Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

23 aprile 2013

Sono 473 i centri di detenzione per immigrati nell’Ue, la campagna degli europarlamentari “Open Access Now” per visitarli tutti.
Domani a Bruxelles una conferenza per illustrare l’esperienza dei primi due anni di attività.
Immigrazionneoggi, 23-04-2013
Da circa dieci anni le politiche europee d’asilo e immigrazione hanno determinato un aumento del numero di centri di detenzione per migranti. Nella Ue e alle sue frontiere meridionali e orientali, il loro numero è passato da 324 nel 1999 a 473 nel 2011, senza contare i luoghi invisibili di detenzione come commissariati o cabine delle navi, cui si ricorre temporaneamente, ma regolarmente.
È quanto si legge in una nota della campagna Open Access Now lanciata a ottobre del 2011 da Migreurop e Alternative europee, annunciando che, tra aprile e giugno 2013, diversi membri del Parlamento europeo effettueranno visite in diversi luoghi di detenzione “per continuare a compilare un inventario delle condizioni di vita all’interno di questi centri che restano molto spesso opache”.
Sempre nell’ambito della campagna Open Access Now, si terrà domani al Parlamento europeo a Bruxelles una tavola rotonda con giornalisti, parlamentari e rappresentanti della società civile che testimonieranno le loro esperienze di visita. A seguire, gli aspetti problematici dell’accesso ai centri di detenzione saranno presentati attraverso gli interventi del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dell’Associazione per la prevenzione della tortura. L’obiettivo di questo incontro e delle visite parlamentari, conclude la nota, è rafforzare la vigilanza, sottolineare la necessità di trasparenza su questi luoghi e dare maggiore visibilità ai problemi legati alla detenzione dei migranti per incoraggiare evoluzioni legislative nazionali ed europee verso un maggior rispetto dei diritti umani.



"Noi rifugiate come pacchi" la lettera-appello alla Boldrini La risposta della presidente
In 45 scrivono una lettera alla presidente della Camera per chiedere aiuto. "Chiediamo un trattamento dignitoso. Vogliamo i nostri documenti"
la Repubblica.it, 23-04-2013
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - "Basta essere trasferite come pacchi. Chiediamo un trattamento dignitoso. Vogliamo i nostri documenti e chiediamo di essere trattate come esseri umani e di essere libere di determinare le nostre vite". Quarantacinque donne eritree, rifugiate politiche in Italia, prendono carta e penna per denunciare il proprio stato di abbandono: un'ulteriore testimonianza di come la cosiddetta "Emergenza Nord Africa" - dichiarata formalmente chiusa dal governo il 28 febbraio scorso - si ripercuota ancora sulla vita dei migranti che si trovano nei vari centri d'accoglienza. La loro lettera è indirizzata a Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati (ed ex portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati).
La risposta della Boldrini. "Posso assicurarvi che mi farò carico di veicolare la vostra richiesta al ministero dell'Interno per sollecitare una soluzione che vada incontro alle vostre esigenze e a quelle dei vostri figli". "Dopo tanti anni di lavoro con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, - spiega Boldrini - so bene quanto difficile sia la situazione dei rifugiati e in particolare delle donne. La difficoltà di ritrovarsi da sole, in un Paese straniero, senza conoscere la lingua, senza un sostegno, a reinventarsi una vita spesso con i figli piccoli al seguito". "La lettera che mi avete mandato mi ha colpito. - dice ancora - Sapere della vostra vita in Italia, caratterizzata da continui trasferimenti, con tutte le conseguenze che ciò comporta, soprattutto per i bambini e la loro iscrizione a scuola, evidenzia come l'attuale sistema trascuri le esigenze indispensabili per favorire un processo di integrazione. Mi riferisco in particolare alla difficoltà di dover ricominciare ogni volta da zero, per di più dopo essere state sistemate in zone isolate, lontane dai centri abitati".
La lettera: "Condizioni di vita indecenti". "Siamo un gruppo di 45 donne eritree rifugiate politiche. Tra di noi ci sono anche 2 donne incinta e 4 bambini - scrivono le donne assistite dall'associazione InfoMigrante  - Siamo arrivate a Lampedusa ad agosto 2012, da lì siamo state trasferite in un centro di accoglienza a Tivoli, vicino Roma. La posizione del centro era completamente isolata dal centro abitato di Tivoli, mal collegata con Roma e strutturalmente inadatta ad assicurare condizioni di vita decenti: i muri perdevano continuamente acqua perché le condutture erano rotte, i termosifoni non funzionavano e c'erano solo 4 bagni chimici per un totale di 79 ospiti. C'era una mancanza di servizi: all'interno della struttura, nessun dottore è mai venuto a visitarci; per molto tempo non abbiamo avuto nemmeno la possibilità di ricevere trattamenti medici nelle strutture esterne al centro perché, senza documenti, non potevamo chiedere la carta sanitaria; molto spesso gli operatori amministravano le medicine per le nostre malattie ma, ovviamente, non erano persone competenti a comprendere i nostri dolori e spesso davano a tutti noi le stesse medicine. Nonostante queste povere condizioni, siamo state in grado di assicurarci i diritti minimi: carta sanitaria e registrazione dei nostri figli a scuola, ma non un servizio di trasporto".
Come "pacchi" da un centro all'altro. "A dicembre, senza alcun avvertimento, come se non avessimo il diritto di essere consapevoli delle nostre vite, la cooperativa ha deciso di metterci su un autobus e "spedirci" in un altro centro, quello dove siamo oggi, a Ponton dell'Elce, una frazione del comune di Anguillara, ancora più isolato e collegato male con il centro abitato e con Roma. All'inizio eravamo 110 persone di diverse nazionalità. Per arrivare alla fermata dell'autobus dobbiamo camminare per un'ora in una strada buia e senza marciapiede. Per la seconda volta siamo state costrette a subire lo stesso trattamento: lunghe attese per avere un dottore nel paese più vicino, mesi di attesa prima di raggiungere un accordo con la cooperativa per mandare a scuola i nostri figli, nessun servizio di trasporto per assicurare almeno una connessione con i servizi essenziali come scuole e ospedali. Una situazione molto difficile che è stata aggiunta al nostro stato di stress e alla nostra attesa preoccupata per l'intervista con la Commissione e per il risultato finale. Ancora una volta ci siamo organizzate da sole e, dopo aver fatto molte pressioni sulla cooperativa, abbiamo ottenuto l'assistenza medica e l'iscrizione dei nostri figli a scuola. Ma, come se non fosse abbastanza, a marzo la cooperativa ha deciso di farci partire di nuovo per tornare al centro di Tivoli, senza darci nessuna spiegazione".
La protesta delle donne. "A quel punto alcune di noi hanno deciso di dire che era abbastanza e hanno rifiutato di essere trattate come "pacchi", scegliendo di continuare a rimanere nel centro, nonostante l'opposizione della cooperativa. Dopo di questo, siamo state abbandonate a noi stesse, senza operatori e senza medicine. Nel centro abbiamo soltanto l'operatore che viene giornalmente a portarci il cibo. Oggi, per la terza volta, la cooperativa ci ha informato che lunedì (22 aprile) dovremmo lasciare il centro per essere trasferite ancora una volta a Tivoli. Nonostante il centro in cui viviamo non sia per niente un luogo degno e nonostante le condizioni non siano delle migliori, durante questi mesi siamo state capaci di costruire un'interazione con gli abitanti del paese e di costruire qualche tipo di relazione con il territorio. Inoltre, siamo sicure che le condizioni del centro di Tivoli non sono migliori. Vogliamo soltanto i nostri documenti e chiediamo solo di essere trattate come esseri umani e di essere libere di determinare le nostre vite. Chiediamo un trattamento dignitoso e di essere accolte in strutture che non si siano situate fuori dalla società". Firmato: Rifugiate eritree di Anguillara.



Accordo di cooperazione tra Italia e Tunisia, oggi la visita ufficiale del ministro Cancellieri.
Il ministro dell’Interno a Tunisi incontrerà i ministri dell’Interno e degli Esteri su questioni in materia migratoria e di formazione delle forze di polizia.
Immigrazioneoggi, 23-04-2013
Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, inizia oggi la visita ufficiale a Tunisi per partecipare alla cerimonia di consegna alle autorità tunisine di alcune imbarcazioni, tra cui due pattugliatori, e fuoristrada che saranno impiegati, in attuazione dell’Accordo di cooperazione tra Italia e Tunisia, per il controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo.
La visita del ministro Cancellieri in Tunisia, si legge in una nota del Viminale, proseguirà poi nella giornata di mercoledì 24 aprile con una serie di colloqui con il ministro dell’Interno, Lotfi Ben Jeddou e degli Affari esteri, Othman Jerandi e con il primo ministro tunisino, Ali Larayedh, nell’ambito della collaborazione tra i due Paesi in materia migratoria, con particolare riferimento alla lotta alle organizzazioni criminali che sfruttano le condizioni di bisogno di migranti, in materia di sicurezza e di formazione delle forze di polizia.



Spagna: con la crisi diminuisce la popolazione, gli immigrati lasciano il paese
Atlas, 23-04-2013
Per la prima volta in 17 anni la Spagna ha visto nel 2012 il numero dei suoi abitanti diminuire e la causa è la crisi economica che colpisce il paese e che ha spinto alla ‘fuga’ molti immigrati stranieri.spagnamigranti
Secondo i dati diffusi ieri sera e relativi all’ultimo censimento realizzato dal registro anagrafico dell’Istituto nazionale di Statistica, il numero di abitanti della Spagna è sceso lo scorso anno di 205.788 persone, prevalentemente a causa della riduzione nelle comunità di immigrati provenienti da Colombia ed Ecuador.
Secondo i dati provvisori, al primo  gennaio 2013, la popolazione spagnola contava 47,1 milioni di persone: di questo totale, 41.539.400 hanno nazionalità spagnola e 5.520.133 sono stranieri, ovvero l’11,7% del totale degli iscritti.
“Si tratta del primo calo dal 1996, primo anno in cui si sono cominciati a raccogliere dati ufficiali  – evidenzia in un articolo dedicato al tema il principale quotidiano spagnolo El Pais - Da allora la popolazione registrata in Spagna è aumentata ogni anno, principalmente a causa dell’arrivo di immigrati stranieri. Ma la partenza degli immigrati provocata dalla crisi economica ha causato un declino che è andato aumentando negli ultimi anni”.
Così, sottolinea il quotidiano spagnolo, nel 2011 ci sono stati 15.229 stranieri registrati meno. E nel 2012 la comunità di immigrati è calata di altre 216.125 persone fino a raggiungere i 5,5 milioni.
Il censimento rileva che solo tre nazionalità hanno visto nel 2012 aumentare il numero dei propri immigrati, andando in controtendenza: Cina, Pakistan e Italia.



 

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