Le contraddizioni, le ingiustizie e i limiti della convenzione Dublino II: il caso degli afgani a Roma

Nel corso della giornata di venerdì 23 ottobre è avvenuto a Roma lo sgombero di una grande area di suolo pubblico, il piazzale antistante la stazione Ostiense, da anni occupato da gruppi di afgani, costretti a soggiornare per strada in mancanza di una sistemazione alloggiativa adeguata. Sono state numerose le chiamate di denuncia e di protesta al numero SOS Diritti dell'ARCI da parte di operatori e operatrici e persone preoccupati di quanto è accaduto. Anche lo sportello legale territoriale dell'ARCI di Roma ha offerto la sua collaborazione. L'irruzione della polizia ha nuovamente puntato i riflettori su una delle tante situazioni d'emergenza e di segregazione delle metropoli italiane. La storia non è nuova. Centinaia di afgani, infatti, vivono in una situazione di limbo giuridico, causata dal fatto di essere passati precedentemente da altri Stati membri della Comunità Europea. Quando viene chiesto loro qualche documento identificativo l'unico certificato che possono esibire è il Regolamento Dublino II. Questo è appunto il documento che viene rilasciato nel caso in cui si sia verificato l'attraversamento di altro suolo dell'area Schengen prima dell'arrivo in Italia. Tramite il sistema di riscontro delle impronte digitali EURODAC, l'ente preposto dal Ministero dell'interno emette la sua decisione che normalmente s'ispira all'art. 16.1 del Regolamento (CE) nr. 343/2003, secondo cui: “Lo stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo ha l'obbligo di riprendere in carico il cittadino di un paese terzo del quale ha respinto la domanda e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne autorizzato”. Il trasferimento da uno Stato verso quello competente dovrebbe avvenire nell'arco dei sei mesi dal momento in cui viene emessa tale decisione, ma in questo lasso di tempo le persone che subiscono il provvedimento, si ritrovano a vagare in incognito per le città, spesso utilizzando la rete fognaria e di fatto vivendo nel sottosuolo. Durante i sei mesi viene negato loro l'accesso al Sistema Sanitario Nazionale, non hanno diritto ad un alloggio, né ad alcuna forma di sussidio  pur essendo richiedenti asilo presenti nel nostro Paese, lo stesso Paese che nel '51 ha firmato l'ormai nota Convenzione di Ginevra e che dovrebbe rispettare l'art. 10 della propria Carta Costituzionale.
Queste le condizioni giuridiche, sanitarie e umane in cui versavano anche i gruppi di afgani che si sono rivolti al centralino dell'ARCI mentre era in corso l'operazione di sgombero. Nella prima fase d’emergenza è stato fornito il supporto di un interprete di lingua farsi per l'analisi individuale di ogni caso e delle relative problematiche e soluzioni possibili. Si è provveduto a stilare un programma di incontri con le persone coinvolte e segnalate dalla polizia, per avviare una presa in carico globale della persona. Dal punto di vista legale, gli avvocati stanno prendendo in considerazione l'ipotesi di presentare un ricorso avverso la decisione Dublino II al T. A. R. Lazio; da un punto di vista sanitario, invece, è doveroso verificare lo stato di salute degli afgani poiché si tratta di persone che dormono da mesi per strada. In passato al Numero Verde erano pervenute denunce di vere e proprie epidemie di tubercolosi.
In linea generale, quando si parla di afgani dispersi sul territorio, nella maggior parte dei casi si tratta di persone che prima di raggiungere l'Italia hanno attraversato la Grecia, pertanto sarebbe questo il paese competente. Tuttavia siamo ben a conoscenza delle condizioni davvero precarie in cui versano i diritti umani in Grecia. L'UNHCR ha pubblicato nel 2008 una nota ufficiale in cui si denunciavano le situazioni di abuso e di repressione esercitate dalle forze dell'ordine greche nei confronti dei richiedenti asilo afgani e/o iracheni che sono soliti attraversare  quel territorio. E' importante, quindi, mantenere alta l'attenzione su tali vicende, e soprattutto far conoscere le reali condizioni di vita in cui siu trovano a vivere queste persone.
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