Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 luglio 2014

Affonda un gommone, recuperati 5 cadaveri. A bordo delle navi militari oltre mille profughi
Nuova tragedia nel Canale di Sicilia, che ha imbarcato 61 superstiti di un imbarcazione semi-affondata. Si cercano i dispersi. Sul gommone erano circa 80
la Repubblica.it, 21-07-14
Nuova tragedia nel Canale di Sicilia. La nave Zeffiro, la Urania ed un elicottero decollato da Lampedusa hanno prestato assistenza ad un gommone semiaffondato in cooperazione con la nave mercantile Genmar Compatriot, battente bandiere delle Bermuda, che ha imbarcato 61 migranti e 5 cadaveri, con l'ausilio di una motovedetta della Capitaneria di porto. I migranti hanno raccontato che a bordo dell'imbarcazione di fortuna erano circa ottanta. Lo rende noto la Marina militare. La nave Urania sta proseguendo nelle operazioni di ricerca di eventuali superstiti nella zona mentre la nave Zeffiro si sta dirigendo verso nave la San Giorgio per trasbordare i migranti soccorsi durante la notte.
Quattro navi della Marina militare hanno affrontato nella notte diverse situazioni di emergenza nel soccorso e recupero di molti migranti in arrivo dalle coste nordafricane. La nave Sfinge ha soccorso un gommone con a bordo 95 migranti, tra loro due donne; la nave San Giorgio è intervenuta nel soccorso a due imbarcazioni recuperando 276 profughi, tra cui 33 donne e 5 minori: due migranti sono stati trasportati in elicottero all'ospedale di Catania. La nave Zeffiro ha soccorso tre gommoni imbarcando in totale 294 migranti, tra cui 28 donne e 9 minori; la nave Urania ha soccorso un gommone con 98 migranti, tra di loro anche 28 donne. Al momento sulle navi della Marina Militare ci sono 1771 migranti soccorsi negli ultimi giorni in attesa dello sbarco nei porti che il Ministero dell'Interno comunicherà.
 
 
 
"Sbarchi a quota 100mila entro l`estate" centri al collasso, pronte le caserme 
la Repubblica, 21-07-14
VLADIMIRO POLCHI 
ROMA. «La macchina è messa a dura prova. Il rischio è che vada in tilt». Dal Viminale non nascondono la preoccupazione: 84mila gli sbarchi dall`inizio dell`anno, «con la stima di bruciare quota 100mila entro fine estate». I centri d`accoglienza sono già tutti esauriti e i prefetti riceveranno oggi un telegramma per l`attivazione urgente di altri 10mila posti. Poi toccherà alle caserme: la prima ad aprire sarà la Masotto di Bisconte a Messina. Poi sarà la volta di quelle di Civitavecchia e Montichiari. Ogni regione dovrà fare il suo: Lombardia, Campania, Sicilia e Lazio avranno il carico maggiore. «Ma potrebbe non bastare-avvertono dal Viminale - se la politica non si attiva e mette un tappo in Libia». 
La verità è che l`onda degli sbarchi non si ferma. E con gli sbarchi prosegue la conta delle vittime: ieri è arrivato a Messina cadavere unb ambino siriano di un anno che si trovava, insieme alla madre, sul barcone con 29 morti per asfissia ( e non 19, come dicevano le prime informazioni) soccorso sabato da una petroliera danese tra la Libia e Malta. Tra i 566 profughi salvati anche 73 bimbi, quasi tutti tra i due e gli otto anni e un neonato, allattato da una giovane donna incinta. Dormiranno con gli adulti in una scuola media della città. Sempre ieri la polizia ha fermato anche uno dei presunti scafisti. 
Il premier Matteo Renzi, in viaggio ufficiale in Angola, è tornato a puntare il dito contro Bruxelles: «L`Europa deve cambiare la propria politica di immigrazione». Dalla Lega, ancora attacchi al governo, col governatore della Lombardia, Roberto Maroni, schierato contro l`ospitalità ai migranti: «Non spenderò mai i soldi dei lombardi per accogliere e mantenere i clandestini». 
Peccato che qui non si tratti di "clandestini". Come fanno notare dal ministero dell`Interno, si tratta in gran parte di richiedenti asilo, immigrati cioè che l`Italia ha il dovere di accogliere: «Oltre l`80% degli sbarchi di quest`anno riguarda persone che hanno diritto a qualche forma di protezione. Pochi sono i migranti economici che troviamo a bordo». 
Per far fronte a questi numeri, l`11 luglio scorso governo ed enti locali hanno siglato un piano d`accoglienza. Tre le fasi. La prima di «soccorso» è tutta in mano al Viminale: identificazione, visite mediche, assistenza per pochi giorni nei centri per immigrati governativi presenti sul territorio. Centri che già oggi lavorano su numeri che superano i tetti previsti dalle convenzioni, eppure i prefetti entro 24 ore riceveranno dal ministero la richiesta di 10mila posti extra da mettere a disposizione. 
La seconda fase è denominata «prima accoglienza» e la palla passa alle Regioni, che assieme al Viminale dovranno individuare degli hub dove ospitare e smistare i rifugiati. Si utilizzeranno per lo più caserme dismesse, a partire dalla Masotto di Bisconte a Messina, che aprirà entro pochi giorni. Ogni Regione dovrà accogliere la propria quota. Dopo le iniziali resistenze, anche Lombardia e Veneto si sono piegate. La ripartizione sarà proporzionata alle risorse che ciascuna Regione riceve dal Fondo nazionale per le politiche sociali. E così prima sarà la Lombardia ( che si mangia il 14,15% della torta): su una quota base di 10mila migranti da accogliere, gliene toccheranno 1.415. Seguono Campania (998), Sicilia ( 919 ) e Lazio ( 860 ). Mai numeri reali finali, saranno ben maggiori: moltiplicati per tre o quattro. 
L`ultima fase è la «seconda accoglienza e integrazione»: richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, ma anche minori non accompagnati, verranno accolti nella rete Sprar ( Sistem adi protezione per ríchiedenti asilo e rifugiati ), gestita dai comuni italiani, tutti gli altri verranno rimpatriati o identificati nei Cie. Sulla carta, oggi, sono 20mila i posti a disposizione dello Spar, «ma sono teorici - avvertono dal Viminale-visto che molti comuni in difficoltà non garantiscono la piena accoglienza». 
Il rischio è che la macchina impazzisca. «C`è stata una sottovalutazione del fenomeno-ragionano dal ministero dell`Interno - e all`inizio si è lasciato che molti rifugiati lasciassero il Paese per raggiungere le loro mete nel Nord Europa. Un modo per allenare i partner dell`Unione, ma non è servito. Ora se la politica non si attiva, affiancando a Mare Nostrum una missione in Libia, si rischia il caos». 
 
 
 
Il trentesimo migrante morto è un bambino di un anno 
Corriere della sera, 21-07-14
ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI 
Frano ventinove, l`altro ieri, gli africani morti soffocati nella stiva della barca strapiena di migranti. Tutti africani neri considerati gli ultimi della terra e nemmeno sulle carrette del mare specializzate in viaggi della disperazione vige una qualche parvenza di parità: c`è, infatti, chi viene trattato più da bestia degli altri e finisce nel vano motore con la botola ermeticamente chiusa sopra la sua testa. Nel frattempo i morti sono diventati trenta perché un altro, pur tratto in salvo su una nave, non ce l`ha fatta. 
Abituati come siamo alla conta, quasi quotidiana, delle vittime della traversata, una in più o una in meno difficilmente, ormai, riesce a toccarci il cuore, perché la pietà può anche essere tanta per la nera umanità senza nome partita e mai arrivata, tanta ma non infinita. E, infatti, la pietà, come le lacrime che, pur nel dolore più grande, a un certo punto, inevitabilmente, si esauriscono. E piano piano si affonda nell`indifferenza, come se fosse sabbia mobile. 
Poi si viene a sapere che il trentesimo morto è un bambino di un anno appena, e d`improvviso si ha l`impressione che quel piccolissimo migrante non conti per uno soltanto nella macabra, mortifera, quotidiana lista, bensì, per dieci, per venti o anche per molti di più, andando così a risvegliare non soltanto la nostra sopita pietà, ma anche l`indignazione e il senso di assoluto, bruciante scandalo. 
Scandalo e indignazione perché quali altri sentimenti può suscitare la morte di un esserino che rappresenta un concentrato di speranza, prima di tutto, naturalmente, per il suo puro essere bambino, ma poi anche in quanto profugo da una vita impossibile verso una forse un poco più facile e più possibile? Quella piccola, trentesima, inutile vittima diventa, in un certo senso, il simbolo del nostro fallimento: di tutti quanti noi che, mentre discutiamo, senza trovare soluzioni, dell`immane problema dell`immigrazione, mentre ci litighiamo, tra nazioni europee, su chi dovrebbe farsi carico della disperata umanità che approda nei Paesi più facilmente raggiungibili, non riusciamo, nel frattempo, malgrado l`impegno spesso eroico e la sicura buona volontà dei soccorritori, a evitare che, chissà se nella stiva dei neri o, invece, in coperta tra i viaggiatori soltanto un po` meno sfortunati, muoia un bambinetto di un anno. 
Certo il piccolo del quale, forse, non sapremo mai il nome, non è stato il primo: non abbiamo i conti di quanti lo hanno preceduto e ancora tanti, purtroppo seguiranno il suo destino. Difficile, tuttavia, non pensare a lui, non memorizzare il suo immaginario volto di trentesima vittima, minuscola pedina che, aggiuntasi alle altre ventinove cadute, diversamente, però, pesa sul cuore. 
 
 
 
Soli nelle mani dei trafficanti: il destino dei bimbi immigrati
I bambini non accompagnati stanno sbarcando a migliaia, dalla Sicilia vengono mandati a Roma o Milano. Alcuni finiscono nei centri gestiti dalle associazioni, molti altri sulla strada
Il Giornale, 21-07-14
Emanuela Fontana 
Il più piccolo corre sul monopattino e ogni volta che incrocia lo sguardo saluta: «Ciao!». Ha i capelli a spazzola, i pantaloncini arancioni e un paio di scarpe da ginnastica sproporzionate per la sua altezza.
È arrivato giovedì. Dall'Egitto, su un barcone. Ha dichiarato di avere quattordici anni ma potrebbe averne dodici. Sfreccia nei corridoi del centro diurno di Civico Zero di via dei Bruzi, nel quartiere San Lorenzo, accanto a due ragazzi che giocano a biliardino, ad altri tre impegnati al computer. Appese al muro, parabole e lunghe frecce disegnano grandi archi tra l'Asia e l'Europa, le tracce di viaggi infiniti: sette mesi per arrivare in Italia, cinque trascorsi nel deserto. Sui tavoli decine di storie: «Sono andato ad Alessandria per prendere la barca. Sono rimasto chiuso in Alessandria dentro un magazzino...». Questa è la casa a Roma dei bambini venuti dal mare.
Le statistiche li chiamano «minori non accompagnati». E sono sempre di più. Secondo i calcoli di Save the children, dall'inizio dell'anno al 22 giugno sono sbarcati sulle coste italiane oltre 6mila bambini senza genitori. Mille piccoli naufraghi al mese, trenta al giorno. Sono loro adesso le nuove vittime privilegiate dei trafficanti. Dei traghettatori del mare, ma anche dei passeur di terra, che dalla Sicilia smistano i piccoli a Roma, a Milano e nel nord Europa. In assenza di un piano europeo, il governo ha deciso da pochi giorni di stanziare per loro 70 milioni di euro. Ma certo i soldi non bastano, segnalano le associazioni.
C'è una rete di trafficanti che si sta specializzando proprio nella gestione dei clandestini minorenni soli. Li portano a destinazione. O li incanalano in un lavoro nero che spezza la schiena. Li smistano nello spaccio o nella prostituzione.
Al centro dei bambini del mare di San Lorenzo arrivano moltissimi egiziani ed eritrei. Le loro vite sono raccontate con pudore, scritte qualche volta. I primi vengono messi sui barconi dalle famiglie, che hanno bisogno dei soldi dei loro figli a costo di perderli nel Mediterraneo. Il racket dei piccoli schiavi a Roma passa da Mercati Generali. I bambini che il pomeriggio giocano a Civico Zero la sera dormono in comunità per minori, altri da parenti e amici delle famiglie. In comunità, da quando compiono i quattordici anni, non possono essere trattenuti: sono liberi di andare in giro. Di notte alcuni di loro scavalcano i cancelli del grande mercato di Roma e caricano cassette di frutta e verdura che i connazionali rivendono nei piccoli market della Capitale. Un euro l'ora se va bene.
Per molti mesi devono lavorare per ripagare il debito del viaggio, almeno 2mila euro. Poi iniziano a inviare i soldi alle famiglie. Molti non ce la fanno. E allora c'è un posto dove vanno i ragazzini che non sanno come trovare il denaro. La stazione Termini. Questo è il precipizio. «Alcuni decidono di prostituirsi - racconta un'operatrice - Anche molti piccoli afghani, non hanno alternative». C'è un punto, vicino alla stazione, dove i bambini vendono i loro corpi. Sembrano scene da Millionaire, il film di Danny Boyle del 2008 in cui si raccontava l'infanzia di torture di un gruppo di bambini indiani. Eppure è Roma, accanto alle folle che i treni superveloci rigurgitano a piazza della Repubblica.
Proprio a Termini un ragazzo ivoriano, M., diciassette anni, ha trovato invece un nuovo destino in una macchina fotografica. Gliela lasciò sul marciapiede un operatore di Civico Zero. Era una macchina «usa e getta». Il primo scatto fu un sacco dell'immondizia che conteneva i suoi vestiti. Ora M. a ventuno anni lavora al centro di via dei Bruzi e si sta affermando come fotografo. I bambini eritrei scappano dalla dittatura anche da piccolissimi. Già a dieci anni, se vengono bocciati, sono reclutati nel servizio di leva. Allora scelgono la fuga e il mare. Il loro mediatore è A., anche lui arrivato bambino. Aspettò due mesi a Tripoli «chiuso nella casa del trafficante» e poi fu imbarcato: «Su un gommone per Lampedusa». Voleva andare nel Nord Europa, come tutti gli eritrei, ma a quei tempi impronte digitali in Italia significava obbligo (o fortuna) di rimanere qui. Per lui i programmi non sono stati rispettati, ma: «Basta vivere» sorride. Una piccola frase che sembra la didascalia di una generazione intera di figli del mare.
 
 
 
29 i cadaveri su barcone soccorso ieri
Avvenire, 21-07-14
?Aveva solo un anno. È arrivato ieri a Messina cadavere un bambino siriano che si trovava, insieme alla madre, sul barcone soccorso ieri da una petroliera danese tra la Libia e Malta. L'ennesima tragedia sulla rotta della speranza, in un'estate segnata dal più massiccio esodo di migranti verso l'Italia registrato negli ultimi anni. In serata, da fonti maltesi si è inoltre saputo che le vittime trovate nella stiva del barcone sono 29, non 18 come sembrava dai primi accertamenti , alle quali va aggiunta la donna morta sulla motovedetta intervenuta per i soccorsi.
La nave dei soccorritori è arrivata nel pomeriggio a Messina. Quelli che erano apparsi i tre casi più gravi erano stati fatti salire su motovedette italiane dirette a Palermo: uno dei tre non ce l'ha fatta ed è morto.
Gli altri 566 - in maggioranza siriani - erano stati lasciati sulla petroliera fatta dirigere verso la Sicilia. All'arrivo oggi a Messina la scoperta della piccola vittima. Non si conoscono ancora le cause del decesso, ma di certo il viaggio è avvenuto in condizioni molto difficili. Tra i profughi altri 73 bimbi, quasi tutti tra i due e gli otto anni e anche un neonato, allattato da una giovane donna incinta. Stanotte dormiranno con gli adulti in una scuola media della città. E la polizia ha fermato oggi uno dei presunti scafisti del 'barcone della mortè.
Sempre sul fronte della cronaca, sono stati arrestati tre egiziani a Genova, con l'accusa di essere gli scafisti del peschereccio naufragato a capo Passero, in Sicilia, i cui superstiti sono stati raccolti da una petroliera e fatti poi sbarcare ieri nel capoluogo ligure. Uno dei passeggeri del barcone ha raccontato di aver pagato circa 2.000-2.500 euro per il viaggio dall'Egitto.
Il premier Matteo Renzi, in viaggio ufficiale in Angola, è tornato a puntare il dito verso Bruxelles. "L'Europa - ha spiegato - deve cambiare la propria politica di immigrazione". Dalla Lega, ancora attacchi al Governo. "I 500 morti di quest'anno - ha detto il segretario del Carroccio, Matteo Salvini - pesano sulla coscienza dei buonisti alla Mare Nostrum. E gli altri 500 che, purtroppo, temo, si conteranno per le altre partenze, sono tutti sulla coscienza sporca di Matteo Renzi". Il
governatore della Lombardia, Roberto Maroni, da parte sua ha lanciato l'altolà all'ospitalità dei migranti che il Viminale, secondo l'intesa siglata in sede di Conferenza Unificata, intende distribuire equamente su tutto il territorio nazionale: "non spenderò mai - ha scandito - i soldi dei lombardi per accogliere e mantenere i clandestini".
"Quelli che lui e il suo nuovo leader si ostinano a chiamare clandestini - ha replicato il deputato del Pd Khalid Chaouki -  sono bambini, donne e
uomini in fuga dalle guerre e persecuzioni in Siria, Nigeria e Corno d'Africa, e che il nostro Paese che si chiama Italia ha il dovere costituzionale di accogliere insieme a tutta l'Europa. Si assumano quindi le loro responsabilità anche i governatori padani sognanti".
 
 
 
Sbarchi, Salvini alla deriva
Avvenire, 21-07-14
Paolo Lambuschi
Sempre sul pezzo, Matteo Salvini. Da tempo il segretario della Lega Nord martella su Twitter, Google+, Facebook e l’intero universo conosciuto dei social media, contro l’operazione Mare Nostrum, che ha salvato 80mila persone nel Canale di Sicilia. Motivo? Farebbe il gioco dei trafficanti di esseri umani. Ieri, quando è arrivata in porto una nave con 19 cadaveri nella stiva, con un tweet geniale li ha caricati non sulla coscienza di scafisti senza scrupoli o della rete criminale che dall’Africa sub-sahariana alla Libia gestisce l’immondo commercio, bensì su quella di chi ha compiuto il proprio dovere di uomo e marinaio.
Secondo questa logica, per bloccare gli sbarchi il governo dovrebbe lasciar affogare uomini, donne e bambini. Far morire 100 profughi per educarne 1.000 a non partire. A parte qualche problema etico, c’è una falla nel ragionamento: questa ondata è iniziata prima di Mare Nostrum, il flusso pare quindi inarrestabile se non si interviene sulle cause. Giovedì "l’altro Matteo", come si definisce, se l’è presa con la Caritas, rea, con il progetto Presidio finanziato dalla Cei, di aver inviato 10 camper nelle campagne per fornire supporti umanitari e legali agli immigrati che lavorano in nero.
«Aiutare gli irregolari, ma vi sembra normale?» domandava. No, non è normale che nei campi italiani sia diffusa l’illegalità (anche al Nord) e ci siano migliaia di braccianti, spesso rifugiati regolari che non sanno come sbarcare il lunario, sfruttati e costretti a vivere nel degrado. Ma un politico vero a questo punto se la prenderebbe, nell’ordine, con le mafie che sfruttano, con i caporali che arruolano, con imprenditori e politici conniventi. Invece Salvini incolpa volontari e operatori che fanno il proprio dovere civico portando legalità e diritti dove spesso latitano le istituzioni.
Oltre a rilevare la strana antipatia del capo leghista per chi compie il proprio dovere, ci chiediamo quali alternative proponga. Perché quando la Lega ha gestito il Viminale dal 2008 al 2011, nelle campagne italiane il racket non ha sentito la differenza. E ci risparmi lo slogan «aiutiamoli a casa loro». E dove li aiutiamo? In Siria, in Somalia o in Eritrea? O in Libia, dove il traffico di uomini vale il 10% del Pil e fa campare intere città? E dopo esserci fatti le domande giuste, facciamo anche le cose giuste e con l’«aiuto» alla pace e allo sviluppo non limitiamoci a condire qualche slogan. L’attivismo mediatico del Salvini è un tentativo di celare rigurgiti xenofobi e vuoti imbarazzanti.
 
 
 
LA STORIA / A FEBBRAIO LA TRAVERSATA, OGGI PRONTI A ESORDIRE IN ECCELLENZA CON IL MODICA 
Da migranti a calciatori, la favola di Louie, Sadibou e Lamin 
la Repubblica, 21-07-14
GIORGIO CARUSO 
MODICA. Cosa vuoi fare da grande, Louie? «Non voglio fare il calciatore. Io sono un calciatore. Mettetemi alla prova e vi farò vedere». 
Louie ha 17 anni e viene dalla Guinea Bissau. Insieme a Sadibou, 16 anni, e Lamin, 17 anni, entrambi dal Gambia, hanno attraversato il Mediterraneo col barcone per realizzare il loro sogno: giocare in una squadra di calcio italiana. E ce l`hanno fatta. Infatti tra un mese indosseranno la magliarosso-bludel Modica (provincia di Ragusa), che milita nel campionato di Eccellenza. 
I tre erano a febbraio ad Augusta con uno dei tanti barconi partìtì dalla Libia. «Siamo felici di averli in squadra con noi - dice il presidente del Modica, Pietro Bellia - guadagneranno anche i loro primi soldi, con dei rimborsi spese che andranno dai 500 a 1000 euro mensili». Lamin, Louie e Sadibou, non riescono ancora a credere ai loro occhi. Sei mesi fa, giocavano per strada in Africa, su rettangoli di gioco improvvisati, campi pieni di polvere, ora calcano un campo con l`erba sintetica: con porte, spogliatoi e spalti per il pubblico. 
Hanno alle spalle una storia drammatica. Hanno camminato per giorni, attraversando il deserto con mezzi di fortuna, per poi arrivare a Tripoli e affidarsi nelle mani degli scafisti. «Ho pagato mille dollari per salire su quel barcone - dice Louie, che gioca come centrocampista ed è soprannominato dai suoi amici Ballack, come l`ex giocatore del Chelsea - e adesso voglio giocarmi la mia chance qui al Modica. Non chiedo altro». 
L`artefice dei loro sogni, si chiama Giuseppe Ragona, consulente sportivo del comune di Modica «Era una mattina di inizio maggio. Mi chiama l`assessore allo sport Rita Floridia, per fare da traduttore, tra i ragazzi egli assistenti sociali. Fuori, nella veranda davanti la casa, vedo questi ragazzi giocare a pallone e noto che hanno talento. Così, chiamo il presidente del Modica, Bellia e cerco di organizzare un provino». 
Lamin, Luoie e Sadibou sono a un soffio dal loro sogno: potrebbero giocare già dalla prima sfida per la Coppa Italia, del 24 agosto, se la Figc, accorcerà i tempi burocratici del tesseramento. Un ultimo passo, non scontato, però. «Per tesserare un ragazzo comunitario ci vuole un anno. Per un extracomunitario ci sono più problemi» dice Gianni Gibaldi, responsabile del settore giovanile del Modica. «Spero che stavolta si faccia un`eccezione, questi ragazzi meritano davvero un lieto fine». 
 
 
 
Bologna, all'ex Cie arrivano 204 migranti, tra cui due neonati
Arrivano dal Gambia, dalla Nigeria e dalla Costa d'Avorio. Sono i migranti arrivati questa notte alle 2 a Bologna. Per loro il Cie di via Mattei cambia faccia: eliminate le porte e coperte le sbarre
Redattore sociale, 21-07-14
BOLOGNA - Le stanze da letto sono numerate con cartelli fatti a mano, davanti ogni spazio comune ci sono le indicazioni in tre lingue: "cucina, kitchen, cuisine", c'è scritto davanti la mensa. Tra poco si siederanno a tavola, oggi, per pranzo, pasta, hamburger e verdure stufate. Sono 204 i migranti arrivati intorno le 2 di questa notte a Bologna, 4 in più del previsto, e accolti nella struttura di via Mattei. Quattordici sono donne e con loro ci sono anche 2 bambini di 11 mesi. La maggior parte scappa dal Gambia, tanti anche dalla Nigeria e dalla Costa d'Avorio. Centocinque migranti hanno passato la notte su materessi appoggiati ai letti di cemento, per gli altri le brandine sono state messe a disposizione dalla Protezione Civile. Sono sistemati in grandi camerate, fino a 12 posti, divisi dalle donne che, invece, sono in un plesso separato.  
C'è Biko, 22 anni, nel viaggio ha perso la famiglia, Buba ne ha 23 e sta cercando sua moglie,anche lei in Italia, a Roma, forse. Obi è alle prese con un cellulare, ha in mano una rubrica sbiadita e cerca di chiamare qualcuno. Kojo non sa in che città si trova, Ada è con il fratello e un'amica, racconta che gli abiti distribuiti sono troppo grandi per lei: "Sono piccola per questi vestiti", dice sorridente. C'è anche chi chiede una connessione ad internet e chi di fare una telefonata. Molti, sono seduti nel cortile principale e lasciano passare il tempo parlando tra loro. E mentre alcuni ancora riposano dalla nottata passata in viaggio da Salerno a Bologna, nell'infermeria sono in corso i controlli sanitari, domani arriverà il pediatra ma i bambini sembrano in buona salute.
Non chiamatelo più Cie. O almeno così dicono Polizia, Prefettura e cooperative. Quello di via Mattei è diventato un 'hub', un centro di prima accoglienza e smistamento per i migranti. Nonostante non sia più un centro di identificazione ed espulsione però le sbarre sono ancora tutte lì. Quello che manca sono le porte per non dare la sensazione che li possiamo chiudere dentro, spiegano dalla Prefettura. Inferriate che non si sa però quando, e se, verranno effettivamente smontate.Intanto, per rendere meno forte l'impatto, alcune sono state coperte con dei teli verdi.  
Dentro, infatti, tutte le porte sono aperte, dai cortili alle stanze, agli spazi comuni. I ragazzi, per la maggior parte intorno ai 25 anni, camminano liberamente, chiaccherano tra loro e, nonostante chiedono aiuti e risposte, non sembrano preoccupati. Ad occuparsi di loro sono un gruppo di operatori delle cooperative che gestiscono parte dei posti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) come la Lai momo, che si occupa già di villa Aldini, sui colli bolognesi, e villa Angeli, a Sasso Marconi. (irene leonardi) 
Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links