Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 luglio 2011

 

Cie vietati ai giornalisti. Firma anche tu contro il decreto Maroni
Osservatorio Italiarazzismo 20 luglio 2011
Dal primo aprile nessun giornalista può far visita agli “ospiti” dei Cie (centri di identificazione ed espulsione).  Non è stato il classico pesce d’aprile che dura un giorno dal momento che quel divieto è ancora in vigore.
 Lo ha stabilito il ministero dell’Interno con la circolare 1305, a cui molti si sono opposti. Tra questi il Forum Immigrazione del Pd, promotore di una raccolta di firme non solo per la libertà di informazione, ma anche per chiedere direttamente la chiusura dei centri, senza troppi giri di parole. E non solo. Ogni firma (che è possibile inviare tramite il sito del quotidiano l’Unità) vale a contestare il recente decreto voluto dal ministro Roberto Maroni, in cui si prevede il prolungamento del periodo di permanenza  nei centri fino a 18 mesi. Una decisione insensata, dettata - è il nostro pensiero - più dalla voglia di fare propaganda e raccogliere consensi che da una seria valutazione della questione. Soprattutto per un motivo: se uno straniero non viene identificato durante le prime settimane - dicono incontestabili statistiche - è quasi impossibile che, col passare dei mesi, si arrivi all’identificazione. E gli uomini e le donne che vengono rinchiusi dentro questi centri non si danno pace. La reclusione, in questo caso, è peggiore di quella subita in prigione. Qui, perlomeno, la privazione della libertà è conseguenza di un reato, di una colpa che deve essere espiata. In un Cie, no. Si viene puniti per quello che si è, non per quello che si fa. Per questi uomini e queste donne non ci sono garanzie, spesso non ci sono neppure legali disposti a difenderli e, ora, neanche i giornalisti possono informare.  L’unica certezza è che la loro “colpa”, se permarranno queste condizioni, non potranno mai togliersela di dosso.
 
 
 
Le minoranze sui media. I più "visibili" sono gli immigrati
Santo Iannò
Nuovo Paese Sera 21 luglio 2011
Dal progetto Minorities Stereotypes on media, presentato stamattina a La Sapienza, emerge l'immagine spesso "distorta" che i mezzi di comunicazione danno di categorie minoritarie nazionali, culturali, religiose, sessuali e "deviate". Luigi Manconi, presidente di “a buon Diritto”: "Il problema è che oggi il termine minoranza è sempre visto in un’ottica negativa, percezione causata dalla dittatura delle maggioranze e dalla cattiva informazione, che rende le persone più cattive" 
Monitorare l’immagine delle minoranze nel mondo dell’informazione. È questo l’obiettivo del progetto Minorities Stereotypes on media, ricerca elaborata dal Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale de l’università “La Sapienza” e presentato stamane a Roma. Cinque le categorie individuate per lo studio: nazionali, culturali, religiose, orientamento sessuale e deviate (come detenuti e tossicodipendenti).
In un mese, oltre 6mila edizioni di giornali radio e 1.200 telegiornali seguiti per individuare i casi da studiare. Su 1.940, in un monitoraggio che va dal luglio del 2010 al giugno di quest’anno, il 72% delle notizie relative alle categorie minoritarie sono date dalla radio. I telegiornali si fermano a quota 284, con 15 punti percentuali. Non solo notiziari. Il dipartimento di Comunicazione, in collaborazione con il centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva, ha monitorato anche le trasmissioni di approfondimento: 232 notizie in radio e solo 20 casi trattati dalle tv, che si fermano così all’1%.
Il 58,6% dei casi riguarda gli immigrati: categoria più presente sui media per lo schiacciamento sul fenomeno migratorio causato dalle rivolte di cui sono protagonisti i popoli del nord Africa. La parola clandestino non è più di moda: infatti è usata solo in 192 casi. Mentre i protagonisti sono sempre i maschi con il 72% di presenze nei servizi giornalistici. Nel dettaglio, al primo posto troviamo news di questioni sociali da cui abbiamo il 28,9% di informazioni sulle categorie minoritarie. Al secondo posto la cronaca nera che supera gli 8 punti percentuali. Seguono gli esteri con il 5,4%; mentre dal mondo della politica proviene solo il 3,4% di notizie. Politica che, con il 46%, è al primo posto per le news che riguardano le categorie di orientamento sessuale.
Guardando la televisione, i protagonisti della cronaca nera sembrano essere sempre gli stessi: tossicodipendenti, ex detenuti e immigrati. «Nel biennio 2007-2008 – afferma la vice presidente del Senato Emma Bonino – gli stupri erano sempre opera di romeni. Ma non è così. E questo rapporto può aiutarci nel monitoraggio e nella tutela delle minoranze chiesto dal Consiglio d’Europa». In radio però i casi di cronaca nera e giudiziaria diminuiscono notevolmente. A dimostrazione del fatto che in tv è di moda la narrazione di omicidi e violenza. Roberto Natale, presidente nazionale della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), si fa portavoce di un appello etico ai giornalisti, che molto spesso sono i colpevoli di una cattiva informazione che genera convinzioni deviate e spesso razziste. «Dalla Carta di Roma – spiega Natale – è nata una riflessione sul linguaggio, sulle parole. Una riflessione che ci ha portato alla convinzione che i giornalisti devono modificare la propria mentalità. Solo così le parole usate saranno quelle giuste».
«Il problema è che oggi il termine minoranza è sempre visto in un’ottica negativa», spiega Luigi Manconi, presidente dell’associazione “a buon Diritto”. Percezione causata dalla dittatura delle maggioranze. E dalla «cattiva informazione – conclude Manconi – che rende le persone più cattive». 
 
 
 
Immigrati 18 mesi nei Cie. Preoccupati i giuristi internazionali
Immigrazione Aduc 19 luglio 2011
La Commissione Internazionale dei Giuristi (Icj, con sede a Ginevra) ha espresso oggi 'preoccupazione' per l'iniziativa del Governo italiano di estendere fino a 18 mesi la durata massima della detenzione amministrativa per i migranti irregolari.
Per l'Icj, anche se questo periodo di detenzione e' consentito dall'articolo 15 della direttiva Ue sul rimpatrio, 'non vi e' alcun obbligo' a introdurre tale estensione, 'che non e' in linea con il diritto internazionale'. In particolare, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo ed il Patto internazionale sui diritti civili e politici, stabiliscono che la detenzione in attesa di una deportazione e' giustificata solo se l'espulsione e' perseguita con la dovuta diligenza, realistica e possibile. Altrimenti, la detenzione e' considerata arbitraria', afferma la Commissione internazionale dei giuristi in un comunicato.
 
 
 
Un modello civile di integrazione esiste. Storie di minori non accompagnati
LUCA ATTANASIO
Repubblica.it 20 luglio 2011
Aveva ragione William Shakespeare ad affascinarsi per le vicende di ogni singolo individuo, tanto da scrivere: "V'è nella vita di ogni uomo una storia" (Enrico IV). Ma dal fascino si passa addirittura all'incanto se l'uomo che racconta la sua storia straordinaria, drammatica, universale, è poco più che un bambino. Alexis, ha 17 anni. Quando ha lasciato il suo villaggio nella Moldavia, di anni ne aveva appena 16. Ha viaggiato da solo per circa un mese attraversando le foreste dell'Ucraina, la Slovacchia, l'Austria per poi arrivare in Italia. A piedi. 
I Senza-Nessuno.  C'è chi tenta di dare al nostro Paese un modello nuovo di integrazione per gli immigrati. Il merito è da attribuire al Progetto dell'Opera Don Calabria. Attualmente sono oltre 5.000 i migranti minori non accompagnati presenti sul nostro territorio nazionale. Bambini e bambine che arrivano da soli, senza un genitore, un parente, spesso neanche un conoscente che li protegga. Affrontano viaggi lunghissimi la cui pericolosità farebbe paura al più coraggioso degli uomini fatti. "Arrivato in Grecia - racconta Majid, ora 18enne afghano - assieme ad altri ragazzi mi sono nascosto dentro un camion. Quando la polizia ci ha scoperti, mi ha preso a calci. Io cadendo a terra ho sbattuto la testa. Poi non ricordo più nulla". È rimasto in un ospedale di Patrasso per tre mesi, in coma vigile. Poi, ripresosi, ha ritentato la sorte. Questa volta sotto la plancia di un altro camion. 
Il rapporto annuale. Nel 2° rapporto annuale 2010 di Save the Children 1 "I Minori Stranieri in Italia" si legge che la fascia maggioritaria di ragazzini giunti da soli in Italia, è tra i 15 e i 17 anni (oltre 4.300 arrivi). I restanti 700 circa, quindi, sono bambini 7-14 e, poco meno di un centinaio, piccoli che hanno addirittura meno di sei anni.
Oltre alle provenienze storiche di Egitto, Marocco, Albania, o anche Bangladesh, se ne aggiungono di nuove come Afghanistan, Palestina, Somalia, Kosovo, Eritrea: i minori che arrivano da noi di recente, non vanno via solo per problemi economici, scappano da guerre o perfino torture. Non appena mettono piede sul suolo italico, quelli identificati vengono accolti e sistemati in case famiglia. Ma da quel momento, comincia un conto alla rovescia inesorabile verso la maggior età che minaccia di tagliare come una mannaia il periodo di protezione da uno che con molta probabilità porta verso la strada e la delinquenza. Superati i 18 anni, infatti, sono clandestini a tutti gli effetti e le case famiglia sono costrette per legge a salutarli.
La faticosa perlustrazione. "Quando abbiamo pianificato il progetto per 11 minori extracomunitari, finanziato dalla Provincia di Roma - spiega Miriam Miraldi dell'Associazione Centro Studi Opera Don Calabria 2 - siamo partiti dalle principali preoccupazioni di questi ragazzi. E al primo posto c'è proprio il lavoro, grazie al quale possono permettersi di rimanere in Italia e pagarsi un alloggio minimo". Il Progetto ha raccolto 11 ragazzini di 7 provenienze (Afghanistan, Bangladesh, Costa d'Avorio, Moldavia, Egitto, Nigeria, Moldavia) valutandone competenze e aspirazioni, inserendoli prima in un tirocinio presso la sede dell'Associazione stessa di tre mesi e poi presso aziende dislocate sul territorio romano reperite dopo mesi di faticoso lavoro di perlustrazione. Il tutto corredato da monitoraggio in ed extra azienda, counseling psicologico, role playing, formazione multipla di base. "Abbiamo vissuto sei mesi accanto a questi ragazzi - aggiunge Dina Stancati psicologa e Tutor del progetto  - rappresentando per loro più che insegnanti, consulenti o esperti, una nuova famiglia. E loro hanno risposto in maniera entusiasmante".
Il successo è galvanizzante. Tutti e dieci i ragazzi e una ragazza sono stati collocati presso ristoranti, alberghi, carrozzerie, cantieri. A cinque, al termine del tirocinio trimestrale,  è stato garantito un contratto, a quattro un rinnovo del tirocinio retribuito, per uno le probabilità di rinnovo sono più che buone mentre l'undicesimo ha dovuto interrompere l'apprendistato per problemi di salute. Ma le speranze anche per lui sono alte. I ragazzi parlano di realizzazione di un sogno, il team di psicologi e formatori, di ottimo risultato. Ma sentite cosa dicono i datori: "La dottoressa Miraldi è una nostra cliente - afferma il Signor Aldo Blasi titolare di un ristorante di fronte a Castel Sant'Angelo, a Roma -. Un giorno, ci ha parlato di  Majid. Quando l'abbiamo conosciuto ci è subito parso un ragazzo estremamente educato, tranquillo, e gran lavoratore. In 90 giorni, mai un minuto di ritardo. Segue ogni consiglio con passione. È da subito diventato uno di noi". È di quelli che si sono guadagnati il contratto. Per il suo 18° compleanno, il ristorante ha organizzato una grande festa.
 
 
 
Quei piccoli italiani che fanno grande NY
Aldo Grasso
Corriere.it 21 luglio 2011
In America, purtroppo, l'Italia è spesso associata alla mafia, persino nella sublime serie dei «Sopranos»; del resto, in questo settore, ci sono stati connazionali che hanno fatto di tutto per distinguersi. Per fortuna, come ha sostenuto Paolo Mieli in conclusione di «Correva l'anno», esistono anche «i simboli buoni dell'immigrazione italiana». E proprio a due di questi simboli, Fiorello La Guardia e Rudolph Giuliani, era dedicata la puntata curata da Vanessa Roghi, «Il secolo italoamericano» (Raitre, martedì, ore 23,53).
La Guardia muove i suoi primi passi in politica occupandosi come interprete degli immigrati appena arrivati ad Ellis Island. Gli americani, un po' disprezzando la bassa statura e un po' per diletto lo chiamano The Little Flower. Quando diventa sindaco nel 1933, New York City non se la passava bene. «No more free lunch for anybody», disse La Guardia ai suoi concittadini, nella consapevolezza di dover ridurre la corruzione e la malavita in città.
Giuliani, sindaco nel 1993, diventa famoso per l'applicazione di due modelli sociali: la Broken Window Theory (teoria della finestra rotta), secondo cui non punire piccole trasgressioni può generare fenomeni di emulazione che portano a spirali di violenza più gravi, e la «Tolleranza Zero» (applicazione intransigente delle norme di pubblica sicurezza). Teorie molto criticate, ma intanto NY è rinata a nuova vita.
La puntata si avvaleva dei commenti di Alexander Stille, tanto noiosi quanto marcati ideologicamente. Per questo, a chi ne vuol sapere di più sull'argomento (e non solo), mi permetto di segnalare l'ottimo libro di Maurizio Molinari, «Gli italiani di New York», pubblicato da Laterza. Il racconto su La Guardia e Giuliani è ben più vivido e interessante, e poi si susseguono molti ritratti di italiani che hanno fatto e stanno facendo ancor più grande la Grande Mela: un popolo di oltre tre milioni di persone, con tante storie di riscatto e sconfitte, lotta contro i pregiudizi e legame, rivendicato o sottaciuto, con l'Italia.  
 
 
 
Granata (Fli), presenta legge cittadina giovani
Agenparl 19 luglio 2011
Questa mattina, presso la Corte di Cassazione, Futuro e Libertà ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare per il riconoscimento della cittadinanza italiana ai giovani immigrati di seconda generazione. Il Comitato promotore chiederà agli italiani il sostegno perché venga concessa la cittadinanza italiana ai giovani nati in Italia da genitori immigrati regolarmente residenti nel nostro paese da almeno cinque anni o ai giovani che abbiano compiuto in Italia almeno un ciclo di studi. 
“Occorrono 50.000 sottoscrizioni per portare in Parlamento una proposta di legge di svolta civile. Ci sono tanti italiani, per nascita e per cultura, che intendono partecipare attivamente alla vita della nazione, che amano l’Italia e la considerano loro patria. Garantire a queste persone il diritto di cittadinanza è un passaggio fondamentale e Futuro e Libertà avanza in coerenza con le battaglie degli ultimi anni”. È quanto dichiara il deputato e coordinatore nazionale delle iniziative esterne di Fli Fabio Granata.
 
 
 
Nell’ Ue 32,5 milioni di immigrati regolari
stranieriinitalia.it 20 luglio 2011 
Nell’Ue sono regolarmente residenti 32,5 milioni di immigrati, 12,3 milioni dei quali cittadini di un altro stato membro, 20,2 extracomunitari. Gli immigrati  rappresentavano in media il 6,5% della popolazione, con un’incidenza per singolo paese che varia da 2% registrato in Polonia, Lituania e Slovacchia al 43% del Lussemburgo.
Questo il quadro, aggiornato allo scorso anno, pubblicato qualche giorno fa da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea.
Gli immigrati sono soprattutto in Germania ( 7,1 milioni, il 9% della popolazione), Spagna (5,7 milioni, 12%), Regno Unito (4,4 milioni, 7%) e Francia (3,8 milioni, 6%). Oltre il 75% degli immigrati nell’Ue vive in uno dei questi cinque Paesi.
Interessanti anche i dati sui “nati all’estero”, tra i quali ci sono anche le persone  che hanno preso la cittadinanza del Paese ospitante e che quindi non rientrano più nelle statistiche degli immigrati.  Sono 47.3 milioni nell’Ue (16 milioni nati in altri paesi comunitari, 31,4 in Paesi extraue) e rappresentano il 9.4% della popolazione.
 
 
 
 
Extrabanca lancia il servizio MoneyTransfer
Vita 19 luglio 2011
Extrabanca presenta oggi Extrabanca MoneyTransfer, il primo servizio in Italia di trasferimento di denaro che si avvale della Remit WorldwideSM Solution, una piattaforma tecnologica web based.
Extrabanca MoneyTransfer abbatte drasticamente i costi e riduce i tempi medi di mercato per l’invio delle rimesse verso i principali Paesi di provenienza della clientela straniera di Extrabanca.1 L’invio sicuro e veloce fino a 5.000 euro, ad esempio, è accessibile a una tariffa flat di soli 3,5 euro rispetto alle decine di euro2 dei principali operatori di mercato.
Extrabanca MoneyTransfer è a disposizione di tutti i clienti di Extrabanca senza commissioni di attivazione. Il servizio risponde ai più alti standard tecnologici internazionali in termini di sicurezza e garantisce inoltre la massima trasparenza, in quanto il cliente conosce il controvalore in valuta a destinazione ancor prima di iniziare l’operazione.
La piattaforma permette di inviare le rimesse anche a chi è sprovvisto di conto corrente, consentendo di recapitare il denaro direttamente a casa del destinatario che viene avvisato in tempo reale via mail e sms dell’avvenuta spedizione.
Con questo servizio Extrabanca vuole contribuire al raggiungimento dell’obiettivo “5X5”, l’impegno internazionale per la riduzione dei costi medi globali di invio delle rimesse dall’attuale 10% al 5% in cinque anni assunto nel 2009 dai Paesi G8 alla Conferenza Internazionale sulle rimesse. Il raggiungimento di tale traguardo genererebbe un aumento netto all’anno delle disponibilità finanziarie degli immigrati stimato dalla Banca Mondiale in circa 15 miliardi di dollari.
“Siamo orgogliosi di essere la prima banca italiana in grado di offrire i vantaggi di questa piattaforma innovativa, grazie alla quale possiamo rispondere alle esigenze della clientela straniera sempre più attenta ai costi e all’efficienza con la garanzia di essere competitivi, anche in termini di tassi di cambio”, dichiara Alberto Rabbia, Direttore Governance e Operation di Extrabanca. “Un servizio più economico significa maggior disponibilità di rimesse nei Paesi emergenti (pari nel 2010 a circa 6,4 miliardi di euro, che corrispondono allo 0,41% del nostro PIL),3 di cui sono un fattore di sviluppo fondamentale”.
 
 
 
Racket dei permessi di soggiorno alla sbarra due falsi imprenditori
la Repubblica di Parma 21 luglio 2011
MARIA CHIARA PERRI
Avevano organizzato un business sulla pella degli extracomunitari in cerca di un permesso di soggiorno. In cambio di consistenti somme di denaro, fornivano agli immigrati dei documenti falsi in cui attestavano di averli assunti come lavoratori nelle loro ditte. Grazie a quegli atti, gli stranieri dsoccupati potevano chiedere il rilascio del permesso di soggiorno all'Ufficio Immigrazione della questura, come prevedono le norme della legge Bossi-Fini. Peccato che quelle aziende esistessero solo sulla carta.
Due sedicenti imprenditori, G. P. 49enne originario di Pomigliano D'Arco e M. S., 57enne di Alcamo, sono finiti a processo con l'accusa di aver raggirato dei pubblici funzionari dal 2001 al 2008 per far ottenere permessi di soggiorno illeciti a 16 stranieri. Sono stati scoperti grazie alle denunce di tre extracomunitari che, dopo aver pagato somme dai 500 ai 2mila euro, non si sono visti fornire i documenti richisti. I due uomini risultavano titolari di ditte che non hanni mai iniziato l'attività. Fornivano agli stranieri, dietro pagamento, dei falsi contratti di assunzione e delle buste paga. Presentando all'Ufficio Immigrazione di Parma quegli atti falsi, gli immigrati hanno ottenuto il permesso di rimanere in Italia per lavorare.
I due sedicenti imprenditori, insieme a due complici che hanno già chiuso la loro posizione con la giustizia, devono rispondere dell'accusa di falso in atto pubblico commesso da privati, per trarre in inganno pubblici funzionari. Il pm Lino Vicini oggi ha chiesto per G. P. una condanna a 2 anni e 9 mesi di detenzione, per M. S. di 2 anni e 3 mesi. Il giudice Tiziana Pasquali ha rinviato l'udienza a venerdì prossimo per la sentenza.
 
 
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