Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 febbraio 2014

Londra, la Corte Suprema: "Trattamenti inumani, non rimandate quei profughi in Italia"
I quattro rifugiati avevano fatto ricorso contro la decisione di essere portati nel nostro Paese, per poi essere rimpatriati
la Repubblica, 21-02-2014
ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - Non rimandateli in Italia: rischiano di subire violazioni dei diritti umani, se non di venire torturati e stuprati. È questa la sostanza dell'insolita decisione presa dalla Corte Suprema di Londra nei confronti di quattro immigrati clandestini, tre eritrei e un iraniano, due uomini e due donne, arrivati illegalmente in Europa. Prima tappa, il nostro paese. Seconda (anche se non è chiaro come l'abbiano raggiunta), la Gran Bretagna. Dove i quattro sono stati individuati dalle Guardie di Frontiera e rinchiusi in un centro per immigrati, in attesa di deportazione al paese d'origine, in questo caso l'Italia, cui sarebbe poi spettato il compito di decidere il loro destino finale. Ma attraverso un avvocato hanno fatto appello e un giudice inglese ha dato loro (per ora) ragione, motivando la sentenza con l'alto rischio di violazioni dei diritti umani nel nostro paese.
Le accuse rivolte dai quattro all'Italia sono gravissime. Le donne dicono di essere state violentate. Una afferma di essere rimasta traumatizzata dall'esperienza sofferta e di pensare al suicidio all'idea di doverci tornare. L'iraniano ha raccontato di avere subito torture a Teheran che lo hanno lasciato gravemente disturbato dal punto di vista psicologico e in necessità di ricevere cure mediche che - sostiene - non gli verrebbero date in Italia. Nella sentenza emessa mercoledì e riportata ieri dalla Bbc, lord Kerr, presidente della Corte Suprema britannica, ha dichiarato che "la rimozione di una persona da un paese membro del Consiglio d'Europa a un altro paese è proibita se vi è il rischio che la persona trasferita subisca trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani". L'articolo in questione vieta a uno stato di deportare rifugiati che cercano asilo in un paese in cui essi siano a rischio di "trattamento inumano o degradante". I giudici dell'Alta Corte dovranno ora stabilire se l'Italia è un paese dove vi sia "la possibilità reale" di trattamenti in violazione dei diritti umani. La Corte Suprema ha deliberato che il nostro paese "si presume sicuro" per immigrati che cerchino asilo. Ma ha aggiunto che il ministero degli Interni britannico dovrà indagare se queste accuse che affermino il contrario siano "chiaramente prive di fondamento".
Il ministro degli Interni Theresa May aveva reso noto alla Corte che l'Italia non è in "sistematica violazione" dell'obbligo internazionale di trattare i rifugiati con dignità. I quattro immigrati hanno allora fatto appello alla decisione di essere deportati presso l'Alta Corte, perdendolo. A quel punto hanno presentato il loro esposto alla Corte Suprema, il più alto organo giudiziario del Regno Unito, che lo ha almeno temporaneamente accolto, chiedendo che vengano fatti ulteriori accertamenti sul caso. Sulla vicenda sembrano pesare le notizie di trattamenti inumani riservati agli immigrati trattenuti in centri di detenzione in Italia: incluse le recenti scene in cui venivano costretti a spogliarsi e a essere "lavati" con getti d'acqua, in una situazione decisamente degradante che ha suscitato scalpore e proteste anche nel nostro paese.



Alfano raddoppia Lampedusa e crea un Cie a S.Giuliano
il manifesto, 21-02-2014
Eleonora Corace
L’ampliamento del centro di Lampedusa, l’istituzione di un mega centro di accoglienza a San Giuliano di Puglia e il potenziamento del sistema Sprar. Questi i prossimi interventi annunciati dal ministero degli interni sulle politiche di immigrazione ed acco­glienza.
I dati vengono forniti nella risposta all’interrogazione parlamentare inoltrata lo scorso dicembre dal deputato del Movimento 5 Stelle, Francesco D’Uva, che dopo diverse ispezioni nel nuovo centro di «smistamento» per migranti allestito a Messina, sul modello degli ex centri Puglia, ha chiesto spiegazioni sulla situazione del messinese in particolare e dell’accoglienza migranti in gene­rale. Nella risposta il ministro Alfano annuncia l’ampliamento del centro di Lampedusa tramite i lavori di ristrutturazione avviati il 10 novembre scorso «che consentiranno di ampliare la capienza fino a più di 350 posti riducendo la possibilità che si verifi­chino situazioni di sovraffollamento della struttura». Lungi dall’essere chiuso — come dichiarato nei giorni successivi alla dif­fusione del video choc sulle «disinfestazioni di massa» — il centro di Lampedusa si avvia ad un considerevole ampliamento. Il ter­mine dei lavori è previsto in primavera. La circolare ministeriale conferma, inoltre, l’istituzione di un centro a San Giuliano di Puglia per « migranti vulnerabili, famiglie e minori in particolare, nel quale potranno essere ospitate fino a mille persone».
L’ipotesi san Giuliano, ormai ufficializzata, aveva già scatenato molte polemiche nella cittadina terremotata, soprattutto per via delle cifre: la popolazione locale, infatti, supera di poco le 1100 unità. «Per le fasi successive alla prima accoglienza — secondo il Viminale — si evidenziano gli sforzi, anche finanziari, sostenuti per l’ampliamento dello Sprar. Tale sistema che garantisce quasi 10 mila posti sarà potenziato nel corso del prossimo triennio, fino a raggiungerne 16 mila. Gli enti locali restano comunque obbligati a garantire una percentuale di posti aggiuntivi».
Intanto, le notizie che provengono dai centri della Sicilia sono tutt’altro che confortanti. Le ultime riguardano soprattutto Mes­sina e Siracusa. Per il centro della città in riva allo Stretto, sono stati resi noti i verbali dell’azienda sanitaria che boccia le condizioni igieniche della tendopoli allestita dalla prefettura. Nonostante ciò, altri 100 migranti sono stati trasferiti da Augusta nel campo profughi messinese, che arriva a vantare, così, quasi duecento ospiti. Scandalo, inoltre, suscita l’accoglienza riservata a diversi minori non accompagnati nel Siracusano, tenuti in centri sportivi senza nessun preciso statuto giuridico. A denunciare questa ennesima violazione dei diritti, tra gli altri, il professore dell’Università di Palermo, Fulvio Vassallo Paleo­logo. Paola Ottaviano, inoltre, avvocato dell’associazione «Borderline Sicilia», accende i riflettori su quello che definisce «un abominio giuridico», ovvero la recente pratica dei «respingimenti differiti». Alla luce degli ultimi respingimenti avvenuti ieri a Siracusa e Ragusa, Paola Ottaviano sottolinea che: «Tali provvedimenti colpiscono persone sbarcate sul territorio nazionale che vengono raggiunte dal respingimento prima che abbiano la possibilità di accedere alla procedura della protezione internazionale. È una pratica arbitraria che pone la persona in questione in un pericoloso stato di clandestinità».



Alunni stranieri. Nuove linee guida per l’accoglienza e l’integrazione
Le indicazioni del ministero dell’Istruzione, dal contrasto della "segregazione formativa" all'insegnamento della lingua italiana. 830 mila studenti non italiani tra i banchi, “un’occasione di cambiamento per tutta la scuola”
stranieriinitalia.it, 20-02-2014
Elvio Pasca
Roma – 20 febbraio 2014 -  Il mondo è arrivato da tempo tra i banchi delle nostre scuole, ma ora che gli alunni non italiani sono 830 mila arrivano anche nuove linee guida per l’accoglienza e l’integrazione.
Dedicate a dirigenti scolastici, insegnanti e genitori e firmate ieri dal ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza ribadiscono che  gli studenti di origini straniere sono “un’occasione di cambiamento per tutta la scuola”. Puntando a un’ educazione interculturale  che “rifiuta sia la logica dell’assimilazione sia quella della convivenza tra comunità etniche chiuse”, centrata sul dialogo e sul “reciproco riconoscimento e arricchimento”.
Il contesto è una scuola nell’arco di dieci anni ha visto aumentare gli alunni stranieri da 100mila a oltre 800 mila, con una crescita di 60-70mila unità l’anno che però ultimamente sta rallentando. Una popolazione che è cambiata, con l’aumento progressivo dei nati in Italia, a fronte di una riduzione dei neo arrivati, “due lati opposti del pianeta alunni stranieri” con esigenze molto diverse.
Tra le novità principali, l’aumento degli studenti stranieri alle medie e superiori, dove i nati in Italia sono ancora minoranza e ci sono più problemi di insuccesso e dispersione scolastica. C’è anche una “segregazione formativa”, con i ragazzi stranieri che si concentrano in istituti tecnici e professionali, lasciando i licei agli italiani. Scelte che al ministero sembrano “determinate più dalla condizione socio-economica che dalle capacità e dalle vocazioni elettive degli studenti” e sulle quali bisognerebbe intervenire con un adeguato orientamento.
 Parliamo di seconde generazioni, e quindi non poteva mancare un accenno all’attuale legge sulla cittadinanza.“Essa pone la cittadinanza – denunciano le Linee Guida – come traguardo troppo lontano per chi arriva in Italia,ma soprattutto per chi vi nasce, cresce, studia, dovendo aspettare la maggiore età per ottenerla”. Diventa poi sempre più importante lo studio della Costituzione, che può fornire una “mappa di valori indispensabili per esercitare la cittadinanza da parte di chi ha scelto di vivere stabilmente in Italia”.
Le linee guida, pur non citando il famoso tetto del 30% introdotto dalla circolare Gelmini, insistono sulla necessità di evitare concentrazioni di alunni stranieri in una scuola o in una classe, che hanno “conseguenze negative, sia dal punto di vista scolastico, che dal punto di vista sociale e individuale”. Come? Con un mix di interventi che chiama le scuole a coordinarsi tra loro e con gli enti locali e a coinvolgere anche i genitori, stranieri e italiani, presentando loro “le sfide ma anche le potenzialità positive di crescita” di classi eterogenee.
Del resto, nel percorso di accoglienza e integrazione degli alunni stranieri il coinvolgimento e la partecipazione delle famiglie alle attività della scuola è fondamentale. Un obiettivo che secondo il ministero si può centrare anche utilizzando mediatori culturali e interpreti, creando materiale informativo in più lingue e favorendo lo scambio di esperienze e suggerimenti all’interno delle associazioni dei genitori.
Uno degli aspetti sui quali le linee guida insistono molto è, naturalmente, l’ apprendimento dell’italiano come lingua seconda, soprattutto nelle scuole medie e superiori. I ragazzi stranieri che non parlano italiano, dice il ministero, vanno inseriti in classe con gli italiani, che “rappresentano la vera autorità linguistica e il modello d’uso al quale riferirsi”. Servono però anche laboratori linguistici dedicati.
“L’esperienza consolidata ci dice che sono necessari tempi, strumenti, risorse di qualità” scrive il ministero, che per i neo arrivati propone questa formula: “circa 8-10 ore settimanali dedicate all’italiano L2 (circa 2 ore al giorno) per 3-4 mesi”. In questi moduli intensivi si possono raggruppare ragazzi di classi diverse e possono essere organizzati “in collaborazione con gli enti locali e con progetti mirati”
C’è infine  un capitolo dedicato all’istruzione degli adulti, anche per “recuperare” giovani adulti stranieri, tra i quali ci sono molte ragazze, che hanno lasciato la scuola prima del tempo, ma sono anche fuori dal mercato del lavoro regolare, con titoli di studio bassi e scarse competenze linguistiche. “è perciò importante sostenere e sviluppare percorsi integrati tra istruzione scolastica, formazione professionale e corsi serali degli isittuti tecnici e progesisonali in cvui conseguire sia titoli di studio e qualifiche che competenze linguistico”.
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Ministero dell’Istruzione dell’Università e delle Ricerca. Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri



Classi sempre più multietniche: un alunno su dieci di origini straniere, ma la metà è nata in Italia
Il documento di analisi del Ministero: a otto anni dalla prima stesura sono quasi raddoppiati, e sono ormai 200mila nelle scuole superiori. Rendendo non più rinviabile la questione dello jus soli
la Repubblica, 21-02-2014
SALVO INTRAVAIA
Aule scolastiche italiane sempre più multietniche e adesso quasi un alunno su dieci è di origini straniere. La presenza di alunni nati da genitori stranieri quest'anno ha raggiunto le 830mila unità. A certificarlo è lo stesso ministero dell'Istruzione. Un dato, quello comunicato da viale Trastevere in occasione dell'emanazione delle nuove Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri, che fa segnare l'ennesimo record di presenza straniera tra le mura scolastiche.
Ma dalle ultime ricognizioni sulla presenza straniera nelle scuole italiane emerge che metà degli alunni censiti come stranieri sono in realtà nati nel nostro Paese. Bambini e ragazzi che parlano con inflessioni di tutte le regioni italiane. E che contribuiscono a rendere non più rinviabile la questione dello jus soli, il riconoscimento della cittadinanza italiana a coloro che nascono nel nostro Paese.
"A otto anni di distanza dalla prima stesura  -  spiegano da viale Trastevere  -  esce il nuovo documento che guarda agli alunni con cittadinanza non italiana tenendo conto di uno scenario profondamente mutato che ha richiesto di aggiornare le indicazioni operative per le scuole".
"Il numero di alunni con cittadinanza non italiana nelle nostre scuole  -  proseguono dal ministero  -  è passato infatti dai 430mila del 2006 (anno di emanazione delle ultime Linee guida) agli 830mila di oggi". In appena otto anni sono quasi raddoppiati. Ed è anche cambiata la loro distribuzione "che si è progressivamente spostata dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo e secondo grado". Oggi, le scuole superiori del nostro Paese sono frequentate da "200mila studenti con cittadinanza non italiana di cui l'80 per cento frequenta istituti tecnici e professionali".  Nel 2005/2006 erano appena 83mila.
Ma dagli esiti degli scrutini finali traspare che ancora in parecchi arrancano. E le nuove Linee guida propongono indicazioni aggiornate alle scuole sull'orientamento scolastico, sulla valutazione e sulla istruzione e formazione dei giovani e degli adulti. In altre parole, l'obiettivo del documento firmato questa mattina dal ministro Maria Chiara Carrozza "è quello di offrire alle scuole una selezione ragionata di soluzioni organizzative e didattiche elaborate e realizzate dalle scuole stesse. In questo senso il documento si propone come veicolo di disseminazione e condivisione delle migliori pratiche già messe in atto per l'accogliere ed accompagnare in modo ottimale i sempre più numerosi ragazzi di origine non italiana che le frequentano".



Il dramma degli immigrati ucraini «Se cambia qualcosa torniamo lì»
Sono 5.500 tra città e provincia, badanti ma anche operai e commessi: «Siamo qui per mantenere i figli laggiù»
Corriere della sera, 21-02-2014
Pierpaolo Velonà
BOLOGNA - Passano le loro giornate aspettando la fine del turno nei grandi magazzini, o il momento in cui l’anziano che assistono in casa riposa un po’. Poi, gli ucraini che vivono a Bologna (circa 3 mila i residenti in città, altri 2.500 in provincia), si attaccano al computer: in cerca di un contatto Skype con i parenti lontani o di una diretta streaming sugli scontri che da giorni dilaniano il loro Paese, dove il presidente Yanukovich ha scelto di reprimere nel sangue le manifestazioni filo-Ue della popolazione.
Trascorrono così le giornate di Viktor, 57 anni, che nel suo paese insegnava storia e qui a Bologna lavora da 13 anni come badante: «I miei figli vivono in Ucraina, cerco di parlare con loro ogni giorno — racconta —. Io sono venuto in Italia per mantenerli. Da noi non c’è sviluppo, non c’è futuro, solo le chiacchiere degli oligarchi». L’ingresso nell’Unione europea? «Non è la panacea e non è un paradiso — dice ancora Viktor — ma ci vogliamo entrare anche noi. Se cambia qualcosa voglio tornare nel mio Paese, non voglio più vivere come un pesce fuor d’acqua. Casa tua è sempre casa tua».
Riunirsi, incontrarsi, condividere l’orrore e i momenti di sollievo è l’unico modo, per gli ucraini di Bologna, di affrontare questi giorni di passione. Domenica saranno di nuovo in piazza del Nettuno, con le foto dei manifestanti uccisi. Ieri nella chiesa greco-cattolica di San Michele dei Leprosetti, storico punto di ritrovo della comunità, il parroco don Andriy Zhyburskyy, ha celebrato messa. Oggi lo farà di nuovo, sebbene non fosse in programma: «Abbiamo ricevuto dal nostro patriarca l’indicazione di pregare per la pace — dice —. Niente prediche politiche in chiesa. Ma ora in Ucraina è in gioco la dignità umana, le persone al governo non hanno niente a che fare con il bene della gente».
In questi giorni, la Chiesa di San Michele, in una traversa di Strada Maggiore, è diventata il punto di raccolta di guanti e maglioni, pantaloni e giubbotti invernali, scarpe, denaro e medicinali di primo soccorso, garze e disinfettanti da spedire in patria, con i pulmini in partenza al sabato. Liuba Sandulovych, sarta, 43 anni, è la presidente dell’associazione Italia-Ucraina di Bologna. «Io posso considerarmi fortunata, almeno i miei figli stanno con me qui a Bologna, che ormai è la mia casa — dice —. Da 20-30 anni in Ucraina non si trova lavoro. Per questo è scoppiato il caos». Bologna, che all’inizio era un luogo come un altro, ora per molti ucraini è diventata «casa»: «Grazie a Dio sto qui, in Ucraina ci vado solo una volta all’anno a trovare i parenti — dice Andrea, 33 anni, impiegato del Centergross —. Lì i giovani non lavorano, gli stipendi sono di 50 euro al mese. Non si poteva più andare avanti».



Lampedusa - Mare Nostrum: centri di raccolta galleggianti
I primi due morti del 2014 recuperati nell’ultimo "salvataggio". Giorni di identificazioni forzate ed interrogatori continui a bordo delle navi.
Melting Pot Europa, 19-02-2014
Prof. Fulvio Vassallo Paleologo
Dunque le navi di Mare Nostrum hanno funzionato come mezzi di raccolta. Per selezionare i naufraghi e deciderne la sorte, in mare, prima dello sbarco ad Augusta ( Siracusa) o in altro porto "da destinarsi". Forse ancora Pozzallo, dove esiste un CPSA, centro di primo soccorso ed accoglienza, cronicamente al collasso. E questa volta non è mancato lo sbarco temporaneo di una parte dei naufraghi a Lampedusa, per un successivo imbarco su mezzi della guardia costiera ed altri trasbordi. Un vero calvario inflitto ad uomini, donne, minori che, dopo la Libia, non credevano forse di subire altri abusi.
Totale mancanza di trasparenza ed annullamento della funzione di assistenza alla frontiera delle organizzazioni umanitarie convenzionate con il ministero dell’interno ( Save The Children, ACNUR, OIM e Croce Rossa), una funzione di assistenza che sarebbe imposta dalla legge italiana e dalle direttive UE. A rischio la possibilità effettiva di fare valere senza discriminazioni il diritto di asilo ed i soggetti più vulnerabili, costretti a giorni di totale promiscuità, prima sulle navi e poi in centri di accoglienza improvvisati. Arbitrarie se non casuali le operazioni di accertamento della minore età e sempre alto il rischio di respingimenti immediati per tunisini, gambiani ed egiziani. Ed in più, sembra che il prefetto di Siracusa non abbia autorizzato sbarchi ad Augusta durante la notte, quindi dopo le azioni di "salvataggio", meglio di raccolta, le navi militari, con il loro carico di esseri umani sofferenti, rimangono ormeggiate e sbarrate per tutta la notte, come una prigione galleggiante in porto. Spesso i parenti pensano ad un naufragio perchè a bordo delle navi militari e nei primi giorni di "accoglienza" a terra viene impedito l’uso dei telefoni per comunicare almeno di essere in salvo. Dolore su dolore. E la magistratura non ha ancora fatto chiarezza sui diversi casi di appropriazione indebita di oggetti in custodia che sono stati denunciati proprio a bordo di alcune navi militari.
Si poteva essere certi che era andata così, troppe discrepanze negli scarni comunicati stampa, ad un giornalista era pure "scappato" un cenno all’intervento dei mezzi della Capitaneria di Porto salpati da Lampedusa ed utilizzati come "navette". Se ci fosse un parlamento serio ed un governo attento ci sarebbe da fare una interrogazione per capire almeno chi decide queste porcherie. E li chiamano salvataggi, magari qualcuno ci fa anche carriera, in realtà si detengono per giorni a mare persone che dovrebbero essere sbarcate in un "place of safety" al più presto, secondo le Convenzioni internazionali almeno, ma siamo ormai nel paese che digerisce tutto. E l’Europa non è da meno, considerando l’attenzione che ci hanno dedicato i rappresentanti europei dopo la strage del 3 ottobre, e l’ultima visita di Mr.Chope... inviato dal Consiglio d’Europa, che meriterebbe un capitolo a parte. Chissà cosa gli hanno propinato, come al solito sono riusciti a fargli trovare il CPSA di Lampedusa vuoto, un rito tutte le volte che arriva una visita importante di un rappresentante del Consiglio d’Europa.
Mr Chope,prima di arrivare in Sicilia, aveva avuto copia del ricorso al Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa, per i trattenimenti illegittimi di siriani ed eritrei ( per oltre tre mesi) dopo le stragi di ottobre dello scorso anno,nei CPSA siciliani, e nei centri di prima accoglienza, ed una valanga di documenti, oltre alla notizia di altri ricorsi alla Corte di Strasburgo,per vari casi di trattenimenti illegittimi e per le docce disumane nel CPSA di Contrada Imbriacola a Lampedusa, ma sembra che per lui, in base a quanto è già trapelato, l’unico problema sia il ricorso al DNA per identificare le persone che rifiutano di farsi prendere le impronte digitali. Magari si sarà anche "bevuto" che gli operatori di Praesidium incontrano tutti i migranti dopo lo sbarco a terra, in modo da informarli sui loro diritti, come sarebbero tenuti a fare. Attendiamo comunque la pubblicazione del rapporto defintivo.
Così gli stati piu’ interni della Fortezza Europa ed in particolare le destre europee ( o le sinistre con politiche di destra) pensano di identificare più facilmente le persone che sono arrivate in Italia, per chiedere poi asilo in quei paesi, come l’Olanda o la Svezia, dove si crede che ancora rimangano barlumi del diritto all’accoglienza ed un minimo di welfare. Con le identificazioni forzate a bordo delle navi ed il prelievo forzoso del DNA si pensa che sarà più facile rimandarle in Grecia o in Italia, in base al Regolamento Dublino. E dopo le prossime elezioni europee potrebbe andare ancora peggio, il vento della xenofobia e del razzismo entrerà definitivamente, dopo Borghezio, nelle istituzioni europee, a Bruxelles ed a Strasburgo. La politica dei respingimenti collettivi potrebbe tornare in auge ovunque. Allora dovremo fare davvero da soli, con la difesa legale e con la produzione di una comunicazione indipendente, a partire dal diffondere notizie come queste, che i giornali si guardano accuratamente di pubblicare. E rendere così pratica quotidiana la Carta di Lampedusa.

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