Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

29 aprile 2015

Chiudersi non serve a niente
il manifesto, 29-04-2015
Peppe De Cristofaro
L'Europa, e purtroppo anche il governo italiano, di fronte alle tragedie che ormai quotidianamente insanguinano il Mediterraneo continua a far finta di niente. L`unico interesse dei nostri governanti sembra essere quello di rincorrere una «contabilità bellica» tanto cinica quanto ridicola, quando ad esempio prova a pianificare un attacco di droni nei porti libici per bombardare gommoni, pescherecci e altri natanti.
Nel nostro Paese oggi viviamo addirittura il paradosso che chi cerca di guardare la questione nella sua ampiezza e complessità, chi antepone l`emergenza dei migranti e la necessità di definire modelli di sostenibilità, in Africa come in Europa, alle contrapposizioni di civiltà e alle prove inutilmente muscolari, viene subito zittito. E tacciato di populismo, in un dibattito pubblico che pare voglia definitivamente cancellare ogni pulsione emotiva, umana, sentimentale, imponendo un approccio falsamente pragmatico e, come si è visto, completamente fallimentare.
Il passaggio epocale che stiamo vivendo, una trasformazione che ha ragioni profonde e che richiama la popolazione europea senza indugi alle proprie responsabilità, storiche quanto attuali, richiederebbe risposte più complesse. Da un lato dobbiamo trovare soluzioni davvero capaci di definire, a partire dalla centralità del Mediterraneo, nuove pratiche di integrazione e convivenza per i nostri Paesi; dall`altro siamo chiamati a contribuire realmente alla costruzione urgente di una fase di sviluppo economico, sociale e politico per le Nazioni africane. Due questioni legate tra loro, ma che richiedono interventi diversi per tempi e strumenti.
E` evidente che certi movimenti non si arresteranno e allo stesso tempo che le guerre che in molti considerano ancora come soluzione e difesa per l`Europa siano invece la prima causa della frantumazione di gran parte delle società africane e medio-orientali, dell`assoluta insostenibilità della vita in numerose Nazioni, che spinge intere popolazioni, milioni di persone, a considerare la fuga come unica opzione, anche nelle condizioni drammatiche che noi appena intravediamo.
Quelle stesse guerre l`Occidente ha da sempre diretto e spalleggiato. Siamo noi i primi responsabili di quello che avviene oggi e la miopia dei governanti che ancora in questi giorni si illudono di poter «recintare il mare», è la stessa che ha portato anche noi italiani tre anni fa a pensare di risolvere sempre e solo con le bombe la crisi libica, senza alcuna pie- tà, ma anche senza alcuna idea politica e strategica. E` evidente che la storia, anche quella recente, non può proprio essere maestra per chi non vuole sentire.
La prima cosa da fare oggi è ripristinare immediatamente il programma Mare nostrum e attivare, prima di tutto in Libia, e poi in altri Paesi della fascia sahariana e sub sahariana tutti i canali politici e diplomatici per ricreare una printa stabilità in questi luoghi. Allo stesso tempo è urgente portare a Bruxelles e all`Onu - con idee, argomenti e una convinzione ben diversa da quella mostrata dal primo ministro all`ultimo Consiglio europeo - la necessità di definire politiche comuni di accoglienza e asilo.



Profughi, sì europeo alle quote
Avvenire, 29-04-2015
Plenaria dell'Europarlamento dedicata all'immigrazione, oggi a Strasburgo. Aprendo la sessione, il Presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha detto che "è necessario lottare contro i
trafficanti e distruggere il barconi agendo secondo il diritto internazionale. Ma il modo migliore per salvare le vite è fare in modo che quelle persone non salgano mai su quelle imbarcazioni. Da qui la necessità di aiutare i Paesi d'origine a controllare le frontiere".
Poi ha preso la parola il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker: anche se "immediata", la risposta che il Consiglio europeo ha dato la scorsa settimana "alla tragedia umana" del Mediterraneo è ancora "insufficiente". Juncker ha definito "anormale" la fine di Mare Nostrum e l'aumento dei fondi per Triton un "ritorno alla normalità". E ancora: "Dobbiamo lavorare a fondo per aprire le porte e agire sull'immigrazione in regola".
Il testo in votazione oggi di Giovanni Maria Del Re
Di fronte alla gravissima emergenza nel Mediterraneo e al susseguirsi delle tragedie in mare occorre incrementare i mezzi di ricerca e salvataggio, ma anche una solidarietà con una redistribuzione obbligatoria dei naufraghi. Se giovedì scorso al Consiglio europeo straordinario sul Mediterraneo i leader si erano spaccati proprio sul fronte della solidarietà, ieri il Parlamento Europeo ha trovato una straordinaria unità, con un accordo su un testo di risoluzione che sarà votato oggi in seduta plenaria a Strasburgo.
La risoluzione è firmata da tutti i gruppi del Parlamento Europeo ed è dedicata «alle ultime tragedie nel Mediterraneo e alle politiche migratorie e di asilo Ue».
L’idea era stata rilanciata dal gruppo dei Popolari Europei alla riunione tenutasi la scorsa settimana a Milano, complice quello che fonti parlamentari definiscono una «drastica svolta» all’interno del gruppo dei Popolari, tedeschi in testa: e cioè il ripensamento dell’Accordo di Dublino, che impone che sia il primo Paese toccato da un richiedente asilo il luogo in cui questo dovrà necessariamente soggiornare – e se prosegue può esservi rimandato. Un sistema che colpisce non solo l’Italia, Malta, la Grecia, in prima fila sul fronte mediterraneo, ma soprattutto la Germania dove affluiscono moltissimi richiedenti asilo – nel 2014 la Germania ne ha registrati 202.645. Già la scorsa settimana si erano coordinati il capogruppo Popolare Manfred Weber con i colleghi dei Socialisti Gianni Pittella e dei Liberali Guy Verhofstadt. E ieri mattina, dopo una riunione tra i leader dei vari gruppi a Strasburgo si è arrivati a un testo comune che include oltre a popolari, socialisti e liberali ancheVerdi, Sinistra ed eurocritici (cui appartiene il Movimento Cinque Stelle). Un documento decisamente più avanzato rispetto alla dichiarazione finale del vertice Ue di giovedì, anche se – va detto – non ha valore legale vincolante. Resta comunque un documento fortemente simbolico.
Il Parlamento, recita la bozza di risoluzione, «si rammarica per la mancanza di impegni da parte del Consiglio Europeo (di giovedì scorso, ndr) nel creare un meccanismo vincolante credibile e vincolante di solidarietà a livello Ue». L’Aula, inoltre, «chiede alla Commissione di stabilire una quota vincolante per la distribuzione di richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri ». L’occhio è rivolto all’Agenda europea per le migrazioni che il commissario europeo competente, Dimitris Avramopoulos, presenterà il prossimo 13 maggio. Un tema, quello delle quote, che a livello di governi resta spinoso.
Tra gli altri punti chiave della bozza di risoluzione la richiesta di un rafforzamento della missione Ue Triton (il vertice di giovedì ha deciso il triplicamento delle risorse), con però elementi non presenti nella dichiarazione dei leader: il Parlamento, recita la bozza, «esorta l’Ue a stabilire un chiaro mandato che espanda l’area operativa di Triton (oltre le attuali 30 miglia marine dalla costa italiana, ndr) e incrementi il suo mandato per operazioni di ricerca e soccorso a livello Ue».
Anche su quest’ultimo aspetto, in verità, non c’è accordo tra i Ventotto. Tra gli altri punti da segnalare la «possibilità già esistente per gli Stati membri di emettere visti umanitari alle proprie ambasciate e uffici consolari».



Ban Ki-moon: no alla distruzione dei barconi
il sole 24 ore, 29-04-2015
Ge.P.

«Distruggere le barche non è una strada giusta». Se c`era ancora qualche dubbio che il segretario generale dell`Onu, Ban Ki-moon, avesse cambiato idea dopo la perlustrazione nel canale di Sicilia lunedì scorso a bordo di nave San Giusto insieme al premier Renzi, ieri c`è stata chiarezza.
Il segretario generale del Palazzo di vetro al termine di un convegno sull`ambiente in Vaticano ha precisato la posizione delle Nazioni Unite sull`immigrazione clandestina. Ban Kimoon ha sottolineato che nei Paesi del Nord Africa la pesca è una delle risorse più importanti e «se si distruggono le barche si può danneggiare l`economia». Ci vuole più tempo per affrontare le cause, ma «la strada per una soluzione è la stabilità politica». Ban Ki-moon ha anche precisato che occorre «una robusta operazione di ricerca e salvataggio» nella quale «condividere le responsabilità». L`Unione europea ha fatto i I primo passo ma «occorre assicurare corridoi umanitari e mezzi di immigrazione legali». Il segretario generale dell`Onu ha definito la recente tragedia allargo dellaLibia «una delle peggiori dalla II Guerra Mondiale». Perché tra le centinaia di migranti, vittime dei "viaggi della speranza" ci sono «i più poveri e i più vulnerabili che rischiano la loro vita».
La crisi dei migranti provenienti dalla Libia è stata ieri anche al centro di un breve colloquio tra il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il segretario generale dell`Onu in occasione del convegno in Vaticano sui cambiamenti climatici promosso dalla Pontificia accademia delle scienze. L`ex premier ed ex presidente della Commissione UeRomano Prodi sembra però difendere le decisioni prese alla fine del 2013 dall`ex presidente del Consiglio Enrico Letta: «Con Mare nostrum l`Italia ce l`aveva fatta, aveva fatto una cosa seria, era un modello, ma l`Europa non l`ha voluto riducendo quasi anulla, a un terzo del suo bilancio. Adesso ha riaumentato ma con dei limiti enormi alla sua fattibilità».
Comunque, nonostante tutti i paletti dell`Onu, sia Renzi sia l`Alto rappresentante per la politica estera e di difesa comune Federica Mogherini non si sono rassegnati a svolgere un ruolo per ottenere una risoluzione che consenta quella legittimità internazionale per un`operazione antiscafisti. La Mogherini è negli Stati Uniti dove vedrà i rappresentanti del Consiglio disicurezza delle Nazioni Unite per sondare il terreno e valutare se sarà possibile raggiungere un accordo che dia all`Unione europea e alla comunità internazionale un mandato per agire in Libia.



Pittella (Ue): «Basta con gli egoismi nazionali»
Avvenire, 29-04-2015
Giovanni Maria Del Re
Il Parlamento Europeo è decisamente più avanti dei governi chiusi dai propri egoismi nazionali. La vede così il presidente del gruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento Europeo Gianni Pittella, che ha avuto un ruolo di primo piano nella preparazione della risoluzione congiunta dell’Assemblea Ue sulla questione immigrazione.
Presidente, vi siete dimostrati ben più coraggiosi dei leader giovedì scorso.
Assolutamente sì. È stata una grande dimostrazione che il Parlamento europeo eletto dai cittadini è più avanti dei governi, riesce a trovare in materie sensibili come questa una convergenza che prescinde dall’appartenenza politica. Ognuno ha sacrificato aspetti della propria posizione per trovare una spinta unitaria sul tema dell’accoglienza e della solidarietà, su cui i governi in effetti spesso mostrano troppo egoismi.
Una chiara critica al vertice di giovedì.
Direi di sì. Quello è stato un summit concreto sulla risposta ai flussi migratori in termini di sicurezza, ma è rimasto assolutamente carente sul fronte dell’accoglienza, delle quote, sul tema della solidarietà.
È stato difficile trovare un accordo tra i gruppi?
No, devo dire con soddisfazione che non abbiamo riscontrato particolari difficoltà. Del resto a fare da apripista era stata la dichiarazione congiunta che abbiamo rilasciato la scorsa settimana Manfred Weber (il presidente del gruppo dei Popolari, ndr), Guy Verhofstadt (presidente del gruppo liberale, ndr) e io stesso.
Molti vedono risolutivo il cambio di posizione del Ppe sul fronte del Regolamento di Dublino. È così?
Mi faccia dire anzitutto una cosa: Dublino è certamente anacronistico, e per questo va cambiato. Quanto al Ppe, vedo che c’è una sensibilità sociale in linea con i valori del cristianesimo cui si richiama, e comune a molti di noi. Anche questo è un segnale che sta emergendo rispetto a egoismi nazionali che pure avevano condizionato spesso varie posizioni. Mi fa molto piacere perché se riusciamo a trovare punti di convergenza su questo terreno, come anche su quello dell’economia, possiamo davvero cambiare l’Europa.
Questa risoluzione è un testo non vincolante. Sarete ascoltati dai governi?
Guardi, di fronte a una presa di posizione così unitaria dell’intero Parlamento sarà difficile essere trascurati. E comunque ci batteremo. Cominceremo tra 10 giorni quando dovremo discutere le proposte della Commissione su questo tema. Sarà un’altra occasione per rinnovare il nostro impegno. Penso che, superata la stagione elettorale, alcuni Paesi dovrebbero pervenire a posizioni meno rigide.
Manca però una cosa nella risoluzione: il riferimento alle migliori possibilità di migrazione legale.
Sì, è vero, qui ci sono delle differenze. Noi come socialisti siamo favorevoli ad avere un canale di migrazione legale da offrire a chi fugge non dalle guerre ma dalla povertà. Su questo ci sono indubbiamente resistenze da parte popolare. Ma abbiamo puntato a privilegiare ciò che ci unisce per lanciare un messaggio comune.



La lettera della piccola salvata dal mare «Cari fratelli, vi prego non partite»
Ha 11 anni, nel naufragio del barcone ha perso tutti i parenti. Ora è assistita in Calabria
Corriere della sera, 29-04-2015
Giusi Fasano
Una bambina di 11 anni davanti a un quaderno aperto su una pagina bianca. Non le serve nemmeno chiudere gli occhi per tornare dove i ricordi la vogliono portare. Si lascia guidare, evoca immagini, segue pensieri, e in un attimo è di nuovo lì, annaspa in mezzo alle onde.
La penna scivola veloce sul foglio: «Vengo dal Gambia e ho attraversato il mare per venire in Italia» racconta la prima riga. «Molte persone sono morte, i miei migliori amici, mia sorella e mio fratello sono morti fra le onde per arrivare in Italia...». Qualcuno la vede mentre scrive, non la interrompe. Perché per lei scrivere è anche un po` salvarsi, è il suo messaggio nella bottiglia da affidare alla vita. E quando si alza e se ne va, chi legge quel messaggio resta senza fiato. «Vi supplico, fratelli e sorelle, basta arrivare in questo modo» è la traduzione più fedele del suo inglese un po` incerto. «Vi prego, vi prego, vi prego. Vi dico queste parole perché so cosa ho visto e ho visto molte cose che non posso raccontare. Quel che posso dire a chi di voi sta per arrivare è: non fatelo, per favore, fratelli e sorelle...». E ancora: «Attraversare il mare è molto, molto pericoloso. Vi prego, basta». Il finale dice: «Questa lettera è scritta dalla vostra giovane sorella (nome e cognome, ndr). Addio e grazie per averla letta».
La piccola autrice di tutto questo ha messo i piedi sulla terraferma a Reggio Calabria la mattina del 14 aprile. Sola come non lo era mai stata. Era partita da un villaggio sperduto del Gambia, appunto, con sua madre, suo padre, il suo fratellino e la sua sorella maggiore. Sono morti tutti, e la sorella più grande (pochi anni più dei suoi) ha usato tutta la forza che aveva per salvare lei. L`ha spinta in su, l`ha tenuta a galla come ha potuto, con la forza della disperazione, e le sue braccia hanno smesso di muoversi proprio quando la nave Orione si avvicinava. Mentre annegava forse ha capito che la sua sorellina era salva, che lei non stava morendo invano.
Gli uomini della Marina militare italiana hanno issato a bordo 144 vivi e 9 morti. Ma nella stiva del barcone andato a picco, hanno raccontato tutti fin da subito, c`erano almeno 400 persone, incollate l`una all`altra come sardine e inabissate assieme a quella carretta nel giro di pochi minuti. La rotta di quella gente - dalle loro case in qualche angolo dell`Africa sub-sahariana alla morte nel Canale di Sicilia - è la stessa tragica rotta di migliaia e migliaia di altri migranti. Ma spesso, quando sono soltanto i sopravvissuti a raccontare di 100-200-500 morti, le stragi diventano semplicemente storie che riempiono verbali.
Anche le vite perdute che racconta la nostra bambina undicenne sono una strage fantasma: soltanto parole, sue e di decine di altri scampati alla morte. E tutto questo nemmeno una settimana prima dei 750-850 annegati che hanno commosso il mondo, sempre nel Mediterraneo.
Quel «vi prego, vi prego non partite» è la sola via di salvezza che la ragazzina del Gambia ha saputo trovare. Perché nelle poche parole che ha detto agli psicologi ha spiegato che «in mare c`è soltanto morte».
«I suoi occhi raccontano una storia di sofferenza infinita» dice Giovanni Fortugno, responsabile generale del Servizio immigrazione della Comunità Papa Giovanni XXIII, l`associazione che adesso si prende cura di lei in una delle sue case di accoglienza per minori, a Reggio Calabria. Giovanni dice che «in questi casi quello che si può fare è cercare di far vivere ai ragazzi, una vita il più normale possibile. Senza forzarli, lasciando che siano loro a ripescare i ricordi man mano che arrivano».
Lei, la ragazzina della lettera, ha spiegato che nel suo Paese studiava ma che la miseria aveva convinto i suoi genitori a cercare fortuna in Europa. Per lei e per sua sorella suo padre ha pàgato agli scafisti un po` di più: il diritto di stare in alto nel barcone, quindi. Un dettaglio che fa la differenza se per caso la barca va a fondo. La famiglia si è divisa e salutata alla partenza, in Libia. Ma lì sotto, nella stiva, con il passare delle ore c`era gente che respirava sempre peggio. Ancora un po` e sarebbero morti tutti asfissiati, per questo hanno cercato aria, si sono mossi assieme provando a raggiungere l`uscita bloccata. Per questo il barcone si è sbilanciato e rovesciato. Il resto è acqua. Oppure morte, se lo vuoi vedere con gli occhi della nostra piccola amica.
@GiusiFasano



I rifugiati? Noi ce li prendiamo in famiglia
Vita, 29-04-2015
Giacomo Zandonini
A Parma dal primo febbraio è attivo un progetto innovativo promosso dal Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione. Obiettivo: coinvolgere 10 rifugiati e altrettante famiglie, proponendo a entrambi un percorso comune di 9 mesi
Lanciato alla fine di febbraio 2015, “Rifugiati in famiglia” è un progetto piccolo ma dagli orizzonti ampi. A proporlo è il Ciac - Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione, attivo in provincia di Parma dal 2001. Ne abbiamo parlato con Chiara Marchetti, ricercatrice e responsabile del progetto e abbiamo scoperto un mondo in crescita, che tenta di declinare in modo diverso l’idea di accoglienza.
“Siamo partiti da un interrogativo semplice: il sistema di accoglienza per rifugiati è cresciuto enormemente dal 2014. Terminata l’accoglienza, però, cosa succede? Che risposta diamo alle persone e alle comunità in cui si trovano a vivere?”. Forte di un primo posto assoluto nella graduatoria nazionale del bando Sprar per il triennio 2014-2016, il Ciac è passato dall’analisi ai fatti. “Oggi abbiamo quasi 140 persone in accoglienza, nei progetti con capofila i comuni di Parma e Fidenza e solo una minoranza uscirà in autonomia, con un contratto di lavoro e un alloggio. E’ necessaria una seconda accoglienza, e con questo progetto proviamo a offrirla”.
“Rifugiati in famiglia” mira a coinvolgere 10 rifugiati e altrettante famiglie, proponendo a entrambi un percorso di 9 mesi al massimo, “trasformativo per chi ospita come per chi è ospitato”. Ad aderire sono state “famiglie molto semplici, alle prese con la precarietà e le difficoltà quotidiane di tutti noi, ma motivate a interagire. C’è una coppia con quattro figli piccoli, una madre sola con due figlie maggiorenni, un single. Attraverso queste persone, vogliamo raggiungere le comunità, ottenendo un effetto moltiplicatore dell’accoglienza”.
Tanto le famiglie che ospiteranno quanto i rifugiati saranno seguiti da operatori professionali del Centro. Saranno scelti migranti già inseriti nei progetti Sprar da tempo, con un buon livello di italiano, uno status giuridico già riconosciuto e un interesse verso il percorso proposto. Le famiglie, scelte insieme a uno psicologo, riceveranno 300 euro di rimborso mensile, a valere, come tutti i costi del progetto, sui fondi Sprar. “Abbiamo dialogato molto con lo Sprar, e ora questi 10 posti risulteranno a tutti gli effetti come posti aggiuntivi del progetto”.
“Rifugiati in famiglia” si innesca su esperienze fino a ora marginali ma importanti. Al primo posto quella del Comune di Torino, avviata nel 2008, che ha coinvolto 143 rifugiati in sei anni, l’80 per cento dei quali ha lasciato la famiglia ospitante con in mano un lavoro, e per cui, nel 2015, sono già stanziati 60mila euro. Seguono le iniziative della cooperativa bresciana K-Pax e della Caritas Italiana, che ha avviato un primo progetto sperimentale nel 2013, in 13 diocesi. “Questi percorsi funzionano - spiega il presidente di Caritas Oliviero Forti - ora la sfida è di metterli a sistema, cosa su cui stiamo lavorando con il governo. Non bisogna creare un nuovo canale di accoglienza, ma integrarsi con lo Sprar. Poi c’è un doppio vantaggio: si spende la metà e si ottiene molto di più in integrazione. Immaginate la differenza fra chi esce da Mineo, un centro da 4000 posti, e chi da un periodo in famiglia”.



Bulgaria silura capo polizia frontiera per aumento migranti
stranieriinitalia.it, 29-04-2015
Quest'anno 5mila migranti hanno attraversato il confine tra la Turchia e la Bulgaria nonostante una barriera di filo spinato che è stata posta lungo la frontiera
Roma, 29 aprile 2015 - Il governo bulgaro ha silurato il capo della polizia di frontiera e 25 guardie doganali, mentre si trova ad affrontare un impoertante aumento del numero dei migranti in entrata.
"Abbiamo pochi motivi di essere fieri nella nostra lotta contro l'immigrazione illegale e il contrabbando" ha detto un alto esponente del ministero dell'Interno, George Kostov nell'annunciare la decisione.
Il nuovo capo della polizia doganale, Antonio Angelov, ha detto che "tutte le risorse saranno mobilitate contro l'immigrazione illegale e il contrabbando". Quest'anno qualcosa come 5mila migranti, per lo piu' siriani, hanno attraversato il confine tra la Turchia e la Bulgaria, nonostante una barriera di filo spinato che e' stata posta lungo la frontiera e migliaia di agenti di frontiera aggiuntivi.

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