un po’ stucchevole leggere, pressoché quotidianamente, che la campagna elettorale sarebbe ridotta o a defatiganti diatribe sulle alleanze o a scontri mediatici inutilmente chiassosi. Certo, c’è del vero, ma se appena lo si volesse la possibilità di discutere di programmi e contenuti esiste, eccome. Per dirne una: da mesi è noto che il primo provvedimento che un governo di centrosinistra, guidato da Pierluigi Bersani, è intenzionato a varare, è quello relativo alla riforma della cittadinanza.

In estrema sintesi la proposta prevede il rilascio della cittadinanza a chi è nato e cresciuto in Italia. Si tratta di un’importante novità perché attualmente chi nasca in Italia da genitori stranieri può chiedere la cittadinanza solo al compimento del diciottesimo anno di età. Non prima. Con la modifica proposta dal Pd, invece, la cittadinanza, ai figli di persone straniere, sarebbe concessa sin dalla nascita. E non solo. Potrebbe essere richiesta anche per chi, arrivato nel nostro Paese ancora minore, qui porti a termine almeno un ciclo di studi.
Il progetto del Pd ha un grande significato ed è assolutamente coerente con i mutamenti in corso nella nostra società. Basta pensare al fatto che l’attuale legge in materia di cittadinanza è entrata in vigore nel 1992 quando le persone straniere che risiedevano in Italia non raggiungevano il milione, e in questi vent’anni quel numero è cresciuto di cinque volte. In ogni caso già nel 1992 la legge risultava scarsamente lungimirante, infatti non considerava che gli immigrati presenti, con ogni probabilità, sarebbero stati raggiunti dai familiari e che qui sarebbero nati i loro figli.
Alcuni giorni fa un dispaccio dell’agenzia Ansa, compilato con l’abituale precisione, evidenziava nella maniera più limpida quanto il tema della cittadinanza consenta di distinguere tra programma e programma e, se permettete, tra destra e sinistra. In sintesi, scriveva l’Ansa, l’intero tema dell’immigrazione viene ridotto dal centrodestra «strettamente alla questione della sicurezza». Meglio di così non si poteva dire. Anche perché quello della cittadinanza tutto è tranne che un progetto filantropico o una mera prospettiva di solidarietà. E non è nemmeno una soluzione, la più intelligente e razionale, volta esclusivamente ad affrontare il nodo dei minori stranieri. È molto più. È un tratto fondamentale del disegno di una società all’altezza delle grandi trasformazioni in atto e delle nuove sfide poste ai sistemi democratici.
Una di queste, forse la più importante, riguarda non i sistemi di controllo delle frontiere e nemmeno le strategie di contrasto della criminalità proveniente da altri paesi: riguarda, bensì, la capacità di integrazione dei nuovi cittadini. È, dunque, la possibilità che le nostre società, per tanti versi invecchiate e sfibrate, ritrovino slancio, energie, opportunità di crescita. Insomma, lo facciamo «per noi», non «per loro».
l'Unità, 07-02-2013

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