Riforma del lavoro

Saleh Zaghloul
Da fine giugno la riforma del lavoro è legge dello Stato. E’ una legge certamente migliorabile occorre lavorare ancora per un contrasto più efficace alla precarietà del lavoro, per un regime universale di ammortizzatori sociali e per la certezza della tutela contro i licenziamenti illegittimi, ma la sua approvazione rappresenta una grande conquista per i cittadini immigrati (e per tutto il Paese): non perderanno più il permesso di soggiorno sei mesi dopo aver perso il lavoro.

A causa di una norma irrazionale e dannosa che condizionava il rinnovo del documento di soggiorno al possesso di un contratto di lavoro, accadeva che annualmente centinaia di migliaia di immigrati regolarmente soggiornanti (anche da vent’anni) non riuscivano a rinnovare i loro permessi di soggiorno. Venivano cacciati nella clandestini costretti a lavorare in nero con gravi danni all’economia del Paese già a corto di risorse e già fortemente colpito dall’evasione fiscale e contributiva e venivano vanificati con molta superficialità percorsi di integrazioni faticosamente intrapresi da moltissimi immigrati. Ora, questa norma non esiste più, è stata modificato dalla riforma Fornero, e il disoccupato immigrato avrà diritto alle prestazioni di sostegno al redito di cui ha diritto il disoccupato italiano e la regolarità del suo soggiorno è garantita per tutta la durata di tale prestazione e comunque per un periodo non inferiore a dodici mesi. Inoltre, al fine di tale periodo è prevista la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno anche in assenza di contratto di lavoro, a condizione che il cittadino immigrato dimostri la disponibilità di un reddito sufficiente proveniente da fonte lecita.
28 giugno 2012

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