Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

12 giugno 2013

L’importanza di essere donna oggi in Italia
l'Unità, 11-06-2103
Italia-razzismo

Si celebrerà a Roma, il 14 dicembre 2013, la seconda edizione del Premio Melograno della Fondazione Nilde Iotti, presieduta da Livia Turco. Anche quest'anno a riceverlo saranno due donne, una italiana e una nuova italiana di origine straniera, che si sono distinte per il contributo dato alla nostra società affinché si affermi, in essa, il valore della convivenza tra culture differenti.
Sono molti in Italia i progetti che vengono portati avanti da donne e che si pongono come obiettivo quello di conoscere e di analizzare usi e costumi di altri Paesi. Il nome del premio è quello di un frutto che, secondo gli organizzatori, richiama l'idea di multiculturalità per via dell'origine asiatica, della coltivazione diffusa nelle  regioni caucasiche e della presenza, da epoca preistorica, nell'area costiera nel bacino del Mediterraneo. Ma non solo. Il melograno, per i suoi numerosi semi, è simbolo di produttività, ricchezza e fertilità. Ecco perché è l'emblema del premio che, oltretutto, si propone di "fare emergere i talenti e scoprire le tante curiosità che la mescolanza tra italiane e immigrate produce. Talenti e curiosità che ci aprono le porte al futuro e danno ottimismo a questo nostro grande paese". L'iniziativa della Fondazione è importante perché è tra le poche a mettere in evidenza, e a valorizzare, l'aspetto femminile dell'immigrazione. E lo fa partendo da un dato ineludibile: la metà delle persone immigrate in Italia è composta da donne. Donne che qui rivestono più ruoli, quello di mogli, di madri, di figlie, di lavoratrici a cui spetta il compito di organizzare o riorganizzare la famiglia in migrazione. Sono loro che, sia all'interno che all'esterno del nucleo familiare, più si fanno portatrici delle tradizioni della cultura d'origine. Basti pensare all'educazione dei figli o alla cucina. Ma non solo. Le stesse donne, si pongono anche come anello tra il vecchio e il nuovo, tra il presente e il passato. Esse, infatti, sono quelle che più vengono a contatto, e che più si confrontano, con la cultura del nuovo Paese. Un esempio sono le madri che accompagnano i figli a scuola o le donne che lavorano nell'ambito della collaborazione domestica, all'interno di famiglie italiane. E, nonostante la loro presenza si riveli fondamentale per la buona riuscita del processo di integrazione dell'intera famiglia, di esse si parla sempre troppo poco. E, quando lo si fa, l'intento, e il risultato, è quello di rafforzare i più noti luoghi comuni che le vedono come delle vittime della loro cultura d'origine. Immagine, questa, opposta a quella del Premio Melograno da cui vengono definite come "una risorsa preziosa per il nostro Paese" e di cui si vuole enfatizzare la capacità di "mettere in gioco abilità, strategie di vita, all’insegna del coraggio e dell’innovazione".
Le candidate saranno selezionate da una Giuria tra tutte coloro che parteciperanno al bando scaricabile dal sito della Fondazione Nilde Iotti.



ESTETICA DELLO IUS SANGUINIS
Attacco femminista alla ministra Kyenge (e ai suoi alleati maschi). La pretesa immotivata di introdurre lo ius soli e "una persecuzione per i neonati stranieri"
Il Foglio. 12-06-2013  
Elvira Banotti
Un anno fa il presidente Giorgio Napolitano insieme con Gianfranco Fini allora presidente della Camera sollecitarono "l'applicazione automatica della cittadinanza" a stranieri nati in Italia, proposta che venne esibita come tendenza nobile mentre in realtà condensa l'indirizzo di un arbitrio. La cittadinanza rappresenta una forma di "elezione politica e culturale" della persona, portandola a far parte di una comunità che gli conferisce i diritti privati e pubblici, lo protegge ma esige aderenza agli obblighi. Lo scopo della cittadinanza è quello di istituire soprattutto un orientamento, una lealtà, un'armonia tra coloro che la compongono. Quindi non è attributo territoriale ma è pilastro del sistema sociale, dela sua "Estetica". Istituisce l'obbligo di aderire lealmente alla convivenza, condividendo idee e senso della giustizia. Tutti elementi che servono a realizzare relazioni aperte, e significa piacere e sicurezza del vivere, aderire attivamente.
La cittadinanza è quindi una condizione culturale (non solo territoriale) che si perpetua tra le generazioni attraverso l'imprinting famílíare che è addestramento naturale del neonato. Lo ius sanguinis rispecchia quindi una realtà sociale ed è anche proiezione e trasmissione di tendenze conservate biologicamente tanto quanto lo sono i tratti dei corpo, i quali stampano indelebilmente l'appar- tenenza alla madre e al padre. Cosi nasce lo ius sanguinis.
Il requisito della cittadinanza non è definizione territoriale. Questi i motivi per cui si "impone" a chi lo richiede giuramento di fedeltà, cioè un più o meno consapevole addestramento e adattamento a realtà modificate rispetto ad abitudini pregresse. Il risultato tende a costruire adesione a finalità già predisposte dalla società, stimolando un dinamismo psicologico teso a modificare statuti e regole di etnie arcaiche. Tanto è vero che l'acquisizione della cittadinanza prevede l'osmosi programmata mediante corsi di educazio- ne a finalità istituite dalla storia di una nazione. Lo ius sanguinis ha carattere e origini molto complesse che non sono né possono essere identiche al sentimento che lo ius soli dovrebbe far lievitare obbligando il richiedente a una più o meno sofferta trasformazione personale. Lo ius sanguinis prima di ogni altro statuto è proiezione di un legame eterosessuale (importante perché sintetizza anche lo sviluppo moderno della relazione tra i sessi) sintesi di significati che si estenderanno fino all'irraggiamento di comportamenti modifícati di tempo in tempo allo stesso neonato. L'intreccio dinâmico tra i componenti è essenziale per la struttura della famiglia mentre l'imposizione dello ius soli apre di fatto distonie e contrasti tra il bambino naturalizzato e il proprio nucleo familiare e parentale. Per inciso ricordo che lo ius sanguinis è fondamento religioso tra le popolazioni islamiche per le quali noi cattolici siamo definiti "infedeli". "Credo" che li vincola a comportamenti e divieti sacralizzati individualmente non modificabili pena la sharia.
Ad esempio il matrimonio con persone di credo diverso è vietato. Come si può pensare di imporre ai loro neonati un requisito che stravolgerà "certezze inossidabili". Stralcio un episodio narrato da Massimo Nava, giornalista del Corriere della Sera, in "Carovane d'Europa" (Rizzoli), un grande e divertente affresco sugli spostamenti di massa delle popolazioni mondiali. Un testo ricco di intuizioni sul futuro degli stati. Descrive la fuga dei turchi dalla Bulgaria raccontando di un adolescente islamico che esibiva un ta- tuaggio con la mezzaluna sul braccio sinistro, fatto che non piacque ai bulgari i quali lo costrinsero a subire la modifica chirurgica della mezzaluna trasformandola in una falce incrociata a un martello. Il ragazzo subi l'intervento dichiarando "Io rimango musulmano".
Il tentativo di Napolitano, Fini, Bersani e Vendola insieme con altri è per ultimo quello caparbiamente preteso dalla ministra Cécile Kyenge (la quale ha dichiarato che quello è il suo obiettivo principale per sanare un vulnus "come avviene in tutti i paesi civili", ha precisato). Siamo di fronte a una donna (mai eletta dai Cittadini) che professa un'avversione immotivata. Oltre che impreparata ap- pare sospinta da un risentimento evidente nel modo in cui sollecita in altri pretese arricchite da squalifiche dell'Italia che si presentano ad alto rischio per la popolazione. Né dobbiamo ignorare che la "tolleranza" impostaci da finalità puramente economiche delegittima la trama delle nostre regole istitutive e fatto ancor più pericoloso frattura le nostre difese psicologiche spingendoci a una avventura senza ritorno. Il dottor Sergio Franchi di Lavinio (il quale conosce la materia in quanto ha prestato servizio presso le Nazioni Unite) ha pubblicato sul Litorale che, dai siti online, si evidenzia che soltanto 5 paesi a vario titolo e con limitazioni applicano lo "ius soli" mentre in ben 26 paesi (europei) vige con lievi diversificazioni lo "ius sanguinis" che significa ac- quisizione delia nazionalità per nascita da genitori che già la posseggono. Franchi ricorda che solo la Francia grazie a una travagliata storia applica fin dal 1515 lo ius soli, tuttavia nel 1994 ha modificato la legge che regolamentava l'automatismo dello ius soli vincolandolo al raggiungimento dei 5 anni. In sostanza applica la stessa legge che vige in Italia. Gli Stati Uniti - pur avendo accolto il fenomeno delle migrazioni per sviluppare la propria economia - oggi applicano severe forme selettive. Anche in Gran Bretagna l'attribuzione della cittadinanza indicava e rafforzava il domínio secolare di colonizzazioni tragiche.
Credo che la Kyenge ignori soprattutto che l'adeguamento imposto con decreto a un bambino islamico non è una forma di gratificazione, anche se accettata o meglio subita, ma si trasforma in una prevaricazione. Infatti la cittadinanza non è solo il mettere in moto l'apparato dello stato applicando una certificazione diretta a sottoporre un bambino straniero a prove esteriori di omologazione. Significa appartenenza ad altri significati, cioè a un altro mondo!
Tanto che l'"operazione" potrebbe essere vissuta come un'incursione autoritaria tendente ad affrancarlo dai genitori svincolandolo da parentele con il risultato di incrinare il suo spazio affettivo per imbalsamarlo nel ruolo di "straniero in famiglia" oppure in quello di "privilegiato tra diversi" dato che ad altri componenti della famiglia viene negata una comune condizione politica. Una trappola ideologica ideata da demagoghi non priva di rischi.
La vita di ogni bambino è soprattutto permeata da altri eventi e significati che vengono da lui assimilati giorno dopo giorno come struttura dell'esperienza. E' uno sviluppo affettivo che proviene dalla famiglia e dura oltre ogni tempo. L'universo emotivo è il primo fondamentale "laboratorio" psichico dei neonato, spazio d'appartenenza alla madre e al padre imprimendo tendenze e sfumature delle comu- nità di provenienza dei genitori ma anche dei nonni e dei diversi parenti. Il linguaggio soprattutto regola ogni sua primaria manifestazione di vita e di apprendimento, strumento che radica in modo indelebile nei dinamismi cerebrali la memoria complessa dei quadro affettivo e dei processi neuronali e comportamentali tessendone la psicologia. In quella fase purtroppo si fisseranno drammaticamente "i ruoli" di madre e padre che condensano tutti gli squilibri e le storture ereditate.
Imporre per decreto una qualsiasi cittadinanza a un neonato comporterà un suo dissesto interiore perché negli anni scolastici gli si chiederà di praticare il rigetto di significati cementati nella famiglia tanto che l'immissione di paradigmi interpretativi diversi provocherà in lui una involontaria frattura tra sé e i genitori dei quali dovrà rinnegare tendenze ed orientamenti incrinando il lato affettivo tra consanguinei. Sarà un vivere indolore? No, perché gli si imporrà di configgere con le attitudini di sorelle e fratelli "nati cresciuti ed educati altrove". La sua diventerà un'esistenza sorvegliata da uno stato che pretenderá la sua progressiva trasformazione nel "ritratto" di un italiano. Una esperienza mai richiesta fino a oggi a nessun immigrato adulto verso il quale - al contrario - si blatera sul suo diritto imprescrittibile a conservare tendenze inaccettabili. Mentre per i figli verrà articolata una continua scomposizione mentale per respingere senz'appello le finalità di genitori che sono e saranno la loro fonte reale di sicurezza e anche il loro più radicato legame.
Quei bambini si sentiranno degli immigrati nell'anima perché si è tentato di strappare loro la dimensione emotiva assorbita fin nella gravidanza e nei primi anni simbiotici con la madre, neonati che verranno costretti a modificare i propri connotati culturali - tra i quali il senso religioso che andrebbe posto al centro della bilancia - per essere ridotti a testimoni passivi approdati a una progettazione astratta e provvisoria, quella di insegnanti e scuole. Chi potrà credere che quei bambini inquinati da continue sostituzioni di senso saranno immuni da pericolosi sdoppiamenti Questo è un dubbio che non può trovare risposte nella torbida ipotesi della "integrazione", considerato che l'islamismo e l'animismo sono dei grandi focolai di impulsi elementari e spesso irrazionali i quali proietteranno i loro effetti soprattutto sul mondo femminile italiano, il    quale dovrà riarmarsi per neutralizzare quei veleni irrorati in future geometrie sociali che islamici animisti o anche Cristiani integralisti continueranno a promulgare e manifestare contro il mondo femminile dalle controversie sui figli nati da islamici e italiane aile mutilazioni genitali pretese dagli uomini e fatte praticare anche in Italia. Il febbraio scorso è stata celebrata la giornata mondiale contro taie amputazione che non può essere ridotta a "mutilazione genitale" poiché questa investe l'intero corpo pietrificando in modo profondo anche la psiche.
Tali violenze divulgate come "rituali religiosi" sono per molti uomini provenienti dal medio ed estremo oriente qualità di "patria e cittadinanza, società e stato" tanto che la teoria dell'amore e del matrimonio sono per loro sintesi di dispotismo maschile, orientamento che fermenta nell'esasperante vivere e comunicare solo tra uomini facendone degli squilibrati. Che dire poi della sconvol- gente lapidazione di donne che il mondo "digerisce", manovrando mediocri iniziative o plateali manifestazioni. Mai nessun intervento diplomatico adeguato è stato azionato dall'Europa o dagli Stati Uniti, abbiamo però visto la Nato su iniziativa francese bombardare il popolo libico con lo scopo principale di uccidere Gheddafi a copertura ignobile dell'arricchimento personale di Sarkozy.
Ma una visione patetica della politica continua a minare il percorso umano alimentando - attraverso un perenne monumentale "teatro dell'inconscio" - un'ipnosi che deforma le idee e crea lo spazio per negazioni e sfruttamenti disumani.
E' evidente quindi che il senso di appartenenza di qualunque bambino non potrà essere alimentato per inoculazione di deformanti pillole scolastiche che già nutrono in Europa migliaia di uomini sfigurati maniaci. A quei neonati sarà imposto un allineamento che potrebbe spingerli in uno stato paludoso visto che do- vranno crescere nel mescolamento inestricabile di tendenze islamo-cattoliche sottoposte da secoli a spinte centrifughe, in occidente un disordine mentale che moltiplicherà la distanza dagli attuali percorsi delle comunità occidentali. Credete forse di poter affidare a bambini mentalmente congestionati il compito di contaminare tradizioni etniche straniere e nazionali o di scongelare il millenario spirito di clan dei Rom animati da un forte tasso di conflittualità verso qualsiasi regola? I nostri neuroni conservano la memoria di abitudini e significati. Quello sconsiderato regalo dello ius soli si trasformerà in una progettata comune condizione da "esiliate politiche" per tutte noi donne. Ci chiediamo "perché volete costringerci ancora una volta ad alzare la voce per disgregare superstizioni e combinazioni di tracotanza che nel linguaggio corrente vengono risibilmente definite 'tradizioni' e non 'reati'"? Forse perché le vittime designate di tale arretramento nei codici di convivenza sono e resteranno soltanto le bambine e le donne.
Attenzione inoltre al fatto che integralisti islamici cattolici o animisti di qualsiasi etnia potrebbero aggregarsi per sintonia in corporazioni o partiti come è già avvenuto a Bruxelles ove sui pennoni del Parlamento europeo sventola una bandiera nera dell'islam accolta erroneamente come simbolo di omologazione di cittadinanze assegnate a immigrati ma anche come estensione del continente verso est. Operazione già sperimentata nel passato che ha evidenziato come il sommarsi traumatico di "inculture" e di ambizioni nefaste sia stato ostacolo allo sviluppo positivo tra i sessi, ricordiamoci della moltiplicazione della tratta di adolescenti e giovani donne rapite ovunque, anche in Africa, per prostituirle ai nostri concittadini europei in tal modo riaddestrati diffusamente al sadismo.
Una prospettiva pericolosa che combinata con l'aumento della clandestinità mai impedita ci sovrasterà poiché in futuro vedremo affidati posti chiave a individui meteore del Corano - la maggior parte degli immigrati è maomettana - o della Bibbia, si pensi alla tragedia innestata in Palestina dal "popolo eletto" che dopo duemila anni torna nella terra promessa non si sa da chi. Individui freneticamente armati dal voto e da un inglobamento artificioso carico di comportamenti arcaici per i quali chiederanno tutela. Quanto ci costerà in termini di paralisi dello sviluppo l'innesto di tutte quelle scemenze sistematizzate nelle religioni. Senza un sistema di idee modificato profondamente dalla integrazione delle sommerse vicende storiche femminili nessuna politica sarà in grado di fermare spinte dispotiche.
Non trascuriamo il fatto che una clandestinità diffusa è il detonatore dell'insicurezza, crea sfilacciature che logorano le civiltà. Perché invece non assegniamo al neonato il requisito della residenza che rappresenta un presupposto giuridico per eventuali futuri riconoscimenti e potrebbe anche essere nel tempo attribuita ad altri componenti della famiglia? Ciò garantirebbe anche la facoltà di revoca in caso di gravi reati, conflitti politici, attenti alle tensioni e agli episodi che si stanno diffondendo in Inghilterra, Norvegia, Danimarca, Francia, Rosarno.
Pongo un interrogativo: come si possa (in casi di gravi reati o attentati terroristici) decretare l'espulsione di genitori "pri- vilegiati" dal requisito di cittadinanza attribuito al figlio minore? Oppure - nel caso in cui il nucleo familiare ritorni nei paesi di provenienza - come proteggere una bambina italiana da matrimoni forzati e precoci (dodici anni) preordinati dal diritto islamico? O addirittura come impedire mutilazioni o punizioni tremende?
Ciò può non preoccupare voi uomini, ma perché noi donne dovremmo essere costrette ad affrontare ancora una volta ostilità tremende? Perché permettere la creazione di assurdi "centri antiviolenza" entro i quali vengono isolate donne e bambine mentre soggetti violenti continuano a scorrazzare liberi dato che i magistrati li considerano appunto "normali" Cittadini? Ma in quei luoghi non dovrebbero essere invece isolati quei "terroristi" per essere riabilitati?
Noi donne dobbiamo impedire che progetti di dubbio orientamento allontanino nel tempo la valorizzazione della millenaria esperienza femminile trasformando le donne nel piú grande irrisolvibile problema politico. Durante il governo Monti un ministro - intervenuto su Rai News - elencava tra i problemi da affrontare quello "dei giovani, delle donne e degli immigrati" testuale facendomi fare un balzo sulla sedia. Dunque le donne e le loro vicende trovano posto tra gli immigrati. Squilibri discorsivi che evidenziano uno scompenso mentale che andrà a innestarsi nei codici famíliari soprattutto degli immigrati già fortemente compromessi da religioni e tradizioni rafforzando fanatismi e ginofobie, che è una grave
malattia mentale ancora non inscritta come tale. Paradossalmente mentre stiamo cercando di fronteggiare il grave teorema dello "slancio assassino" di mariti amanti e fidanzati sento ancora parlare di "questione femminile" quel volgare paradigma marxista che noi femministe abbiamo cancellato dalla storia.
Inoltre il velleitario tentativo di gonfiare i dati aritmetici della popolazione causati dalla "caduta della natalità" mediante una azione colonizzatrice su figli di immigrati è del tutto arbitraria. A Giorgio Napolitano segnalo che la denatalità della popolazione italiana non è un fatto numerico ma la prova lampante di un appariscente scompenso sociale predisposto con appropriazioni e delapidazioni scandalose di ricchezze, mentre non hanno mai la stessa quotidiana euforia per far decadere l'accanita persecuzione politica e sociale contro la maternità delle cittadine italiane. Presupposto di vita rimosso da barbari governi europei che milioni di giovani donne hanno finalmente con grande lucidità contestato al grido "se non ora quando". Napolitano, Bersani,
Marino e la ministra Cécile Kyenge si stanno muovendo senza consultarci, cresciuti stretti dentro le maglie di partiti dal campo visivo ridotto mettono all'asta i principi dell'esistenza differendo nel tempo gli equivoci della loro deteriore visione dell'esistenza.
Giovani uomini stanno sperimentando per la prima volta nella storia lo stupore corporeo della paternità perché si sono lasciati permeare dalla ricchezza dei corpo. Ma molti sono mentalmente ancorati al secolo scorso. Lo stesso presidente Napolitano recita un cerimoniale da mondo islamico trascinando sempre dietro di sé confusa tra i servizi d'ordine la moglie Clio, che sono certa abbia molto da dire E noi vorremmo poterla ascoltare.



Quando l’ambulatorio parla italiano e cinese
Corriere della sera, 12-06-2013
Paola D'Amico
E’ aperto due giorni alla settimana, ha un numero telefonico dedicato (02-55033504, risponde Patrizia), parla due lingue, italiano e cinese, e si rivolge a una delle comunità straniere più popolose presenti in città ma anche meno nota ai servizi sanitari. L’ambulatorio di cardiologia dedicato nasce all’interno del Centro per la cura e la prevenzione dell’Ipertensione del Policlinico, diretto dal professor Fabio Magrini. Ha un responsabile, il dottor Roberto Meazza, e potrà contare sulla presenza di un medico cinese, Meilikemu Maisaidi, che qui ha svolto il proprio dottorato di ricerca. L’obiettivo è avvicinare alla sanità di casa nostra una popolazione che in molti casi o non parla l’italiano o addirittura preferisce tornare in Cina per farsi curare. C’è, poi, un interrogativo al quale i medici vorrebbero dare una risposta con grandi studi di popolazione: “Le migrazioni nell’ultimo secolo sono state più consistenti e più veloci – spiega il professor Magrini -. Ci siamo chiesti come stanno i cinesi a Milano, popolazione che conosciamo molto poco, perché essi non sono entrati come altre popolazioni nel meccanismo del sistema sanitario pubblico”.
Eppure, i dati dei colleghi di Shangai dicono che la popolazione cinese è più esposta all’ipertensione:
    “Mangiano tre volte la nostra quantità di sale, una media di 15 grammi al giorno contro i 5 consigliati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e i 7-8 grammi della dieta mediterranea. Sappiamo dagli studi che in media, i cinesi che vivono in Cina hanno una pressione più alta, che non cala neppure di notte, diversamente dalla nostra”.
E’ noto, inoltre, che pressione e battito cardiaco sono molto sensibili ai segnali ambientali. “Avvieremo uno studio epidemiologico qui e uno in parallelo con i colleghi cardiologi di Shangai. Ma vorremmo anche lavorare alla prevenzione, perché curare l’ipertensione è fondamentale per evitare ictus e infarto”. Anche i cinesi di seconda e terza generazione saranno arruolati dagli esperti del Policlinico. La cardiologia pediatrica studierà le abitudini alimentari e monitorerà i bimbi che frequentano la scuola elementare del quartiere Sarpi, dove è cinese un bimbo su quattro.



Un premio alla città che crea lavoro le ditte multíetniche a quota 34mila
Per la prima volta "Milano produttiva "a quattro stranieri
la Repubblica, 12-06-2013
ZITA DAZZI
Milano- MOTORI dell'economia milanese e anche eccellenti sul lavoro, tanto da ricevere per la prima volta premi e riconoscimenti dalla Camera di commercio e dall'Unione artigiani. Gli imprenditori stranieri si fanno Strada, lo sottolineano le cifre che raccontano il loro successo e il ruolo che stanno avendo come forza di traino nello scenario produttivo della città. Le piccole imprese—ditte individuali — con un titolare straniero sono oltre 26mila (con un aumento dell'11,5 in un anno), pari al 22 per cento del totale milanese, e occupano quasi 40mila persone (4mila in piü in un anno). Tra gli occupati uno su cinque è italiano. Considerando anche le imprese piü grandi (comprese srl e spa controllate da Cittadini stranieri), il numero delle imprese arriva a oltre 34mila, il 12 per cento del totale milanese, con quasi lOOmila occupati e un aumento di 8mila posti di lavoro in un anno. La presenza di imprenditori stranieri in alcuni settori è diventata maggioritaria: dagli internet point (92,7 per cento gestito da immigrati al commercio al dettaglio ambulante di bigiotteria (91,8per cento), dal commercio ambulante di tessuti (86,3 per cento) a quello di fiori (75,1 per cento), fino ai centri benessere e massaggi (67,7 per cento) e alle cooperative di pulizia degli edifici (64,6 per cento). I piccoli imprenditori stranieri sono soprattutto egiziani (uno su cinque), cinesi (15,8 per cento) e romeni (8,7 per cento).
Afronte di questi numeri, ovvio che le imprese straniere siano state, per la prima volta, considerate nel novero di quelle da premiare per la loro attività. Domenica prossima, dalle 9 alle 13.30, alla Scala, si terrà la cerimonia "Milano Produttiva", 24ma edizione del premio attribuito a imprese e lavoratori per il loro «forte e significativo contributo alla crescita e allo sviluppo dell'economia locale e del Paese». Fra i 247 imprenditori vincitori «per la correttezza commerciale» e i 146 lavoratori «distinti per l'attaccamento al lavoro», Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio, e il sindaco Giuliano Pisapia, premieranno anche quattro Cittadini di origine straniera. E stranieri sono anche alcuni dei vincitori del premio "Ago d'oro" asse gnato durante il Gran defile della sartoria organizzato da Unione artigiani, Camera di commercio e Fondazione Lanfredini, che si è tenuto pochi giorni fa al Museo nazionale della Scienza e della tecnica. L'edizione di quest'anno, proprio per la folta presenza di sarti immigrati a Milano (sono il 57 per cento del totale, in particolare egiziani e cinesi) è stata dedicata ai rapporti internazionali. Un posto d'onore è stato riservato ai consoli dei Paesi stranieri.



Saluzzo, il sindaco ordina "Via la tendopoli dei rifugiati"
Vigili e agenti della questura, dopo l'ordinanza del primo cittadino di centrosinistra, stanno cominciando a smontare le tende in cui si trova un centinaio di immigrati per la raccolta estiva della frutta
la Repubblica, 11-06-2013
Sono iniziate , da parte di vigili e questura, le operazioni di sgombero a Saluzzo delle tendopoli in cui si erano rifugiati un centinaio di immigrati accorsi in paese per la raccolta estiva della frutta. L'ordinanza è stata emessa dal sindaco Paolo Allemano (centrosinistra)  lo scorso 28 maggio.
I vigili  hanno comunicato agli immigrati - tra cui ci sono molti rifugiati dell'emergenza Nord Africa - di raccogliere i loro effetti personali e di lasciare subito le tende, che verranno smontate. Sul posto ci sono anche alcuni volontari dell'Asgi, Associazione studi giuridici sull'immigrazione, che nei giorni scorsi hanno scritto al sindaco contestando l'ordinanza, considerata "discriminatoria" che andrebbe contro "i diritti dell'uomo", visto che alle persone che devono essere sgomberate non è stata ancora fornita una sistemazione. L'Asgi ha anche sollecitato la protezione civile ad occuparsi del problema. Alcuni immigrati intendono rispondere all'ordine dei vigili con la resistenza passiva, ovvero non ubbidendo e rimanendo seduti a terra.



Garantire la tutela della privacy per gli immigrati ristretti nei Cie.
È la sollecitazione del Garante della privacy contenuta nella relazione sull’attività del 2012.
Immigrazioneoggi, 12-06-2013
“La tutela della privacy rappresenta il presupposto per un corretto esercizio del potere, soprattutto nei confronti dei soggetti affidati alla potestà dello Stato: si pensi ai detenuti, agli internati o agli stranieri ristretti nei centri di identificazione ed espulsione”. Lo ha affermato Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante della privacy, nella relazione sull’attività del 2012. “Si tratta di soggetti – ha sottolineato – la cui fragilità, per natura o circostanza, li rende davvero ‘nudi’ di fronte all’autorità”.
“È evidente – ha continuato Soro – come la difficoltà di tali condizioni e la sproporzione tra la debolezza del singolo e la forza dell’amministrazione possano mettere a rischio più facilmente persino quei diritti fondamentali che non devono essere negati neppure nell’esecuzione della pena. Ma proprio perché rappresentano una prerogativa essenziale della cittadinanza e una garanzia della dignità cui nessuno deve poter rinunciare – neppure in carcere (ancora più se minorile), in una camera di sicurezza o in un ospedale psichiatrico giudiziario – il Garante intende riservare un’attenzione ancora maggiore a questi trattamenti e alla necessità di promuovere, anche e soprattutto in tali contesti, un’effettiva consapevolezza di questi diritti”.


La legge sull’immigrazione all’esame del senato
Internazionale, 12-06-2013
Il senato statunitense l’11 giugno ha cominciato ufficialmente i lavori per la nuova riforma dell’immigrazione. Il primo voto è passato con 84 voti favorevoli e 15 contrari. La legge ha un sostegno bipartisan, ma questo margine potrebbe non bastare per l’approvazione definitiva. I repubblicani vogliono alcune modifiche al testo, in particolare un rafforzamento della sicurezza alle frontiere.
Nei prossimi giorni i senatori esamineranno gli emendamenti alla legge, con l’obiettivo di votare entro il 4 luglio, cioè prima della pausa estiva.
“Non c’è alcuna ragione per cui la legge sull’immigrazione non sia approvata entro l’estate”, ha dichiarato Barack Obama, uno dei principali sostenitori della riforma. A novembre il presidente ha raccolto molti voti dalla comunità ispanica, anche grazie al suo impegno sull’immigrazione.
Come funziona la riforma.
    Dopo sei mesi dall’approvazione della legge un immigrato irregolare potrà chiedere lo “status provvisorio di immigrato regolare”. Chi lo chiede dev’essere arrivato negli Stati Uniti prima del 31 dicembre 2011 e dev’esserci rimasto fisicamente fino a oggi. Dopo dieci anni, le persone potranno chiedere la green card e lo status di cittadino permanente. Chi è entrato negli Stati Uniti da giovane, potrà chiedere la green card in cinque anni.
    La legge prevede anche un ampliamento del programma di visti per i lavoratori altamente qualificati. Il limite annuale delle autorizzazioni salirà da 65mila a 180mila.
    Ci saranno inoltre 200mila permessi per i lavoratori manuali dei cantieri edili, della sanità e di altre opere pubbliche. Sarà previsto anche un nuovo sistema di permessi per i lavoratori agricoli.
    Con la legge attuale, chi ha ottenuto la cittadinanza può sponsorizzare coniuge, figli e fratelli per farli entrare negli Stati Uniti. Con la riforma questa sponsorizzazione sarà limitata a coniuge e figli, minori di 31 anni.
    Entro quattro anni dall’approvazione della legge, i datori di lavoro dovranno dotarsi di E-Verify, un sistema elettronico che controlla la situazione legale dei lavoratori.

 

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