Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Cie vietati ai giornalisti. Firma anche tu contro il decreto Maroni

 

Osservatorio Italia-razzismo 19 luglio 2011
Dal primo aprile nessun giornalista può far visita agli “ospiti” dei Cie (centri di identificazione ed espulsione).  Non è stato il classico pesce d’aprile che dura un giorno dal momento che quel divieto è ancora in vigore.
 Lo ha stabilito il ministero dell’Interno con la circolare 1305, a cui molti si sono opposti. Tra questi il Forum Immigrazione del Pd, promotore di una raccolta di firme non solo per la libertà di informazione, ma anche per chiedere direttamente la chiusura dei centri, senza troppi giri di parole. E non solo. Ogni firma (che è possibile inviare tramite il sito del quotidiano l’Unità) vale a contestare il recente decreto voluto dal ministro Roberto Maroni, in cui si prevede il prolungamento del periodo di permanenza  nei centri fino a 18 mesi. Una decisione insensata, dettata - è il nostro pensiero - più dalla voglia di fare propaganda e raccogliere consensi che da una seria valutazione della questione. Soprattutto per un motivo: se uno straniero non viene identificato durante le prime settimane - dicono incontestabili statistiche - è quasi impossibile che, col passare dei mesi, si arrivi all’identificazione. E gli uomini e le donne che vengono rinchiusi dentro questi centri non si danno pace. La reclusione, in questo caso, è peggiore di quella subita in prigione. Qui, perlomeno, la privazione della libertà è conseguenza di un reato, di una colpa che deve essere espiata. In un Cie, no. Si viene puniti per quello che si è, non per quello che si fa. Per questi uomini e queste donne non ci sono garanzie, spesso non ci sono neppure legali disposti a difenderli e, ora, neanche i giornalisti possono informare.  L’unica certezza è che la loro “colpa”, se permarranno queste condizioni, non potranno mai togliersela di dosso.
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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