Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 giugno 2014

Lo sbarco dei superstiti «Senza le nostre navi sarebbero morti tutti»
Accolti nelle chiese. Inchiesta sui naufragi
Corriere della sera, 16-06-14
Fabrizio Caccia
La Procura di Palermo ha aperto un`inchiesta sul naufragio avvenuto venerdì scorso davanti alle coste libiche del gommone con circa 90 migranti a bordo, di cui solo 39 sono riusciti a salvarsi. Dieci i corpi finora recuperati: nove delle vittime erano donne. I superstiti (con le io bare) sono arrivati ieri nel porto di Palermo a bordo della nave militare Etna, che ha sbarcato sul suolo italiano 767 immigrati, tutti salvati negli ultimi giorni nel Mediterraneo (alcuni, una trentina i casi più gravi, subito ricoverati in ospedale per ustioni, disidratazione, ma anche scabbia e sospetti di tubercolosi). «L`arrivo di questa nave è la conferma della gravità della situazione - ha detto a caldo il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando -. Nell`ultima settimana quí sono arrivati 2 mila migranti.
Mentre l`Europa continua a guardare dall`altro lato». Non mancano per fortuna le persone di buona volontà: «Accoglieremo nelle nostre chiese 55o immigrati - annuncia don Sergio Mattaliano, presidente della Caritas di Palermo -. Ma faccio un appello: ci servono vestiti e scarpe perché sono in arrivo nelle prossime settimane altre migliaia di profughi e non abbiamo più nulla da dare».
A Palermo numerose chiese sono già state svuotate e al posto delle panche per i fedeli sono stati sistemati dei lettini. La chiesa sconsacrata di San Carlo, dov`è annesso il centro Caritas Santa Rosalia, ora presenta tra le statue e gli stucchi decine di brande allineate per i superstiti del mare. Anche l`ex scuola di Villaggio Ruffini è stata riempita di letti dove riposano ancora sotto choc ghanesi, maliani, nigeriani. «Grazie alla rapidità delle unità navali dell`operazione Mare Nostrum abbiamo potuto soccorrere i naufraghi. Se non fossimo stati lì, di sicuro sarebbero morti tutti», ha raccontato ieri Marino Baldari, il comandante della nave Etna, appena sbarcato a Palermo. I magistrati del capoluogo interrogheranno adesso i superstiti di venerdì scorso per tentare di capire quante persone realmente siano salpate dalla Libia. Ma le loro testimonianze serviranno, si spera, a identificare anche chi pilotava il gommone e verificare, così, se lo scafista si sia salvato o meno. Inoltre, resta da chiarire il mistero legato a un altro scafo, partito forse insieme a quello naufragato, che si teme possa essersi inabissato provocando altri morti. Il comandante Baldari ricorda che «uno dei poveretti tratti in salvo era molto scosso. Aveva ustioni sul corpo e portato a Lampedusa ha raccontato di aver perso la moglie e il figlio nel naufragio e di essere l`unico superstite». Forse, appunto, l`uomo era uno dei passeggeri del secondo gommone
sparito. E mentre l`Europa latita, ben 1.812 migranti (tra cui più di 30o minori) sono stati soccorsi nell`ultimo weekend, solo nel Canale di Sicilia, dalle nostre navi: la fregata Scirocco, il pattugliatore Orione, la corvetta Chimera... Così il ministro dell`Interno Angelino Alfano, che oggi sarà a Pozzallo, domenica ha posto l`altolà: «L`Italia non può lasciare sola la Sicilia. Ma anche l`Europa deve fare la sua parte. O se ne prende carico o la nostra proposta sarà quella di non proseguire con l`operazione Mare Nostrum».



Sbarcati 250 migranti a Lampedusa, altri 1300 salvati la scorsa notte dalle navi militari
Petroliera giunta a Trapani con un altro carico umano, Prima notte nelle chiese per i profughi sbarcati ieri a Palermo
la Repubblica.it, 16-06-14
Oltre 250 immigrati, tutti subsahariani, sono sbarcati la notte scorsa, eludendo tutti i controlli, sull'isola di Lampedusa. I migranti sono stati notati all'alba lungo le strade dell'isola. Da mesi il centro d'accoglienza di Lampedusa e' chiuso per la ristrutturazione dell'edificio, gravemente danneggiato da un incendio doloso appiccato nel settembre 2011 da un gruppo di tunisini che non non volevano essere rimpatriati. Sempre nella notte sono stati soccorsi altri 1.300 migranti nel Canale di Sicilia, e trasbordati su tre navi militari. A Trapani è giunta in porto una petroliera con a bordo diverse centinaia di migranti tratti in salvo nei giorni scorsi, che stanno per essere trasbordati a terra.
E' stata la prima notte trascorsa nelle chiese, trasformate in veri e propri centri di accoglienza, a Palermo, dopo l'arrivo al porto del capoluogo siciliani di quasi 800 migranti, tra cui molte donne, numerosi bambini e le dieci salme dell'ultimo tragico naufragio accertato nel Canale di Sicilia. La Caritas si e' mobilitata per sistemare buona parte dei profughi. Oltre cinquecento sono stati sistemati nella chiesa sconsacrata di San Carlo in via Garibaldi, nella chiesa di Falsomiele San Giovanni Maria Vianney e altri nella chiesa di San Gaetano a Brancacci, la chiesa di don Pino Puglisi, il parroco ucciso dalla mafia nel 1993. Ieri il responsabile Caritas, don Mattaliano, ha lanciato un appello ai cittadini: "Servono vestiti, scarpe per i profughi arrivati e noi non abbiamo piu' nulla da dare per aiutarli a vestirsi". Una trentina di migranti sono stati ricoverati negli ospedali cittadini, tra cui alcuni bambini.



Immigrati: oltre 20 bambini fra i migranti arrivati nella notte a Lampedusa
AgrigentoWeb, 16-06-14
(Adnkronos) – Sono giunti a Lampedusa quasi da soli, nel freddo della notte: 315 migranti, secondo gli ultimi conteggi, sono arrivati alle 2 al porto di Lampedusa. A bordo del barcone, salpato probabilmente dalle coste libiche, molte donne e più di 20 bambini.
Nell’isola maggiore delle Pelagie sono stati accolti dai volontari di Caritas Migrantes e ‘Mediterranean Hop’ (MH), un osservatorio sull’immigrazione della federazione delle Chiese evangeliche, che opera a Lampedusa anche con interventi di solidarietà attiva.
Le condizioni di salute dei migranti erano buone. Sono stati rifocillati con acqua e generi alimentari. Il viaggio sulla nave da pesca che li ha portati sulle coste italiane -hanno raccontato ai volontari che li hanno soccorsi- è stato duro. Fra qualche ora potrebbero essere presi a bordo di una nave traghetto, con destinazione Sicilia.



Nuova strage dell’immigrazione: dieci morti e decine di dispersi
Naufragio avvenuto a 40 miglia dalle coste libiche
stranieriinitalia, 16-06-14
Roma, 16 giugno 2014 - Ancora una tragedia dell’immigrazione. Almeno dieci persone hanno perso la vita in un naufragio avvenuto a 40 miglia dalle coste libiche. Un gommone carico di migranti si è capovolto ed è affondato.
Il naufragio risale a venerdì pomeriggio. Il primo intervento di soccorso è stato effettuato dalla nave Dattilo della Capitaneria di Porto, che ha recuperato 39 naufraghi. Nel frattempo la fregata Scirocco e il pattugliatore Orione della Marina Militare si sono diretti alla massima velocità verso la zona interessata per prestare soccorso. L’elicottero della nave Scirocco è decollato per recarsi nel più breve tempo possibile sul luogo del naufragio. Alle operazioni ha partecipato anche la nave mercantile Norland, che ha recuperato un naufrago. Sono dieci i corpi recuperati, continuano le ricerche di eventuali superstiti.
Le navi Dattilo e Diciotti della Capitaneria di Porto hanno completato il trasbordo sulla nave rifornitrice Etna dei migranti del gommone affondato. Sulla stessa unità sono stati imbarcati i 104 immigrati che si trovavano a bordo di un altro gommone. La rifornitrice Etna, con a bordo circa 700 migranti soccorsi negli ultimi giorni e i dieci corpi finora recuperati, si sta dirigendo verso il porto di Palermo. L’arrivo è previsto domenica mattina alle 7.
Sindaco Orlando: stop a indifferenza - ”L’impegno dei Comuni siciliani, in coerenza con una cultura della accoglienza e dei diritti, non può essere mortificato da indifferenze e sottovalutazioni di istituzioni di governo nazionale ed europeo” ha detto il sindaco di Palermo e presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando. In prefettura a Palermo si è svolta una riunione per organizzare quanto necessario ad accogliere i profughi.
Alfano: Italia non può farsi carico da sola dell’instabilità della Libia - Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, è tornato a ribadire che ”l’Italia è un paese accogliente, ma non può accogliere tutti. Il Mare Nostrum non può essere italiano e basta. Bisogna che l’Europa faccia la propria parte, prendendo in mano la frontiera mediterranea: oppure l’Italia lascerà la questione in mano all’Europa”. ”Noi salveremo le vite umane - ha aggiunto Alfano - ma non possiamo farci carico da soli dell’instabilità in Libia, prodotta dalla comunità internazionale”.



Allarme immigrazione, l`aut aut di Roma ai 28
Il Messaggero, 16-06-14
BRUXELLES Il Mediterraneo non è meno importante della crescita nel programma della presidenza italiana del Consiglio della Ue. Nel documento di 60 pagine con le priorità dal primo luglio al 31 dicembre, gli affari interni e la politica estera si concentrano sui confini a sud dell`Europa. Sull`immigrazione, le grandi direttrici politiche dovrebbero essere discusse al Vertice europeo di fine mese. L`Italia punta a un approccio a più livelli: mobilitare le risorse del Servizio di Azione Esterna della Ue e della Politica di Vicinato per inserire la questione migrazione in tutti i colloqui politici con i paesi del Mediterraneo; creare strutture che valutino
le richieste di asilo nei paesi d`origine o di transito; rafforzare la cooperazione tecnica con gli Stati della sponda Sud per il controllo dei flussi e il contrasto alle reti criminali; fare di Mare Nostrum uno strumento europeo per ripartire oneri e costi dell`operazione. L`Italia vuole superare la contrapposizione tra paesi del Sud, sotto forte pressione, e paesi del Nord, contrari a una condivisione dei migranti. Proprio sabato il ministro dell`Interno Alfano ha rinnovato l`ultimatum a Bruxelles: la Ue ci aiuti oppure Mare Nostrum si ferma.
In politica estera, l`Italia sarà chiamata a giocare un ruolo chiave, nel momento in cui l`Alto Rappresentante Catherine Ashton è a fine mandato. Dopo anni di attenzione per i confini orientali dell`Europa, il Mediterraneo deve tornare «al centro delle preoccupazione della politica estera in termini di agenda e risorse», spiega una fonte. L`intenzione è favorire la stabilizzazione in Libia, Egitto,
Siria e Iraq. Ma l`Italia intende giocare un ruolo di mediazione tra Ue e Russia nella crisi ucraina. In chiave Expo 2015 e per
contenere le pressioni migratode, la politica dello Sviluppo sarà centrale.
D. Car.



Francesco visita i profughi a Sant` Egidio  "Anche mio padre scampò a un naufragio"
"Senza dialogo il mondo affonda". E accetta l`invito ad andare in sinagoga
La Stampa, 16-06-14
Ai profughi scampati alle stragi nel Canale di Sicilia racconta di suo padre sfuggito al naufragio del piroscafo per l`Argentina. «L`Europa è invecchiata, stanca, non sa cosa fare, ha dimenticato la solidarietà», scuote la testa il Pontefice nella basilica di Santa Maria. Alla comunità di Sant`Egidio il Papa figlio di immigrati incontra un gruppo di profughi, tra cui alcuni scampati al naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e una giovane eritrea impegnata nell`accoglienza. Una delegazione della Comunità ebraica romana, guidata da Riccardo Pacifici, gli consegna una lettera.
E` l`invito a visitare la sinagoga di Roma. Francesco, riferisce Pacifici, ha subito accettato garantendo anche di avere a cuore il rilascio dei tre giovani israeliani rapiti in Cisgiordanìa. Le testimonianze si trasformano in dialogo. L`arcivescovo Siro-ortodosso di Damasco, Jean Kawak fa un appello per la Siria e Irma, 90 anni, ringrazia il Papa per i suoi interventi a favore degli anziani e contro la cultura dello scarto. Intervengono anche Branco, un rom integrato che racconta il razzismo e Dawood Yousefi, 29 anni, di etnia
Azara, un musulmano rifugiato dall`Afghanistan. In mare ha perduto un amico, caduto dal barcone. «E` la prima volta - spiega - che lo racconto, perché mi fa male. So che lei è andato a Lampedusa e per questo le vogliamo bene. Il mio viaggio verso l`Italia è iniziato
quando non avevo compiuto 18 anni. Sono partito a piedi: ricordo il cammino sulle montagne tra l`Iran e la Turchia dove sono rimasto oltre due settimane. Ho visto ai lati del sentiero gli scheletri di altri profughi. Ho avuto paura di morire perché faceva molto
freddo». Francesco assicura una Chiesa in uscita verso le periferie. «Mi servono straordinari di preghiera, il lavoro può essere insalubre», sorride. Con 60mila volontari in 74 paesi del mondi, Sant`Egidio soccorre la nuova «Chiesa del silenzio». Un tema a cui Bergoglio è molto sensibile: «Gesù risorto è vicino ai cristiani perseguitati e discriminati». La sofferenza dei seguaci di Gesù
in numerose nazioni arabe e africane coinvolge direttamente «l`Onu di Trastevere» nel tempo della diaspora e degli stermini. In due millenni di storia mai tanti cristiani vittime di persecuzioni e discriminazioni. Le comunità di molti paesi a maggioranza musulmana
lottano per la sopravvivenza: la deriva islamista come nuovo Muro tra due emisferi. «Il mondo soffoca senza dialogo».
Da qui il mandato di Francesco che il 21 settembre visiterà l`Albania. «Siate artigiani della pace, promuovete l`amicizia tra le religioni, andate avanti sulla strada della preghiera e della compassione per porre nella società l`amicizia al posto dell`indifferenza». Unica missione: dalla cura di anziani e disabili all`accoglienza dei migranti. Gli viene offerto un «mate», lo beve e fa il cenno di «così così», posa per un selfie con 4 ragazzine. «Il protagonista sia l`abbraccio e l`attenzione diventa incontro: guardate a Cristo e sarete raggianti», assicura, circondato dalla folla malgrado il nubifragio. [GIA.GAL.]



Frontex risparmia sui salvataggi
Avvenire, 14-06-14
Nello Scavo
Quasi 90 milioni di budget e meno di un decimo, 7,1 milioni, destinati per le operazioni di salvataggio. Sta tutta qui la sproporzione tra gli obiettivi sbandierati e l’impegno effettivo di Frontex, l’agenzia europea che dovrebbe sorvegliare i confini dell’Unione e intervenire, grazie a un nuovo regolamento, anche nelle missioni di salvataggio.
In altre parole per le missioni denominate Hermes ed Aeneas (nate dopo i massicci afflussi provocati dalle rivolte in Tunisia, Libia ed Egitto), Frontex ha stanziato per il periodo di maggior afflusso di immigrati (maggio-settembre) una cifra perfino inferiore a quanto spende solo l’Italia in un mese per l’operazione Mare Nostrum: 9 milioni. E se si è potuta evitare la sospensione di queste attività, lo si deve ai 4,8mln (con trasferimenti dal budget del novembre 2013) usati per estendere le operazioni anche nel periodo invernale.
Da Varsavia, sede dell’agenzia europea per le frontiere, spiegano che i fondi dipendono «dalla volontà degli Stati membri». Frontex, dunque, per fare di più deve poter contare su un bilancio superiore agli 89,1 milioni stabiliti per il 2014.
Dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre 2014, con 366 morti accertati e una ventina di dispersi, sull’onda dell’emotività le autorità di Bruxelles assicurarono un cospicuo aumento dei fondi da destinare al controllo dei confini e al salvataggio dei migranti. Ma se nel 2013 a Varsavia potevano disporre di 6,5 milioni, quest’anno si è deciso di spendere solo 600mila euro in più, nonostante gli sbarchi e gli interventi in mare siano più che raddoppiati. La ventilata maggiore cooperazione degli stati membri ha portato a un aumento complessivo delle disponibilità di Frontex pari a 8,2 milioni, in realtà solo in parte destinati ad affrontare lo stato d’emergenza nel Mediterraneo. In sette anni Frontex ha speso per 601,5 milioni di euro. Ma poi dipende da come quel denaro viene usato. Nel 2013, 20 milioni sono andati in spese per il personale. Ci sono poi altri 10milioni di "uscite" amministrative, come gli oltre 150mila euro per spese postali. Per non dire della sconosciuta "giornata europea delle guardie di frontiera": 400mila euro.
«Con Mare nostrum in atto, non sono previste attività aggiuntive di Frontex, rispetto 2013», ribadiscono dal quartier generale nella capitale polacca. E pensare che in un anno per la sicurezza marittima nell’Oceano Indiano si spendono miliardi di euro: 50 milioni li ha stanziati solo l’Italia per proteggere i bastimenti dagli assalti dei pirati somali. Inoltre la ventina di navi militari impiegate per il pattugliamento nel Golfo di Aden ha costi di gestione giornalieri compresi tra i 40 e i 60 mila euro per unità, come fregate o navi cacciatorpediniere.
«L’Italia sta lavorando in modo concreto, in vista del Consiglio europeo di fine giugno, per condividere la responsabilità della gestione razionale dell’accoglienza dei migranti e dei rifugiati», ha detto il ministro degli Esteri Federica Mogherini. «C’è una crescente consapevolezza internazionale ed europea che questo non è un problema italiano né del sud Europa, ma che è una questione che ha bisogno di una soluzione europea che funzioni», ha aggiunto il ministro.
Da Varsavia fonti interne di Frontex condividono l’auspicio del capo della diplomazia Italia: «L’occasione sarà il semestre di presidenza Ue. Se Roma saprà esercitare una leadership forte anche Frontex ne trarrà beneficio».



La città nuova/Mirbian, 18 anni e un futuro in tasca. Lieto fine di un viaggio cominciato in Albania.
Corriere.it, 15-06-14
Germana Lavagna
In Italia ci sono più di 9 mila minori stranieri non accompagnati, aumentati del 98,4% in due anni. Questi i numeri del quinto rapporto Anci-Cittalia, presentato lo scorso 5 giugno a Roma. Sono perlopiù maschi, prossimi alla maggiore età e provenienti soprattutto da Egitto, Bangladesh, Albania, Afghanistan e Somalia. La risposta dell’Italia a questa iperbole di giovani in fuga dalla guerra, dalla povertà e dalle persecuzioni non è univoca. All’interno dei centri d’accoglienza, le procedure di identificazione e l’accertamento dell’età spesso sono confuse e parziali.
Finisce così che gli MSNA, questo l’acronimo con cui si indicano i minori stranieri non accompagnati, diventino facile preda della criminalità organizzata e finiscano per allontanarsi dalle strutture di accoglienza. Save the children ha evidenziato come alcuni cerchino di raggiungere parenti o presunti tali altrove, in Europa. Così un minore su quattro non è reperibile, dicono i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
La storia di Mirbian, però, è una di quelle a lieto fine.
    A Venezia, una delle prime 5 città in Italia per numero di accolti, ha trovato un posto dove stare e dove poter pensare al suo futuro grazie al progetto Terre di Mezzo.
Nato nel 2008 dalla collaborazione tra il Comune e la cooperativa sociale Elleuno, Terre di Mezzo è, di base, una struttura di prima accoglienza, con un centralino attivo 24 ore su 24, in stretto contatto con la Questura e la cittadinanza. Un posto sicuro, dove chi arriva ha la possibilità di parlare con un mediatore culturale in grado di capire la sua lingua e far fronte alle sue prime necessità.
Mirbian, per esempio, è venuto dall’Albania in macchina, pagando 3500 euro ai passeur di terra che coprono la tratta dai Balcani verso l’Europa. Fermato a Udine è dovuto tornare indietro e ripartire di nuovo. Tanti i chilometri fatti a piedi tra un confine e l’altro. Stremato, è arrivato a Venezia e qui ha trovato le porte aperte di Terre di Mezzo.
    Gli operatori e volontari, nelle prime 10 settimane, cercano di trovare famiglie disposte ad prendere il minore in affido e lavorano alla ricostruzione della storia migratoria.
Poi comincia una terza fase, in cui il minore viene responsabilizzato, attraverso appartamenti dati in gestione in semi autonomia. Nel frattempo, per ogni ospite gli operatori disegnano a misura di sogno un progetto di vita che include periodi di formazione lavorativa. Mirbian è passato per tutte le fasi di questo percorso. Ha trovato una famiglia che l’ha ospitato una volta compiuta la maggiore età, e grazie alla fitta connessione instaurata da Terre di Mezzo con le istituzioni e le realtà lavorative locali, ha trovato un posto a tempo indeterminato in una birreria in centro a Padova. Una prima sicurezza. La casella da cui riparte la sua vita.



Ekhtelaf, la band dei rifugiati afgani. "Denunciamo l'islam radicale a ritmo di rap"
Habib, Hussein e Haris sono arrivati in Italia dopo un viaggio via terra lungo sei mesi. Non si considerano un gruppo ma un movimento che intende costruire dall'esilio una nuova idea di Afghanistan: "Vogliamo raccontare ciò che accade realmente nel paese"
Redattore sociale, 15-06-14
ROMA - Una denuncia feroce contro l' islam radicale unita a un messaggio di speranza perché in Afghanistan possano tornare finalmente unità e pace. La musica degli Ekhtelaf (letteralmente differenza) ha il ritmo incalzante del rap, mentre le parole scandiscono chiaro quello che sta succedendo oggi nella terra natia di questi tre ragazzi poco più che ventenni, richiedenti asilo nel nostro paese e uniti dalla passione per la musica. Ma guai a dire che il loro è un gruppo musicale, Habib, Hussein e Haris si considerano infatti un movimento che intende costruire dall'esilio una nuova idea di Afghanistan. Lo dicono i testi dello loro canzoni, che parlano delle divisioni politiche che ci sono nel paese, ma anche delle distorsioni dell'islam e del concetto stesso di jihad, un tempo simbolo di fratellanza: “jihad significa aiutare il prossimo e insieme costruire il paese, jihad è una pioggia di libertà”.
Nel nostro paese i tre sono arrivati dopo un viaggio lungo sei mesi, che li ha visti attraversare l'Iran, la Turchia e la Grecia. La loro meta era la Danimarca, ma una volta a Copenaghen le regole ferree del regolamento Dublino li hanno rispediti indietro, in Italia. Qui hanno trovato riparo nei capannoni abbandonati del Porto vecchio di Trieste, da sempre meta di profughi afgani, e oggi teatro del loro primo videoclip del singolo Bazicheh, letteralmente  “giocattolo”, perché spiegano nel testo “il paese è diventato un giocatolo in mano a persone spudorate”. "Le nostre sono canzoni di impegno politico – spiega Habib- quello che vogliamo raccontare è la vera storia dell'Afghanistan e del nostro popolo. Ma anche denunciare quali sono i problemi che oggi attanagliano il paese e che, sei anni fa, ci hanno costretto ad andare via". L’appello è all’unità del paese, a superare la divisione tra gruppi etnici, “non siamo pasthon, tagiki o hazara, siamo afghani” spiegano.  “Quando potremo tornare in Afghanistan – si chiedono ancora nel testo del loro primo singolo – quando finirà questo nostro viaggio forzato?”.
Tutti e tre sono venuti in Europa da soli, lasciando le famiglie nel loro paese o in Iran. "Abbiamo viaggiato via terra per sei mesi – continua Habib – poi siamo arrivati in Danimarca ma lì non hanno accettato la nostra richiesta d'asilo, così siamo stati costretti a venire in Italia". Dopo aver alloggiato nei capannoni, i tre sono stati inseriti nel piano per l'emergenza freddo. " A dicembre l'ente locale insieme all'Ics, il consorzio italiano di solidarietà, è intervenuto per dare riparo a tutte le persone che lì non potevano più stare – racconta Alessandro Petrussa, collaboratore dell'Ics – sono stati attivati quindi progetti di accoglienza e alloggio per i rifugiati. I ragazzi sono stati spostati in un paese vicino Trieste in un campo scout". Il gruppo che già si era formato in Danimarca sei anni fa, ha avuto così anche un supporto logistico per continuare a fare rap. "Mentre lavoravo ho conosciuto questi tre ragazzi. Con loro abbiamo pensato a un progetto di integrazione basato sulla musica – continua Petrussa – li abbiamo aiutati col videoclip, girato appunto nei capannoni dove hanno alloggiato al loro arrivo. Il principio ispiratore di questo progetto è che chi arriva non è solo portatore di bisogni passivi ma può portare cultura e saperi nuovi. E così è con loro. E' importante per noi dare questo supporto, da sempre Trieste è un modello di accoglienza, oggi nel sistema Sprar sono disponibile solo 70 posti ma accogliamo circa 250 richiedenti asilo" (ec)

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