Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

20 maggio 2014

Soccorsi due barconi, salvati cento bambini
A Sud di Capo Passero, un natante era in difficoltà ed era trainato dall'altro
la Repubblica.it, 20-05-14
Due imbarcazioni cariche di immigrati sono state soccorse a Sud di Capo Passero, l'estremità meridionale della Sicilia, dopo essere state localizzate dall'elicottero di bordo della fregata "Grecale". I natanti erano in difficoltà, e uno dei due rimorchiava l'altro che era in avaria, con proibitive condizioni del mare.
Gli uomini della Marina militare hanno distribuito salvagente ai passeggeri e quindi hanno proceduto al loro trasbordo sia sulla ''Grecale" sia sul pattugliatore "Foscari" intervenuto successivamente. Alle operazioni, continuate durante tutta la notte, hanno partecipato anche alcune navi mercantili. Tra i profughi, molte donne
e oltre 100 bambini.
Visto il peggioramento delle condizioni del mare, si è poi deciso di sospendere il trasbordo in attesa di un miglioramento. Le navi della Marina sono rimaste in prossimità dei natanti per fornire assistenza e oggi completeranno l'imbarco dei migranti.



Onu: bene l'Italia sui migranti, va aiutata
Avvenire, 20-05-14
"Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha espresso ripetutamente il suo apprezzamento per gli sforzi dell'Italia di farsi carico per conto dell'Europa del problema dei migranti": lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric. "L'Alto Commissario Onu per i diritti umani e l'intero sistema delle Nazioni Unite - ha aggiunto - hanno sottolineato che questo problema è troppo grande per un solo Paese ed è necessario un approccio regionale e internazionale".
Il portavoce del Palazzo di Vetro ha anche sottolineato come Ban Ki-moon e l'intero sistema Onu stanno seguendo "molto da vicino" la situazione nel Mediterraneo e gli ultimi tragici tentativi di sbarco sulle coste di Lampedusa.  "Il segretario generale - ha ribadito Dujarric - ha sollevato la questione dei migranti nei suoi incontri con i funzionari italiani e anche a livello di Unione europea".



Napolitano: "Gli sbarchi sono una tragedia, serve cooperazione Ue"
Il Capo dello Stato: "Troviamo una certa sordità in Europa. Distinguere richiedenti asilo e migranti economici. L'operazione Mare Nostrum ha un ruolo cruciale"
stranieriinitalia.it, 20-05-14
Roma - 20 maggio 2014 - "Oggi siamo di fronte all'assoluta esigenza di ottenere un operativo e concreto modello di cooperazione con l'Unione Europea" di fronte ai flussi di persone che stanno investendo la porta sud dell'Europa, e l'Italia è "la principale".
Lo ha detto ieri sera il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlando a Ginevra ai funzionari italiani delle Nazioni Unite.
"C'é la drammatica necessità - ha aggiunto - di non chiudere gli occhi di fronte a questa tragedia" e purtroppo "troviamo una certa sordità dell'Ue" ha detto il Capo dello Stato. Secondo Napolitano infatti "non si riesce a far entrare negli schemi della Ue un uso effettivo di Frontex". Tutto ciò, "senza considerarci l'unico Paese con problemi di questo tipo, ma dovremo anche ottenere un maggior sostegno da parte delle istituzioni europee".
Napolitano ha ricordato come ormai sia aumentata "l'ondata di richiedenti asilo" che vogliono entrare nell'Unione europea. Oggi l'Italia registra "difficoltà notevoli di accoglienza" ed è "consapevole che su questo terreno piovono critiche pungenti, sulle strutture, sulle procedure, sull'accoglienza ed anche l'inserimento di chi ottiene lo status di rifugiato".
Per questo serve la "cooperazione dell'Ue" e serve anche cercare di superare "una grave incomprensione anche dell'opinione pubblica sulla netta distinzione"  che c'è tra chi si muove "per ragioni economiche e quanti spesso per drammatiche condizione politiche nei loro Paesi chiedono asilo".
L'Italia sta portando avanti "una missione faticosa, costosa e molto coraggiosa, come Mare Nostrum, alla quale noi assegniamo, piaccia o no, un ruolo cruciale", ha ricordato il Presidente, sottolineando l'impegno di Marina Militare, Guardia Costiera e Guardia di Finanza "per il salvataggio in mare dei disperati". Persone sfruttate "da clan criminali e qualche volta anche da governanti poco attenti alla vita, tipo Muammar Gheddafi che manovrava il flusso dalla Libia" a suo piacere.



Bagnasco: «Dignità per i migranti»
Avvenire, 20-05-14
?Davanti alle "sciagure e drammi" che si ripetono nel Mediterraneo, "rispetto ai quali nessuno può rimanere indifferente", per il cardinale Angelo Bagnasco "non basta l'indignazione occasionale". "Se l'Europa vuole presentarsi come 'casa comune', e non un insieme di interessi dove chi è più forte prevale, non può tirarsi indietro e guardare infastidita", ha detto il presidente della Cei intervenuto in apertura della seconda giornata dei lavori della 66esima Assemblea Generale dell'Episcopato Italiano, introdotta ieri da Papa Francesco. "Sotto i nostri sguardi - ha rilevato il cardinale Bagnasco - si consuma l'esodo di popoli che guardano a noi come alla terra promessa: pur di giungervi, non esitano a mettersi nelle mani di mercanti di morte". "Sappiamo - ha aggiunto - che le risposte immediate devono raccordarsi con interventi più articolati, che richiedono prospettive più ampie e risolutive". "Per questo - ha spiegato il cardinale presidente a nome dell'intero episcopato italiano - non possiamo rinunciare a dire alla politica, specialmente alla politica europea, la sterilità di polemiche che rimbalzano le responsabilità". "Ricordiamo: nessuno - ha scandito Bagnasco - si salva da solo. Serve altro per accordare vita e dignità a chi è in fuga dalla fame, dalla guerra, da regimi che soffocano la libertà politica, religiosa e ogni prospettiva di futuro".
"La nostra gente - ha sottolineato il cardinale - lo sa e risponde con la generosità del cuore: penso a tante realtà diocesane, cresciute negli anni, impegnate quotidianamente sul fronte dell'accoglienza, dell'assistenza, della tutela dei cittadini stranieri, della loro dignità e sicurezza". Un'accoglienza che Bagnasco ha descritto come "semplice e cordiale, fatta di gesti concreti, che grazie alla rete delle parrocchie, delle Caritas diocesane, di Migrantes, di tante associazioni, intesse l'ordito di una presenza capillare sul territorio, cui s' accompagna anche un processo culturale, capace di evitare sia le semplificazioni che le paure ingiustificate". "Entrambe - ha concluso l'arcivescovo di Genova - sono forme di discriminazione".
Bagnasco ha parlato poi della crisi che continua a colpire soprattutto il mondo del lavoro e che sta "nel nostro Paese congelando un'intera generazione e desertificando la società dei giovani" occorre tornare subito a investire con coraggio e a far partire misure "efficaci e veloci" di agevolazioni fiscali soprattutto a quegli imprenditori "disposti a coinvogersi per creare lavoro".
La crisi, ha ricordato, ha in questi anni "impoverito drammaticamente tanta gente, rubandole la dignità e rendendola bisognosa anche del pane quotidiano". Di fronte alla "precarietà lavorativa e alla disoccupazione", ha aggiunto Bagnasco, occorre fare un "appello alla responsabilità di tutti: in particolare "chiediamo a chi ne ha la possibilità di investire con coraggio accettando di affrontare i rischi di questa stagione, senza attendersi, specie nel breve tempo, grandi ritorni. Nel contempo chiediamo che siano reali, efficaci e veloci le misure di agevolazione fiscale agli imprenditori disposti a coinvolgersi per creare lavoro".
Bagnasco ha parlato anche di famiglia, dopo il richiamo di ieri del Papa. Con "fermezza" la Chiesa italiana chiede alle autorità responsabili "di avviare politiche che esprimano un sì convinto alla 'famiglia senza surrogatì" e "politiche attente a rendere meno difficile e gravosa la formazione, quindi la generazione e l'educazione dei figli, specie se malati, la cura e l'assistenza degli anziani".
Il presidente del vescovi italiani ha anche chiesto "che la famiglia, fondata sul matrimonio, non sia messa sotto scacco da una cultura insistente e monocorde che - ha aggiunto - pretende di 'ridefinire' il volto stesso dell'amore favorendone la fragilità, anzichè aiutarlo a superare anche per il bene dei figli, le inevitabili prove".
Secondo Bagnasco "snaturare la famiglia significa scendere nel più profondo fino a toccare le corde dell'umano e sciogliere la persone dentro rapporti liquidi e insicuri".
Altro tema toccato quello dell'istruzione in una scuola che deve diventare sempre più "un tassello decisivo nella costruzione della città dell'uomo". A cuore dei vescovi vi è poi quella che è stata definita "la piaga del gioco d'azzardo che - si mette in rilievo - in
termini di risorse, consuma molto di più di quanto porti alle casse dello Stato" e che, purtroppo, coinvolge sempre più le nuove generazioni".



Immigrazione: New york Times a sostegno dell’Italia
Direttanews.it, 19-05-14
Il tema della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo e dell’immigrazione in Italia arriva sulle pagine del prestigioso quotidiano americano New York Times (Nyt) che si schiera con il belpaese.
Infatti, il quotidiano in un articolo ha evidenziato l’egregio lavoro effettuato dall’Italia per gestire gli sbarchi sferzando invece una critica all’Unione Europea che non dovrebbe lasciare il belpaese farsi carico da solo dell’emergenza.
“L’operazione Mare Nostrum ha salvato molte vite” scrive il Nyt che cita i dati della Marina Militare Italiana riportando che recentemente, in soli ci



(In)visible cities: così la diaspora africana si ritrova nelle città parallele
Dal Regno Unito alla Cina, una giornalista italo-congolese e un regista italiano fanno il giro del mondo per raccontare quei luoghi “visibilissimi e invisibili al tempo stesso” dove si concentrano le storie belle e brutte dei migranti dei paesi sub-sahariani
Redattore sociale, 20-05-14
Quartieri multiculturali, ghetti, enclavi etniche: lontano dai riflettori, in ogni grande città si sviluppano città parallele. Si guardano in modo distratto attraverso i finestrini dei treni o dei bus, ma raramente ci si sofferma a osservarle da vicino. A separarle dal resto del centro urbano in cui sono racchiuse c’è un muro di stereotipi e l’idea che in quelle strade malfamate sia meglio non passarci. (In)visible cities, il documentario della giornalista Beatrice Ngalula Kabutakapua e del regista Gianpaolo Angelo Bucci, cerca di abbattere quel muro e andare a scoprire cosa vi sia al di là.
“Le città di cui parliamo nel documentario sono visibilissime e invisibili al tempo stesso: tutti sanno della loro esistenza, eppure sono invisibili per i media. Vengono considerati posti degradati e pericolosi, dove nessuno vorrebbe andare”, spiega Beatrice, giornalista freelance di origini congolesi ma nata in Italia.
Il documentario racconta le storie della diaspora africana sub-sahariana in tredici città in cinque continenti. Le riprese sono iniziate a Cardiff nel marzo 2013 e finora sono state completate le tappe di New York, Los Angeles e Istanbul. La prossima meta sarà Bruxelles, seguita da Oslo, Tokio, Brisbane, Guangzhou, Tel Aviv, Cairo, Lisbona e Buenos Aires. Presentato in anteprima al Festival del giornalismo di Perugia, il documentario è tra i candidati all’International Film festival di Seul.
Il progetto era nato come reportage foto-giornalistico sulle comunità sub-sahariane in alcune città europee, ma l’incontro con Gianpaolo spinge Beatrice a trasformarlo in qualcosa di più ambizioso e internazionale. Ogni tappa dura da uno a tre mesi ed è preceduta da un lungo lavoro di ricerca, sulle politiche migratorie, sull’urbanistica, sulla storia delle migrazioni verso quell’area. “Cerchiamo di restare a lungo nella comunità per costruire un rapporto profondo con le persone che intervistiamo – dice Beatrice – Viviamo, mangiamo e dormiamo con loro anziché limitarci a puntar loro il microfono contro nel momento dell’intervista. E quando conosci le persone da vicino, è più difficile riferirti a loro con degli stereotipi”.
L’approccio “umano” emerge chiaramente anche dallo stile delle riprese. Le interviste sono filmate senza nessun filtro e senza ricercare l’inquadratura perfetta, ma piuttosto mostrando in modo naturale spezzoni di vita quotidiana: “Per filmare le città invisibili dovevamo usare una macchina fotografica invisibile”, scherza Gianpaolo, riferendosi all’assenza di costose e ingombranti apparecchiature.
(In)visible cities è un progetto completamente autofinanziato. Solo di recente gli autori hanno ricevuto una sponsorizzazione da Fiverr, una start-up che offre servizi di grafica e trascrizioni. Ma nonostante la mancanza di fondi, dice Beatrice, quello che si è guadagnato dal punto di vista umano è “qualcosa di impagabile”.
(In)visible cities racconta storie generalmente tralasciate dai media tradizionali: storie di imprenditoria migrante, casi di successo, e i percorsi delle comunità straniere stanziate da lungo tempo. “Durante i nostri viaggi abbiamo incontrato delle persone straordinarie,” dice Beatrice. “Ad Istanbul ad esempio c’era un ragazzo sudafricano che si è trasferito in Turchia per studiare calligrafia araba, e ora è un artista e realizza copie del Corano.”
Focalizzarsi sui casi positivi non ha però significato ignorare le realtà meno felici. Ad Istanbul hanno incontrato anche una giovane ragazza senegalese che vive in un sottoscala con altre 13 persone, in condizioni di grave degrado: “Sarebbe stato un torto negare che ci sono anche queste situazioni – dice Beatrice - ma si possono raccontare senza scadere nel pietismo”.
Mostrando uno spaccato della società su multipli livelli, (In)visible cities apre una profonda riflessione sul tema dell’integrazione e dell’importanza della comunità nel creare un senso di identità tra la comunità migranti. Tra gli intervistati, c’è chi guarda con ottimismo ai progressi fatti negli ultimi anni in termini di politiche sociali. Ma c’è anche chi è più critico e si chiede se si possa parlare di vera integrazione quando la maggior parte degli stranieri sono spesso disoccupati o condannati ad accettare lavori sottopagati.
Il documentario è stato accompagnato da una serie di attività correlate, tra cui incontri con il pubblico e con le scuole. In uno dei laboratori Beatrice e Gianpaolo hanno presentato ai bambini di una scuola elementare tre fotografie, raffiguranti papa Bergoglio, Ronaldo e un ragazzo africano appena sbarcato a Lampedusa. È bastata la domanda “chi di questi tre è un migrante?” a scardinare l’idea che la migrazione riguardi soltanto casi di estrema povertà e disperazione. “In uno di questi incontri – racconta Gianpaolo - è emerso il candore di un ragazzino di 11 anni, che ci ha chiesto: ‘ma quindi perché ai Tg sentiamo sempre parlare di persone che arrivano con i barconi?’ Ed è da queste domanda che siamo partiti per raccontare il nostro percorso e per cercar di andar oltre gli stereotipi.”
“Il documentario è stato anche l’occasione per raccontare storie comuni a tutti noi - aggiunge Gianpaolo - Chi di noi non si è mai trovato in una nuova città dove dover ricominciare tutto da capo? Chi non si è mai trasferito alla ricerca di un lavoro? E chi di noi, almeno una volta nella vita, non si è mai sentito migrante?” (Lorena Cotza)
Questo articolo fa parte del progetto Our Elections Our Europe (Oeoe), che, attraverso il monitoraggio della stampa prima delle elezioni europee 2014, identifica dichiarazioni incitanti alla discriminazione da parte di politici e risponde in modo creativo attraverso articoli, vignette satiriche, radio storie, flash mob e una campagna internazionale sui social media. Oeoe è realizzato dal Media Diversity Institute in Gran Bretagna, Symbiosis in Grecia, il Center for Investigative Journalism e CivilMedia in Ungheria e dall'associazione Il Razzismo è una brutta storia in Italia, grazie al sostegno di Open Society Foundations.

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