Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

23 ottobre 2014

UE Indagine su rimpatri forzati dall`Italia
Il fatto, 23-10-14
Il difensore civico europeo Emily O`Reilly ha J aperto un`indagine sui rimpatri forzati congiunti, coordinati da Frontex, per verificare che non ci siano state violazioni dei diritti umani dei 10.855 migranti costretti a tornare al Paese di origine, in 209 operazioni, avvenute tra il 2006 ed il 2013. In una lettera indirizzata al direttore esecutivo dell`agenzia Ue Gil Arias Fernandez, O`Reilly spiega che seppure "non vi sia stata notizia di violazioni dei diritti fondamentali", la Commissione ha espresso "preoccupazione", perchè solo la metà delle missioni sono state monitorate in modo indipendente. E come evidenzia il mediatore - "per loro stessa natura" questo tipo di operazioni hanno il "potenziale per serie violazioni", ed è importante sapere come Frontex si è organizzata in merito e quali sono le precauzioni adottate per minimizzarne il rischio. O`Reilly ha chiesto anche a tutti gli Stati membri di fornire eventuali informazioni sulle operazioni, poichè l`indagine mira far luce sul trattamento di migranti malati o in gravidanza.



Fine Mare Nostrum. Arci: "Una condanna a morte per migliaia di persone"
Miraglia: "Triton non può sostituire l'operazione avviata dall'Italia. Se il governo la ferma, continueranno le stragi"
stranieriinitalia.it, 23-10-14
Roma - 23 ottobre 2014 - L’intenzione del governo di porre fine all’operazione Mare Nostrum è una "decisione irresponsabile, con cui l’Italia si sottrarrebbe al dovere che grava sulle istituzioni, come su ogni singola persona, di trarre in salvo persone che si trovino in pericolo di vita".
Con tante altre organizzazioni che si occupano di immigrazione, anche l'Arci è preoccupata per la chiusura dell'operazione avviata dall'Italia dopo la strage di Lampedusa. "Né può valere come giustificazione - sttolinea in una nota il vicepresidente nazionale Filippo Miraglia - il costo dell’operazione, rispetto al quale andava semmai richiesta con più determinazione una collaborazione degli altri paesi europei".
Triton, l'operazione che partirà sotto lp'egida di Frontex,  ha obiettivi e strumenti molto diversi. "Opererà solo nelle vicinanze delle acque territoriali italiane e svolgerà un’azione di controllo delle frontiere. Sostenere, come il ministro Alfano ha fatto, che in questo modo non ci sarà più bisogno di Mare Nostrum secondo l'Arci è una mistificazione della realtà.
"Il risultato sarà che nel Mediterraneo continueranno le stragi, perché l’unica cosa certa è che il flusso di profughi continuerà, almeno finchè i tanti focolai di guerra che oggi incendiano gran parte dell’Africa e del Medio Oriente non verranno spenti. La maggior parte di chi oggi cerca di raggiungere l’europa sono infatti donne, uomini e bambini che scappano da violenza, povertà e persecuzioni".
"Da tempo - conclude Miraglia - chiediamo che si aprano canali di accesso umanitari, che il tema dell’asilo e della protezione internazionale diventi una questione centrale, ma finora nessuna decisione è stata presa che vada in questa direzione. Fermare Mare Nostrum, l’unica operazione oggi finalizzata al salvataggio, significa condannare migliaia di persone a una morte sicura. E’ questa la responsabilità che si vuole caricare sulle spalle il nostro governo?".



Dalla Siria alla Svezia, cinque migranti filmano il loro viaggio in mare
Moaaz, Majd, Rasha, Kinan and Khalid sono partiti il 16 agosto dalla Siria. Due di loro non ce l'hanno fatta, gli altri si trovano in Svezia dove hanno chiesto asilo. "Non siamo venuti qui per starcene seduti a non fare niente. Vogliamo lavorare e fare del nostro meglio"
Redattore sociale, 23-10-14
Federica Onori
ROMA - Moaaz, Majd, Rasha, Kinan and Khalid sono cinque amici che hanno deciso di lasciare la Siria. Il 16 agosto 2014, insieme a tanti loro connazionali, hanno raggiunto il Libano, poi l'Algeria ed infine si sono imbarcati verso le coste italiane, sopravvivendo a un viaggio lungo ed estenuante che hanno documentato in un video, pubblicato lo scorso lunedì dal quotidiano The Guardian. "Ho deciso di filmare il viaggio con il telefono cellulare - spiega Majd - . In alcune zone è stato difficile fare le riprese perché i trafficanti ci controllavano".
Una volta arrivati in Algeria, sono saliti in un autobus, per raggiungere i confini della Libia. Dopo 22 ore di viaggio sono stati venduti a un altro gruppo di trafficanti, i ribelli di Zintan. "Ho dovuto coprire la testa con un velo perché i nuovi trafficanti erano strettamente religiosi", racconta Rasha. "Ci hanno minacciato con le pistole e ci hanno preso 400 dollari a testa - aggiunge Moaaz - . Era chiaro che se ne stavano approfittando ma non potevamo farci nulla".
Il viaggio continua, questa volta in direzione di Ghadames, dove vengono sistemati in un'abitazione nel mezzo del deserto libico. Qui uomini e donne vengono divisi in sezioni separate, il caldo è asfissiante. Dopo 5 giorni vengono fatti salire in alcuni grandi autocarri, pronti per un altro lungo viaggio: 15 ore nel deserto prima di salpare in barca. "Continuavano a caricare l'imbarcazione fino a quando siamo arrivati a 540 passeggeri - raccontano - nonostante ci fosse posto solamente per 250 persone. Ci avevano detto che ci avrebbero provvisti di giubbotti di salvataggio, ma erano soltanto bugie".
Il clima si fa sempre più teso, gli scafisti iniziano a picchiare i migranti per farli stare seduti, c'è chi li implora per poter salire, raccontano ancora i ragazzi mentre le immagini riprendono le persone stipate a bordo. "Per 16 ore la barca ha continuato a oscillare violentemente tra le onde fino a quando un'imbarcazione ci ha visti e ha informato le autorità italiane. C'era chi iniziava a pregare ad alta voce, eravamo convinti che saremmo morti". I ragazzi si gettano in mare mentre la barca inizia ad affondare. Quattro ore in acqua prima dell'arrivo dei soccorsi. "Quando sono risalito in superficie ero circondato da corpi che galleggiavano, una scena terrificante".
Nel viaggio hanno perso la vita 200 persone, 3 mila sono invece le vittime stimate finora nell'ultimo anno. Anche due dei cinque amici siriani sono annegati durante la traversata. I tre sopravvissuti, Rasha, Moaaz e Majd, hanno raggiunto la Svezia dove stanno aspettando l'esito della loro richiesta di asilo. "Non siamo venuti qui per starcene seduti a non fare niente. Vogliamo lavorare e fare del nostro meglio per avere maggiori possibilità".



Cie, gli immigrati incendiano i materassi: "Protestiamo per albanese picchiato e rimpatriato"
La denuncia: "Sentivamo le sue urla, lo hanno portato via nonostante vivesse in Italia da 15 anni, qui ha anche un figlio". Da oggi sciopero della fame: "I nostri diritti caplestati, non siamo criminali"
La repubblica Bari, 23-10-14
Un gruppo di immigrati ospiti del Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Bari ha dato fuoco la notte scorsa a materassi accatastati in uno dei moduli del centro per protestare contro l'intervento delle forze dell'ordine nei confronti di un cittadino albanese che è stato rimpatriato. Gli immigrati sostengono che l'albanese, un uomo di 31 anni che era da dieci giorni all'interno del Cie, sarebbe stato "preso con la forza dalle forze dell'ordine" per "essere portato in una stanza e picchiato".
Lo hanno denunciano all'ANSA, in una telefonata alcuni degli autori dell'incendio di cui, hanno detto "siamo tutti responsabili". Tra loro c'è il tunisino Fatì che, nei giorni scorsi, si era cucito le labbra per protesta. "Sentivamo le sue urla disperate", raccontano, "diceva in albanese 'per favore aiutatemi, mi stanno pestando". I ragazzi che condividevano il modulo con lui, dicono che "si tratta di un padre di famiglia che è da 15 anni in Italia dove ha anche un figlio". Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco che hanno spento l'incendio. Secondo quanto riferito dalla polizia, la protesta sarebbe partita quando un gruppo di cittadini albanesi ha sentito le urla del connazionale che era stato raggiunto da un ordine di rimpatrio.
Diversa la ricostruzione degli immigrati del Cie, secondo cui l'albanese "ha fatto richiesta di protezione internazionale ed era in attesa dell'esito dalla Commissione territoriale". "Stasera, però - raccontano - sono venuti nel modulo e all'improvviso l'hanno preso con la forza e, dopo averlo picchiato, l'hanno rimpatriato". "Noi - sottolineano - dopo aver sentito le sue urla abbiamo perso la ragione e abbiamo dato fuoco a materassi e lenzuola nel nostro modulo dove ci sono 24 persone che provengono da Sri Lanka, India, Cina, Albania, Georgia, Montenegro, Egitto e Tunisia". "Uno di noi - proseguono - è andato a parlare con un ispettore delle forze dell'ordine per chiedere spiegazioni ma questi gli ha risposto che 'quando vogliamo prendiamo uno di voi e lo facciamo sparire: cos'è questa se non mafia?", si chiedono i trattenuti nel Cie.
Gli immigrati raccontano di una situazione insostenibile dentro il Cie: "ci sono tre ragazzi che si sono tagliati in diverse parti del corpo perché non ce la fanno più a stare qui e ad essere presi
in giro - raccontano - sono stati imbottiti di farmaci e messi in stanze che qui chiamano di sicurezza. Ma non sappiamo cosa accade là dentro". I 24 stranieri del modulo 7 in cui è avvenuta la protesta hanno annunciato che da stamani saranno in sciopero della fame "finché non saranno rispettati i nostri diritti: non abbiamo commesso nessun reato per essere detenuti qui - concludono - e vogliamo che il nostro grido disperato arrivi a qualcuno là fuori".



«Noleggia un immigrato», lo spot del leghista Bosco Guarda
Corriere della sera, 23-10-14
(agr) Difficoltà a pagare l'affitto? Prendi in casa un immigrato e lascialo a pane e acqua. Dal governo avrai un contributo di 900 euro. E più ne ospiti più i soldi si moltiplicano. E' il messaggio choc lanciato in un video su YouTube dal leghista Umberto Bosco, candidato del Carroccio al consiglio regionale dell'Emilia Romagna. Contro il filmato, pubblicato in concomitanza con la manifestazione della Lega Nord di Milano, si sono innescate le proteste della rete.
"Noleggia un immigrato", lo spot choc del leghista Bosco Guarda il video



RAZZISTI A MILANO
Se la sinistra resta a guardare
il manifesto, 23-10-14
Mirco Rota *
La manifestazione della Lega a Milano, sia a livello di adesione in termini di presenze che di messaggio è stata un successo, non bisogna nascondercelo. Dovrebbe preoccuparci e spronarci il fatto che la Destra abbia aggregato a Milano i suoi pezzi più reazionari sul tema «Mare Nostrum», dicendo che bisogna lasciar morire gli immigrati in mare, mentre la sinistra sia rimasta a guardare, contagiata dal renzismo dilagante ed in preda a un vuoto pneumatico in termini di proposta ed elaborazione politica.
In un momento in cui a Milano, città Medaglia d`oro della Resistenza, si raduna il peggio della destra; come spesso capita, a sinistra ci si divide sull`opportunità di presidiare lo spazio del conflitto, confidando nelle soluzioni taumaturgiche di Renzi. È ormai un dato di fatto di questa fase storicopolitica la subalternità a sinistra rispetto alle ricette dell`Uomo solo al comando.
Una dimostrazione plastica di tutto questo avviene proprio a Milano, dove la Lega punta a far saltare il sindaco Pisapia, che in buona compagnia ha lasciato colpevolmente il campo libero a un`operazione strumentale gravissima, senza spendere parole precise per condannare e stigmatizzare uno degli episodi più brutti e pericolosi che si sono verificati nella sua città.
D`altra parte, anche la Cgil ha sottovalutato la portata non solo simbolica della manifestazione, lasciando la piazza a chi fa dell`intolleranza la propria bandiera, a chi sostiene che non bisogna spendere un centesimo per le politiche dell`accoglienza, per poi riversare tensioni e malumori contro i derelitti che sfociano, nella migliore delle ipotesi, in sentimenti di violenza con connotazioni di tipo razziale.
Di fronte a questo tipo di argomentazioni occorre reagire in maniera compatta, senza cedere di un millimetro sul piano dei diritti. Alle accuse di chi oggi parla a sproposito e per speculare elettoralmente di buonismo, occorre ricordare che la legge Bossi-Fini è rimasta e di fatto oggi c`è un attacco non solo culturale ma di aggregazione politica della Destra sul tema dell`immigrazione, con messaggi e con obiettivi ancora più gravi della Bossi-Fini stessa.
È assurdo che in questa presa di coscienza, che sta alimentando una pericolosa guerra tra poveri, non si coinvolga la nostra base sociale, che sta pagando a caro prezzo i costi della crisi e oggi viene invitata a rimanere silente di fronte a un`offensiva umanamente spregevole e di carattere xenofobo. I flussi migratori non si fermano a colpi di slogan o soffiando sul fuoco della provocazione o fomentando l` odio tra pezzi di società. È troppo facile oggi ricercare politicamente le responsabilità sugli effetti più che capire le cause che le hanno determinate.
Ma come si fa a non comprendere che bisogna esserci, essere presenti sui temi sociali come i diritti per i deboli e le pensioni e non lasciarli in mano alla Lega, che ad oggi, è l`unica forza politica che sul piano concreto ha raccolto le firme per la cancellazione della legge Fomero attraverso il referendum, mentre a sinistra si giustifica tutto con motivazioni e giustificazioni per nulla dissimili dalle politiche di austerità europea.
Cosa deve accadere ancora per capire che il disagio sociale, la cancellazione della democrazia e il ritorno della destra trovano forte consenso nella crisi e rischiano di portarci in una situazione irreversbile? Il nostro compito non è solo criticare le politiche della destra, ma di offrire una visione, una proposta diversa e credibile, capace di rispondere alle conseguenze della crisi, a partire dal problema del lavoro, ormai dramma sociale in larga parte del Paese. O la sinistra e la Cgil sono in grado di dare l`alternativa, o non c`è via d`uscita * segretario generale Rom Lombardia



Fiumicino, "sei stata in Africa, ci attacchi l'ebola", bimba lasciata fuori dall'asilo
Le mamme degli altri alunni della scuola Porto Romano non hanno fatto entrare Chanel, di 3 anni, tornata da una viaggio in Uganda con la famiglia. Il padre della bambina, un carabiniere: "Non c'è nessun rischio, ho fatto fare alle mie figlie tutte le analisi. E nessuna ha avuto nessun sintomo. E' una follia". Il sindaco Montino: "Nessun impedimento al ritorno in classe"
la Repubblica.it, 22-10-14
Lasciata fuori dalla scuola dalle mamme degli altri alunni perché 'accusata' di poter portare l'ebola. E' successo la scorsa settimana in una scuola di Fiumicino a una bambina di 3 anni: Chanel. La piccola, di ritorno da un viaggio in Uganda insieme ai genitori e alla sorella, si è vista sbarrare le porte della scuola statale "Porto Romano" da un gruppo di madri dei suoi compagni per la paura incontrollata del virus e un allarmismo diffuso al limite del razzismo.
"Abbiamo passato giorni di angoscia - racconta al quotidiano online In terris il papà, Massimiliano - Eppure non c'era alcun motivo reale per poter solo immaginare qualche rischio; l'unica spiegazione è che venivamo dall'Africa. Ma l'Uganda non è un paese contagiato e comunque ho fatto fare alle mie figlie tutte le analisi necessarie a stabilire la loro totale buona salute. Non solo, ma mia figlia non ha avuto alcun sintomo particolare, né una febbre né un raffreddore. Ciò che è accaduto è pura follia...". L'uomo è un carabinieri che per lavoro effettua frequenti viaggi nei paesi africani.
"Le mamme" spiega Angelo Perfetti, il giornalista che per primo ha raccontato la storia, "hanno imposto una legge nuova: o lei, o gli altri; se Chanel fosse entrata in aula sarebbero usciti i suoi compagni di classe. Di più: i 21 giorni di incubazione della malattia sono stati presi come parametro per calcolare quando la piccola avrebbe potuto rioccupare il suo posto tra i banchi. Cosa avvenuta invece questa settimana grazie alla mediazione della preside, che pure aveva garantito da parte della scuola la possibilità di entrare in classe, e che con la sua presenza ha fatto in modo di superare l'ostracismo che si era evidenziato".
La bambina è comunque rimasta a casa per una settimana, così hanno preferito i genitori per far calmare le acque prima di far tornare a scuola la bimba, nonostante le rassicurazioni della dirigente scolastica, Lorella Iannarelli. Che ha spiegato: "A preoccupare tre, quattro genitori - spiega la preside - era il ritorno in classe di una bambina che aveva fatto un viaggio in Uganda. Qualcuno ha messo in giro la voce che alcuni genitori erano intenzionati a tenere a casa i propri figli per evitare che entrassero in contatto con la bambina". Voci che però hanno portato l'istituto ad attivare una serie di verifiche. "La bambina è tornata in Italia il 14 ottobre - spiega la direttrice scolastica - abbiamo chiamato il papà che ha portato un certificato medico, abbiamo anche chiamato il medico che in Uganda aveva visitato la bambina e ci siamo informati in aeroporto se l'Uganda fosse un paese a rischio, scoprendo che non lo è. Il comportamento di alcuni genitori avrà offeso la mamma della bimba che in un primo momento aveva chiesto il nulla osta per un trasferimento e che la figlia cambiasse sezione. Ipotesi poi rientrata. La bambina è rimasta a casa qualche giorno dal ritorno in Italia: probabilmente per cortesia da parte della famiglia o perché era stanca del viaggio. Comunque lunedì scorso è rientrata a scuola senza nessun problema da parte dei genitori dei suoi compagni di classe. Non ho avuto nessuna segnalazione da parte delle maestre, ciò mi induce a pensare che non ci siano state assenze ingiustificate".
"Come rappresentante delle istituzioni - ha commentato il sindaco di Fiumicino esterino Montino - sento il dovere di lanciare un appello per impedire che timori o paure ingiustificate, soprattutto su temi che riguardano la salute pubblica, sfocino in ostracismi e discriminazioni. Da ulteriori informazioni risulta, tra l'altro, che non ci siano stati blocchi o impedimenti che abbiano ostacolato il rientro della bambina a scuola".
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha espresso solidarietà alla famiglia della bambina. ''L'Uganda - ha ricordato Lorenzin - non e' un paese affetto ed e' molto lontano dalle zone del west africa colpite dal virus''. Il ministro ha inoltre ribadito che ''nel nostro paese attualmente non c'è stato nessun caso di Ebola, neanche d'importazione, che il rischio di contrarre la malattia è basso e che queste forme di allarmismo sono assolutamente ingiustificate''.
"Di tutto c'è bisogno in questo momento di emergenza mondiale legato ad Ebola tranne che di psicosi collettive come quelle occorse alla bambina tornata sana, ripeto sana, dall'Uganda, paese non colpito dal virus" ha sottolineato anche in una nota Andrea Iacomini Portavoce dell'Unicef Italia. "Vorrei rivolgere - aggiunge - un appello alle istituzioni, agli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori ed agli operatori del mondo della comunicazione. Abbiamo tutti il dovere di dare notizie vere sugli effetti del virus, di informare costantemente e nel modo più
preciso e corretto possibile gli italiani più di quanto da giorni stiamo facendo. Ciò che invece non va fatto è legare l'esplodere di questo virus che ricordo solo in Africa sta producendo migliaia di morti oltre che 3700 bimbi orfani, a pregiudizi e false convinzioni. Per questo sono solidale al papà ed alla mamma della bambina pur comprendendo la grande preoccupazione che investe tutti noi genitori ma quello accaduto è un fatto davvero intollerabile".



Quei pregiudizi su stranieri, mendicanti, rom
Avvenire, 23-10-14
Massimo Calvi

Più di un italiano su tre se incontra un arabo in aeroporto teme che possa trattarsi di un terrorista. Quattro italiani su cinque, invece, si mettono la mano al portafoglio se una "zingara" sale sull’autobus. È l’effetto del pregiudizio, o meglio, di quello che la narrazione collettiva trasmette alle persone, spingendole a costruirsi un’immagine degli altri diversa da quello che l’esperienza individuale ha detto loro. Ed è proprio in questo margine, tra ciò che ci hanno raccontato e ciò che abbiamo vissuto, che si annidano i germi dei pregiudizi, della discriminazione, dell’intolleranza e persino della violenza.
Ma perché tutto possa detonare, arrivando al peggio, ci vogliono altri ingredienti, e uno di questi è rappresentato dalle emozioni: come la paura, l’insicurezza, l’invidia. È questo il percorso che porta ad esempio a provare antipatia per rom e tossicodipendenti, a esprimere atteggiamenti ostili verso i migranti, o non rispettosi nei confronti degli omosessuali, a discriminare una donna sul lavoro.
Ad analizzare il rapporto tra gli italiani e le discriminazioni è una rilevazione demoscopica condotta per Famiglia Cristiana da Swg, e che viene presentata oggi in occasione del lancio della campagna sociale "Anche le parole possono uccidere", cui aderiscono pure Avvenire e la Federazione dei settimanali cattolici. Ad emergere è molto più di una classifica di chi piace e chi no. Gli italiani dicono di provare "simpatia" per i giovani, le donne, gli anziani, i poveri, gli uomini, i cristiani e i meridionali. Sembrano essere "neutri" in rapporto a settentrionali, persone di colore, magri, omosessuali, persone molto grasse ed ebrei. Decisamente "antipatici" risultano invece i ricchi, i musulmani e chi chiede la carità, mentre a un livello inferiore si trovano rom e sinti e i tossicodipendenti.
"Zingari" e "drogati" sono dunque le categorie che più procurano disagio: il 70% avrebbe problemi a cenare con un tossicodipendente, il 66% con un rom, il 74% si sentirebbe urtato dall’avere un "tossico" vicino di casa, il 70% un rom. Grossi problemi anche con extracomunitari e musulmani: 4 su 10 preferirebbe non averli come vicini di casa e circa uno su tre (28% e 33%) proverebbe disagio se li avesse come colleghi di lavoro.
Passando al piano personale, il quadro non cambia molto: il fidanzato da evitare per la figlia? Il tossicodipendente (82%), il rom/sinti (72%), il musulmano (69%), un uomo più anziano (58%), un’altra donna (54%), un extracomunitario (50%). A colpire è anche un altro aspetto: la differenza tra la discriminazione percepita e quella realmente vissuta. Per l’87% degli intervistati, ad esempio, in Italia ci sono diffusi atteggiamenti discriminatori legati alle preferenze sessuali e per l’83% alle origini etniche. Mentre il 66% si è sentito discriminato almeno una volta nella vita. Per che cosa? Condizione economica (40%), motivi estetici (36%), peso (35%) e genere (34%).
L’indagine ha poi messo in luce che le persone che fanno riferimento ai valori della patria e della tradizione cattolica sono molto più tolleranti della media, salvo nel caso degli omosessuali. Tollerante è anche chi asserisce di credere molto nel valore della scuola e della formazione. A produrre ostilità verso i migranti sono invece il senso di insicurezza e la percezione di essere esclusi dalla società. Insomma: la discriminazione non trova terreno fertile dove ci sono cultura ed educazione, prolifera quando a dominare sono le difficoltà e le paure individuali.



IL PRESIDENTE PRONTO A TRIPLICARE I PERMESSI
Milioni di carte verdi Così Obama prepara il blitz sull`immigrazione
La Stampa, 23-10-14
PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A NEW YORK
L`immigrazione sta diventando un paradosso della politica americana. Da una parte i repubblicani trascurano gli ispanici, perché secondo alcuni modelli possono fare e meno dei loro voti per vincere le elezioni Midterm del 4 novembre. Dall`altra la Casa Bianca si prepara ad una offensiva per sbloccare la questione degli illegali, perché i democratici puntano proprio sui latini per vincere le presidenziali del 2016, e creare una nuova maggioranza stabile e duratura.
Il primo punto sta nell`analisi pubblicata nel blog del «New York Times» The Upshot. Secondo questo studio, se il 4 novembre il Gop non prendesse neanche un voto tra gli ispanici, conserverebbe comunque la maggioranza alla Camera, e probabilmente conquisterebbe lo stesso quella al Senato. Il motivo sta nella distribuzione della popolazione e nella mappatura dei distretti. La maggior parte degli ispanici vive in zone dove i democratici già vincono le elezioni parlamentari, e quindi l`incremento dei loro voti non cambia di molto il numero dei deputati conquistati dai due partiti. Al massimo, se proprio tutti i latini voltassero le spalle al Gop, i repubblicani perderebbero una decina di seggi e manterrebbero la maggioranza. Al Senato invece si vota su base statale, ma la maggior parte delle sfide decisive quest`anno non avviene in regioni dove gli ispanici sono dominanti. Questo si riflette sul tipo di campagna condotta dai candidati repubblicani, che hanno trascurato i temi cari ai latini per conservare il sostegno decisivo dei bianchi e di altri gruppi a loro favorevoli.
Il discorso però cambia, se si rivolge lo guardo al 2016. Il peso degli ispanici è stato determinante nel 2012 per la vittoria di Obama, e probabilmente lo sarà ancora alle prossime presidenziali, negli stati già democratici come New York e California, in quelli che lo stanno diventando come Nevada, Colorado o New Mexico, e soprattutto nel Texas, che se tornasse a votare per i democratici consegnerebbe loro la Casa Bianca per almeno una generazione. Il presidente lo sa e sta meditando un blitz da attuare dopo le elezioni Midterm, per scavalcare il Congresso repubblicano e riformare l`immigrazione a colpi di ordini esecutivi. Lo US Citizenship and Immigration Services ha già preparato il contratto per acquistare tra 5 e 9 milioni di carte verdi all`anno, per un massimo di 34 milioni nell`arco del prossimo quinquennio.
Al momento ne emette 3 milioni all`anno, e questo significa che la Casa Bianca sta pensando di raddoppiarle. Una rivoluzione dell`immigrazione, per rivoluzionare anche gli equilibri politici negli Usa.

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