Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 dicembre 2010

Flussi immigrazione Quel dietrofront per la propaganda
Il decreto per 98.080 ingressi senza le procedure di legge Dietro l'alibi della crisi, gli errori del «cattivismo» di Maroni per espellere tutti gli irregolari in Italia ci vorrebbero 25 anni
l'Unità, 22-12-2010
PIERO SOLDINI  RESPONSABILE UFFICIO IMMIGRAZIONE CGIL NAZIONALE

Siamo alle solite, l'immigrazione è sempre il terreno delle sparate propagandistiche e strumentali dell'improvvisazione e dell'arbitrio.
Prima, il governo ha deciso di bloccare i flussi, adesso ha deciso di sbloccarli con un nuovo decreto che prevede 98.080 ingressi, senza rispettare né prima né adesso le procedure della legge che prevedano una consultazione preventiva con le parti sociali e con le regioni.
Per bloccare i flussi si è sbandierata ai quattro venti la motivazione che, se c'è crisi e le aziende licenziano, non si possono chiamare altri lavoratori stranieri, motivazione vera che però è stata agitata solo strumentalmente, perché altrimenti, avrebbe dovuto essere affrontata con provvedimenti che impedissero che i lavoratori stranieri che perdono il lavoro diventassero irregolari, attraverso l'estensione della durata del permesso di soggiorno e regolarizzassero tutti quei lavoratori immigrati che sono già qui e lavorano in nero. Ciò non è stato fatto, e si è voluto alimentare un altro argomento propagandistico e strumentale, cioè che gli immigrati irregolari (clandestini) vanno espulsi.
Che sia pura propaganda lo dicono i dati, infatti con tutto il «cattivismo» del ministro Maroni, negli ultimi 20 mesi sono state espulse 38.000 persone e siccome le stime più prudenti dicono che in Italia ci sono circa 500.000 irregolari, per espellerli tutti, ammesso che non ne entri più nessuno (impossibile perché, anche per gli ingressi, nonostante il «cattivismo» del ministro Maroni sui respingimenti, ne entrano oltre 100.000 l'anno) ci vorrebbero 25 anni.
Oltretutto costerebbe una tombola perché espellere uno straniero irregolare, sommando il carico della magistratura, delle forze dell'ordine, del Cie, del vettore ecc. costa circa 10.000 euro. Infatti non vengono espulsi (salvo le sceneggiate dimostrative) rimangono qui, irregolari impauriti assoggettati, sfruttati, umiliati ed alimen-tano la concorrenza a ribasso sui salari ed i diritti di tutti i lavoratori e questo fa comodo al governo che continua a gridare al lupo e a "padrocini e padroncioni", che li sfruttano e li ricattano e con essi ricattano anche i lavoratori italiani.
Adesso si fa un decreto flussi, perché? La crisi è finita? Dall'andamento dei dati sulla cassa integrazione e sulla disoccupazione non si direbbe proprio, ma evidentemente ci si accorge che nonostante la crisi c'è una domanda di mano d'opera che, un mercato del lavoro deregolarizzato e non governato, non soddisfa. Si fa quindi un decreto flussi 2010 senza sapere come e se si sia concluso il decreto del 2007, del 2008 e la sanatoria per colf e badanti del 2009.
L'unica certezza che solo il Governo non vuole capire, è che sarà di nuovo una grande confusione, la lotteria dei "clik day" produrrà molte domande, molte aspettative, molte truffe, molte frustrazioni, molte tensioni e pochi fortunati, ma il governo dell'immigrazione è un'altra cosa.«



SE L'IMMIGRAZIONE sta diventando "matura"

Famiglia Cristiana, 22-12-2010
GIAN CARLO BLANGIARDO
Università Bicocca Fondazione Ismu
Se è vero che dall'avvento della Bossi-Fini la crescita degli stranieri in Italia è proseguita al ritmo di quasi 450 mila unità annue è anche vero che nel quadro di tale dinamica non mancano segnali di rallentamento, attribuibili all'azione frenante innescata dalla difficile congiuntura economica. Non sorprende dunque che la novità segnalata dall'ultimo Rapporto della Fondazione Ismu non sia tanto il passaggio oltre la mitica soglia di 5 milioni di presenze straniere bensì la netta e progressiva riduzione dei flussi netti (ingressi meno uscite) accertata a partire dalla primavera del 2008. Un fenomeno che persiste tuttora e che sembra possa dar luogo nel 2010 a circa 100 mila unità in meno rispetto al corrispondente flusso del 2009. Il tutto, mentre anche sul fronte dell'irregolarità - che il Rapporto quantifica in circa 550 mila casi - sembrerebbero emergere segnali di ridimensionamento. Si tratta di un calo che certamente recepisce gli effetti della recente normativa per l'emersione dall'illegalità dei lavoratori domestici, ma che forse può anche vedersi come azione combinata sia di un minor "effetto richiamo" da parte del mercato del lavoro, sia di possibili rientri al Paese di origine.
Il Rapporto Ismu del 2010 offre anche alcune interessanti conferme sul fronte della maturazione del fenomeno migratorio. I dati mostrano infatti come la quota di immigrati maggiorenni che vivono in una famiglia di tipo nucleare sia aumentata. In linea con il rafforzamento delle strutture familiari, la popolazione minorenne si è triplicata. D'altra parte, è noto come nel corso del tempo sia andata aumentando anche la frequenza annua dei nati stranieri: erano meno di 10 mila nei primi anni '90 e hanno raggiunto 74 mila unità nel 2009. Ma la vivacità del processo di trasformazione dei lavoratori immigrati in "famiglie immigrate" è largamente testimoniata anche dall'intensità dei ricongiungimenti. Se dunque il richiamo del lavoro segna il passo, l'obiettivo di riunire gli affetti familiari resiste anche ai venti di crisi.  



Adam: picchiati con spranghe e tenuti in container sotto terra

Avvenire, 22-12-2010
Paolo Lambruschi
Per la prima volta parla uno degli eritrei sopravvissuti ai mercanti di uomini del Sinai. Il suo riscatto è stato pagato dal fratello, lui racconta come è finito e cosa accade nelle prigioni dei predoni. Un racconto dove si riscontrano impressionanti analogie con quelli dei 250 eritrei, 80 dei quali provenienti dalla Libia, catturati un mese fa.
Tre mesi fa Adam, 22 anni, era prigioniero dei trafficanti di esseri umani. C’è rimasto quasi un mese, incatenato e trattato come una bestia, prima che il fratello maggiore Michele pagasse per liberarlo da un lurido container interrato, a pochi chilometri dal confine tra Egitto e Israele. Michele, che da un paio d’anni vive in Toscana e che aveva chiesto aiuto alla Caritas diocesana fiorentina per mettere insieme i soldi del riscatto, ci ha raccontato cinque giorni fa l’odissea di Adam, rapito dai predoni ai primi di settembre e liberato il 28 dello stesso mese. Una testimonianza importante perché ha smentito il governo egiziano, arrivato a negare perfino l’esistenza degli eritrei prigionieri.
Un’ulteriore conferma che in questo angolo del pianeta fiorisce un immondo mercato sulla pelle dei migranti provenienti dal Corno d’Africa e diretti in Israele. Un affare da milioni di dollari in mano a un racket organizzato e capace di gestire sequestri e riscatti su scala internazionale. Costituito, per quanto siamo riusciti a ricostruire, da una rete di clan beduini che una volta commerciava gli schiavi, i Rashaida, ramificata nel nordest dell’Africa come nel deserto del Sinai, protetta dalle polizie corrotte di diversi Stati e affiancata da complici tigrini che attirano in trappola i migranti impegnati a raggiungere lo stato ebraico dalla Libia o dalla vecchia rotta che attraversa Sudan  ed Egitto.
Ieri siamo riusciti a rintracciare Adam in Israele e lui ha accettato di rivivere con noi quei terribili momenti che definisce «my trouble in Sina», il mio problema nel Sinai. Adam oggi vive in un campo per richiedenti asilo in Israele e svolge illegalmente lavoretti saltuari per sopravvivere. Si sta riprendendo dagli stenti patiti durante il rapimento. Il patto è nomi di fantasia e indicazioni topografiche essenziali, per non far correre rischi alle famiglie in Eritrea.
Quando è cominciato il tuo viaggio verso Israele?
Sono partito dall’Eritrea a fine agosto. Vengo da un villaggio alla periferia dell’Asmara. Mio fratello Michele per farmi emigrare ha pagato tremila dollari a un passatore eritreo che vive a Khartoum, in Sudan. Si chiama Mshgna.
Chi ti ha aiutato a uscire dall’Eritrea?
I Rashaida. Hanno in mano loro i traffici tra Eritrea e Sudan. Mi hanno portato in un loro accampamento a Kassala. Il giorno dopo è cominciato il viaggio verso il Sinai, sempre con i Rashaida, su piccoli pullman. Ogni vettura trasportava 16 persone. La nostra carovana era composta da cinque pullman.
Quindi eravate in tutto 80 persone. Tutti eritrei?
Si e ciascuno di noi ha pagato a Mshgna tremila dollari.
Il quale ha intascato 240 mila dollari per il vostro trasporto. E durante il viaggio cosa è accaduto?
Tutto liscio fino al Sinai. Ma nel deserto, vicino ad Israele, i Rashaida ci hanno consegnato ad altri beduini. Pensavamo di essere arrivati e di percorrere l’ultimo tratto a piedi per passare il confine. Invece Mshgna ci ha venduti. Un gruppo di uomini armati ci ha messo in colonna e ci ha preso portafogli e documenti. Ci hanno lasciato solo il cellulare, dicendoci di usarlo per chiamare parenti e amici in Eritrea e in tutto il mondo. Se volevano rivederci vivi, dovevano pagare settemila dollari. Poi ci hanno messo le catene ai piedi, che mi hanno tolto solo quando mi hanno liberato, e ci hanno chiuso in un grande container interrato.
Quanti eravate dentro?
Eravamo circa 70. I container erano tre. In tutto eravamo circa 200.
Dunque il vostro valore per i rapitori ammontava a quasi un milione mezzo di dollari. Come vi hanno trattati?
Come bestie, con crudeltà. Ogni giorno venivamo picchiati a caso con sbarre di ferro e minacciati. Dicevano che se non veniva pagato il riscatto ci avrebbero tagliato la testa e tolto gli organi per venderli al mercato nero. Ci hanno dato poco cibo e potevamo uscire solo a piccoli gruppi di sera, sempre sorvegliati. Alle donne è toccato il peggio, sono state stuprate anche se erano lì con fratelli e mariti. 
Hai capito dove eravate?
No, ma abbastanza vicini al confine. Siamo stati liberati in otto perché era stato pagato il riscatto e abbiamo camminato meno di un’ora per superare il confine. La polizia non l’ho mai vista.
Che fine hanno fatto i tuoi compagni di prigionia?
Non lo so. Chi ha detto di non poter pagare è sparito. Nella comunità dei profughi Eritrei in Israele girano storie terribili su quanto sta succedendo nel nord del Sinai.



Don Zerai ascoltato dalla commissione Esteri: bisogna intervenire subito per trovarli e liberarli

Avvenire, 22-12-2010
MILANO - Nuovo passo del Parlamento italiano nella vicenda dei 250 ostaggi eritrei prigionieri da oltre un mese di un gruppo di predoni nel Sinai. Ieri a mezzogiorno e mezzo a Montecitorio, davanti alla commissione Esteri della Camera si è tenuta un'audizione del sacerdote eritreo Mosè Zerai, che un mese fa ha denunciato per primo il sequestro di un gruppo di 80 cittadini del paese del Corno d'Africa provenienti dalla Libia, da dove avevano tentato invano di raggiungere le coste italiane. Dai primi contatti avvenuti il 24 novembre, il prete ha allargato i contatti con altri ostaggi della banda di beduini Rashaida, molti dei quali arrivati direttamente dall'Eritrea. Alla commissione parlamentare don Zerai ieri ha ribadito le informazioni già trasmesse nei giorni scorsi alla Farnesina e all'ambasciatrice presso la Santa Sede. In particolare ha fornito i particolari sul luogo di detenzione appesi dalle descrizioni dei prigionieri, che lo chiamano quasi quotidianamente per chiedere che venga pagato il riscatto, che per chi proviene dalla Libia è fissato in ottomila dollari. «Inoltre - ha spiegato don Mosè - ho chiesto alla Commissione di sollecitare un ulteriore intervento del governo di Roma su quello del Cairo affinché gli ostaggi siano trovati e liberati». Da parte della Commissione è stato assunto l'impegno a riferire tutto alla Farnesina e a chiedere al nostro governo un altro intervento sul Parlamento Europeo a Bruxelles affinché venga chiesto maggiore impegno al presidente Mubarak e venga assunto da tutta l'Ue - non solo dall'Italia - l'onere dell'accoglienza delle persone rapite, qualora venissero liberate. Sul fronte del Sinai, non si registrano novità. Altre testimonianze di parenti di ostaggi residenti nel Nord Europa confermano l'avvenuta liberazione in Israele di quattro detenuti i cui congiunti hanno pagato il riscatto alla banda capitanata dal noto trafficante Abu Khaled. Ma mancano ancora i riscontri diretti con i quattro eritrei liberati. Alcune ong israeliane in queste ore  li stanno cercando nei campi per rifugiati per contattarli. Alcuni ostaggi, due settimane fa, sarebbero stati infatti arrestati dalla polizia egiziana dopo la liberazione e portati in centri detenzione, dai quali rischiano di venire rimpatriati.
Attraverso un paziente lavoro di ricostruzione dei diversi racconti di ostaggi e parenti, sembra certo che la banda diversifichi il trattamento e i luoghi di detenzione a seconda della disponibilità dei famigliari al pagamento. Il meccanismo criminale prevede infatti che, se una famiglia versa un acconto del riscatto, le condizioni del rapito migliorino. Il de¬tenuto viene così imprigionato in superficie in edifici con grandi stanze e nutrito meglio. Se invece i parenti non pagano nulla, l'ostaggio resta chiuso in grandi container sotto terra in condizioni disumane, selvaggiamente percosso e ridotto alla fame.



Lavoro nero, immigrati pagati 5 euro al giorno

Ultimenotizie, 21-12-2010
Schiavi pagati da 5 a 20 euro per 8 ore di duro lavoro, di fatica, a scaricare cassette di frutta e verdura. Li hanno scoperti gli agenti del commissarito Mecenate che ieri hanno fatto un blitz anti-caporalato all’ortomercato di via Varsavia. In Questura sono finiti in quattro, tutti nordafricani senza permesso di soggiorno, mentre un quinto, regolare, è stato solo identificato. Due di loro hanno parlato con gli agenti raccontando di essere stati arruolati da un marocchino, regolare e da anni in Italia. L’uomo è stato per il momento solo indagato. «Ma procederemo con ulteriori accertamenti», spiega Francesca Fusto, dirigente del commissariato. Gli stranieri hanno spiegato di aver scavalcato all’alba la recinzione dell’ortomercato e una volta dentro di aver chiesto lavoro al marocchino. I criteri di pagamento? L’età. Al più giovane, 23 anni, solo 5 euro, giusto per pagarsi pranzo e cena. Venti euro, invece, al più anziano, 37 anni. «Faremo uteriori blitz», ha assicurato il dirigente della Questura.



POLIZIA LUCCA SMANTELLA BANDA DEDITA A REGOLARIZZAZIONE IMMIGRATI

(AGI) - Roma, 22 dic. - La Polizia di Stato di Lucca ha eseguito una complessa indagine finalizzata al contrasto della immigrazione clandestina e delle false dichiarazioni di emersione dal lavoro irregolare che un gruppo di italiani senza scrupoli aveva realizzato in Versilia. E' quanto si legge in un comunicato nel quale si aggiunge che: "Il gruppo criminale, composto da sei persone residenti a Viareggio, aveva pensato di allestire una vera e propria centrale del malaffare per l'assunzione fittizia di clandestini mediante la regolarizzare di colf o badanti che lavoravano "in nero". Il capo della organizzazione, esperto della normativa sulla immigrazione, dietro pagamento di alcune migliaia di euro confezionava false dichiarazioni di assunzione di due badanti (il massimo consentito dalla legge) per far ottenere ai clandestini il sospirato permesso di soggiorno. L'organizzazione - si legge - produceva falsi certificati medici attestanti patologie invalidanti, necessari per ottenere il permesso, nonche' false dichiarazioni dei redditi, poiche' era necessario dimostrare all' Ufficio Immigrazione di avere un reddito almeno doppio rispetto allo stipendio da corrispondere ai falsi assunti.
Le indagini della Squadra Mobile hanno permesso di scoprire che sovente anche gli indirizzi ove gli stranieri avrebbero dovuto svolgere le mansioni di badanti erano fittizi. Altri 5 italiani facenti parte della organizzazione, che per una percentuale sugli illeciti utili si sono spacciati per falsi datori di lavoro, sono stati denunciati a piede libero.
Gli stranieri falsamente assunti sono stati dodici, ognuno dei quali ha dovuto pagare 3.000 euro all'organizzazione.



Boom di stranieri nell’ultimo anno

Cinque, 22-12-2010
Vincenzo Pira
Aumentano gli stranieri nel Municipio XX. Dai dati pubblicati nel settimo Rapporto di Caritas di Roma - Osservatorio romano sulle migrazioni -risulta che la popolazione immigrata che vive nel Municipio XX è dì 26.596 persone, con un aumento nell'ultimo anno di 2.510 unità. A queste occorre aggiungere qualche migliaio di persone non iscritte o irregolari. Per il 57% sono donne, più della metà sono nubili o celibi (54 %) e i minori sono 4.152. Tra le nazionalità di provenienza abbiamo i rumeni in pole position con 5.700 perone pari al 21,4 % del totale della popolazione straniera, i filippini con 4.183 persone pari al 15, 7 %, ì cingalesi con 1.569 persone pari al 5,9 %, i peruviani - 1.323 per¬sone pari al 5 %, gli ecuadoriani con 1.253 persone pari al 4,7 % e i polacchi con 884 persone pari al 3,3 %. I Quartieri di maggior presenza demografica della popolazione straniera sono Tomba di Nerone con 6.882 persone, la Farnesina con 3.316 persone, La Storta con 2.874 persone e Labaro 2.776 persone. Sotto le duemila unità invece Giustiniana, Tor di Quinto, Cesano, Grottarossa, Santa Cornelia, Prima Porta, Foro Italico e Martignano.
Nel 2004 erano iscritte all'anagrafe 14.993 persone. Insieme al Municipio VIII è quello che ospita il maggior numero di nuclei familiari. Il problema più difficile da risolvere è provocato dalla legislazione nazionale che amplifica le difficoltà ad ottenere e rinnovare il permesso di soggiorno. Una burocrazia lenta impone tempi troppo lunghi. A Roma occorrono anche 20 mesi per tale operazione, creando il circoli vizioso di troppe irregolarità tacciate da una propaganda ostile come clandestinità diventata, ora, aggravante di reato. L'attuale legge nazionale (Bossi - Fini ) subordina, poi, il soggiorno alla durata del contratto di lavoro, finalizzando la funzionalità dell'immigrazione extra comunitaria unicamente al mercato del lavoro. Ciò ha fatto si che l'estrema mobilità assunta dalle diverse forme occupazionali finisca per cadenzare i destini esistenziali degli immigrati con esiti umanamente non accettabili e socialmente controproducenti. Un immigrato ha molte possibilità di lavorare ma inizialmente non sempre in forme durature: invece, per garantire il soggiorno, si pretende dagli immigrati una stabilità occupazionale che il mercato offre sempre più raramente. Il legare la permanenza al contratto di lavoro - sempre più
a tempo determinato - favorisce il breve periodo di permanenza e l'alta rotazione degli immigrati non permettendo processi di integrazione ma anzi favorendo l'emarginazione, la vulnerabilità, la precarietà e, in tanti casi, l'irregolarità, diventata con gli ultimi pacchetti legislativi sulla sicurezza "aggravante di reato". Altro grave problema è quello della condizione abitativa: il costo delle case e degli affitti è alto ed esclude una vasta porzione della popolazione immigrata dalla possibilità di vivere in una casa e in condizioni decenti. Politiche adeguate di inclusione sociale devono essere favorite come soluzione più efficace anche per promuovere la sicurezza. L'irregolarità e clandestinità si combatte.
Qualificando e dando diritti di cittadinanza agli immigrati onesti che svolgono, anche nel nostro territorio, un servizio sociale ed economico alla nostra comunità di inestimabile valore. Per questo oltre alle misure repressive e di controllo è utile promuovere politiche positive di educazione, rispetto dei diritti, di partecipazione attiva alla vita politica e amministrativa, delle comunità immigrate: concedere loro il diritto di voto e di essere eletti nei governi locali. E, ultima, ma non per importanza, riconoscere il diritto di cittadinanza a chi nasce nel suo¬lo italiano e favorire l'inclusione delle cosiddette "Seconde Generazioni" che sono attualmente vergognosamente discriminate.


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