Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri
Il burqa è un punto di vista
E l’integrazione è necessaria e urgente
Iman Sabbah
Nostra intervista a Fabio Granata, deputato del PDL

In che cosa consiste la legge Sarubbi – Granata sulla cittadinanza?

È un progetto fortemente innovativo che fa parte della lunga e ricca tradizione culturale italiana, fatta di accoglienza e integrazione. Basti pensare a tutto il percorso che ha fatto la civiltà italiana, dove le tappe più significative sono state sempre rappresentate da un’identità dinamica capace di raccogliere le contaminazioni, soprattutto, quelle realizzatesi all’interno del bacino del Mediterraneo.
I punti di forte novità sono essenzialmente due: si passa da un richiesta burocratica e da una concessione della cittadinanza dopo 10 anni di residenza a un riconoscimento legato alla volontà di cittadinanza del soggetto. Praticamente un immigrato, legalmente residente nel nostro paese, ha diritto a presentare domanda di cittadinanza dopo 5 anni. Naturalmente ci sono anche delle condizioni ben precise: dalla conoscenza della lingua italiana alla conoscenza della storia dell’identità culturale del nostro paese oltre al giuramento sulla costituzione. Tutti passaggi che denotano la volontà politica dello straniero di fare parte della comunità nazionale. La seconda questione riguarda i minori: i bambini nati in Italia da genitori migranti, dei quali almeno uno è regolarmente residente da almeno 5 anni, saranno considerati italiani sin dalla nascita. Nel caso che non fossero nati in Italia, ma vi fossero arrivati entro il quinto anno di età diventano cittadini al compimento di 18anni. A condizione che abbiano compiuto il ciclo di studi completo previsto dal nostro sistema scolastico.

Secondo Lei la società italiana è pronta ad un simile progetto di integrazione?


La politica deve avere un ruolo di indirizzo e deve governare le dinamiche sociali. Fin a quando nel nostro paese sarà coltivata per finalità politiche, se pure non direttamente elettorali, la diffidenza e la paura verso l’altro, la società italiana sarà sempre una società chiusa. Poi, se le considero giuste, io voglio comunque portare avanti quelle posizioni sulla cittadinanza, pur se non condivise attualmente dalla maggioranza degli italiani; e voglio condurre su questo una grande battaglia culturale affinché,  quelle posizioni, vengano comprese e accettate. Per ciò faccio sempre un richiamo alle tradizioni culturali dell’Italia.

In questo senso la maggioranza di governo non da un buon esempio: basti pensare alle posizioni che ha la Lega Nord nei confronti dell’immigrazione.

Ci sono segni contradditori e credo sia giusto che si manifestino: perché parallelamente al processo di integrazione che porta alla cittadinanza è necessario anche il massimo rigore nei confronti dell’immigrazione irregolare. Ma naturalmente senza violare i diritti umani garantiti dalle convenzioni internazionali – come il diritto all’asilo politico. Per altro, voglio esprimere insieme ad altri parlamentari, una forte perplessità per quanto riguarda il reato di clandestinità. Mi sembra un reato difficilmente individuabile, può essere foriero di straordinarie ingiustizie e di diffuso allarme sociale. Poi, indiscutibilmente, nella maggioranza c’è una forza politica che è la Lega Nord che ha una visione che definisco “etnica” della cittadinanza se non, addirittura, tribale per certi versi, quindi di chiusura verso l’esterno. La Lega, però, interpreta una mentalità diffusa, soprattutto nel nord del paese, una mentalità intrisa spesso di egoismo che dimentica la grande tradizione di immigrazione italiana. Quando parliamo del veneto, parliamo di una regione, che insieme alla Sicilia, ha dato il maggior contribuito alla emigrazione italiana del 900’. Si tratta di comunità che hanno perso il senso della propria memoria storica.

Come sta procedendo la proposta di legge?

Ci sono naturalmente moltissime difficoltà ma un primo successo l’abbiamo già ottenuto: quello di aprire un vero dibattito. La proposta, infatti, ha avuto grande risonanza nella stampa, nelle organizzazioni non governative, come la comunità di sant Egidio, e negli ambienti della Confindustria. Questo, indubbiamente, rappresenta una forza. E poi, credo, che avremo ancora più consensi, soprattutto in parlamento, quando la proposta verrà letta e conosciuta.

Ma riuscirà a diventare legge, almeno in parte, entro la fine di questa legislatura?

Credo di si. Ma i percorsi legislativi sono sempre lunghi, frutto di mediazioni e di mutamenti. Certo, il dibattito si è avviato: la legge arriverà in aula. Cercheremo di garantirne, nella maniera più rigorosa, gli elementi di novità. Questo dipenderà anche dalla capacità che avremo di creare una maggioranza parlamentare attorno alla legge: non dipende solo dalla qualità della legge ma anche dal quadro politico.

In questo periodo si discute molto del velo islamico. La Lega Nord ha annunciata una proposta di legge per vietarlo. Qual è la sua posizione?

Quella della Lega è una provocazione pericolosa, di cui non si sentiva il bisogno. Incrementa la tensione sia a livello nazionale che a livello internazionale. Proposte del genere hanno sempre una risonanza sovranazionale e dunque non ci dobbiamo meravigliare se alcuni paesi islamici vedono in maniera ostile l’Italia. Quindi c’è anche questa valutazione da fare. Ma la proposta, in se, è sbagliata perché i segni e i simboli delle religioni non devono essere vietati a nessuno. Semmai è auspicabile che alcuni segni che qui in occidente vengono interpretate come usanze di mortificazione della donna (la copertura totale del volto) vengano superati con battaglie di integrazione di tipo culturale e non con sanzioni penali. Poi, va detto, che l’umiliazione della donna è sempre una questione di punti di vista. Per una parte dell’Islam la mortificazione femminile è quella che si esprime nel “velinismo”. Ripeto: è una questione di punti di vista. 




Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links