Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

25 settembre 2012

Il sindaco scomodo
Attentati alla prima cittadina di Lampedusa
l'Unità, 25-09-2012
Manuela Modica
Una vita d’intimidazioni quella del sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini. L’ultima è di venerdì notte. Questa volta è un barcone che va a fuoco, uno di quelli che ha trasportato un po’ miracolosamente i migranti sulle coste italiane di Lampedusa. Non solo, uno di quelli dati in dono dalla Prefettura alla associazione culturale Askavuza, destinati alla realizzazione del museo dell’immigrazione. Un barcone simbolico, quindi, accompagnato da volantini eloquenti: «No ai clandestini liberi per l’isola u capisti? Alla prossima gruppo armato Lampedusa Libera». E di eloquente c’è soprattutto quell’interrogativo: «U capisti?» (l’hai capito?). Diretto a una persona specifica: il sindaco. Quella Nicolini i cui incendi improvvisi punteggiano il ritmo della sua attività politica, del suo impegno civico: l’officina del padre, il casotto di Legambiente di cui era direttrice, prima la jeep e poi il pulmino del marito. Un lungo curriculum di intimidazioni che vanno di pari passo con le lotte ambientaliste, ma non solo. E che però, visti i risultati, farebbe pensare che questa strana cinquantenne, sindaco da pochi mesi ma già vicesindaco ad appena 23 anni, di capire, non capisce.A incontrarla pare una siciliana qualsiasi, spensierata, generosa. Materna quando parla di migranti. Quando dice: «Ci auguriamo che gli sbarchi ci siano, che queste persone riescano ad arrivare sulle nostre coste... Per noi non sono numeri ma persone». Parole che sembrano un abbraccio, che però scatenano l’odio, tanto da essere definita nei commenti di un sito che riporta la notizia «mentalmente deviata. Le sue dichiarazioni sono da neuro e tendenzialmente criminali».
Questo il clima, il contesto in cui opera il sindaco di Lampedusa ma è un clima in cui vive quasi da sempre. Lei non ne vuol parlare, perché non ama apparire. La storia lunga delle sue lotte e intimidazioni la raccontano quasi di nascosto gli amici, i sostenitori. E va così: è già giovanissima impegnata in politica, nelle fila della federazione dei giovani comunisti italiani.
Pochissimo dopo, a soli 23 anni, viene nominata vice sindaco dal Professore Giovanni Fragapane, in un’amministrazione Pci. Ed è proprio lei a reggere il Comune di Lampedusa dall’83 all’84, dopo l’attentato subito dal suo sindaco, un accoltellamento che lo ridusse in fin di vita. È questo il periodo di formazione che la porterà via via a restistere a incendi e minacce e vincere ogni battaglia. Dall’abolizione dell’ecomostro voluto da Sindona, alla fuga della Valtur da spiaggia dei conigli, ottenendo che fosse dichiarata riserva naturale.
Ma la lotta per spiaggia dei conigli era ancora all’inizio. Ed è proprio per salvare quel pezzo di paradiso che la vita della Nicolini fu iniziata agli «incendi». Il percorso è tutto in discesa ma pare in salita. Più si va giù a piedi, più sale il senso di stupore, di meraviglia. Alla spiaggia dei conigli, a Lampedusa, si arriva così. Una spiaggia caraibica, un mare che regala trasparenze da sogno. Non è un caso se le tartarughe marine scelgono questo scorcio di mondo per depositare le uova. Ma prima che Giusi Nicolini diventasse direttrice della riserva naturale per Legambiente, nel ’97, la spiaggia è un inferno di chioschi e lidini. Preda del commercio e della fruizione più selvaggia. Già dall’acqua, sui barconi, in questo paradiso naturale, si vendono panini e bevande. Si violenta la natura. Per questo la direttrice della riserva subisce il primo attentato, l’incendio dell’officina da fabbro del padre. Davanti alla quale viene posta anche una corona funebre come segno intimidatorio. Ma lei prosegue. E la prefettura di Agrigento, competente per Lampedusa, le dà ragione. A sostenerla sarà il prefetto Giosuè Marino che ordinerà lo sgombero della spiaggia. Ma gli appetiti dei commercianti dell’isola non sono deboli. Nessuno si smuove di lì. Nessuna ditta dell’isola si rende disponibile per lo sgombero. L’amministrazione non la sostiene. Nel frattempo viene incendiata anche la sede di Legambiente. Così, questa donna, mingherlina, giovanissima ancora «non capisce», anzi, s’illumina di creatività. E spiaggia dei conigli si tinge di giallo. Bussa sulle spalle dei turisti, uno per uno, regalando gli ombrelloni di legambiente, spiegando che pagando i chioschisti supportovano l’illegalità sulla spiaggia. Gesto che manco a dirlo ha prodotto altri incendi, alla macchina, al pulmino dell’allora fidanzato, oggi marito, Peppino Palmeri esponente del Pd, già allora membro dell’opposizione in consiglio comunale. E sarà un tale braccio di ferro che la prefettura di Agrigento si vedrà costretta a inviare un rinforzo di polizia sull’isola e ad impiegare addirittura l’aeronautica per sgomberare la spiaggia. Ora, sindaco dell’isola siciliana dallo scorso maggio, sostenuta anche dal Pd, chiede lo sgombero di chioschi anche sulle altre spiagge e parla di migranti come una mamma. Proprio non «capisce». E con lei l’associazione Askavuza. A spalleggiarli, il Pd. Ermete Realacci, responsabile di Green economy del Pd ha annunciato un’interrogazione parlamentare al Ministro degli Interni, per assicurare la tutela e la sicurezza del sindaco ma anche delle associazione e, soprattuto, dei migranti.



Immigrati: 25mila domande di regolarizzazione dei lavoratori
Sono i dati forniti dal Viminale: 2766 dalla provincia di Napoli
Interno18, 25-09-2012
Napoli - Ammontano a 24.577 le dichiarazioni di emersione dal lavoro irregolare inviate sul sito del ministero dell'Interno alla data di ieri. Lo riferisce il sito Stranierinitalia.it, citando dati forniti dal Viminale, che parlano di 15.198 moduli relativi a collaboratori familiari, 2.789 per lavoro subordinato, 5.996 assistenti a persona non autosufficiente e 594 a persona autosufficiente. Dalla provincia di Milano sono state inviate 3.713 domande, 3.010 da quella di Roma e 2.766 dalla provincia di Napoli. Quanto alle nazionalità, Bangladesh (3.662 dichiarazioni di emersione), India (3.513) e Marocco (3041) sono per ora in testa alla graduatoria.



Italia Paese delle orchestre multietniche: sono 15 quelle che producono dischi. Primato in Europa.
Studio delle Mei: 180 musicisti di 28 Paesi. Solo a Roma 5 band.
Immigrazioneoggi, 25-09-2012
Sono quindici le orchestre multietniche in Italia, un piccolo primato a livello europeo, che vedono solo a Roma ben cinque band attive. Sono alcuni dei dati dello studio sulle bande multietniche, realizzato da Francesco Fiore per il Mei (Meeting delle etichette indipendenti) e presentato ieri a Palazzo Valentini, sede della provincia di Roma.
Le orchestre presenti sul territorio italiano sono quindici (per limitarsi a quelle discograficamente attive), con un numero di componenti che oscilla dagli 8 ai 25 per ogni ensemble. In tutto si tratta di 180 musicisti, provenienti da 28 Paesi diversi. Questo dato – ha spiegato il ricercatore – fa dell’Italia la nazione in Europa con la maggiore presenza di bande multietniche. “Sono gruppi difficilmente etichettabili – spiega lo studio – che non si fanno rinchiudere in un ghetto musicale e che suonano dal rock al punk, dallo ska al raggae. I risultati di questa ricerca raccontano di un incrocio di culture che ormai funziona e ogni orchestra ha la sua storia”. Durante la presentazione del dossier il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti ha lanciato l’idea di fare nel 2013 un festival di queste band multietniche a Roma.



A Firenze inizia Interlab, il progetto di inserimento lavorativo.
“Imparare un mestiere e crearsi un lavoro”, lo slogan dei corsi. Iscrizioni fino al 10 ottobre.
Immigrazioneoggi. 25-09-2012
“Imparare un mestiere e crearsi un lavoro”. È lo slogan scelto per lanciare Interlab, laboratorio di mestieri e di impresa riservato a cittadini non comunitari, il progetto realizzato dalla Provincia di Firenze insieme con l’associazione Progetto Arcobaleno onlus e la Camera di commercio di Firenze. L’iniziativa ha anche il sostegno del Comune di Firenze ed è cofinanziato dall’Unione europea e dal Ministero dell’interno nell’ambito del Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi (Fei).
Possono partecipare gratuitamente al laboratorio Interlab cittadini non comunitari in regola con il titolo di soggiorno e con una buona conoscenza della lingua italiana. Le iscrizioni si chiudono il prossimo 10 ottobre, subito dopo saranno selezionati 25 partecipanti, con preferenza per giovani e donne. “Interlab – ricorda Grazia Bellini, responsabile del settore formazione di Progetto Arcobaleno – prevede due fasi di attività; la prima sarà di orientamento e formazione su come fare impresa, la seconda entrerà nel vivo con due percorsi alternativi: uno stage lavorativo retribuito presso un’impresa artigiana, oppure l’accompagnamento individuale di un team di esperti verso lo start up d’impresa, con un’attenzione particolare alla ricerca di finanziamenti”.



ITALIA - Immigrati. Rivolta in Cie Caltanisetta. Dieci in fuga
ADUC, 25-09-2012
Dieci immigrati hanno tentato di fuggire dal centro di identificazione ed espulsione (Cie), di contrada Pian del Lago, a Caltanissetta, durante una mini rivolta organizzata dagli stessi extracomunitari. Otto ce l'hanno fatta, due sono stati arrestati. Entrambi sono di nazionalita' tunisina: uno di 19 e l'altro di 26 anni.
Insieme con altri immigrati, ospiti del centro, hanno dato vita a scontri con la polizia, per approfittare del trambusto e riuscire a dileguarsi. Durante i tafferugli, caratterizzati da fitti lanci di pietre, pezzi di plexiglas appuntiti, tavoli e sedie, sono rimasti feriti due poliziotti e un carabiniere, i quali, medicati in ospedale, sono stati dichiarati guaribili in 8 giorni. I due tunisini, arrestati e rinchiusi in carcere, devono rispondere di resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato. Gli otto fuggitivi vengono ricercati.



Ventinove anni, musulmana. Difenderà la cultura norvegese
Una ministra di origini pachistane per esorcizzare la strage di Utoya
Corriere della sera, 25-09-2012
Benedetta Argentieri
«Era ora». Due semplici parole per chiudere ogni polemica sul nascere. Re Harald V, monarca norvegese, non ha dubbi: è un bene per il Paese che a guidare il ministero della Cultura sia una giovane donna musulmana. Hadia Tajik, 29 anni, è stata nominata venerdì scorso durante un rimpasto di governo. Sostituisce Anniken Huitfeldt che a sua volta è andata al Lavoro. «Nuovi valori, nuove forze, nuove idee», ha spiegato il primo ministro laburista Jens Stoltenberg che con un solo nome è riuscito a battere due primati: Tajik è il più giovane membro del governo nella storia norvegese e la prima fedele di Allah.
Un cambio di passo in un Paese ancora ferito dagli attentati di Oslo e Utoya del 22 luglio 2011. Settantasette vittime dell'odio razziale. Con il terrorista, Anders Breivik, che voleva combattere il processo di costruzione di una società multiculturale. La nomina di Hadia Tajik dimostra che questa evoluzione non si può fermare. Lei, il neoministro, vuole che «tutti abbiano la possibilità di partecipare alle attività culturali. A prescindere dalla classe sociale a cui appartengono, l'etnia o il sesso». Vorrebbe far emergere «le diversità culturali che vivono nel Paese». Proteggere le minoranze e le loro tradizioni. Ieri nel suo primo giorno di lavoro, non si è fermata un attimo. Appuntamenti, incontri, riunioni. E una gran voglia di fare, di cambiare per costruire, appunto, qualcosa di diverso.
Chi la conosce bene, spiega che Tajik è così, «una gran lavoratrice. I suoi obiettivi sono sempre stati chiari. E ora la politica viene prima di tutto». E non a caso c'è chi la definisce «stella nascente». Simpatica, sportiva («Fa jogging tutti i giorni»), affabile. «Nessuno sa molto sulla sua vita privata. Di certo non è sposata», raccontano dal suo quartier generale. Molto riservata, sembra non sia mai uscita con i colleghi dopo il lavoro. I lunghi capelli neri le incorniciano il viso dai tratti orientali. Grandi occhi neri osservano, si soffermano e a volte incutono quasi timore. «Oltre a essere molto bella, ha una grande personalità». Nata a Strand, il 18 luglio 1983, è cresciuta nella comunità pachistana. I genitori sono immigrati negli anni 70. Parla cinque lingue. Una laurea e un master in Norvegia. Un altro all'Università di Kingston a Londra. Legge, diritti umani e giornalismo. E per cinque anni ha lavorato in alcune redazioni. Poi nel 2006 l'affaccio in politica, come consulente del ministro del Lavoro. Un incarico dopo l'altro. Dagli uffici del primo ministro fino a quelli del dicastero della Giustizia e Pubblica sicurezza. Lì nel 2009 ha emanato il suo primo provvedimento: consentire alle poliziotte musulmane di indossare lo hijab (un velo che lascia scoperto il volto). Ma anche nella civilissima Norvegia questo è stato troppo: la norma è stata subito ritirata a causa delle polemiche che si sono scatenate. Nello stesso anno è stata eletta in Parlamento per la sezione di Oslo. «Fa parte di tante commissioni: la principale è quella sul welfare». Neanche a dirlo c'è quella dell'integrazione. «Non direi sia stata una nomina inaspettata», dicono ancora dal partito. Di certo c'è qualcuno che potrebbe dire «calcolata».
A un anno dalle prossime elezioni, Stoltenberg ha portato al governo una rappresentante della più grande comunità etnico-religiosa del Paese. Secondo le ultime statistiche a disposizione (dati del 2009) ci sono almeno 160 mila musulmani che vivono in Norvegia, su poco meno di 5 milioni di abitanti, il 3,2 per cento della popolazione. Non stupisce che ad affrontare il nodo sulla rappresentanza delle seconde generazioni sia proprio il governo di Oslo. Le quote rosa sono superate. «Nessuna legge impone che il numero dei ministeri debba essere diviso in egual misura tra uomini e donne. È consuetudine sia così», spiega Pia Gulbranvsen, nello staff del primo ministro.
Ma la nomina di Tajik ha un sapore diverso. Più che altro di apertura. Il partito di opposizione non ha criticato questa scelta, «perché sanno quanto questa donna vale come politico». Certo, alcuni gruppi di estrema destra, come il Sian (Stop the Islamization of Norway), hanno protestato e, su Internet, hanno gridato al grande complotto. Post denigratori e commenti infamanti. Insulti sul colore della pelle, sulla religione e la paura dell'Islam che si trasforma in odio. «Non è così per la maggior parte dei norvegesi». Anzi, c'è chi, come re Harald, non ha dubbi: «It was about time». Cioè, «era ora».

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