Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 maggio 2012

Emergenza Nord Africa: ulteriore proroga di 6 mesi per i permessi umanitari agli immigrati tunisini.
Pubblicato nella GU del 21 maggio il DPCM 15 maggio 2012.
Immigrazioneoggi, 22-05-2012
Nella GU di ieri è stato pubblicato il DPCM 15 maggio 2012 che dispone la proroga di ulteriori sei mesi dei permessi di soggiorno per motivi umanitari già rilasciati a partire dall’aprile dello scorso anno a favore di cittadini nordafricani e prorogati una prima volta con il DPCM 6 ottobre 2011.
La misura, come spiegato nella premessa del provvedimento,  si colloca nel quadro dei rapporti di collaborazione con le autorità del nuovo Governo tunisino finalizzati al contrasto della tratta degli esseri umani e dell'immigrazione clandestina e consentirà anche sviluppare programmi per il rientro volontario nei Paesi di origine o di provenienza.



Terremoto, gli immigrati conquistano le tendopoli Gli italiani si arrangiano
Le strutture d'accoglienza sono piene di africani e slavi. Gli emiliani riparano i tetti sotto la pioggia. Gli islamici si rimboccano le maniche, i cinesi fanno affari
il Giornale, 22-05-2012
Stefano Filippi
Sotto la tettoia di legno si sono radunati in una quindicina, quattro famiglie che abitano lungo via Einstein a Massa Finalese. Due tavoli uniti, seggiole pieghevoli, in un angolo la griglia per la carne, su uno sgabello la macchina per il caffè espresso.
In una vaschetta di plastica nuota un pesce rosso, unico sopravvissuto dell’acquario mandato in frantumi dalle scosse. Per terra un boccione d’acqua dal quale grandi e bambini si tengono a distanza: è il loro personalissimo sismografo. La superficie che s’increspa è il segnale dell’ennesima scossa. E ieri la terra non ha smesso di tremare.
Davanti, lungo la strada, sono parcheggiati i loro giacigli. Auto dai vetri appannati piene di coperte, piumini, maglioni, peluche. Una felpa pende dallo specchietto retrovisore. Una bimba mostra un bernoccolo rosso sulla fronte: «Sono caduta correndo giù dalle scale». Gli adulti fanno il conto delle industrie inagibili, sarebbero oltre cinquemila i posti di lavoro a rischio. Poco distante, di un capannone è rimasta soltanto la facciata fronte strada e lungo un canale di bonifica l’ex salumificio Bellentani, una lunga costruzione in mattoni abbandonata da fine anni ’70, è un rudere irto di travi spezzate che spuntano dalle macerie.
Siccome sono costretti a stare a casa, meglio organizzarsi. Uno pensa a dove recuperare una piattaforma per sistemare le tegole, un altro raccoglie gli ordini per la spesa in uno dei rari supermercati aperti in zona: bisogna ripristinare le scorte, il cibo comincia a scarseggiare. È la vita dello sfollato. In paese la gente perde ore davanti alla camionetta rossa dove i vigili del fuoco raccolgono le segnalazioni di verifiche urgenti.
Piove a dirotto e fa freddo. Il sole si è fatto largo soltanto dopo le due del pomeriggio. La vita tra auto e tettoia è dura. Ma nessuno pensa a trovare riparo nella tendopoli allestita nel campo sportivo. Succede a Massa Finalese come in tutti i centri colpiti dal sisma. Meglio dormire in macchina piuttosto che nel pantano.
Gli ingressi delle tendopoli sono presidiati da stranieri. Nigeriani, marocchini, egiziani, slavi, tantissime donne velate. Gli uomini si appoggiano alle auto, le donne cercano di farsi largo e conquistare le tende. Anche il terremoto ha la sua burocrazia. Chi vuole un posto al coperto deve presentarsi alle roulotte-anagrafe del comune con i documenti, compilare moduli e dimostrare di abitare in una casa inagibile. Precedenza ad anziani, disabili e famiglie con bambini, poi tutti gli altri. Se l’abitazione non ha lesioni, gli abitanti devono tenersi la paura e rassegnarsi all’auto.
Ma anziani e handicappati vengono tenuti dai parenti in casa, se è agibile, oppure in macchina. «Non lascerei mai i miei genitori soli in questi momenti», dice una signora davanti a una gelateria di Sant’Agostino. Così la precedenza nelle prenotazioni delle tende va alle mamme con bambini. Che sono tutte, o quasi, straniere.
Da Sant’Agostino a Finale Emilia, le tendopoli ospitano pressoché solo immigrati. Arrivano con i piccini in braccio e abitano in edifici rurali danneggiati. I più fortunati dispongono di tende blu con luce e riscaldamento, per gli altri è questione di pazientare qualche altra ora.
Pochissimi italiani hanno scelto le tendopoli. Preferiscono arrangiarsi anche per farsi da mangiare o sistemare i tetti pericolanti. Le operazioni di controllo sulla staticità degli edifici potrebbero durare settimane e il fai-da-te non ha alternative. Il numero degli sfollati è cresciuto rispetto alle prime stime di circa tremila persone. Ieri erano quasi il doppio: tremila in provincia di Modena, 1.500 nel Ferrarese e il resto tra le province di Bologna e Mantova. Entro oggi dovrebbe essere completato l’allestimento dei campi di prima accoglienza sotto il coordinamento della Regione Emilia Romagna e la collaborazione di altre cinque regioni (Umbria, Marche, Trentino, Friuli Venezia Giulia, Toscana). I volontari coinvolti sono un migliaio. Prima di montare le tende occorre eliminare il pantano, e decine di camion fanno la spola da una tendopoli all’altra scaricando ghiaino.
Tra domenica e ieri la gran parte delle popolazioni senza tetto ha dormito in auto.
I posti tenda erano ancora pochi e comunque tanti hanno preferito non allontanarsi troppo dalle proprie abitazioni. La casa, la famiglia, i parenti più bisognosi. Il terremoto ha costretto la gente d’Emilia a rifare ordine tra le loro priorità.



Una mano dagli stranieri, c’è l’immigrato ad aiutare
Corriere.com, 22-05-2012
FINALE EMILIA (MODENA) - Storie di immigrati che condividono la tragedia del terremoto, nelle strade, in casa, nelle tendopoli allestite nei paesi epicentro del sisma dell’Emilia. Piccole storie di uomini e di donne che vanno oltre il colore della pelle, che si guardano negli occhi e si aiutano condividendo un letto, un pasto, scambiandosi due parole contro la paura. Una storia è quella di un giovane indiano, studente di medicina. Non ha voglia di perdere tempo in questi momenti di emergenza. C’è da aiutare un’anziana signora italiana con difficoltà motorie accompagnandola dalla brandina ai bagni chimici. Fa parte dei volontari della Croce Rossa impegnati a Finale Emilia, paese tra i più colpiti dal sisma. Il giovane aspirante medico è nell’accampamento realizzato dalla Protezione civile nei pressi del palazzetto dello sport del paese. Fa parte di un gruppo al quale è stato affidato il compito di seguire le persone che hanno bisogno di assistenza tra quante alloggiate nella struttura sportiva. Il suo è un nucleo di cinque giovani alle prime esperienze con questo tipo di emergenze. Un’altra storia è quella di Angela Mazilu, moldava, presidente dell’Associazione Migranti Est Europeo di Mirandola, cittadina a una ventina di chilometri da Finale. «Facciamo le cose che fanno tutti in questo momento - dice - piccoli gesti cercando di aiutare chi ci sta vicino senza guardare se è bianco o nero, italiano o straniero. Ho fatto compagnia per tutta la tremenda alba del terremoto di domenica a un nostro vicino di casa novantenne, italiano, che vive da solo». C’è poi la storia forse impropria, ma emblematica, della comunità cinese di Finale e Sant’Agostino, ormai monopolista nel settore bar-caffetteria del territorio. Forse a loro insaputa, ieri come domenica, questi baristi orientali hanno permesso agli italiani di consumare il loro quotidiano rito mattutino: il caffè o un cappuccino e un cornetto al banco.



Immigrati, il gioco delle tre tavolette
WALTER PASSERINI
La Stampa, 22-05-2012
Brutto segnale da parte del governo sulla questione degli immigrati. Nel giorno in cui l'Istat segnala che tra il 2007 e il 2011 in Italia si sono persi un milione di posti di lavoro, compensati da 750mila assunzioni di stranieri, il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, annuncia lo stop ai flussi di immigrati in entrata nel nostro paese. Si tratta di una linea di continuità con le scelte di quei governi precedenti che, fingendo l'efficacia dei decreti flussi, cercavano di nascondere la portata reale del problema.
Un'ipocrisia di Stato, che di fronte all'ineluttabilità e alla strutturalità dei fenomeni migratori, anziché gestire gli afflussi in modo selettivo, qualitativo, civile e umanitario, preferisce nascondersi dietro misure demagogiche e virtuali. Forse non servirà nemmeno più agli italiani sapere che i tre quarti dei posti persi sono andati a stranieri: non si tratta degli stessi posti, ma di lavori di cura o pericolosi che gli italiani non vogliono più fare, come insegna la regolarizzazione di colf e badanti. Tuonare contro i flussi significa lasciare andare gli arrivi alla deriva, che popoleranno di fantasmi i nostri incubi notturni. Fino alla prossima sanatoria.



Salute: aumentano gli immigrati che ricorrono alla chirurgia estetica, sono il 6% dei pazienti.
Commercianti cinesi e donne dell’Est europeo secondo i dati dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) di Roma.
Immigrazioneoggi, 22-05-2012
Aumenta la chirurgia plastica tra gli immigrati, in particolare tra la comunità cinese e quelli originari dell’Europa dell’Est. È quanto risulta da uno studio dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) di Roma che, tra i pazienti, vede rappresentati gli immigrati in misura del 6%.
Secondo Ezio Maria Nicodemi, dirigente chirurgo plastico, le “richieste di interventi da parte di cittadini stranieri che vivono da più o meno tempo in Italia stanno diventando un fenomeno sempre più diffuso, soprattutto nella grande comunità cinese”.
Per Nicodemi, le richieste dei cittadini cinesi rappresentano circa un terzo del totale degli interventi effettuati sugli stranieri perché “desiderano uno sguardo più occidentale”. Spiega il medico che, per questi “l’intervento che va per la maggiore è quello di blefaroplastica, atto alla ricostruzione della palpebra attraverso l’eliminazione di lembi di pelle con lo scopo, in questo caso, di togliere quel tipico accento orientale allo sguardo. Vengono spesso in coppia e la maggior parte di loro appartiene al ceto medio-alto della comunità. Sono piccoli e medi imprenditori, che gestiscono attività commerciali e bar”.
Oltre che dai cinesi, “molte richieste arrivano anche dalle donne dell’Est europeo, con Russia e Polonia in testa”, prosegue Nicodemi. “Chiedono filler e tossine botuliniche per riempire le rughe e ridare tono e luminosità al proprio viso, ma soprattutto protesi al seno. In questo caso – conclude – a farlo sono anche colf e badanti, che riescono a mettersi da parte una somma, magari non mandando a casa tutti i soldi che guadagnano”.



A Roma la seconda edizione della Settimana della cultura islamica.
Ha preso il via ieri la rassegna culturale promossa da Comune di Roma e dal Centro Islamico Culturale d’Italia.
Immigrazioneoggi, 22-05-2012
Presentata ieri in Campidoglio, a Roma, la seconda edizione de La settimana della cultura islamica, rassegna culturale ideata e realizzata da Roma Capitale con il Centro Islamico Culturale d’Italia, con il patrocinio delle Isesco.
Fino al 28 maggio la Capitale sarà teatro di incontri, convegni e manifestazioni per promuovere il dialogo tra i popoli e le diverse religioni che vi convivono.
La manifestazione è stata presentata ieri dal sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno, dell’ambasciatore dell’Arabia Saudita Al Gamdhi e del segretario generale del centro islamico Abdellah Redouane. L’edizione di quest’anno ha per focus il Golfo, terra culla dell’Islam. I Paesi protagonisti sono Kuwait, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, Paese quest’ultimo che festeggia quest’anno gli 80 anni di rapporti diplomatici con l’Italia. L’iniziativa mira a far conoscere la profonda spiritualità della cultura islamica e favorire una pacifica convivenza tra i popoli.
La settimana ha avuto inizio il 20 maggio con l’apertura al pubblico della Moschea di via dei Quinzi dove è esposta la mostra fotografica dal titolo Il pellegrinaggio. Gli otto giorni proseguiranno coinvolgendo musei come quelli Capitolini in una mostra sulle monete islamiche, e il Museo di Roma in Trastevere dove verrà proiettato il documentario Somalia: un leone senza denti di Piero Marrazzo. Le biblioteche di Roma verranno coinvolte con presentazione di testi e luoghi cardine della Capitale ospiteranno varie iniziative. In piazza Navona ad esempio, mercoledì 23 alle 18, verrà allestita una tenda Funduq tradizionale del deserto del Marocco.
La Grande Moschea proporrà due grandi convegni: Islam e Università, alla presenza del sindaco Alemanno, mercoledì 23 maggio alle 9.30 e Averroè, pensiero, opere e attualità sabato 26 maggio sempre alle 9.30.



L'immigrato di Olav Hergel
Wuz.Cultura&Spettacolo, 22-05-2012
Ti dissi che non dovevi portare il velo in Danimarca, ma tu non sopportavi che qualcuno ti dicesse che cosa dovevi o non dovevi fare. Ti dissi di non immischiarti quando nostro figlio fu messo in carcere, ma tu ti sei immischiata e l’hai fatto uscire, e hai fatto venire a galla la verità. Ti ho detto così tante cose e tu hai fatto come volevi. Non so se potrò vivere senza di te, ma so che devo dirti e voglio dirti qualcosa. Quando incontrerai Allah in cielo, digli che abbiamo bisogno di lui. Digli che abbiamo bisogno di lui più che mai. E se incontri il dio cristiano, salutalo e digli la stessa cosa. Digli che abbiamo bisogno di lui.
Zaki el Aziz, origine marocchina, immigrato in Danimarca con i genitori quando era bambino. La sua è una famiglia modello, un esempio di perfetta integrazione. Il padre e la madre hanno lavorato duro, hanno raggiunto un certo benessere, hanno educato i due figli insegnando loro che devono impegnarsi più dei danesi per essere rispettati e accettati alla pari in un paese che è noto per la sua severa politica sull’immigrazione. Zaki è uno studente brillante, ha appena conseguito la maturità con un alto punteggio: vuole studiare giurisprudenza. Per festeggiare il diploma va in discoteca con due amici e un altro ragazzo che si è aggregato, anche se la sua presenza non è gradita. Si sa che va in giro armato - gli fanno gettare via il coltello, meglio non correre rischi. Non sanno che però ne ha un altro.
La serata è la cronaca di una tragedia annunciata. Il buttafuori Micky Madsen è gentile solo in apparenza con i tre ‘musineri’. In realtà, con uno o l’altro pretesto, li tiene fuori ad aspettare per un’ora e mezzo, fa entrare altri che sono arrivati dopo di loro. Zaki non contiene la rabbia, lo colpisce con una testata. Il resto - la rissa, il parapiglia, la morte di Madsen - è scontato. Come è scontata, nell’atmosfera razzista della Danimarca, l’aurea di eroe martire intorno a Madsen. Come la caccia alle streghe che si scatena, con la richiesta di pene più pesanti per i criminali mussulmani. Zaki sarà arrestato. È innocente, ma non apre bocca.
Dopo il provocatorio romanzo pubblicato nel 2010, Il fuggitivo, lo scrittore giornalista danese Olav Hergel ritorna con un altro romanzo, L’immigrato, altrettanto provocatorio, con un tema altrettanto forte che tocca nel profondo anche noi italiani, soggetti ad un’ondata immigratoria che sfugge ad ogni controllo e razzisti in maniera più o meno dissimulata. Ritorna anche il personaggio della giornalista Rikke Lyngvig, che era uscita penalizzata dalla posizione presa nei confronti del terrorista nel libro precedente, retrocessa al giornalismo online. Eppure Rikke non è cambiata. È nella sua natura gettarsi a capofitto nelle imprese disperate, impegnandosi in prima persona in cause impopolari in difesa della verità, per scomoda o pericolosa che sia.
Negli anni ‘90 il governo socialdemocratico danese ha incominciato la ricostruzione dell’economia e in dieci anni la Danimarca è passata dall’essere ‘il piccolo e mite paese europeo al piccolo e duro paese europeo’. È diventata la nazione più ricca d’Europa ma è anche aumentata la criminalità, sono aumentati gli episodi di violenza negli scontri tra gang. Il governo è tenuto in scacco dal Partito Popolare e si limita a dire che è colpa della società.
Il romanzo di Hergel affonda nei diversi strati di questa problematica: ci mostra l’indecisione del primo ministro (che si acquista i consensi della destra presenziando al funerale del buttafuori), la concorrenza tra le varie testate giornalistiche, incerte tra il diritto dei lettori alla verità e il probabile calo delle vendite se offuscano il personaggio di Masden, insinuando che aveva provocato i ‘musineri’ con il suo atteggiamento discriminatorio. Ci mostra infine l’identità tormentata della comunità degli immigrati, consapevoli che,  nonostante gli sforzi e l’impegno, nonostante si siano guadagnati la cittadinanza danese, nonostante che il paese che li ha accolti non possa fare a meno della loro forza-lavoro, restano sempre cittadini di serie B. Sono perennemente lacerati tra due lealtà, tra il timore di tradire la loro gente - timore che è una concreta paura di feroci rappresaglie - e l’imperativo etico di obbedire alle leggi del paese che li ha ospitati e che, malgrado tutto, gli ha aperto una porta sul futuro.

 

Il caso Ocalan
Il giorno 28 maggio 2012 dalle ore 11,00 alle ore 16,00 presso la Sala Europa della Corte di Appello di Roma, Via Romeo Romei 2 (ingresso da Piazzale Clodio - Via Golametto), le associazioni Progetto Diritti, Europa Levante, Antigone, Giuristi Democratici, A buon diritto, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione organizzano un convegno sul tema

                                       CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

                                    Divieto della tortura e dei trattamenti INUMANI E DEGRADANTI

                                                                       iL CASO OCALAN


    Relazione di Mauro Palma, già presidente del Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio di Europa, sulle     condizioni di prigionia e sullo stato di isolamento in Turchia del leader curdo Abdullah Ocalan – a cui l’Italia      ha    riconosciuto l’asilo politico – che si protrae dal 1999.

                                                                                         Intervengono

Roberto d'Errico, responsabile della Commissione carcerazione speciale e diritti umani Unione Camere Penali Italiane

                                                                      Luigi Saraceni, difensore di Ocalan

                           Arturo Salerni, del collegio difensivo di Ocalan in Italia, Presidente di Europa Levante

                            Mahmut Sakar, difensore di Ocalan in Turchia, Vice Presidente di MAFDAD in Germania

                                                                Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone

          Fabio Marcelli, Istituto Studi Giuridici Internazionali Consiglio Nazionale delle Ricerche, Giuristi Democratici

                                                               Luigi Manconi, Presidente di A buon diritto

                                                              Mario Angelelli, Presidente di Progetto Diritti

                              Lorenzo Trucco, Presidente dell’ Associazione per gli studi Giuridici sull’Immigrazione

                                                              Valerio Savio, magistrato del Tribunale di Roma

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