Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

24 maggio 2012

Primo riconoscimento alle lingue Sinti e rom
l'Unità, 24-05-2012
Si avvicina il riconoscimento delle lingue rom e sinti tra le minoranze linguistiche. La commissione Esteri della Camera, infatti ha approvato uno specifico emendamento in sede di ratifica della Carta europea delle lingue regionali. La norma è stata approvata, nonostante il parere contrario del governo elaborato dal ministero dell'lnterno. L'emendamento è a firma del radicale Matteo Mecacci e di Jean Leonard Touadi (Pd). «Abbiamo proposto di modificare l'articolo 3 della legge di ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie - spiega Mecacci - inserendo le lingue rom e Sinti». In sostanza con l'emendamento Mecacci-Touadi, anche agli idiomi rom finora esclusi dal novero delle minoranze riconosciute, vengono applicate le misure previste dalla Carta europea sulle lingue minoritarie, che l'ltalia sta ratificando.

 

Rapporto immigrazione in Castello
Gli stranieri residenti sul territorio ferrarese sono più di 29mila con un incremento del 6,5%
estense.com, 24-05-2012
Presentazione del Rapporto 2012 sull’immigrazione a Ferrara domani, venerdì 25 maggio, nella sala del Consiglio provinciale in Castello Estense (inizio lavori alle 9.15).
“I dati della rilevazioni fanno capo al 2011 e da oltre dieci anni – dice l’assessore ai Servizi sociali Caterina Ferri – la Provincia è impegnata a far conoscere il fenomeno migratorio, fornendo informazioni sui flussi, sui residenti e sugli inserimenti lavorativi degli stranieri, sulle loro iniziative d’impresa, l’inserimento nel sistema scolastico e l’accesso ai servizi sanitari”.
La stessa assessore presiede e coordina i lavori, mentre la presentazione dei dati annuali è affidata a Franco Mosca, responsabile dell’Osservatorio immigrazione dell’amministrazione provinciale. A seguire l’intervento del direttore della Caritas di Ferrara, don Paolo Valenti, che illustrerà l’attività svolta in questi anni di crisi.
Compito di Daniele Lugli, difensore civico della Regione Emilia Romagna, concludere l’incontro e approfondire il tema dei diritti e dei doveri che coinvolgono i cittadini.
Gli stranieri residenti in territorio ferrarese hanno superato le 29mila unità, con un incremento del 6,5% sul 2010. L’aumento registrato si è legato in gran parte ai ricongiungimenti familiari (643 unità), all’arrivo di neo-comunitari soprattutto dalla Romania (con un saldo positivo ingressi/uscite di 439 unità) e agli spostamenti interni da altre province verso Ferrara (con un saldo positivo ingressi/uscite di 616 unità).
Il trend di crescita della presenza straniera femminile, in forte espansione negli anni precedenti, ha evidenziato un deciso rallentamento, in stretta connessione al ridimensionamento delle opportunità lavorative nel campo dell’assistenza familiare.
Sulla base dei dati dei Centri per l’Impiego della Provincia di Ferrara, per la prima volta dopo un decennio, gli stranieri occupati nel settore domestico sono calati dell’1,1% (da 4.304 a 4.258), mentre nel complesso l’occupazione ha registrato, nonostante la crisi in atto, una lieve crescita del 4,1% (da 13.241 a 13.783).
Una tenuta occupazionale connessa all’aumento degli stranieri residenti occupati al di fuori del territorio ferrarese, specie nell’area bolognese, e all’allargamento delle opportunità di lavoro nel settore agricolo.
In relazione all’attività imprenditoriale, infine, dai dati forniti dalla Camera di Commercio di Ferrara, si nota un aumento dei titolari d’impresa nati all’estero: da 1.501 a 1.652 (+ 10,1%), a fronte di un netto calo dei titolari d’impresa nati in Italia (- 1,2%).



Immigrati, permessi umanitari 180 giorni di proroga ai tunisini
Undicimila tunisini salvati dalla clandestinità. Mario Monti ha prorogato di sei mesi la loro permanenza. Le autorizzazioni sono scadute ad aprile.Così resteranno alla luce del sole, almeno fino alla prossima proroga. Non solo: gli immigrati che hanno perso il lavoro avranno ora un anno di tempo (e non più solo sei mesi) per trovarne un altro
la Repubblica, 24-05-2012
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Ancora centottanta giorni di ossigeno: undicimila tunisini salvati dalla clandestinità. Il premier Mario Monti ha prorogato di sei mesi i loro permessi di soggiorno umanitari scaduti ad aprile. E così resteranno alla luce del sole, almeno fino alla prossima proroga. Non solo. Nelle stesse ore il governo ha visto approvata dalla commissione Lavoro del Senato la sua riforma dei permessi per attesa occupazione: gli immigrati che hanno perso il lavoro avranno ora un anno di tempo (e non più solo sei mesi) per trovarne un altro.
I permessi umanitari. Di fronte all'emergenza sbarchi, il 7 aprile 2011 Silvio Berlusconi aveva firmato un decreto per concedere permessi temporanei ai "cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa affluiti nel territorio nazionale dal 1° gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011". Quanti documenti erano stati concessi? Stando alla Protezione civile circa 11mila. Il punto è un altro: il decreto stabiliva la durata dei permessi in sei mesi. Poco prima della loro scadenza il governo aveva provveduto al loro rinnovo per altri sei mesi. E così, passato un anno, i permessi erano tutti scaduti e i loro titolari trasformati in irregolari, come denunciato da Repubblica.it 1.
Il decreto di Monti. La Protezione civile, contattata da Repubblica un mese fa, aveva spiegato che nel suo Piano di accoglienza rimanevano "ancora 480 tunisini, tutti con i permessi scaduti, in attesa delle determinazioni del ministero dell'Interno". Si arriva così ad oggi: con decreto del presidente del Consiglio (del 15 maggio scorso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 117 del 21-5-2012) "si proroga di ulteriore sei mesi la durata dei permessi di soggiorno rilasciati per  motivi umanitari".
I permessi per attesa occupazione. Intanto la commissione Lavoro del Senato ha approvato senza modifiche l'art.58 del ddl di riforma del mercato del lavoro che allunga da 6 mesi a un anno i permessi di soggiorno per i lavoratori immigrati che siano rimasti senza lavoro. Inoltre, se l'ex lavoratore beneficia degli  ammortizzatori sociali per un periodo più lungo, il permesso proseguirà fino alla fine della prestazione di sostegno.  La norma ha avuto l'ok della commissione, unici voti contrari quelli della Lega.



La tratta degli schiavi dei campi, 16 arresti in manette imprenditori e caporali
Coinvolto anche "il re delle angurie" salentine che l'anno scorso guidò la rivolta dei produttori contro le importazioni. E' ritenuto uno dei promotori dell'organizzazione che reclutava manodopera in Africa per sfruttarla in condizioni disumane, smistando gli stagionalinelle campagne di Puglia, Sicilia e Campania
la Repubblica, 23-05-2012
CHIARA SPAGNOLO
I datori di lavoro degli immigrati sfruttati nei campi del Salento e di altre regioni del Sud Italia erano "complici" dei caporali o, addirittura, "promotori" dell'illecito sistema, basato sull'esistenza di un "cartello" transnazionale. L'operazione "Sabr", condotta dal Ros dei carabinieri con il coordinamento della Dda di Lecce, arriva dritta al cuore del terzo livello di una presunta organizzazione criminale che avrebbe gestito la vita e il lavoro di centinaia di extracomunitari tra Puglia, Sicilia e Calabria, bloccando sul nascere un'imminente stagione estiva che si preannunciava peggiore delle precedenti. Sedici gli arresti effettuati all'alba con l'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Carlo Cazzella su richiesta del sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone. Ancora sei le ordinanze da recapitare a uomini che si sono resi irreperibili, ma in manette sono già finiti gli imprenditori italiani che non avrebbero avuto remore a sfruttare il lavoro dei disperati africani per arricchirsi.
Numerosi i capi di imputazione contestati, a vario titolo, agli indagati, che sono in tutto 22 (12 stranieri e 10 italiani ): dall'associazione a delinquere, alla riduzione in schiavitù, tratta di persone, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione, falso materiale in atto pubblico e in atto privato, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Nel mirino sono finiti gli uomini che organizzavano l'arrivo dei disperati dal Nord Africa ma anche quelli che li indirizzavano verso le zone del Sud Italia
in cui c'era bisogno di manodopera a bassissimo prezzo e, soprattutto, i datori di lavoro pugliesi e siciliani
Il "re delle angurie" salentine, Pantaleo Latino, tanto per dirne una, viene indicato dai militari del Ros come uno dei promotori dell'associazione criminale. Fu lui, documentano i carabinieri fin dal 2008, a fornire i locali fatiscenti in cui far alloggiare gli extracomunitari che lavoravano nei campi di Nardò, a tenere i contatti con i capisquadra per imporre condizioni di lavoro disumane, addirittura a recarsi personalmente a Pachino, in Sicilia, per reclutare la manodopera all'inizio della stagione 2009.
Latino, che l'anno scorso guidò la rivolta dei produttori salentini contro le importazioni di angurie dalla Grecia e dalla Spagna, sventolando la bandiera del calo delle vendite e arrivando a chiedere gli aiuti dell'Unione Europea, avrebbe agito grazie a solidi legami con i criminali stranieri ma anche grazie all'appoggio di altri produttori italiani e di persone ad essi vicine, che gli investigatori individuano in Marcello Corvo, Livio Mandolfo, Corrado Manfredi, Giuseppe Mariano, Bruno Filieri, Salvatore Pano e Giovanni Petrelli, tutti destinatari di ordinanze di custodia cautelare in carcere perché accusati di aver partecipato all'associazione a delinquere e di aver commesso in suo nome una serie di reati molto gravi. Oltre agli otto datori di lavoro salentini, la Dda ha ritenuto di coinvolgere nell'inchiesta anche Rosaria Mallia e Giuseppe Cavarra, titolari di aziende agricole di Noto, che avrebbero svolto ruoli simili a quelli dei colleghi leccesi. Grazie alle parole dei numerosi lavoratori stranieri che hanno presentato denuncia o sono stati ascoltati come testimoni, supportate da una serie di riscontri investigativi, i carabinieri guidati dal colonnello Paolo Vincenzoni, hanno ricostruito un sistema semplice e lucroso, che legava a filo doppio la disperazione dei lavoratori e il guadagno degli imprenditori.
Tramite i referenti algerini, tunisini e sudanesi, infatti, si individuavano in Africa orde di persone affamate, alle quali si offriva un biglietto di sola andata per l'Italia sui barconi della speranza, con la promessa di un posto di lavoro. Sbarcati in Sicilia, gli extracomunitari venivano smistati verso le zone dove c'era bisogno di braccia a poco prezzo: nella stessa Sicilia, oppure in Calabria o in Puglia. Nardò, venti chilometri da Lecce e una lunga e fiorente tradizione di imprenditoria agricola, era diventato il cuore dell'inferno degli immigrati. Per tre stagioni estive i militari hanno documentato le condizioni di vita disumane dei lavoratori, le attività "para-schiavistiche" a cui erano costretti tra i filari di angurie e pomodori, le retribuzioni misere, i ricatti e le estorsioni a cui erano sottoposti. All'opera hanno visto i reclutatori in terra straniera, ma anche i caporali e i capisquadra, che imponevano il terrore nei campi del Salento, minacciando ritorsioni e non esitando a mostrare le armi. I raccoglitori finivano in un limbo da cui era difficile uscire: sistemati in tuguri privi di servizi igienici lontani dai centri abitati, costretti a versare la tassa agli "autisti" per essere portati sui campi, a comprare panini per sfamarsi e bottigliette d'acqua per dissetarsi, privi dei permessi di soggiorno e con documenti di lavoro clamorosamente falsi. Proprio grazie allo sfruttamento portato alle estreme conseguenze, secondo l'Antimafia leccese, i produttori si arricchivano. Anno dopo anno. Sempre di più. Nonostante i tentativi dell'amministrazione di Nardò e di alcune associazioni di volontariato di riportare la legalità tra i campi.
L'estate 2011 è stata quella della svolta. Dopo anni di lavoro silenzioso gli immigrati hanno superato la paura e cominciato a raccontare cosa accadeva tra i filari. La masseria Boncuri, gestita dalle associazioni Finis terrae e Brigate di solidarietà attiva, è diventata un presidio di legalità e il punto di partenza di una rivolta culminata nello sciopero di metà agosto. Per la prima volta i braccianti hanno incrociato le braccia e chiesto di essere trattati come esseri umani e lavoratori a tutti gli effetti. I produttori hanno fatto buon viso a cattivo gioco, reclutando altri raccoglitori e lasciando passare la stagione nella speranza che con l'estate si spegnesse anche il clamore delle rivendicazioni. I carabinieri del Ros, però, erano già all'opera. L'inchiesta "Sabr" già avviata e, dopo l'orrore dell'estate 2011, ormai impossibile da fermare.



Immigrati: Coldiretti, catena schiavitu' inizia da arance a 8 cent
(ASCA) - Roma, 23 mag - ''E' necessario spezzare la catena dello sfruttamento che inizia con gli agrumi calabresi della piana di Rosarno-Gioia Tauro per la produzione dei succhi che vengono sottopagati per la pressione delle piu' grandi multinazionali appena 8 centesimi al chilo, ben al di sotto dei costi di produzione''. E' quanto afferma la Coldiretti nell'esprimere apprezzamento per l'operazione del Ros dei Carabinieri contro una presunta organizzazione internazionale che riduceva in schiavitu' lavoratori clandestini.
''Va combattuto senza tregua il becero sfruttamento che - sottolinea la Coldiretti - colpisce la componente piu' debole dei lavoratori agricoli come gli immigrati, ma anche le imprese agricole oneste che subiscono la pressione e la concorrenza sleale di un contesto gravemente degradato. La vicenda dell'agrumicoltura da industria e' esemplare per la logica mercantilistica portata avanti dai 'giganti delle bibite' che - prosegue la Coldiretti - ha riflessi fortemente negativi per condizioni di lavoro, produzione e reddito di imprese e lavoratori''.
''La Coldiretti si e' fatta promotrice dell'iniziativa 'Non lasciamo sola Rosarno.coltiviamo gli stessi interessi' per dimostrare che con la trasparenza e la legalita' si puo' spezzare la catena di sfruttamento che sottopaga il lavoro e il suo prodotto come dimostrano - continua la Coldiretti - i tanti esempi virtuosi presenti nelle campagne italiane dove lavorano regolarmente oltre 100 mila immigrati extracomunitari, dei quali circa 15 mila con contratti a tempo indeterminato, che contribuiscono in modo strutturale e determinante all'economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire il successo del Made in Italy alimentare nel mondo''.
''Per questo su un territorio che puo' offrire grandi opportunita' di crescita e lavoro va garantita la legalita' per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che - conclude la Coldiretti - ha scelto con decisione la strada dell'attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale, al servizio del bene comune''.



La "Guantanamo" nel Canale di Sicilia quel "Mare chiuso" di casa nostra
Il filmato di Stefano Liberti e Andrea Segre, riproduce l'ondeggiare dei barconi carichi di etiopi, eritrei e somali bloccati a un passo da Lampedusa e ricacciati verso la Libia a suon di manganellate, colpi di pistole elettriche e bastonate dalla Guardia Costiera e la Guardia di Finanza italiane. Racconti dolorosi e le immagini di Silvio Berlusconi accanto a Muammar Gheddafi dopo aver siglato accordi sui respingimenti
la Repubblica, 23-03-2012
LUCA ATTANASIO
ROMA - Far conoscere al mondo la Guantanamo tricolore, fotografare il momento dei respingimenti in mare dei migranti partiti dalla Libia, mostrare cosa ci fosse dietro quella parola, capitolo integrante di un trattato con la Libia voluto fortemente nel 2009 dal governo Berlusconi e votato praticamente all'unanimità dal Parlamento (87%, con le sole eccezioni dei Radicali, IDV e pochissimi esponenti del PD). Ma anche documentare la vita dei respinti nei campi di raccolta in Libia e in Tunisia. Era questo il progetto nella mente di due tra le più brillanti firme del giornalismo e della cinematografia italiana, Stefano Liberti e Andrea Segre. E quel piano, a scorrere i molti premi già ottenuti da Mare Chiuso a due mesi dall'uscita nei cinema italiani (ACRA, De Seta Bif&st, Premio Rossellini, Miglior Documentario Bolzano Film Festival) è ben riuscito.
La concomitanza. La data dell'uscita nelle sale italiane, 15 marzo 2012, segna la quasi perfetta concomitanza con la storica sentenza - 23 febbraio - con cui la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo in riferimento ai respingimenti avvenuti in mare tra il maggio 2009 e settembre 2010, condanna all'unanimità l'Italia per le gravi violazioni della Convenzione sui diritti umani. "Avevamo scelto di seguire le fasi del processo - spiega Stefano Liberti - e siamo andati a varie riprese a Strasburgo: nel film, infatti, si vedono anche fasi del dibattimento. Ma la coincidenza è stata una sorpresa".
Commozione e rabbia. I 62 minuti di filmato, somigliano molto all'ondeggiare dei barconi carichi di etiopi, eritrei e somali bloccati a un passo dall'agognata Lampedusa e ricacciati verso la Libia a suon di manganellate, colpi di pistole elettriche e bastonate dalla Guardia Costiera e la Guardia di Finanza italiane. Si passa dai racconti dolorosi, composti, dignitosi dei respinti a immagini poetiche ed evocative di scene familiari, si va dai filmati di repertorio di Silvio Berlusconi accanto a Muammar Gheddafi che passeggiano in rassegna dopo aver siglato accordi, alle fasi del processo intentato da 24 respinti ricorrenti (divenuti nel frattempo 22 perché due sono morti) in cui uno dei bravissimi avvocati della difesa definisce i respingimenti "Guantanamo in alto mare". "In effetti è così - è sicuro Liberti - in quei mesi c'è stata una vera sospensione del diritto. Tutti i nostri intervistati ci hanno raccontato delle brutalità subite quando sono stati intercettati nel Canale di Sicilia e presi in consegna da navi italiane. Resisi conto che non stavano dirigendosi verso la Sicilia, ma verso la Libia, hanno provato a ribellarsi, qualcuno addirittura a gettarsi in mare per suicidarsi".
"Italiani brava gente". A quel punto il personale di mare italiano, ha smesso i panni del finto operatore umanitario e, in ottemperanza a nuovi ordini, ha cominciato a torturare, seviziare, picchiare senza pietà uomini, donne incinte, bambini. "Tutti i profughi finiti in Libia che ho intervistato prima e dopo i respingimenti mi hanno raccontato di aver subìto lì ogni forma di violenza. Il fatto di essere giunti sani e salvi a poche miglia dall'Italia e poi venire bloccati e rimandati in Libia, quindi, era peggio della morte. Da qui l'idea di fare un film documentario  su una delle pagine più oscure della nostra storia".
Un bel contributo alla riflessione. Ma Mare Chiuso è anche un contributo prezioso alla riflessione sui diritti umani, al di là della vicenda che ci riguarda direttamente, aprendo una finestra sulla drammatica condizione dei profughi nel mondo. "Scoppiata la guerra in Libia - racconta il regista - molti dei migranti detenuti nelle carceri sono scappati, la maggior parte è finito a Shusha, un campo di raccolta in Tunisia. Doveva essere smantellato nel 2011 ma è ancora lì. I circa 10.000 profughi sono in attesa di resettlement e vivono da mesi, alcuni da un anno e mezzo, in mezzo al deserto del Sahara in condizioni impossibili sotto le tende dell'Acnur. Moltissimi fanno parte dei gruppi di respinti dagli italiani tra il 2009 e il 2010". È la banalità del male che si accanisce contro inermi protagonisti di storie il cui svolgersi può apparire inverosimile per quanto drammatico, inferendo l'ultima crudeltà, quella della lentezza burocratica.
Contiguità con il precedente governo. "Ciò che è preoccupante - conclude Liberti - è che l'attuale governo, pur volendosi attenere alle decisioni di Strasburgo e non volendo attuare respingimenti, nel riformulare il "Trattato di amicizia" con la Libia del 2009 pensa di delegare a quel paese il blocco alla partenza".  L'assunto è che ci si trovi in una sorta di emergenza via mare permanente. "Ma è un clamoroso falso, i numeri dimostrano il contrario. Un paese come l'Italia, credo, qualche decina di migliaia di profughi che scappano dalle situazioni più drammatiche del mondo via mare, se li può permettere".



Immigrati: l’America non più
Andrea Visconti
l'Espresso, 24-05-2012
Si intitola “Not Coming To America” (non vengono più in America) un rapporto reso pubblico ieri a New York dal sindaco Michael Bloomberg. Il sottotitolo la dice lunga sui contenuti di questo studio comparativo sull’immigrazione. “Perchè l’America è rimasta indietro nella corsa globale alla ricerca di immigrati di talento”.
Ci sono voluti cinque anni per concludere questo studio che era stato commissionato dalla Partnership for a New American Economy, un’organizzazione no-profit con sede a New York attiva nel settore della riforma del sistema d’immigrazione. Questa ricerca comparativa in particolare era stata condotta in collaborazione con la Fundacion Atzeca America per l’ovvio motivo che gran parte dell’immigrazione negli Usa riguarda il confine col Messico.
Non è un caso dunque che accanto a Bloomberg ieri ci fosse Ricardo Salinas, un miliardario messicano che condivide con il sindaco di New York gli stessi principi generali sulle questioni migratorie. °Gli immigrati sono un grosso capitale umano perchè sono quelli che per primi si mettono in movimento. Sono più motivati e sono dunque quelli che più facilmente prendono rischi”.
Bloomberg ha assecondato Salinas affermando che °gli immigrati si portano dietro l’etica e la voglia di lavorare sodo” e dunque sono più disposti a rimboccarsi le maniche che non gli americani.
Partiamo da alcuni dati generali. Negli Usa ci sono circa 42 milioni di immigrati. Il che significa che un residente ogni sette è nato fuori dagli Stati Uniti mentre un lavoratore ogni sei è “non-American”. Dal rapporto salta agli occhi un dato comparativo. Nel 1991 Canada e Stati Uniti assorbivano la medesima percentuale di immigrati qualificati – il 19 per cento. Vent’anni dopo le percentuali sono drasticamente mutate. Il 67 per cento dell’immigrazione in Canada è qualificata mentre negli Usa à scesa al 13 per cento.
Perchè questo trend? “Perchè l’America è rimasta così risucchiata nei suoi cicli elettorali che a farne le spese è la riforma del sistema d’immigrazione”, ha detto il sindaco. “Per i partiti è diventato una presa di posizione che esclude l’immigrazione come fattore economico strategico”. Un’opposizione che si basa sulla falsa credenza che gli immigrati sono solamente un costo in quanto si approfittano di risorse sociali a scapito degli americani.
Che cosa propongono Bloomberg e Salinas a seguito dello studio appena pubblicato? Sei in sintesi le proposte più forti che emergono:
1. Visti di lavoro per laureati stranieri (per evitare che dopo gli studi in Usa tornino nel loro paese privando l’America di “cervelli” stranieri
2. Emissione di carte verdi (permesso di soggiorno) anche sulla base di necessità economiche del richiedente
3. Programmi di visti d’immigrazione per favorire investitori stranieri disposti ad aprire aziende negli Usa
4. Maggior libertà di assumere lavoratori adatti alle necessità scegliendo anche fra stranieri
5. Visti stagionali (simili a quelli emessi per esempio dal governo canadese)
6. Permettere alle amministrazioni locali di sopperire ai bisogni temporali nelle loro regioni ricorrendo a immigrati.
Quest’ultima proposta, ha spiegato Michael Bloomberg, significa pensare a una riforma del sistema d’immigrazione con caratteristiche regionali, non federali.
Anzichè una riforma nazionale che debba andare bene in tutte le parti degli Usa servirebbe mettere a punto un sistema più elastico che tenga presente differenze regionali.
Ci sono i presupposti per una riforma in questo senso. Secondo Bloomberg no. Ritiene che l’amministrazione Obama sia stata particolarmente inefficace per quanto riguarda l’immigrazione. “Ora che abbiamo un’amministrazione democratica alla Casa Bianca ci sono state più deportazioni di immigrati che non complessivamente durante gli ultimi quattro o cinque presidenti”.

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