Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

29 ottobre 2010

Ghedini e gli ultimi sviluppi dell'accordo Italia-Libia
l'Unità, 29-10-2010
Francesca Pomario
Chi legge i giornali è preso dalle confessioni di Ruby, la minorenne che frequentava Arcore: «Noi ragazze facevamo il Bunga-Bunga, una rituale che piace tanto a Berlusconi». Ballavano, si spogliavano e approvavano il Lodo Alfano. «Era un rito erotico copiato da Gheddafi, con Silvio e tante donne nude». Fa parte degli accordi Italia-Libia: noi gli ridiamo gli obelischi, loro ci danno la poligamia. Ruby racconta ai magistrati che Berlusconi le ha suggerito di presentarsi come la nipote di Mubarak. Mubarak, l'autista tunisino di Craxi. «A Berlusconi ha raccontato di avere 24 anni. Lui era veramente impressionato. Mi ha detto: Sei così brava a sparare cifre a cacchio che appena diventi maggiorenne ti faccio ministro dell'Economia». Ghedini ha già pronti gli alibi per il presidente del Consiglio: 1) Minorenne?! Pensavo fosse una trentenne con il lifting. 2) Era un incontro istituzionale in vista del rimpasto di Governo. Volevo affidarle il Ministero delle pari opportunità per le Barbie. 3) Secondo i calcoli di Tremonti, la Terra impiega 180 giorni a fare il giro intorno al sole. Quindi la ragazza ha 34 anni. 4) È successo in seconda serata, fuori dalla fascia protetta. 5) Ehi, ho vinto le elezioni! 6) Compie 18 anni solo oggi? Vabbé, tanto il Lodo Alfano è retroattivo, giusto?. Perché il Vaticano non condanna? Perché le orge con le minorenni vanno contestualizzate. Nel Levitico, per esempio, erano considerate una valida alternativa ai rapporti omosessuali. Lo so, non si scherza su queste cose. Infatti non scherzo: Genesi, 19,1-26. Perché non si indigna mia mamma, che è più bigotta di Monsignor Fisichella? «Perché sono tutte balle che si inventano quelli di sinistra che non riescono a farlo cadere! Come la storia della Daddario». «Ma quali balle Mamma, c'erano anche gli audio su internet». «Basta con questo internet, ma che pensi che se erano veri non li facevano sentire al telegiornale?». Bisognerebbe chiederlo a Mauro Masi: «Cosa ne pensa del Bunga Bunga?». Ah, già: che certe cose, neanche nello Zimbabwe.



il Sociologo PAUL SCHEFFER
«Le quote per gli stranieri Così si evita la xenofobia»

il Giornale, 29-10-2010
Rolla Scolari
Era arrivato alle stesse conclusioni di Angela Merkel già dieci anni fa. In Olanda, aveva scritto il professore Paul Scheffer in un libro che fece molto scalpore, il multiculturalismo è stato un disastro. Oggi, per il filosofo che insegna all'università di Amsterdam e ha militato nelle file dei laburisti, c'è solo un modo per garantire l'integrazione degli stranieri: porsi domande franche. «Di che tipo di immigrazione ha bisogno l'Europa oggi?».
Lei ha scritto sul fallimento del multiculturalismo nel 2000. Dieci anni dopo, molti politici arrivano alla stessa conclusione. Il dibattito siili' immigrazione è destinato a cambiare?
«In Germania, in città come Berlino e Amburgo, per quanto riguarda l'immigrazione ci sono gli stessi problemi che in Olanda, Francia, Italia. In più, ci sono ragioni storiche che rendono difficile il dibattito sull'integrazione. Gli antichi fantasmi stanno tornando: si teme la xenofobia. C'è la paura che la Germania faccia paura all'estero. Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze tedesco, mi disse a riguardo che è una raison d'état per i politici tedeschi limitare i dibattiti che potrebbero creare xenofobia. Il libro di Thilo Sarrazin (funzionario della Bundesbank che ha scritto Deutschland schafft sich ab - Germany Does Away With Itself, ndr) ha provocato polemiche perché è molto schietto. A questo punto, è stato difficile evitare la discussione. È l'opera non di fiction più venduta in Germania dopo la Seconda guerra mondiale. Inoltre, i sondaggi dicono che il 20% dell'elettorato sostiene queste idee. Crescono le critiche della popolazione nei confronti dell'attuale stato dell'immigrazione. I maggiori partiti non sono pronti. Sei settimane fa Angela Merkel aveva definito Sarrazin un pericolo. Oggi dice in pratica che ha ragione. Questo genere di dichiarazioni im¬provvisate non sono d'aiuto. Il cancelliere deve trovare idee, prospettive. Quando i maggiori partiti non prendono il rischio di impegnarsi nel dibattito, qualcun altro lo farà. È accaduto prima in Francia, Belgio, Olanda, adesso in Italia, Danimarca, Svezia e succederà anche in Germania: piccoli partiti più radicali si impongono».
E' un fenomeno destinato a crescere o limitato?
«Dipende da come la società lo gestisce, da come reagiscono i partiti più grandi. Penso che in Europa ci siano tante esperienze comuni, ma non un dibattito comune. Intanto, i partiti maggioritari diventano sempre più deboli. La responsabilità non è
soltanto della politica, ma della società e degli intellettuali».
Politici come Angela Merkel dunque escono allo scoperto, dicendo: «Adesso basta, affrontiamo il problema»? Oppure si tratta soltanto di un'ammissione di colpa?
«Ha capito, ma avrebbe fatto meglio a non improvvisare, a prepararsi con attenzione. I social-democratici tedeschi hanno perso voti a sinistra in favore dei Verdi e della Linke. Nulla di simile è successo a destra. La Cdu controlla ancora l'elettorato conservatore, ma teme che qualcosa di simile possa accadere anche a destra: la perdita dei voti a favore di una destra populista. Guarda con ansia all'Olanda, dove abbiamo un governo di minoranza con l'appoggio esterno di Geert Wilders. Il sostegno pubblico per un simile partito c'è, ma non c'è ancora uno Jorg Haider tedesco. Non vogliono che succeda. Merkel cerca di prevenire, ma per farlo ha bisogno di idee».
Se il multiculturalismo ha fallito, quali sono i modelli cui l'europa deve guardare?
«È necessario avere una chiara idea dell'immigrazione. Qual è il tipo di immigrazione di cui la nostra società ha bisogno? Qual è quella di cui non ha bisogno? Il Canada e l'Australia hanno politiche di asilo chiare, idee chiare su che tipo di immigrati e forza lavoro vogliono. In questo modo, il problema dell'integrazione è minore. E' necessario avere una chiara comprensione dell' immigrazione e di cosa significa integrazione: quali sono le condizioni per la cittadinanza? Come gestire l'educazione? E la comprensione delle libertà civili? Qual è l'acceso al mercato degli immigrati? Angela Merkel ha aperto un dibattito, ma non ha fermato il populismo. Deve dare risposte».
Cosa può fare l'europa? Occorre una più forte politica sull'immigrazione unificata?
«Occorre condividere le esperienze sull'integrazione: i problemi sono locali, non si può avere lo stesso approccio. È necessario però avere una comune comprensione dei meccanismi di asilo, a causa delle frontiere comuni; e non si può affidare la gestione dell'immigrazione illegale soltanto a Italia, Spagna e Grecia, lasciate da sole a gestire il problema e spesso criticate dagli altri paesi. L'Europa deve sapere che tipo di immigrazione vuole. Dobbiamo guardare al Canada e all'Australia, che hanno richieste molto specifiche. In Canada il 40% degli immigrati ha un'educazione accademica; se non parli inglese puoi scordarti il visto; se hai 40/45 anni non sei il benvenuto. Si tratta di immigrazione qualificata. Queste persone avranno facile accesso al mercato del lavoro e per questo saranno più integrati».



C'è qualcosa che non va quando la benemerita Caritas ruba il mestiere all'lstat e fa dire ai numeri cose molto discutibili
Un rapporto doppione che pecca di "immigrazionismo''
Il Foglio, 29-10-2010
ROBERTO VOLPI
La Caritas è un'istituzione benemerita che fa un sacco di cose buone delle quali le va dato atto senza riserve. Poi fa anche un rapporto, tutti gli anni, sull'immigrazione. E quel rapporto è il top dell"'rmmigrazionismo", ideologia secondo la quale senza l'immigrazione, che è solo buona, l'Italia sprofonderebbe. Anzi, sarebbe già sprofondata. Per portare acqua a questa tesi, giù cifre. Normalmente risapute (vedi Istat), anche se lanciate come il non plus ultra dell'introspezione statistica. E allora: quasi cinque milioni di stranieri residenti, pari al 7- 8 per cento della popolazione italiana, che contribuiscono all'11 per cento del pil, al 15 per cento circa di nati (stranieri) sul totale dei nati, al ringiovanimento della popolazione (i minori sono quasi un quarto della popolazione straniera) coi loro trentuno anni dì età media, una quindicina meno degli italiani, e via e via: dai paesi di provenienza (l'est europeo contribuisce ormai quasi al 50 per cento) fino alla distribuzione tra le regioni italiane - con lo sbilanciamento sempre più netto tra nord, dove si sfiora il 10 per cento di popolazione straniera, alle isole, dove scende a poco più del 2 per cento. Non me ne voglia la Caritas: niente o quasi che l'Istat non sappia meglio e non commenti più appropriatamente. Il fatto è che la Caritas, appunto, deve ergersi a punta di lancia dell'immigrazionismo. Dietro, eserciti di politici e intellettuali e giornalisti e pie donne tatti a narrare come e quanto le sorti del paese sarebbero già bell'e segnate, non ci fosse l'immigrazione. 0, pur essendoci, non avesse l'intensità che ha avuto e che si spera avrà in futuro. Perché tutti, dalla Caritas in giù, sono ovviamente arciconvinti che l'Italia non possa che ristagnare nelle acque di una men che mediocre, estenuata, illanguidita e perfino snobbata vitalità (le famiglie? Vatti un po' a fidare delle famìglie, con quel che succede al giorno d'oggi; i figli? E per cosa, per doverli mantenere vita naturai durante?).
0, se proprio convinti non sono, lo sembrano: il che, all'atto pratico, produce esattamente lo stesso risultato: che è quello di disegnare un paese la cui popolazione e i cui destini stanno ormai fuori dai suoi confini, affidati ad altri. Anzi, all'"altro", figura che a furia di essere invocata ogni due per tre in nostro soccorso, giacché da soli non sapremmo più nemmeno allacciarci le scarpe, sta svaporando nel mito. Delocalizzati anch'essi, i nostri destini, la nostra popolazione. Con una differenza; che mentre le fabbriche delocalizzate vanno all'estero, per popolazione e destini delocalizzati eccoci serviti a domicilio. E avremmo pure il coraggio di lamentarci? ci sfidano dalla Caritas e dai volenterosi eserciti dei buoni (per una volta battenti, laici e cattolici, le stesse bandiere).
Ci lamentiamo sì, invece, e magari lo facessimo un po' di più. Perché questa visione dell'immigrazione è una iattura senza pari: non è la soluzione del problema, semmai è una componente nient'affatto secondaria del problema. Cala come un maglio, anzi come un segno di croce, come un ego te absolvo, una benedizione urbi et orbi sul disperso popolo italiano che non vuole sentirsi rimbrottato per le proprie debolezze: non si sposa, non si accoppia, non fa famiglia, non si dica dei figli, sverna in casa dei genitori, sma¬nia per il posto fisso, non accetta il rischio. Invecchia, questo sì, e molto anche. Ma non è forse vero che ci sono gli altri, gli immigrati, che fanno tutto, ma proprio tutto, il contrario? E che questi altri continueranno a correre da noi, a venirci incontro, a fare le cose al posto nostro, e proprio quelle che non vogliamo fare noi?
Ma certo piccino, certo (pat pat sulla testolina del popolo italiano, da Caritas e C), tu intanto dormi e invecchia e vedi di non preoccuparti. Ti aspettano centoventi anni di vita, come ci arrivi sennò?



BanKi-moon e gli immigrati

La Stampa, 29-10-2010
Ritengo inaudite e offensive le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, pronunciate lo scorso 19 ottobre a Strasburgo durante la sessione plenaria, che ha accusato l'Europa di essere incapace di favorire l'inclusione degli immigrati extracomunitari, in particolare dei musulmani, a suo dire sempre più discriminati nel mondo del lavoro e della scuola. Ritengo che l'Europa conosca i principi di democrazia, di rispetto reciproco e di libertà religiosa; discorsi di questo tipo dovrebbero essere fatti in quei Paesi dove ogni anno milioni di persone muoiono di violenze e di fame, e dove i cristiani sono perseguitati. Porse il Segretario Ban Ki-moon poteva documentarsi sullo stato dei fatti: quando gli immigrati, ospiti a volte non graditi, arrivano in Europa pretendono più diritti dei cittadini comunitari, ricambiando spesso la nostra accoglienza compiendo reati. Una lezione di democrazia, quella del segretario, priva di fondamento.
ON. ORESTE ROSSI COMMISSIONE AMBIENTE, SANITÀ E SICUREZZA ALIM. DEL PARLAMENTO EUROPEO



Ufficio stranieri, tagliati 63 lavoratori a rischio la sanatoria per gli immigrati

la Repubblica, 29-10-2010
Milano - In oltre ventimila aspettano. Lavorano e aspettano. Puliscono le case dei milanesi, accudiscono i loro anziani, e intanto restano in attesa di una chiamata che non arriva. Stritolati negli ingranaggi della burocrazia della regolarizzazione, nelle code di stranieri davanti agli uffici che devono riconoscerli come lavoratori e cittadini, rischiano di vedersi rallentata, fino a paralizzarsi totalmente, la propria pratica di emersione. La vita di colf e badanti, degli oltre 43mila extracomunitari che nel settembre 2009 avevano presentato richiesta di sanatoria, era nelle mani di 63 lavoratori precari, che tra prefettura e questura hanno smaltito finora solo metà del lavoro.
A dicembre i loro contratti non saranno rinnovati e per le altre ventimila domande di sanatoria degli stranieri — la metà in fase d’istruzione, l’altra mai valutata — il blocco è più di un’ipotesi. I tagli dei 63 lavoratori interinali fa parte di quelli che in Finanziaria riguardano 650 lavoratori assunti in tutta Italia con il contratto a termine per smaltire l’enorme mole di documentazioni anagrafiche e fiscali che porta ogni sanatoria. Lavoratori, quasi sempre giovani, che in gran parte dovevano essere assunti nel 2007 dal governo Prodi.
Ora invece i fondi destinati a queste posizioni sono stati dirottati ad altre esigenze di bilancio, e così tutto il lavoro ricadrà sui pochissimi dipendenti della prefettura a tempo indeterminato che finora hanno lavorato con gli interinali. Tre funzionari su cui graverà il peso delle 20mila posizioni inevase, ma anche di tutto quello che normalmente compete agli Sportelli unici per l’immigrazione di ogni provincia: i rinnovi dei permessi di soggiorno — che sono in media 80mila all’anno — i ricongiungimenti familiari, le richieste di asilo politico. Senza considerare l’eredità del condono del lontanissimo 2007 per la quale ci sono ancora stranieri in attesa.
Tanto che c’è chi stima in altri 10mila fascicoli l’arretrato da aggiungere alle 20mila domande dell’ultima sanatoria di colf e badanti. Come si farà a portare a termine le procedure che dovevano chiudersi — come lo stesso ministero degli Interni aveva previsto — lo scorso marzo? Con un ritardo di oltre sette mesi, è stato smaltito poco più della metà del lavoro, con il 56 per cento delle posizioni regolarizzare. Per il resto, a sostituire i precari dovrà essere personale della questura, che dovrà dirottare a compiti di natura amministrativa circa sessanta agenti ora in servizio in questura e commissariati. «La scelta del governo di tagliare i fondi già previsti per questi lavoratori è totalmente miope e sarà anche controproducente — accusa Marzia Oggiaro, segretario generale della Cgil Funzione pubblica — Da una parte si aumenta la disoccupazione, in più si realizza un danno alla società perché questi ragazzi svolgono un’attività che crea diritti e legalità, combatte il lavoro nero e fa emergere posizioni contributive».
Per centinaia di stranieri diventa sempre più concreto il rischio di ritrovarsi con il contratto di lavoro regolare scaduto (molti erano rapporti temporanei), di perdere così diritti e lavoro, tornare nella spirale della clandestinità e condannare allo stesso destino anche i propri familiari. Interrompendo un circolo virtuoso che oltre a far ridurre i clandestini, serve ad aumentare contributi fiscali e pensionistici e portare così nuove entrate alle casse dello Stato. Il sindacato attacca anche la scelta di utilizzare personale di polizia, ora impegnato in compiti di sicurezza, per svolgere pratiche amministrative.
«Un altro effetto perverso — dice ancora Oggiaro — Così viene indebolito il controllo del territorio e la lotta alla criminalità». Per questo, proprio stamattina Cgil, Cisl, e Uil hanno organizzato un presidio e volantinaggio in piazza San Babila dalle 10 alle 14 per «denunciare il rischio paralisi degli Sportelli unici per l’immigrazione» ma anche per svolgere attività informativa sulle possibilità e procedure di regolarizzazioni degli extracomunitari.



Immigrazione e integrazione a scuola: le buone esperienze in Italia

UnoNotizie.it, 29-10-2010
Viaggio nelle eccellenze d'Italia, a Padova il 13° convegno nazionale dei centri interculturali, un momento di incontro e di scambio di buone pratiche. Ecco le più significative, da Torino a Bologna passando per Genova
Scuola, convegno immigrazione e integrazione, ultime notizie Padova - La necessita' di favorire l'integrazione a partire dai banchi di scuola e' ormai chiara a molti soggetti pubblici e privati che, in tutta Italia, stanno attivando progetti piu' o meno innovativi. Sono queste esperienze al centro del convegno nazionale dei centri interculturali "Fare inte(g)razione tra enti locali, scuola e comunità", organizzato a Padova (centro San Gaetano, via Altinate).
VENETO - In un ideale viaggio lungo le eccellenze, il Veneto spicca per due programmi, entrambi padovani. "Una scuola per tutti" coinvolge il Comune, la cooperativa sociale Orizzonti, 16 nidi comunali, 10 scuole dell'infanzia comunali e 14 istituti comprensivi, con l'obiettivo di prevenire la dispersione scolastica sostenendo nell'apprendimento dell'italiano gli alunni stranieri e i loro genitori. La citta' del Santo ospita anche "Percorsi di cittadinanza", di cui sono destinatari gli adolescenti delle scuole superiori e le loro famiglie. Anche qui si promuove l'orientamento scolastico, la facilitazione linguistica, il doposcuola e il counseling interculturale.
A MILANO e' operativo "Non Uno di Meno. Ragazze e ragazzi stranieri nell'istruzione superiore", realizzato in collaborazione tra la provincia e il centro "Come". Il progetto spicca perche', oltre ai laboratori di italiano, alla mediazione e all'integrazione extrascolastica, promuove il riconoscimento delle competenze acquisite nella scuola del paese d'origine attraverso crediti formativi. "Anche le mamme a scuola di italiano" e' invece l'esperienza del comune di Brescia e di 9 istituti scolastici. Il punto di partenza e' l'idea che un coinvolgimento della madre nel contesto scolastico incida positivamente sull'integrazione degli alunni stranieri. Per questo, le scuole organizzano gruppi di alfabetizzazione accompagnati da attivita' di conoscenza del territorio e dei servizi, scambio e condivisione con le mamme italiane.
Spostandosi ancora un po' si arriva a GENOVA, dove e' attuato il progetto "La scuola, luogo di incontro: lingue e racconti tra famiglie e bambini in contesti interculturali", che unisce comune, Universita' e cooperativa sociale "Saba". L'iniziativa offre spazi di incontro tra genitori, nonni, insegnanti, mediatori culturali all'interno di nidi e scuole dell'infanzia.
A TORINO, invece, c'e' "Giovani al centro": realizzato dal locale centro interculturale e dall'associazione "Asai", sfrutta il teatro come luogo di integrazione e di maturazione dei giovani fino ai 20 anni.
Anche a BOLOGNA eccelle per due esperienze collegate tra loro: la prima è la "Cool Summer free style - Summer School di SeiPiù", organizzata dal comune e finanziata dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. La scuola estiva, gratuita, e' nata per colmare il vuoto di servizi educativi interculturali durante la chiusura estiva delle scuole. Prevede laboratori mattutini per il rafforzamento dell'italiano e attivita' pomeridiane aperte a studenti stranieri e italiani, mirate alla socializzazione. Il progetto "SeiPiu'", invece, favorisce occasioni di socializzazione per le madri attraverso laboratori di italiano, informatica, sartoria e cucina ed e' promosso e finanziato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, con la collaborazione di associazioni locali.(Dires - Redattore Sociale)
Fonte: Agenzia Dire



«Gli immigrati? Ecco perché sono una risorsa»

step1, 28-10-2010
Flavia Musumeci
Per un italiano su due, gli “altri” sono i colpevoli principali della crisi. Ma c’è chi lavora per sgombrare il campo dai falsi stereotipi legati al fenomeno dell’immigrazione. Come la Caritas/Migrantes, che ha presentato in anteprima a Catania il ventesimo rapporto sull’immigrazione
«Gli immigrati? Ecco perché sono una risorsa»
Al mercato i pensionati rinnegano l’euro, sul treno chi sfoglia le pagine economiche di un quotidiano sostiene che il mostro da combattere sia il capitalismo, altri ancora ritengono che la responsabilità sia del governo e della carenza di politiche sociali, se in Italia c’è aria di crisi. Ma a fronte di un così variegato ventaglio di teorie, è sempre più consistente quella fetta della popolazione che vede nell’“altro” il nemico: un italiano su due, secondo le statistiche Caritas/Migrantes del 2010, percepisce l’immigrazione come una minaccia.                                  
Di immigrazione come risorsa si è parlato invece martedì a Catania, alla Facoltà di Scienze Politiche che ha ospitato l’incontro dal titolo “Per una cultura dell’altro”. A illustrare dati e statistiche sono il direttore della Caritas diocesana di Catania, padre Valerio di Trapani, il diacono Giuseppe Cannizzo (Migrantes), Francesco Marsico (vicedirettore Caritas Italiana), Vincenzo La Monica (redattore regionale Dossier Caritas), Maria Teresa Consoli (direttore LaPoss); alla presenza  del sindaco di Catania Raffaele Stancanelli, del preside della facoltà di Scienze Politiche di Catania, Giuseppe Barone e del prof. Carlo Pennisi, assessore comunale alle Politiche Sociali.
«Se abbiamo chiesto per gli italiani giustizia e  rispetto, altrettanto dobbiamo fare per chi immigra nel nostro paese», afferma mons. Silvano Ridolfi, già direttore della Migrantes durante la prima conferenza nazionale dell’immigrazione, nel 1990. Era l’anno in cui il parlamento approvava la legge Martelli, la prima ad aver affrontato l’emergenza migratoria come una questione di ordine pubblico e ad aver introdotto disposizioni relative all’ingresso, al soggiorno, all’espulsione e al diritto d’asilo degli immigrati. E anche l’anno in cui fu redatto dalla Caritas il primo dossier, con l’obiettivo di favorire una visione agevole, ma non superficiale, delle statistiche sul fenomeno migratorio.
«La Sicilia storicamente è meta di sbarchi, per questo è stata scelta la città di Catania per presentare il nostro dossier», spiega Francesco Marsico. Il vicedirettore Caritas spiega come la percezione dello straniero, in questo ventennio, sia cambiata in rapporto alla crisi economica. «E’ la crisi mondiale a predisporre negativamente la popolazione verso la presenza degli immigrati ed è la crisi il peso che affonda i diritti sociali, creando una competizione interna», sostiene.
Interviene brevemente il Sindaco Stancanelli  per testimoniare l’impegno dell’amministrazione comunale di Catania nel processo di integrazione e per ringraziare la Caritas della preziosa collaborazione sul territorio. Il problema dell’immigrazione si fa per lui quantomai concreto: il sindaco viene infatti interrotto dalla notizia di uno sbarco di 128 immigrati, forse palestinesi, avvenuto proprio in quei minuti nel porto di Catania, dopo una notte di inseguimenti. Il primo cittadino si reca dunque in prefettura.
Una condanna alle misure repressive adottate dall’Italia arriva da Maria Teresa Consoli, direttore LaPoss, che stigmatizza in particolare il recente accordo con la Libia, ritenendo che questa misura abbia diminuito gli sbarchi, ma abbia penalizzato soprattutto i rifugiati politici. «Sono passati 25 anni dall’accordo di Schengen, che consentiva la libera circolazione di persone e merci all’interno dei 28 paesi aderenti – ricorda – ma a che punto è l’Europa con il processo di accoglienza? A fallire non è il multiculturalismo, come sostiene la Merkel in questi giorni, ma l’operato dell’Unione Europea che si occupa solo della politica di respingimento», afferma.
Per evitare una semplificazione del fenomeno, Vincenzo La Monica, redattore regionale  del dossier Caritas, illustra i dati statistici raccolti nell’ultimo anno e insiste nel descrivere il fenomeno migratorio come una grande risorsa per il nostro territorio. «Nell’ultimo ventennio la popolazione immigrata è cresciuta di quasi 20 volte, e senza il suo apporto lavorativo nei settori ritenuti poco appetibili dagli italiani (edilizia, agricoltura, settore familiare), il Paese sarebbe impossibilitato ad affrontare il futuro. Il loro contributo al Prodotto interno lordo è dell’11% e gli immigrati versano alle casse pubbliche più di quanto non ricevano come fruitori di prestazioni e servizi sociali. A Milano i pizzaioli egiziani sono più di quelli napoletani e ogni 30 imprenditori uno è immigrato. La collettività romena è la più numerosa con poco meno di 1 milione di presenze; seguono albanesi e marocchini, quasi mezzo milione, mentre ucraini e cinesi sono quasi 200 mila».
La conclusione dell’incontro è affidata all’assessore comunale alle Politiche Sociali Carlo Pennisi che attribuisce alla sola comunità il compito di sviluppare la propria autonomia, «perché rispetto a questa l’attività dell’amministrazione è solo sussidiaria», ritiene. «La competizione per le scarse risorse pubbliche deve trovare delle regole e compito dell’amministrazione è quello di fornire degli strumenti. E’ l’immigrato a dover sostenere l’immigrato. La sfida sarà quella di portare sul terreno della comunità gli strumenti di solidarietà per costruire una strutura autoregolata».
Se la denuncia dalla cancelliera tedesca Angela Merkel sulla sconfitta del modello multiculturale impone all’Europa una riflessione sulle politiche adottate per il processo di integrazione, qual è la situazione in Italia? La questione viene tirata fuori dal cassetto in campagna elettorale o quando uno straniero diventa protagonista in negativo di un evento di cronaca. Diventa un problema ora di sicurezza, ora di identità culturale da sbandierare, ora di guerra tra poveri. La disinformazione attecchisce sul terreno della paura e genera una guerra tra disperati, perché l’idea che serpeggia è che siano loro a rubarci il posto di lavoro o a scavalcare le graduatorie nell’assegnazione degli alloggi popolari. Argomenti validissimi quando si va alle urne, ma che rischiano di seminare il germe della xenofobia.
Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links