Sugli immigrati minori doppi controlli

Italia-razzismo
Nell’ultimo mese in alcune città d’Italia si sta verificando un fenomeno alquanto preoccupante. Sta accadendo che persone immigrate accolte nei centri di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, sono sottoposte a controlli clinici per accertarne l’età. La finalità della visita è quella, dunque, di dichiarare e certificare che le persone già accolte nelle strutture organizzate per minorenni, siano effettivamente tali.

Questo perché qualche tempo fa era stata segnalata (anche da parte di Save the Children) la presenza di maggiorenni all’interno di quei centri gestiti e finanziati dai comuni. Quello di Roma ha deciso, così, di convocare i responsabili delle strutture e, a scaglioni, anche gli ospiti, per sottoporli a un primo colloquio con le Forze dell’ordine. Se in quell’occasione i sedicenti minorenni confermano la propria posizione sono sottoposti alla visita medica che dovrà provare quanto detto. Il problema si pone nel momento in cui l’esito fosse diverso da quello annunciato perché, allora, la persona è allontanata dal centro di accoglienza con un provvedimento di espulsione e, oltretutto, denunciata per truffa aggravata ai danni dello Stato. A Roma gli accertamenti sull’età vengono effettuati per ridurre il numero dei minori stranieri non accompagnati a carico dell’Ente locale e, dunque, per ridurre la spesa pubblica. E, in effetti, la presenza di maggiorenni non solo crea problemi di posti ma non è compatibile con quella dei minorenni per ragioni legate alla loro incolumità. C’è un aspetto di tale procedura che appare poco consono. Si tratta del fatto che tutte le persone convocate dall’amministrazione comunale erano già state, in realtà, identificate e visitate per stabilire gli anni. Questo è infatti un procedimento previsto e attuato quando una persona, nel momento dell’arrivo, dichiara di non essere ancora diciottenne. Ecco perché una seconda visita non era necessaria se, già in quella precedente, si fosse utilizzato un metodo inequivocabile che, ad oggi, pare non esserci. Bisogna però ricordare che quello utilizzato per accertare l’età è uno strumento che non può essere applicato ordinariamente ma solo “nei casi in cui vi sia incertezza sulla minore età” (circolare del Ministero dell’interno prot. 17272/7) e comunque su ordine dell’Autorità giudiziaria e sempre e solo se vi siano dubbi sull’età (art. 8 d.p.r. 448/88). Inoltre, come precisa l’Asgi, «secondo le indicazioni del Protocollo emanato nel settembre 2009 dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (cd. Protocollo Ascone) l’accertamento dell’età non può essere limitato alla radiografia mano-polso ma deve essere effettuato un approccio multidisciplinare o multidimensionale, all’esito del quale qualora residuino ancora dubbi deve essere applicato il principio della presunzione della minore età». Ma come è possibile che ci sia una tale imprecisione sul metodo da adottare per la determinazione dell’età? Cosa impedisce l’utilizzo di strumenti che diminuiscano una così diffusa arbitrarietà?
l'Unità, 11-04-2013

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