Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

11 febbraio 2015

Strage di migranti a Lampedusa, trovati altri due gommoni. I testimoni: "Trecento morti"
Sulle imbarcazioni c'erano solo nove profughi: gli altri occupanti potrebbero essere stati travolti dalle onde. Le salme arriveranno a Porto Empedocle. L'Unhcr: le vittime sono 203. Poi uno dei sopravvissuti racconta: c'era un quarto gommone con altre cento persone
la Repubblica, 11-02-2015
ALESSANDRA ZINITI  
Gli ultimi salvati sono arrivati questa mattina all'alba sul molo Favaloro. E la loro testimonianza fa crescere in maniera drammatica il numero delle vittime della domenica di bufera nel Canale di Sicilia quando, ad essere raggiunti dai soccorsi nel mare forza otto con onde alte nove metri, non c'era solo il gommone con i 105 migranti, 29 dei quali morti di freddo. Poco dopo, nella stessa zona, sono stati raggiunti altri due gommoni, a bordo di uno c'erano solo due migranti, sull'altro erano in sette. Troppo pochi visto il numero di profughi che i trafficanti libici fanno salire su queste carrette del mare. E le prime dichiarazioni dei sopravvissuti, infatti, fanno ipotizzare una tragedia immane: "Sul secondo gommone abbiamo visto morire oltre duecento persone", raccontano. E l'Unhcr conferma: 203 vittime.
Questa mattina le bare con i 29 corpi ricomposti a Lampedusa verranno imbarcate sul traghetto per Porto Empedocle che finalmente dovrebbe raggiungere l'isola dopo giorni di maltempo che ha fatto saltare i collegamenti. I 29 migranti, solo uno dei quali è stato identificato perché aveva i documenti addosso, verranno poi distribuiti nei cimiteri siciliani che si sono detti disposti ad ospitare le salme. A Lampedusa a coordinare le operazioni il prefetto di Agrigento Nicola Diomede e il sindaco Giusi Nicolini che ieri ha ricevuto la telefonata del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Del Rio.
I 77 sopravvissuti, e tra loro anche un bambino di 12 anni che ha affrontato il terribile viaggio da solo in cerca di lavoro in Europa, sono tutti ospitati nel centro di accoglienza di Lampedusa dove rimarranno almeno per altre 24 ore per riprendersi fisicamente e psicologicamente.
Intanto sono quattordici i comuni dell'Agrigentino che hanno dato la loro disponibilità per accogliere le salme dei 29 profughi morti assiderati. Lo conferma il prefetto di Agrigento Nicola Diomede che sta coordinando le operazioni. Due verranno sepolti ad Alessandria Della Rocca, due ad Aragona, due a Burgio, due a Cammarata, tre a Canicattì, quattro a Cianciana, uno a Favara, due a Grotte, due a Montallegro, due a Palma di Montechiaro, uno a Porto Empedocle, uno a Ribera, due a Santo Stefano di Quisquina e tre a Sciacca.



Strage di migranti a Lampedusa, i superstiti: “Oltre 200 morti”
Il racconto di nove profughi arrivati all’alba di oggi a bordo di un rimorchiatore
La Stampa, 11-02-2015
Nuova tragedia del mare nel Canale di Sicilia. A raccontarla ai mediatori culturali sono i nove profughi arrivati all’alba di oggi a Lampedusa a bordo di un rimorchiatore. Si tratta di due superstiti del gommone su cui si trovavano i 29 immigrati morti per assideramento e i 76 tratti in salvo e che oggi sono ospiti del Centro d’accoglienza dell’isola di Lampedusa.
Altri sette immigrati si trovavano invece su un secondo gommone, con a bordo, secondo il loro racconto, 107 persone. Ai mediatori culturali hanno raccontato, in queste ore, con il terrore ancora negli occhi, che il gommone su cui si trovavano si è sgonfiato ed è affondato nel Canale di Sicilia, trascinando nel mare almeno 200 profughi. «Abbiamo visto morire tante tante persone che erano a bordo del nostro gommone», hanno raccontato tra le lacrime.



Triton non ferma le stragi dei migranti, ipotesi Mare nostrum 2
Mogherini, rappresentante Ue: rivedere le politiche europee
Una parte della settantina di sopravvissuti alla tragedia avvenuta lunedì: sono ospitati nel centro di accoglienza di Porto Empedocle
La Stampa, 11-02-2015
Flavia Amabile
Roma - È inevitabile che il giorno dopo la morte per freddo di 29 persone il pensiero di tutti vada a «Mare nostrum» l’operazione terminata il primo novembre costata all’Italia 114 milioni di euro ma che ha anche permesso di salvare oltre 100mila vite. Qualcosa si dovrà fare. Federica Mogherini, alto rappresentante Ue, ha annunciato che «nei prossimi giorni» convocherà una riunione straordinaria per «rivedere le politiche europee» sull’immigrazione. «Non possiamo permettere altre tragedie in mare. Dobbiamo essere capaci di dare una forte risposta politica ed operativa», promette.  
Senza nome  
Dei morti per assideramento si conosce il nome solo di un ivoriano di 31 anni che aveva i documenti in tasca. Si sa che il viaggio è durato tre giorni ma che fin dal primo istante ci sono stati problemi perché il mare era in tempesta e l’acqua entrava nel gommone. Le salme saranno sepolte nei cimiteri della provincia di Agrigento mentre i 75 sopravvissuti saranno ospitati nel centro di accoglienza di Porto Empedocle. Tutti sono provati ma in condizioni di salute abbastanza buone e fra di loro ci sono anche 3 minorenni.  
La preoccupazione  
Tutti sanno che tragedie come questa sono destinate a moltiplicarsi nei prossimi mesi con l’arrivo del caldo, l’aumento delle partenze e l’assenza della protezione in mare offerta da Mare nostrum. «Si annuncia una primavera decisamente impegnativa», avverte il capo Dipartimento libertà civili ed immigrazione del ministero dell’Interno, Mario Morcone, in audizione alla commissione Diritti umani. Se la commissione Ue fa sapere che Triton, la nuova operazione avviata da novembre in poi, non sostituisce Mare Nostrum, che ha permesso di salvare già 18.180 persone ma che gli Stati hanno il dovere di controllare le frontiere esterne, in tanti chiedono proprio all’Ue di intervenire in modo diverso. Lo fa l’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati che boccia Triton e avverte che «se le operazioni di ricerca e soccorso non verranno condotte in modo idoneo, ci si dovranno aspettare altre tragedie di questo genere».  
Partiti divisi  
La politica italiana come sempre si divide. Il Pd si è subito schierato a favore di un ritorno a Mare nostrum. Secondo Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani bisogna riprendere subito con «l’operazione mare nostrum» anche perché «ha rappresentato uno dei momenti in cui dalle istituzioni è emersa una manifestazione di orgoglio e di patriottismo che è andata oltre i confini nazionali».
Anche il presidente della Cei Angelo Bagnasco accusa l’Ue perché «sta a guardare» mentre la Comunità di Sant’Egidio spiega che «non si può morire di speranza». Molto diversa la posizione della Lega. Matteo Salvini, il segretario, ha puntato il dito contro il governo: «Chi ha questi 29 cadaveri sulla coscienza? Per conto mio, Renzi e Alfano, e chi favorisce le partenze».  
Parole che sanno di «sciacallaggio» secondo molti esponenti della maggioranza. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha ricordato «solo farisei e ipocriti» possono non ricordare che anche con Mare nostrum ci sono stati molti morti. In realtà i problemi sono proseguiti anche dopo aver salvato i superstiti. Morcone ha accusato regioni del nord come Lombardia e Veneto sull’accoglienza «hanno resistito, resistono e continuano a tirare calci».  
Alla fine le Regioni che nel 2014 hanno accolto il maggior numero di migranti sono state Sicilia e Lazio.

 


C’è una foiba che si chiama Mediterraneo
il Garantista, 11-02-2015
Piero Sansonetti
Ieri in Italia si è ricordato l’eccidio delle Foibe. Diecimila persone, Nella Venezia Giulia e in Dalmazia, tra il 1943 e il 1945, gettate dentro i crepacci, profondi venti o trenta metri, e lasciate morire. Oppure uccise in altri luoghi, o morte di stenti nei campi di concentramento, e poi buttate dentro questi inghiottitoi, per farle sparire. I responsabili di questo orrore sono stati i partigiani jugoslavi, che volevano vendicarsi delle atrocità subite dalla popolazione della Croazia e della Slovenia durante l’occupazione fascista.
Le vittime erano militari e civili, fascisti o non fascisti, militanti, operai, preti o gente del popolo. Diecimila persone – secondo le stime più attendibili – sterminate in modo atroce. E poi dimenticate. Perché dopo la guerra, in Italia – e anche all’estero – per ragioni di realpolitik, varie e diverse realpolitik incrociate tra loro – si preferì gettare un velo e non parlarne più. I comunisti non volevano che un sospetto di orrore sfiorasse la Resistenza, anche se i responsabili della foibe non erano i partigiani italiani.
I democristiani erano al governo, e non intendevano litigare con la Jugolsavia, che si era riunita ed era guidata da Joseph Tito, cioè proprio dal capo dei partigiani slavi autori dello sterminio. E anche i governi europei, e quello americano, avevano ottime ragioni per non tirare fango su Tito, che nel 1948 aveva avuto il coraggio di rompere con Stalin sfidandolo all’invasione militare (che però non avvenne). E così anche gli storici si adeguarono, e delle Foibe non si parlò per decenni. Sì, c’erano i fascisti che cercavano di rivendicare il loro sacrificio, ma in quegli anni i fascisti contavano davvero pochino, sia in politica sia nel campo dell’informazione, e nessuno gli dava retta.
Ci sono voluti molti decenni perché crollasse la congiura del silenzio, e si decidesse di stabilire questa giornata di commemorazione, tutti gli anni, il 10 febbraio. Nel 2007 il presidente della Repubblica, ex comunista, Giorgio Napolitano, stigmatizzò l’omertà della politica sulle foibe. E ieri il nuovo presidente della Repubblica, e insieme a lui la presidente della Camera, si sono impegnati in prima persona nelle celebrazioni.
E’ un bene. Perché la memoria storica ha un ruolo grandissimo nella crescita della civiltà e della comunità. E spesso questa memoria è sbiadita o è molto faziosa. Per tutte le vicende che riguardano la guerra, e anche la furiosa battaglia tra partigiani e fascisti che travolse il nostro paese nel biennio tra il ’43 e il ’45, e in parte proseguì per alcuni anni anche dopo la Liberazione, il ricordo è sempre stato un po’ unilaterale, scritto dai vincitori. E’ ora di scavare meglio, di far venire a galla anche tante vicende sconosciute. Non perché serva un ”ricordo condiviso” ma perché serve la verità. E se la verità racconta di bestialità, che noi vogliamo considerare sempre lontane da noi, dal nostro modo di pensare, dai nostri amici, bisogna che ne prendiamo atto. Noi europei in quegli anni compimmo atrocità di fronte alle quali l’Isis impallidisce.
E oggi… Beh, scusate la brutalità del paragone, ma è solo un paragone logico. Gli storici del prossimo secolo scriveranno delle decine di migliaia di profughi affogati nel Mediterraneo a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo. E racconteranno che i governi europei, e anche il governo italiano, decisero a tavolino che lasciare che quella gente affogasse era una buona misura per rallentare l’immigrazione e dunque per sostenere una politica conveniente per gli interessi europei.
Anche i partigiani jugoslavi pensavano che sterminare 10 mila persone fosse conveniente per gli interessi del loro paese del mitico socialismo. Il Mediterraneo è diventata una foiba. I giornali cattolici ieri lo hanno scritto: la strage dell’altro giorno – della quale si ignora il numero dei morti, probabilmente molte molte decine – era evitabile. Bastava che i gommoni fossero soccorsi prima e fossero soccorsi con mezzi adeguati. Invece recentemente l’Europa – e il governo Italiano – hanno deciso di sostituire la missione Mare Nostrum con la missione Triton. E cioè di sospendere i soccorsi in mare e di usare le navi solo per respingere i migranti. Le regole di ingaggio prevedono che sia possibile soccorrere solo in casi estremi, quando si tratta di raccogliere dei moribondi.
L’altro giorno è successo così: li hanno raccolti solo quando erano allo stremo, e li hanno issati su navi che non erano attrezzate. E lì, 29 persone sono morte di freddo. Uccise dalla normativa europea. E altre centinaia sono morte affogate. Anche loro uccise. Sono delitti di Stato. Delitti. Che avvengono con il consenso generale. Non solo della Lega.



Male Nostrum
Chiusura ermetica o apertura totale, decida l`Italia senza attendere l`Ue
Il Foglio, 11-02-2015
I morti non fanno rumore ma quelli di Lampedusa - altri 29 migranti che vanno ad affollare il già traboccante oltretomba della cattiva coscienza europea continuano a interpellare i migliori e i peggiori istinti del nostro spettro emotivo.
Accogliere tutti, ovunque essi siano e da qualunque latitudine provengano, senza cavillare mai: questa non è soltanto la prima forma della nostra innata generosità, è una prassi consolidata da anni nella nostra Guardia costiera che lavora in condizioni di prevalente isolamento internazionale e con margini d`insuccesso ridotti ma crudeli. All`opposto, secondo un  principio di legittimo interesse nazionale e di salvaguardia legalitaria, esiste la possibilità di una chiusura ermetica che riduca i costi materiali diretti e abbandoni ad altri - a cominciare dai responsabili delle ondate migratorie africane, e cioè i terroristi islamici, per poi toccare i loro distratti metronomi occidentali - la responsabilità indiretta dei costi umani. In poche parole - ripetersi è sempre meglio che dissimulare - l`alternativa non è cambiata, se vogliamo difenderci dalle vittime e dai sensi di colpa dobbiamo scegliere tra un`apertura indiscriminata delle frontiere euro-mediterranee (fornendo documenti a chiunque) e una forma spietata di autodifesa, meglio se aggressiva fino ai limiti dello sconfinamento in acque straniere. La linea mediana, si chiami Mare nostrum o no, ha dimostrato di non funzionare ed è buona al massimo per impiccarci l`ipocrisia tuittarola del commissario Ue all`Immigrazione, Dimitris Avramopoulos ("E` in corso il dramma. Deve  essere fatto di più"). Se l`Unione europea non sa decidersi, è giusto che subisca una decisione unilaterale di parte italiana.



Odissea Mediterraneo

La Stampa, 11-02-2015



La nuova strage di poveri migranti e i pesi sulle coscienze dei politici
Avvenire, 11-02-2015
Marco Tarquinio
Caro direttore, ho sempre pensato che l’Europa Unita fosse l’edizione moderna e in peggio della Torre di Babele, cosa ne sanno a Bruxelles o a Strasburgo se nel canale di Sicilia si muore di freddo, quando questi burocrati se ne stanno beatamente nei loro palazzi e al calduccio. Triton che doveva essere la soluzione europea agli sbarchi s’è dimostrata un autentico fallimento, non ne avevo alcun dubbio, anche perché i nostri politicanti dal portafoglio pieno ma col cervello vuoto in questo momento hanno un gran problema da risolvere per il mare, la lunghezza delle vongole.
L’ho già sentita diverse volte questa fesseria “Mai più morti sui barconi”, infatti, questa profezia viene sistematicamente smentita, e i mandanti senza vergogna si aggirano impuniti tra noi, i nostri governanti devono smetterla di predicare l’accoglienza, quando proprio loro e senza scrupoli sono i primi a tenerla lontana standosene comodamente nelle loro magioni...
Caro direttore sa che cosa diceva in tempi non sospetti il filosofo Blaise Pascal: «Non si fa mai il male così pienamente e così allegramente come quando lo si fa per coscienza». Io, comunque, avrei una soluzione valida, quindi irrealizzabile, per risolvere il problema delle morti in mare: trasferire le più alte cariche dello Stato italiano – Mattarella, Grasso, Boldrini e Renzi – e dell’Unione Europea – Merkel, Juncker, Schulz & co.– a Lampedusa, ma non per fare passerella con le tv al seguito, ma a viverci e a soccorrere i migranti come fanno i cittadini “normali”, oppure farli spostare con le loro abitazioni in certi quartieri ad alto tasso d’immigrazione, allora forse capirebbero. Forse... Enzo Bernasconi, Varese
Ogni civile opinione è legittima, caro signor Bernasconi. E devo dire che trovo apprezzabile la sua grintosa voglia di avvicinare le istituzioni della nostra Repubblica e dell’Unione Europea alla vita dei cittadini semplici. Se ho ben capito – e credo di aver ben capito – lei vorrebbe avvicinarle a tutti i cittadini, senza distinzione alcuna: agli italiani per nascita e ai migranti per speranza o per disperazione. Perché noi e loro – anzi, meglio, noi tutti – viviamo già insieme e solo un patto di cittadinanza chiaro e forte, fondato su princìpi saldi e condivisi di libertà e di rispetto, regolato da norme robuste e accoglienti, può dare un senso degno e un giusto futuro – cioè davvero italiano ed europeo – a questa convivenza che è la prosecuzione nel XXI secolo del meticciato antico che – sugli accordi una cultura comune e capace di comunicarsi – ha fatto ancor più speciale questa nostra terra speciale. Solo che io, gentile lettore, emenderei seriamente la sua proposta. Mi piace infatti l’idea di vertici dello Stato più “prossimi” alle ferite aperte nella nostra società e credo che i quattro presidenti da lei citati – a cominciare da Sergio Mattarella, un capo dello Stato che ci ha testimoniato da subito e in modo persuasivo e limpido il valore della con-cittadinanza – possano ben esserlo, e perciò sia giusto volere da loro segnali e scelte sempre più nette e importanti in tale direzione. Io penso che ci andranno da soli, a Lampedusa. Scegliendo tempo e modo. E penso anche che bisogna avere uno sguardo sereno e libero. Si può, per esempio, dissentire su questo o quell’argomento da Laura Boldrini o votare per un partito diverso e persino avversario del suo, ma chi conosce la storia pre-politica – e il lavoro svolto all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati – dell’attuale presidente della Camera come può accusarla di essere una “signora di palazzo” che nulla sa della vita dei più poveri ed emarginati? Per questo, gentile lettore, le dico con franchezza che a Lampedusa, ad accogliere i morti e i mezzi morti di gelo in mezzo al mare tra l’Africa e il nostro continente, a guardare in faccia questi fratelli di un’altra terra e gli abitanti di un’isola generosa che ancora una volta sono costretti a vivere dentro a una tragedia che sembra non finire mai, ci manderei – prima di tutto – quei politici italiani ed europei che si sono spesi incessantemente per denigrare e far finire l’operazione umanitaria “Mare Nostrum”. Ci manderei i demagoghi e gli xenofobi. Ci manderei, insomma, quelli che si sono spellati le mani quando hanno visto ritirare le navi della nostra Marina. Quelle navi che l’allora premier Enrico Letta aveva lucidamente e coraggiosamente schierato nel Canale di Sicilia, rompendo definitivamente con un passato di respingimenti illegali e ciechi e di indifferenza complice di ogni assassinio perpetrato, in mare e al di là del mare, da cinici dittatori, tagliagole jihadisti e trafficanti di persone. Quelle navi italiane erano state messe di guardia contro le stragi, erano state cioè messe a fare tutto ciò che, per umanità e per buona politica, era giusto fare. Giusto per i profughi in cerca di pace e di domani e giusto contro gli sfruttatori dello stato di bisogno di queste donne e di questi uomini. Giusto per noi stessi e per la nostra dignità di nazione civile. Giusto per smascherare l’ipocrisia di un’Europa sempre pronta a giudicare l’Italia e mai disposta – come ha ricordato ieri anche il cardinale Bagnasco – a fare la parte dovuta sulla sua lunga frontiera marina con il Sud del mondo. Siamo di nuovo a quel punto. Mentre ancora non prende forma il (non facile) progetto di una rete di accoglienza e di riconoscimento che cominci già sulle coste meridionali e orientali del Mediterraneo. Mentre nel Mediterraneo si continua a morire. E, allora, sa a che cosa e a chi mi fa pensare la sua citazione di Pascal, caro signor Bernasconi? A chi tuona «per coscienza» contro i «clandestini invasori» mistificando e confondendo le vittime coi carnefici. A chi «per coscienza» ha deciso di fermare “Mare Nostrum”. A chi «per coscienza» ha reso deboli gli occhi e le braccia di “Triton”, l’operazione navale targata Ue. Tutti costoro portano il peso della nuova gelida strage. Lo portano tanto quanto i banditi che hanno spinto i barconi in mare. Tutti insieme ne sono responsabili.



"Quelle mani nel buio in mezzo alla tempesta così li abbiamo salvati rischiando la vita"
la Repubblica, 11-02-2015
ALESSANDRA ZINITI
LAMPEDUSA. Il mare fa paura anche adesso che si è calmato. E domenica notte, visto dall`interno della cabina di questa motovedetta "autoraddrizzante" che sembra un aereo, con gli uomini della Guardia costiera che indossano i caschi e viaggiano assicurati dalle cinture di sicurezza ai seggiolini con gli ammortizzatori, faceva paura anche a loro. Al comandante della "Sar" Daniel Perilli e al suo equipaggio, giovani marinai che oggi, costretti anche loro a ricorrere alle cure dei medici, vengono sostenuti dagli psicologi «perché è una notte che non dimenticheranno  mai quella in cui, cercando di afferrare quelle cento paia di mani che si tendevano da un vecchio gommone che saliva e scendeva da onde alte quanto un palazzo, hanno avuto paura di morire anche loro». Migranti e soccorritori, vite in bilico per un giorno e una notte, arrivati a terra  stremati dal gelo e disidratati per il vomito continuo, dopo 30 ore di navigazione impossibile. Immagini e testimonianze davanti alle quali l`alto rappresentante Ue Federica Mogherini ha annunciato la convocazione di una riunione straordinaria «per rivedere le politiche europee sull`immigrazione: non possiamo permettere altre tragedie in mare». Anche perché il bilancio della strage è destinato a peggiorare, superando il numero delle 29 vittime, stando al racconto dei passeggeri di altri due gommoni raggiunti poco dopo: due migranti in uno e sette nell`altro sono stati soccorsi. Troppo pochi considerato che i trafficanti in gommoni così stipano fino a cento persone. «Un nostro aereo ha tirato in mare delle zattere nel caso in cui ci fossero superstiti tra le onde, ma non si vedeva nulla  in quell`inferno», dice il portavoce della Guardia Costiera Filippo Marini. Inevitabile pensare che altre decine e decine di migranti siano finiti in mare. Se e quanti lo diranno i sopravvissuti attesi per questa mattina all`alba quando scenderanno al molo  Favarolo dal mercantile che li ha imbarcati in quella notte tragica.
La notte della "tempesta perfetta", con il mare a forza 8, le onde alte fino a nove metri, le raffiche di maestrale a 50 nodi, la grandine e il gelo,le luci delle motovedette che illuminano la schiuma ribollente della burrasca. E un piccolo gommone ormai mezzo sgonfio, senza chiglia, con il fondo sostenuto da tavole di legno, che come su un ottovolante impazzito sale e scende sulla cresta delle onde. «Di vite qui a Lampedusa ne abbiamo salvate tante, ma una cosa del genere non l`avevo mai vista dice il comandante Perilli - le condizioni di mare erano estreme. È stato un soccorso con fischi seri per la vita di tutti. Se non fossimo arrivati noi, quel gommone si sarebbe rovesciato e sarebbero morti tutti. Siamo riusciti a recuperarli, purtroppo tanti non ce l`hanno poi fatta nonostante avessimo dato loro le coperte termiche e, a turno, cercavamo di farli stare anche un po` nella cabina. Ma quei ragazzi erano già allo stremo, quasi tutti con i piedi congelati, alcuni erano nudi».
Fasi drammatiche quelle del salvataggio ma anche quelle del lunghissimo ritorno verso Lampedusa, reso ancor più lungo dalla  tensione a bordo delle motovedette. «Non c`era posto per tutti in cabina, cercavamo di accogliere chi era in condizioni  peggiori, ma per assicurarsi un posto al coperto i migranti si sono picchiati - racconta uno dei medici dell`Ordine di Malta a bordo, volontari che hanno affrontato un`operazione rischiosissima - e i marinai facevano fatica a tenerli. Alcuni si sono persino introdotti nella sala macchine». C`era chi mandava ai familiari sms di commiato, perché pensavano di morire, loro che su quel maledetto gommone erano stati fatti salire dai trafficanti libici con l`inganno, credendo che dopo poche miglia avrebbero trovato le navi di Mare nostrum.
Oggi sulla nave di linea per Porto Empedocle verranno imbarcate le salme dei 29 sfortunati ragazzi morti: verranno sepolti  in cimiteri siciliani. Tutti dell`Africa centrale, Gambia, Nigeria, Costa d`avorio. Tutti senza nome, tranne l`unico che aveva i documenti, un 3lenne ivoriano come Daniel, bambino di 12 anni, che ha affrontato da solo la terribile traversata. «Je suis seul,jen`aipasmesparents», sono solo, non ho i genitori, le uniche parole che sussurra a psicologi e assistenti sociali del centro di accoglienza che gli stanno accanto in un`ala riservata del padiglione dove hanno trovato ospitalità i 77 superstiti. Sotto shock, estremamente provati, il viso nascosto dai cappucci, immobili sotto mucchi di coperte. Sembrano quasi morti. Qualcuno non si alza nemmeno per andare in mensa, all`ora del pasto. Quando al centro, per incontrare i migranti superstiti, arrivano il sindaco Giusi Nicolini, il prefetto Nicola Diomede e i vertici delle forze dell`ordine, si alza un piccolo coro di "welcome, welcome". Il piccolo Daniel sorride, poi abbassa gli occhi quando il sindaco gli chiede perché è solo, dove sono i suoi genitori. «Je sui seul», ripete  mentre un altro dei migranti dice all`orecchio al sindaco «I suoi genitori lo hanno fatto partire per mandarlo a la vorare in Europa».

 

Cerutti (Piemonte); non c'è nessun jihadista al Cie di Torino, ma va chiuso
Ansa, 11 febbraio 2015
"Al Cie di Torino non ci sono jihadisti, ma il centro è uno spreco di soldi e va chiuso": è quanto afferma l'assessore di Diritti e all'Immigrazione del Piemonte, Monica Cerutti, che ha visitato il Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino oggi, insieme al garante regionale dei detenuti, Bruno Mellano.
"Sono sempre più convinta - dice Cerutti - dell'inutilità di quella struttura e dello spreco di risorse pubbliche che rappresenta. I soldi che verranno spesi da parte del Ministero per la ristrutturazione del centro potrebbero essere utilizzati per vere politiche di integrazione". "Il Consiglio regionale del Piemonte - aggiunge - mi ha dato mandato di operare per la chiusura del Cie e per questo lavorerò, ma è anche mio interesse verificare che le condizioni degli ospiti siano il più dignitose possibili. Ho potuto riscontrare una continuità tra la gestione della Cri e la nuova gestione privata di Gepsa-Acuarinto, un dato che ci rassicura".
Attualmente gli ospiti della struttura sono 21, di cui circa il 50% è richiedente asilo, e tutti hanno precedenti penali. La capienza attuale è di 21 posti, ma sono quasi finiti i lavori di ristrutturazione che la faranno salire a 70. Però la capienza massima potenziale è di 180 posti, ed è su questi numeri che è stata lanciata la gara d'appalto.
La nuova gestione potrà quindi chiedere al Ministero di pagare lo stesso il servizio offerto fino a 90 posti. "La Croce Rossa non ha mai chiesto il pagamento di questa differenza - rimarca Cerutti - ma siamo consapevoli che è nell'interesse di un privato farlo. Il Ministero si trova davanti a due vie, o pagare la differenza, aumentare la capienza e riempire la struttura, oppure chiudere. E io sono convinta che si debba chiudere".

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