Il signor S

 

Rubrica Italia-razzismo 14 febbraio 2012
Il signor S è stato ospite del Centro di identificazione ed espulsione “Vulpitta” di Trapani per due settimane. In quel centro non sarebbe dovuto entrare e, invece, il suo trattenimento è stato convalidato dal Giudice di Pace (senza l’interprete). Questa la sua storia: arrivato in Italia dal Ghana nel 2009 ha fatto richiesta di asilo politico. Al momento della domanda non aveva documenti del paese di origine e perciò, come previsto dall’articolo 20 comma 2 lettera A del d.lgs 25/08, è stato indirizzato al C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto (Roma). 
Riceve il diniego alla richiesta di asilo dalla Commissione Territoriale e presenta ricorso al Tribunale di Roma. Questo non era un problema per la permanenza regolare sul territorio italiano, poiché, come ha evidenziato Laura Barberio, il suo avvocato, quella “lettera A” prevede il rilascio automatico di un provvedimento di sospensiva. Aveva diritto quindi a un permesso di soggiorno per richiesta asilo fino alla fine del procedimento al Tribunale. Ma non è andata così. La Questura di Roma, al momento del rigetto, l’ha inserito nei casi regolati dalle lettere "B" e "C" dello stesso articolo, secondo cui entro 15 giorni il ricorrente deve lasciare l’Italia. Rilevato l’errore dinanzi al Giudice del Tribunale, il signor S ha ottenuto la sospensiva del provvedimento impugnato e il permesso di soggiorno, ed è stato convocato in Tribunale per il 15 febbraio 2012. Ma Il 28 gennaio è stato fermato a Palermo e, sprovvisto di documento valido, è stato portato al Vulpitta. Ce la farà a presentarsi all’udienza? Forse sì perché in queste ore l’espulsione, riconosciuta frutto di un errore, è stata revocata. Ma c’è un’altra questione. È immaginabile che chi legga questo articolo fatichi a orientarsi tra leggi e regolamenti, tra A B e C. Pensate a un richiedente asilo che ignora lingua e leggi italiane.
 
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