Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

25 gennaio 2013

Lampedusa, cinque minori rinchiusi illegalmente da un mese
Il Fatto, 25-01-2013
Chiara Daina
Erano scappati dalla miseria per inseguire la libertà. Si risvegliano naufraghi su un granello di roccia, senza affetti, né diritti, in condizioni igieniche precarie e derubati dei loro sogni. Sono i 5 minori (erano 36 una settimana fa) rinchiusi da oltre un mese nel centro di prima accoglienza di Contrada Imbriacola, sull’isola di Lampedusa. Tutti in fuga dall’Africa subsahariana. Alcuni di loro nei giorni scorsi hanno inviato una lettera allo Stato italiano e all'Alto Commissariato Onu per i rifugiati (pubblicata sul Fatto Quotidiano del 13 gennaio) chiedendo il riconoscimento dei loro diritti e che qualcuno si prenda cura di loro. Nel centro ci dovrebbero rimanere qualche ora, o qualche giorno, giusto il tempo di essere identificati e poi trasferiti nelle case famiglia (gli adulti, invece, finiscono nei centri di accoglienza per richiedenti asilo). In pratica, non è mai così. “Oggi ci sono 30 migranti, erano 250 la settimana scorsa, sono sbarcati il 14 dicembre, oltre un mese fa” dice il sindaco Giusi Nicolini. “Non ci sono materassi, non ci sono medici, c'è acqua sul pavimento” si legge sulla lettera. E quando cala la sera esplode il delirio. “I grandi di notte si ubriacano e tutte le notti succede qualcosa di brutto”, è la penultima riga. Abbandonati a se stessi e lo Stato non gli garantisce l'assistenza psicologica. Per non parlare di un piano di inserimento. Risultato: quei bambini, schiacciati dalla noia, si scordano di essere dei bambini. Una schiera di poliziotti e soldati li sorveglia di continuo. Forse un bambino che fugge dalla guerra si chiude gli occhi ogni volta che un soldato gli passa accanto. Ancora inagibile l'ala del centro incendiata da alcuni migranti nel settembre 2011, in segno di protesta contro il sovraffollamento. “I minori occupano l'ufficio di identificazione, le donne stanno nell'infermeria” spiega Alessandra Ballarini, avvocato di Terre des Hommes, in visita il 14 gennaio al centro con la parlamentare Pd Sandra Zampa e Gabriella Guido della campagna “Lasciate-Cientrare”. Quelle persone sono trattate come prigionieri. “L'articolo 13 della Costituzione vieta di recludere una persona in assenza di convalide giudiziarie – scandisce l'avvocato – L'Italia viola anche la Convenzione dei diritti del fanciullo”.
AI MIGRANTI viene fornito un kit di sopravvivenza: saponetta (di quelle da hotel), giacca, scarpe, tuta, un mini dentifricio e un campioncino di shampoo. È evidente che non servono a garantire l'igiene personale fino a un mese. I lampedusani gli hanno regalato coperte e vestiti per ripararsi dal freddo: il senso di ospitalità di un isolano è più forte del mare in tempesta o del divieto di una norma. Contro il soggiorno forzato, i migranti protestano dentro e fuori il centro. Il 12 gennaio hanno manifestato davanti la Chiesa perché gli hanno impedito di pregare. Il regolamento prevede la totale clausura. Ultimamente uscivano da un buco nella recinzione. Poi hanno tappato la via di fuga. “Non va bene, mai, con e senza emergenza – ribadisce il sindaco – Vivono un doppio isolamento, inaccettabile”. Il piano di accoglienza del Governo è terminato il 31 dicembre. La spesa al giorno per ogni migrante è passata da 70 euro a 28. È lecitochiedersi se l'ospitalità debba mai avere una data di scadenza.



I bambini stranieri “irregolari” potranno iscriversi a scuola con i metodi tradizionali.
Lo precisa il Ministero dell’istruzione che difende comunque l’obbligatorietà del codice fiscale come strumento per di evitare le doppie iscrizioni.
Immigrazioneoggi, 25-01-2013
La procedura di iscrizione on-line non solo non incide in alcun modo sull’universalità del diritto all’istruzione, ma consente di combattere il fenomeno delle iscrizioni multiple. Gli studenti stranieri “irregolari” potranno iscriversi con le modalità tradizionali.
È quanto ha precisato ieri il Ministero dell’istruzione in merito all’impossibilità per gli stranieri irregolari di effettuare l’iscrizione on-line non essendo in possesso del codice fiscale.
Per gli immigrati senza permesso di soggiorno il ricorso alla domanda cartacea aggira l’ostacolo del codice fiscale che comunque, si fa notare a viale Trastevere, nel modulo on line è un campo obbligatorio importante perché è l’unica maniera per dimostrare che si è in presenza di una persona fisica determinata. L’iscrizione on line, inoltre, offre - spiegano fonti del Ministero - non solo risparmi per l’amministrazione, ma anche il vantaggio di rendere non più praticabile la prassi, assai diffusa, di procedere a iscrizioni in più scuole per poi decidere all’ultimo momento in quale mandare i figli. Una consuetudine che aveva anche ripercussioni sugli organici per il rischio di “tararli” su un numero di iscrizioni fittizie.



Il Belpaese dei Fratelli musulmani
la Repubblica, 25-01-2013
VLADIMIRO POLCHI
RASHID vende frutta e verdura. Il suo negozio ha due ampie vetrine che si affacciano su una piazzetta pedonale in un quartiere di Roma Sud. È aperto fino a tarda sera,anche la domenica. A denunciarne la nazionalità è un foglio di papiro appeso sopra la cassa, raffigurante un'antica divinità egizia.
A SVELARNE la fede, versetti dei Corano in argento su stoffa nera all'ingresso. Per il resto è lui a mettere le cose in chiaro: «Si, sto coi Fratelli musulmani, qui quasi tutti lo siamo, almeno chi fa questo lavoro». Nelle sue parole la conferma di un movimento sotterraneo: l'espansione della Fratellanza nel nostro Paese.L'obiettivo? La conquista del milione e 650mila musulmani d'ltalia. Una "campagna acquisti" rilanciata dalla Primavera araba, che i Fratelli conducono con più mezzi: aiuti economici alle imprese degli immigrati in Italia, finanziamento dei centri islamici, dottrina e fede. Ma chi sono i nuovi "padroni" dell'Islam italiano? Quali sono le loro parole d'ordine? E come si muovono nel nostro Paese?
LA PORTA PER L'EUROPA
La Fratellanza è una influente organizzazione internazionale, fondata nel marzo del 1928 da un insegnante egiziano di nome Hassan al-Banna. Dopo la repressione subita negli anni della presidenza Nasser, i Fratelli musulmani rialzano la testa e abbandonano le posizioni più estremistiche della lotta armata in vista di una legittímazione politíca. «La Fratellanza ha un fine preciso—spiega Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici a Trento — che è quello di islamizzare la società e pervenire nel lungo período alia realizzazione di uno Stato islamico». Un movimento fondamentalista che, cavalcando la Primavera araba, ha preso il potere in Tunisia, Marocco e soprattutto in Egitto col presidente Mohamed Morsi.
Il motto dell'organizzazione è: «Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il jihad è la nostra via. Morire nella via di Allah è la nostra suprema Speranza». E l'Italia che c'entra? Lo spiega il 29 giugno 2012 Ezz Eldin Naser, esponente della Fratellanza musulmana egiziana, che si trova a Roma per incontrare alcuni imprenditori italiani: «Consideriamo l'Italia la nostra porta per l'Europa e la Russia». Traduzione: i Fratelli sono partiti alla conquista della complessa galassia dell'Islam italiano ed europeo. Lo confermano alcune informative dei servizi segreti occidentali. Quest'estate un rapporto dell'intelligence Usa fotografa i movimenti della Fratellanza in Europa, Italia compresa, seguiti al successo politico ottenuto in Egitto. In Francia l'ottobre scorso, l'excapo del Dst (il controspionaggio francese), Yves Bonnet, indica Arabia Saudita e Qatar quali fonti del finanziamento delle reti islamiste radicali (compresi i Fratelli) nel Vecchio continente. Quanto all'Italia, l'ultima relazione dei servizi segreti al Parlamento si limita a mettere in guardia da un possibile e generico «nuovo attivismo di militanti islamisti galvanizzati dalla caduta del regimi». Non tutto il mondo arabo guarda però con favore l'espandersi della Fratellanza. Stando al quotidiano al-Khaleej, che cita una fonte anonima vicina alle indagini, il primo gennaio scorso le autorità degli Emirati arabi uniti hanno arrestato una «cellula egiziana dei Fratelli musulmani», impegnata ad addestrare degli islamici locali per rovesciare alcuni governi arabi. La cellula, composta da oltre dieci persone, reclutava egiziani negli Emirati e finanziava alcune attività commerciali per recuperare fondi volti a sostenere l'organizzazione madre. Ma torniamo all'Italia: per quali vie i Fratelli musulmani si ramificano nel nostro Paese? E dove si è fatta più visibile la loro presenza?
IL BUSINESS DEI NEGOZI
Rashid è solo la punta dell'iceberg: quella dei fruttivendoli egiziani pare un'avanzata inarrestabile. Lo confermano i numeri della Camera di commercio di Milano. In Italia quest'anno sono attive oltre 30mila imprese che commerciano in frutta e verdura. II loro numero è in calo rispetto al 2011. A tenere sono solo i titolari stranieri, impermeabili alla crisi, con un boom degli egiziani che nell'ulti- mo anno hanno aumentato di ben il 20% i loro negozi: record di presenze a Milano e Roma (qui i fruttivendoli provenienti dal Cairo sono ben 233). Il segreto del loro successo è raccontato da Mohamed, che ha due negozi nella capitale: «Facciamo rete e quando andiamo ai mercati generali, compriamo grandi quantità di merce per rifornire fino cinque negozi, più qualche ristorante e albergo del centro, cosi abbattiamo i costi». Ma chi copre l'investimento iniziale? «È típico della Fratellana aiutare economicamente i propri affíliati: in tal caso investono all'estero e in cambio ricevono consenso — sostiene Naman Tarcha, giornalista di origine siriana in Italia — In base alla mia esperienza posso dire che appartengono quasi tutti alla Fratellanza e la stessa scelta di questo lavoro è halal, non toccano infatti materia impura, cosa che invece può capitare se lavori in un bar con la birra, o in una pizzeria con il prosciutto». Rashid, fruttivendolo, lo spiega chiaramente: «Tra Fratelli ci si aiuta anche col denaro, che male c'è? Non siamo estremisti, Mubarak era un dittatore, ora vediamo cosa farà Morsi, mettiamolo alla prova». Insomma, nulla da nascondere: dopo le vittorie politiche nel NordAfrica, i Fratelli escono allo scoperto e rivendicano la propria identità.
IL GIALLO DEL CARPENTIERE
Una conferma delia forza della Fratellanza tra gli immigrati sta nella notizia che l'Italia è il solo Paese occidentale in cui la maggioranza degli egiziani residenti abbia votato a favore della costituzione voluta da Morsi (1.165 hanno votato a favore e 1.039 contro). Sulla Fratellanza è dura la posizione di Souad Sbai, presidente dell'Associazione donne marocchine in ltalia ed exdeputata Pdl: «Prima i Fratelli musulmani fînanziavano le moschee fai- da-te, ora si sono dirottati sulle attività commerciali. I soldi arrivano dall'estero, anche dai sauditi. In cambio hanno valuta pregiata di ritorno e la crescita della loro sfera di influenza tra gli immigrati musulmani in Italia. Arrivano con valigie piene di contanti, come nel caso di quell'egiziano fermato poche settimane fa a Malpensa». La Sbai ha pochi dubbi. La deputata di origine marocchina si riferisce alla vicenda di un carpentiere proveniente dal Cairo (ma del quale non è provato il legame con la Fratellanza), al quale i finanzieri di Milano-Malpensa l'11 dicembre scorso hanno sequestrato parte dei 110mila euro in contati contenuti dentro un borsone e non dichiarati alla frontiera. L'uomo ha cercato di eludere le verifiche dei finanzieri nascondendo la somma all'interno di grosse sacche, piene di vestiti e altri effetti personali, sperando che il volume dei suoi bagagli avrebbe scoraggiato i controlli. Cosi non è andata.
LA "PRESA" DELLE MOSCHEE
Stando a un dossier segreto del Viminale (datato aprile 2007), solo le moschee di via Pallavicini a Bologna e di via dei Frassini a Roma sono in mano ai Fratelli musulmani. Ma negli ultimi anni le cose sarebbero molto cambiate: «Oggi nei centri islamici la maggio- ranza delle iniziative legate al culto è collegata a qualcuno della Fratellanza — conferma Yahya Pallavicini, imam a Milano e vicepresidente della Coreis (Comunità religiosa islamica) — la loro espansione si è fatta via via più forte negli ultimi tempi tra tutti gli immigrati con la sola eccezione di senegalesi, turchi e di qualche pakistano. Oggi si sentono più potenti perché legittimati dall'Occidente quali mediatori col mondo islamico, dopo i successi elettorali incassati in giro per il mondo. Ma attenzione: va ricordato che il loro fondamentalismo ha come priorità strategica la presa dei potere e un islam politico». Non manca una nota positiva: «Prima dell' 11 settembre — ragiona Pallavicini — si consideravano i soli puri, ora hanno abbandonato l'arroganza dell'esclusivismo e dialogano con le altre realtà dell'islam, anche se alla fine rivendicheranno per loro la leadership». Non lontana dalla Fratellanza viene considerata l'Unione delle comunità islamiche (Ucoii). Oggi il suo presidente, Izzeddin Elzir, conferma solo che «una minoranza dei nostri membri aderisce alla Fratellanza» e quanto al fînanziamento delle attività commerciali non crede che «dietro ai fruttivendoli egiziani ci siano i Fratelli musulmani e comunque non ci sarebbe nulla di male, né di illegale, nell'aiuto economico tra connazionaii». Ma qual e il rischio connesso all'espansione della Fratellanza in Italia? Qual è il loro progetto non solo religioso, ma politico?
LR RADICALIZZAZIONE DEGLI IMMIGRATI
«Il loro progetto di realizzazione di una società islamica non implica un elemento intrínseco di estremismo — ci tiene a chiarire il professore Campanini— e la loro espansione non ha nulla a che vedere con rischi terroristici. Cio detto, la loro lettura fonda- mentalista dell'islam può portare a una limitazione dei diritti umani, soprattutto delle donne e rendere le comunità islamiche in Italia meno integrabili. Ma è pur vero che la Fratellanza ha sempre dimostrato un notevole pragmatismo, che potrebbe portare a smussarne la radicalità e poi ricordiamoci che rispetto ai salafiti passano per dei moderati». Stando ad alcuni documenti rinvenuti dopo l'11 settembre in Svizzera, la Fratellanza disporrebbe di una rete finanziaria imponente. «La loro ricchezza —spiega Campanini—viene dalle donazioni dei fedeli, dal lavoro volontario dei loro affiliati e dai fînanziamenti provenienti da alcuni ricchi Stati arabi». Dove sono presenti, i Fratelli musulmani forniscono alla popolazione anche assistenza sanitaria e scolastica. E questa è la spiegazione principale della loro forza e del crescente consenso. Per questo il boom dei fruttivendoli egiziani non sorprende Campanini: «Finanziare gli immigrati  all' estero? È tipico del loro welfare».



L’immigrato se ne va: «I flussi migratori sono cambiati e il fenomeno è irreversibile»
I numeri dell’Istat parlano di 800 mila stranieri spariti dall’Italia. Intervista a Maria Golinelli, docente di Sociologia della società multietnica all’Università di Bologna.
Tempi.it, 25-01-2013
Matteo Rigamonti
«L’immigrato se ne va» titolava qualche giorno fa la Repubblica: secondo le rilevazioni dell’ultimo censimento dell’Istat, infatti, 800 mila stranieri sono “spariti”, non risultano più residenti in Italia. I flussi migratori sembrano cambiati e se la mancanza di lavoro è uno dei motivi del cambiamento, ce ne sono molti altri, legati anche alla cittadinanza degli stranieri, come rivela a tempi.it Maria Golinelli, docente di Sociologia della società multietnica all’Università di Bologna, presso la facoltà di Scienze Politiche distaccata a Cesena-Forlì.
Se gli stranieri se ne vanno non è solo per la mancanza di lavoro?
Sicuramente la mancanza di un lavoro è uno dei fattori che può innescare un percorso discendente: dall’integrazione alla marginalità, all’abbandono dell’esperienza migratoria. Nell’articolo Franco Pittau della Fondazione Caritas sottolinea però che i dati potrebbero essere “viziati” dal tipo di rilevazione: nonostante i tanti sforzi di comunicazione è possibile che molti migranti non abbiano semplicemente risposto al censimento. Anche i dati delle cancellazioni anagrafiche non per forza ci raccontano di viaggi di ritorno: bisognerebbe poter fare una riflessione puntuale sui domiciliati, cosa che non è possibile perché non esiste una banca dati dei domiciliati. Infine, anche dai dati sui permessi di soggiorno scaduti e non rinnovati non è corretto fare l’equivalenza con il numero di rientri in patria o di emigrati in altro Paese. Piuttosto dovrebbe allarmare il numero crescente di persone che nel corso di questi ultimi 24 mesi hanno perso i requisiti per rinnovare il permesso di soggiorno e, dopo anni di vita regolare in Italia, si trovano in condizioni di irregolarità. Situazione resa ancora più drammatica dal fatto che spesso nel frattempo nel nostro Paese sono nati figli, che qui sono cresciuti, hanno studiato, hanno intessuto relazioni sociali, eccetera.
Non hanno lasciato l’Italia, dunque?
Non possiamo con certezza dire che queste persone hanno lasciato l’Italia: sicuramente a causa della crisi economica hanno perso la titolarità per una regolarità della presenza nel Paese. Per avere la residenza, infatti, bisogna avere una casa in cui si deve dimostrare di vivere effettivamente. Per mantenere una casa è necessario avere un lavoro. Se manca il lavoro il cortocircuito è facile.
I flussi migratori stanno cambiando?
La migrazione è un fatto sociale (macro) ma che si costruisce sulle storie e sulle vite delle persone. Da alcuni anni la crescita dei numeri dei migranti che entrano in Italia è dipesa in modo importante dai ricongiungimenti (oltre che dai permessi di lavoro tramite il sistema delle quote). Se 10 anni fa lo stereotipo di migrante era un uomo/giovane/lavoratore, negli ultimi anni sono arrivate in particolare donne e minori. Negli ultimi 12 mesi però la situazione è cambiata: molti migranti non hanno più i requisiti economici e abitativi per poter fare il ricongiungimento. Non solo: molti nuclei familiari stanno tornando a casa, nella speranza di superare questo periodo difficile per poi rientrare più avanti. Pochissimi però sono quelli che, andandosene, rinunciano al permesso di soggiorno. Si assentano per sopravvivere e restano fuori il massimo possibile per non perdere i requisiti del rinnovo. Si sta comportando così soprattutto chi ha il permesso di soggiorno di lunga durata (ex carta di soggiorno). Resta in Italia il padre e i figli maschi maggiorenni, coloro che in qualche modo hanno possibilità di sopravvivere e di lavorare anche solo saltuariamente. Il resto della famiglia rientra.
Un discorso che vale per tutte le nazionalità?
C’è un elemento che oggi consideriamo poco. I rumeni, quando si parla di immigrazione, sono trattati, nel discorso pubblico e nell’immaginazione collettiva, come tutti gli altri. Ci si dimentica che invece sono europei a tutti gli effetti. Infatti i finanziamenti per l’integrazione dei cittadini stranieri non ammettono azioni rivolte o che includano cittadini rumeni. La Romania non è il Marocco, è Europa. È facile andare e venire. L’iter per il soggiorno è semplificato rispetto agli extra-comunitari. Si può vivere in Italia e lavorare qui, ma curarsi in Romania senza grandi difficoltà (e a costi minori). I figli studiano in Romania, i genitori sono pendolari dall’Italia. Questo fenomeno ha cambiato i flussi migratori negli ultimi 10 anni in modo considerevole.
Un’altra novità amministrativa “silenziosa” ha modificato gli arrivi ed i ritorni da un Paese molto presente in Italia: dal 2011 per venire in Italia per un periodo massimo di 3 mesi dall’Albania non serve più il visto. Gli albanesi hanno scoperto una nuova forma di migrazione-pendolare, che ha modificato il modo di intendere la migrazione e dà una nuova forma ai flussi migratori.
Da operatrice sul campo, quali dati registra, quali problemi sorgono?
Tutto quello che sta succedendo genera incertezza nelle prospettive di vita di persone che avevano scommesso sul proprio futuro e fatto un investimento (emotivo e non solo economico) notevole. Il dramma più grande è quello dei minori che hanno vissuto la maggior parte della propria vita, se non tutta, in Italia e si trovano in balia degli eventi e a emigrare nuovamente o a vivere per la prima volta l’esperienza migratoria, però verso il Paese dei propri genitori (un salto indietro, non in avanti).
Può farci qualche esempio?
M. era un inquilino degli appartamenti che gestisce la mia cooperativa. La sua impresa ha smesso di pagargli lo stipendio per mancanza di liquidità. È tornato in Kurdistan. Partendo mi ha detto: «Dopo 7 anni in Italia là posso fare tutto». Prima ha mandato a casa S., la moglie, ed il figlio di 1 anno. Poi è partito anche lui. Prima di tornare è passato dalla Germania, per vedere se c’era qualche opportunità in più, ma alla fine è tornato in Kurdistan. Però non rinuncia alla sua avventura Italiana e tornerà in tempo per rinnovare il permesso di soggiorno, così mi ha detto partendo. Remida invece è un progetto di Rimpatrio Volontario Assistito in cui anche la mia cooperativa è coinvolta. Chi decide di tornare nel Paese di origine viene aiutato ad avviare una nuova attività economica. Partendo però il migrante deve rinunciare al permesso di soggiorno. È difficilissimo convincere le persone a partire per sempre, a dichiarare fallita definitivamente la propria esperienza migratoria, chiudere ogni possibilità di ritorno.
Giuseppe Scidà sul nostro giornale aveva suggerito la proposta di “scegliere” gli immigrati; è ancora attuale come paradigma per una convivenza equilibrata?
Con il sistema dei “decreti flussi” l’Italia di fatto già sceglie a quali Paesi dare l’opportunità di partecipare alla “lotteria” delle quote. Questo fa sì, ad esempio, che ad ogni decreto entrino in Italia migliaia di marocchini e pochissimi senegalesi, burkinabe, bengalesi…. anche se molti datori di lavoro, in tempi in cui il lavoro c’era, sarebbero stati interessati a “chiamare” operai da questi Paesi. La selezione sul profilo professionale personale è fatta, nel sistema delle quote, dal datore di lavoro che “chiama”. Chi, invece, non è in nessun modo “selezionato” è chi arriva con ricongiungimento familiare. Francamente non so dire cosa si possa fare in più per selezionare. È anche vero che esistono già quote preferenziali per profili di alto livello o per persone che nel Paese di origine hanno seguito percorsi formativi specifici finanziati dall’Italia.
Quali sono gli ostacoli maggiori?
Una cosa che oggi ostacola il percorso di molti migranti è l’iter difficile del riconoscimento dei titoli di studio. Una laurea o un Phd conseguito all’estero non vale nulla in Italia. Esiste un capitale umano di altissimo livello portato dai migranti, ma non è valorizzato. Qualche esempio? E. è ingegnare informatico con PhD conseguito in Nigeria, qui fa l’elettricista. J. in India era una pediatra nell’Ospedale della sua città, qui è disoccupata. L. era preside di una scuola in Ucraina, qui lavora come mediatrice interculturale. L. era dirigente delle poste in Romania, qui ha aperto un’impresa di pulizie.
Cosa ne pensa della proposta di conferire la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati in Italia? Come si regola la materia?
Non sono una giurista, ma non bisogna esserlo per riconoscere la necessità e l’urgenza di correggere la situazione. Nel nostro Paese un ragazzo nato qui da genitori stranieri a 18 anni e 1 giorno è un adulto che deve mantenersi da solo per non rischiare di perdere il permesso di soggiorno e diventare irregolare. Per 18 anni ha vissuto, consciamente o meno, l’illusione di essere come i propri coetanei: italiano. Con la maggiore età si scopre straniero. Oltre al dramma personale c’è anche un aspetto sociale: l’investimento culturale e sociale che il Paese fa crescendo questi ragazzi è vanificato dall’impossibilità, soprattutto in questo periodo economicamente difficile, di poter vivere da adulti a 18 anni. Scuola, assistenza sanitaria, partecipazione associativa, meriti sportivi ipotecati con un permesso di soggiorno da rinnovare anno per anno. Vi invito a leggere un pò di esperienze dei ragazzi di Seconde Generazioni (www.secondegenerazioni.it): il dramma delle prime impronte digitali, i documenti, la difficoltà a trovare un lavoro, gli amici che vivono la propria gioventù in modo spensierato senza avere l’ansia di essere fermati per strada dalle forze dell’ordine per un controllo e di essersi dimenticati a casa il permesso di soggiorno e per questo rischiare una segnalazione e, a volte, anche di perdere tutto.
Gli immigrati regolari in Italia sono ancora più di 5 milioni, pari all’8,2 per cento della popolazione totale. Sono pochi?
Quello migratorio è un fenomeno sociale e storico non reversibile. Può avere un andamento non lineare, ma questo non significa che sia reversibile. Anche se guardassimo al puro aspetto demografico italiano, ci renderemmo conto che se la popolazione italiana cresce, o meglio che se non diminuisce, è per effetto dell’immigrazione. Però non ne farei una questione solo di numeri. È necessario garantire una vita dignitosa alle persone, italiane o di origine straniere che siano. La società multietnica ha un futuro virtuoso solo se non si declina in termini di guerra tra poveri per aggiudicarsi scarse risorse e opportunità. La strada è ancora lunga.



Sito shock. “Tutti i crimini degli immigrati”
Un portale che raccoglie solo articoli di giornale che trattano di crimini attuati da immigrati nordafricani, rumeni e albanesi, il tutto accompagnato da slogan e pregiudizi. Una manipolazione della libertà d'informazione, che diviene vera e propria opera di diffamazione verso gli stranieri.
ArticoloTre, 25-01-2013
sito shock. "Tutti i crimini degli immigrati"-Redazione- -25 gennaio 2013- “Tutti i crimini degli immigrati”, si chiama. E' una sorta di archivio online di articoli giornalistici e notizie prese qua e là, tutte con un denominatore comune: l'immigrato delinquente.
In questo portale internet vengono inseriti infatti tutti gli articoli che hanno come oggetto reati commessi da stranieri, dallo stupro al furto, dall'omicidio alla truffa.
Attenzione, però. Il popolo di stranieri criminali residenti in Italia è dapprima passato al vaglio, setacciato e soppesato dagli amministratori del sito. I reati che vengono presi in considerazione sono dunque sempre e solo quelli compiuti da rumeni, nordafricani, albanesi e rom. Le notizie poi vengono ripresentate attraverso nuovi titoli e commenti, in modo tale che diventi inequivocabile lo scopo ultimo: mettere in guardia gli italiani dal pericolo degli immigrati.
Una faticosa cernita che dà come risultato un'enorme operazione di diffamazione ai danni di capri espiatori. Una sorta di manna dal cielo per gli xenofobi che godono nel continuare a vivere per luoghi comuni e nutrendosi di razzismo.
Nel sito che raccoglie gli articoli di giornale si trovano per lo più pregiudizi, gonfiati da qualche menzogna in grado di richiamare l'attenzione e il consenso dell'opinione comune; slogan trasudanti odio accompagnati da statistiche erronee. Su tutte, la più gettonata e ripetuta ossessivamente è: “Ogni tre ore una donna viene stuprata da un immigrato”, che si tratta di un'invenzione bella e buona, in quanto quasi il 70% dei casi di violenza sessuale in Italia sono opera di mariti e fidanzati, e solo il 3% di immigrati.
Ad ogni modo non sono soltanto gli stranieri, ad essere presi di mira dal sito: ovviamente non possono mancare all'appello i gay e tutti gli “xenofili” che si dicono favorevoli alla società multietnica. Veri e propri nemici, per quest'élite illuminata che ha deciso di sbandierare per il mondo la propria fantomatica superiorità di razza, manipolando l'informazione libera.
Gli autori del sito, che, consci della gravità della loro iniziativa, hanno oscurato le proprie generalità, pubblicano spesso un editoriale anche sul blog "Identità Nazionale", dove esprimono idee naziste e antisemite.
L'anno scorso, inoltre, è emerso un particolare agghiacciante: l'assassinio di due immigrati senegalesi, a Firenze, aveva dei collegamenti con il gruppo degli xenofobi cybernetici.



“No al razzismo”: a Roma una partita di calcio per chiedere alla politica maggiore impegno contro il razzismo.
Patrocinata da Unhcr e Figc e organizzata dalla Fondazione IntegrA/Azione, l’iniziativa si svolgerà lunedì 28 gennaio.
Immigrazioneoggi, 25-01-2013
Una partita di calcio per puntare i riflettori sulla “debolezza della politica italiana in tema di integrazione”. È l’iniziativa che si svolgerà a Roma lunedì prossimo, 28 gennaio, presso l’impianto sportivo comunale Fulvio Bernardini (via dell’Acqua Marcia 51, zona Pietralata) con squadre miste per genere e provenienza dei partecipanti.
L’obiettivo dell’iniziativa è dare un calcio simbolico a tutte le forme di discriminazione. Lo slogan scelto è “No al razzismo, no racism, non au racisme, ‎?? ????????‎”. L’evento è patrocinato dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite e dalla Federazione italiana gioco calcio e vede l’adesione di numerose realtà della società civile non solo legate al mondo dello sport. La partita è organizzata da Fondazione IntegrA/Azione in collaborazione con Uisp, Legambiente, X Municipio del Comune di Roma, Liberi Nantes, Cooperativa Abitus e S.CO.S.S.E. Sono state invitate a partecipare tutte le realtà associative, i comitati, i singoli cittadini e le istituzioni.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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