Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 maggio 2012

Città: aumenta la popolazione straniera, si abbassano i prezzi delle case nel quartiere ed aumentano nel resto della città. In alcuni casi effetti di segno opposto.
Indagine della Banca d’Italia: con un aumento di popolazione straniera del 10% i prezzi rimangono stabili. Per ogni 10 immigrati che arrivano in un quartiere cambiano residenza 6 italiani.
Immigrazioneoggi, 15-05-2012
Aumentano gli stranieri, diminuisce il valore delle case nel quartiere dove si concentrano ed aumenta nel resto della città. È quanto emerge da un’indagine pubblicata nei “Temi di discussione” della Banca d’Italia.
Secondo lo studio, dal titolo Don’t stand so close to me, un incremento del 10 per cento della popolazione straniera in un quartiere determina un aumento dei prezzi delle abitazioni soltanto dell’1,6 per cento.
L’indagine ha riguardato i prezzi dell’immobiliare residenziale in 20 città nel periodo 2003-2010, che ospitano un quarto del totale della popolazione immigrata ed ha rivelato come, in caso di aumento di tale presenza, la variazione dei prezzi è sostanzialmente nulla nelle aree dove si concentrano gli stranieri e più elevata nel resto della città.
Le stime indicano che per ogni 10 immigrati che arrivano in un quartiere, circa 6 residenti nativi si trasferiscono verso altre aree della città: una dinamica, quest’ultima, che viene definita “coerente” con quanto avviene negli Stati Uniti. All’interno delle città, si legge nel rapporto, gli immigrati tendono a concentrarsi in alcune aree.
Gli autori dello studio evidenziano come il flusso migratorio pesi soprattutto sulle aree urbane dove la quota di stranieri è notevolmente maggiore della media nazionale: tale rapporto è 2,8 superiore a New York, 3 volte a Londra e 1,8 volte a Parigi. In Italia il rapporto è 2,2 volte a Milano e 1,6 volte a Roma. La maggiore domanda di abitazioni connessa con l’aumento degli immigrati in un quartiere determina un aumento dei prezzi medi delle case in tutta la città. Se a seguito dell’immigrazione, inoltre, i nativi percepiscono un deterioramento della qualità della vita, ad esempio perché prevedono un possibile peggioramento dei servizi offerti (quali un maggiore affollamento sui trasporti pubblici), allora la crescita dei prezzi nel quartiere in cui si concentrano gli immigrati risulta inferiore a quella media e si associa a un loro deflusso verso altre aree della città. Gli effetti – conclude lo studio – sono di segno opposto se la presenza di stranieri influenza positivamente le prospettive sulla qualità della vita (ad esempio attraverso una maggiore varietà di beni e servizi offerti).



Immigrazione clandestina in Puglia, 43 arresti
Stato quotidiano, 15-05-2012
Bari – MILITARI del Comando Provinciale Guardia di Finanza di Bari, del Reparto Operativo Aereonavale e agenti della Polizia di Stato del capoluogo hanno eseguito un provvedimento di “fermo di indiziato di delitto” emesso dalla Procura della Repubblica di Bari, nei confronti di sette cittadini egiziani e tunisini responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
L’operazione a contrasto dell’immigrazione clandestina, avviata nell’ottobre 2011, ha permesso di disarticolare un’organizzazione criminale transnazionale, con base in Egitto e cellule operative in Puglia, Lombardia, Campania e Sicilia.
Nel corso delle operazioni sono stati complessivamente identificati 490 immigrati clandestini, tratti in arresto 43 responsabili dell’illecita attività, nonché sottoposti a sequestro 4 motopescherecci e 3 gommoni. Se fossero andati a buon fine, i “viaggi della speranza” avrebbero procurato alle “casse” della consorteria criminale indagata guadagni per circa 2,5 milioni di euro. Ulteriori informazioni durante la conferenza stampa si terrà alle ore 10.30 presso la Scuola Allievi della Guardia di Finanza di Bari.



Immigrati: ministro Riccardi incontra delegazione cinese a Milano
(ASCA) - Roma, 14 mag - Il ministro per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione, Andrea Riccardi, ha ricevuto questa mattina, presso la prefettura di Milano, una delegazione di cittadini cinesi residenti in Lombardia, guidata dal console generale della Repubblica popolare di Cina a Milano, signora Liang Hui. Lo comunica, in una nota, il ministero per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione.
Nel corso dell'incontro, sono stati affrontati diversi argomenti riguardanti l'integrazione della comunita' cinese e la convivenza con la popolazione italiana.
Riccardi ha insistito su tre punti essenziali per l'integrazione: ''Conoscenza della lingua italiana, legalita' e sicurezza, rispetto e promozione dei diritti''. In particolare, in un momento di crisi economica, ha sostenuto il ministro ''e' molto importante che le attivita' economiche e commerciali, sia di italiani che di stranieri, escano dal sommerso e contribuiscano al risanamento delle finanze dello Stato''.
''Italiani e immigrati - ha concluso Riccardi - devono lavorare insieme per dare al nostro Paese una prospettiva e un futuro migliori per tutti''.



Padova, un giorno a scuola con gli aspiranti imam
la Repubblica, 15-05-2012
JENNER MELETTI
PADOVA - PROPRIO come a scuola. L'imam-docente sta salmodiando il Corano, nella sala convegni di un hotel 4 stelle in zona fiera, e il cellulare di un imam-scolaro si mette a squillare senza sosta. Nessun imbarazzo, per fortuna: anche la suoneria dello "studente" racconta una frase dei Corano, PADOVA — «Oh uomini, abbiamo creato popoli e tribù perché vi possiate conoscere.,. L'uomo nobile ama Allah...». Inizia cosi il «primo tirocinio per qualificare 20 imam» — che già guidano moschee italiane — e insegnare loro «la preparazione dei discorsi e le tecniche della comunicazione». Una scuola di solo quattro giorni mache è appena l'inizio di un tour in decine di città italiane. «Dobbiamo imparare — dice Imad Moussalit, imam a Parma e vice-presidente dell'associazione Al Qods Acharif— a parlare non solo ai nostri credenti ma anche a tutta la comunità che ci ospita: l'Italia».
Non è facile il mestiere dei preti cattolici, usciti dai seminari dopo 12anni di studio e con 2.000anni di esperienza alle spalle. Immaginiamo le difficoltà di un imam nato dall'altra parte del Mediterraneo e chiamato a guidare i suoi fedeli in terra straniera. «È per questo —racconta lmad Moussalit — che dobbiamo studiare. Vede, l'imam non è solo colui che guida la preghiera cinque volte al giorno. Deve rispondere alle domande dei credenti sul culto, sui rapporti sociali, sui costumi e su come si deve comportare un musulmano in una realtà diversa dalla nostra. Per questo, innanzitutto, dobbiamo darci da fare e impadronirci della lingua e della cultura italiana». L'imam di Parma, arrivato da Rabat dieci anni fa, parla un italiano perfetto e sul suo lavoro potrebbe scrivere un manuale. «Nostro compito è chiarire ai fedeli e ai non fedeli la distinzin-
 ne che esiste fra ciò che è cultura e consuetudine araba e ciò che è islamico. Un esempio? Non è un dovere vestirsi alla maniera araba per essere un buon musulmano: non esiste il vestiro islamico. Un altro esempio? Il fidanzamento. Nei nostri paesi l'uomo si fidanza andando direttamente a parlare con i genitori di lei, e solo dopo può conoscere la ragazza. Ecco, questa scuola ci insegna invece che secondo l'Islam questo non è l'unico modo possibile per fidanzarsi. È possibile incontrarsi per esempio all'università, o in città, e l'Islam dice che questa non è una perversione. Si andrà dai genitori dopo questo incontro». L'esperienza di Imad Moussalit arriva dalle mille «Qutha» (sermoni) tenute nella moschea parmigiana «Due coniugi che fanno assieme colazione al bar nei nostri Paesi sono malvisti. Qui — lo spiego a miei fedeli — succede il contrarie e i coniugi sono visti bene. Dunque. in Italia un musulmano può fare colazione con la moglie in un luogo pubblico». Ma ci sono problemi ben più pesanti. «Certo, c'è la politica. Noi siamo per il dialogo fra le religioni ma ci dà fastidio chi usa il cristianesimo per fini politici. C'è chi cita Gesù per dire "date a Cesare ciò che è di Cesare" ma solo per chiedere a Cesare di mandare via gli stranieri". Il dottor Abdellah Ben Arfa, direttore dell'Isesco, se gli si chiede di moschee e terrorismo si inalbera subito. «Questa è una provocazione. Lo sapete che se due musulmani si incontrano in moschea si saluta- no dicendo: "La pace sia con te"?. L'Islam è pace e questa scuola serve anche a combattere il radicalismo di chi male interpreta il Corano. Noi diciamo chiaramente che le moschee debbono rispettare la legge italiana. Diciamo che gli imam debbono avere mezzi inteilettuali adeguati e anche indipendenza finanziaria per essere solidi nella guida. Le moschee non sono luogo di formazione di terroristi ma luogo di fede e cultura di un Islam legale e riconosciuto. Non vogliamo una religione sotterranea e invitiamo gli italiani a entrare nei nostri luoghi di preghiera. In molte moschee si parla anche in italiano, con una traduzione della "Qutba" dell'iman perché ci sono i musulmani nati qui che non conoscono l'arabo. E anche gli italia- ni che hanno scelto l'Islam». Non è un caso che la prima scuola per imam sia partita da Padova. Qui, a gennaio, presso la facoltà di sociologia è stato aperto, primo nei nostro continente, il"Master in studi sull'Islam d'Europa". Direttore Vincenzo Pace, condirettore Khalid Rhazzali, anche lui arrivato piccolissimo dal Marocco. «Vogliamo costruire professionisti — dice il docente nato a Rabat — in grado di volgere uno sguardo attente alla realtà complessa e plurale dell'islam». A sostenere il master, fra gli altri, le Acli Veneto.l'associazione islamica italiana degli imam e della guide religiose, il governo del Marocco che ha finanziato dieci borse di studio.
I venti imam che ieri hanno fatto il primo giorno di scuola sono arrivati in Italia dall'Egitto, dalla Somalia, dalla Tunisia e dal Marocco. Solo uno è italiano. Si è convertito trent'anni fa ed è imam a Bologna. Per l'inaugurazione del corso era stata preparata una sala molto grande. Si annunciava l'arrivo del sindaco Flavio Zanonato, del prefetto, del questore e del ve- scovo monsignor Antonio Mattiazzo. Nessuno di loro si è presentato.«Della nostra iniziativa— racconta Abdellah Ben Arfa — avevamo parlato con Gianfranco Fini in Arabia Saudita. Avevamo incontrato anche il ministro Frattini e un monsignore dei Vaticano che segue ii dialogo interreligioso. A Padova e a tuttele città dove si faranno i corsi voglio ricordare solo una cosa: le nostre moschee sono sempre aperte. E accoglienti».



F0RMAZI0NE RELIGIOSA, LIBERTÀ E TRASPARENZA
la Repubblica, 15-05-2012  
RENZO GUOLO
LA FORMAZIONE degli imain è un problema per gli Stati europei, specie quelli a vocazione pattizia come l'Italia che hanno l'horror vacui in materia religiosa. Essi si dibattono tra pulsione a nazionalizzare l'islam o scelta di delegare ai paesi islamici il controllo dei loro Cittadini emigrati. Dunque, anche lasciare che alla formazione degli imam provveda o l'i- slam degli stati" con le sue istituzioni transnazionali o l'associazionismo islamico extrastatale.Non stupisce. cosi, che l'Isesco, emanazione dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica (OCI), composta da 57 stati mernbri, che si oc- cupa di educazione e cultura, abbia mandato a Padova suoi docenti a tenere un corso per venti aspiranti imam.
In questi anni, complice un quadro politico a dir poco ostile, le iniziative che miravano a formare imam in Italia non sono mai pienamente decollate. I tentativi effettuati, anche i più lodevoli, hanno scontato l'assenza di decisione sulla scelta di fondo: costruire l'islam italiano o limitarci a registrare la presenza dell 'islam in Italia? La prima via presuppone la cit- tadinizzazione degli immigrati e un'intesa che prenda atto, giuridicamente e non solo di fatto, del nuovo pluralismo religioso. In tal caso la formazione degli imam avverrebbe in collaborazione tra istituzioni competenti e comunità isla- miche. La seconda, che sottende l'idea dell'islam come "religione degli stranieri" delega ad attori esterni il controllo e la formazione delle leadership comunitarie, anche religiose. L'Italia, nei fatti, ha scelto la via dell'"esternalizzazione". Con vantaggi e rischi connessi: evita di interferire sul delicato terreno della libertà religiosa e dell'organizzazione del culto o di sciogliere gordianamente l'intricato nodo tra rappresentatività e affidabilità che spesso ha paralizzato anche i piü disponibili, ma al contempo consegna a organizzazioni interstatali o associazioni transnazionali della Mezzaluna, la formazione di personale religioso che parla ai musulmani che vivono nel nostro paese. Una scelta, mai adottata uffi- cialmente, che per le sue implicazioni meriterebbe un confronto trasparente.
 


Medici senza frontiere "I Tg ignorano le crisi"
La Stampa, 15-05-2012

FRANCESCO SEMPRINI
ROMA - Che cosa hanno in comune il milione di congolesi colpiti da Hiv, le proteste in Bahrein e i 160 mila profughi dei Mali? II rischio di essere invisibili agli occhi del mondo. Medici Senza Frontíere pubblica «Le crisi umanitarie dimenticate dai media 2011», ottava edizione del rapporto redatto in collaborazione con l'Osservatorio di Pavia e il contributo di rappresentanti del mondo giornalistico ed accademico. Un monito ai mezzi di informazioni per «accendere un riflettore» su guerre, esodi, carestie e malattie considerate «lontane». «Nel 2011, i telegiornali hanno dedicato circa il 10% del totale dei servizi a contesti di crisi, conflitti, emergenze umanitarie e sanitarie». «Pochissimo. Da tina parte è necessario superare questa visione miope, dall'altra occorre lavorare sulla qualità», dice Kostas Moschochoritis, direttore generale Msf Italia, che rivolge un invito ai media: «Fateci domande scomode». Per la prima volta, Msf ha deciso di monitorare come e quanto i Tg italiani (Rai, Mediaset e La 7) hanno «coperto» l'arrivo in Italia dei migranti in fuga da Libia, Tunisia ed Egitto: «Nei 2011, sono state dedicate 1.391 notizie e sebbene non si tratti di crisi dimenticata, preoccupa il modo in cui è stata rappre- sentata, con la grave assenza della voce dei migranti Nell'anno in corso è il Mali che rischia di diventare protagonista dei capitolo «rifugiati» con 160 mila persone in fuga, dalla fine di gennaio, verso Burkina Faso, Mauritania e Niger. Tra guerre e violenze dimenticate ci sono quelle in Bahrein e in Sudan con un'escalation di violenze registrato dopo la nascita del Sud Sudan, e a cui sono stati dedicati rispettivamente 24 (7 sul rischio cancellazione Gran Premio) e 44 servizi. Sono 41 invece quelli dedicati alla carestia nel Corno d'Africa, concentrati soprattutto nella seconda metà di luglio. Le più dimenticate sono le emergenze sanitarie. Cinque i servizi sul Congo (nessuno parlava di violenze o del milione di contagiati), dieci quelli dedicati alla Costa d'Avorio, 14 ad Hiv/Aids, zero a malattie tropicali neglette. «L'Aids è ormai invisibile», spiega Msf. Nessuna copertura in «prime time» inoltre è stata dedicata alla Giornata Mondiale contro l'Aids. «Questo mentre il Fondo globale per la lotta ad Aids, tubercolosi e malaria versa in condizioni gravi - chiosa Moschochoritis -. Ricordiamoci cosa ha detto Michel Sidibé, direttore dell'Unaids, "O paghiamo adesso, o pagheremo per sempre"».

 

Pensionati impoveriti e immigrati cercano cibo tra i rifiuti con i trolley rubati nei supermarket
il Giornale, 15-05-2012
«Sembrava un vecchio di 80 anni: mi ha chiesto un euro d'elemosina. Era la quarta persona che l'ha fatto ieri, mentre tornavo a casa da piazza Omonia al mio quartiere di Exarchia, dietro il Museo archeologico nazionale, una passeggiata di dieci minuti nel centro di Atene - racconta al Giornale Nassos Vaghenas, uno dei più raffinati poeti greci e docente di Letteratura all'università ateniese-.
Quattro persone: una “statistica quotidiana dei mendicanti” ormai abituale quando cammino nella mia città. Non sono zingari o drogati, ma persone dall'aspetto normale: un 50enne che ha perso il lavoro, due giovani che forse non l'hanno ancora trovato, visto che qui 54 ragazzi su cento sotto i trent'anni sono disoccupati. Ma quel vecchio l'ho guardato meglio e l'ho riconosciuto: era il mio compagno di banco al liceo! Aveva un negozio di fotografia, la sua passione, che ha chiuso a causa della crisi, come quasi la metà dei negozi ateniesi. È un mio coetaneo, 67 anni, ma ne dimostra dieci di più. Da un anno vaga per le strade a chiedere un aiuto al prossimo: che lavoro può ritrovare, alla sua età?»
Se Vaghenas dovesse scrivere un libro sull'Atene dell'anno di disgrazia 2012, comincerebbe certo da questo triste ritrovarsi. Ma anche dalla processione di carrelli rubati ai supermercati che sfilano ogni notte ad Atene: «Li vedo dalla mia finestra, ma so che hanno invaso anche le periferie. Sono trainati da immigrati, ma anche da tanti pensionati affamati: rovistano metodicamente nei rifiuti, alla ricerca di avanzi di cibo ancora commestibile, oppure di qualsiasi cosa sia rivendibile in centri di raccolta improvvisati da una rete di "padroncini del riciclaggio": una allucinante raccolta differenziata». Scene di ordinaria povertà. Anche se accanto a questi nuovi poveri, c'è anche l'Atene non intaccata dalla bancarotta. La puoi incontrare nei bar all'aperto nel quartiere chic di Kolonaki, alle pendici della collina del Licabetto, da sempre il ritrovo della jeunesse dor´e ateniese. Bar tuttora pieni zeppi, anche se persino qui molti caffè hanno chiuso. L'ateniese medio, invece, quello a cui hanno tagliato circa un terzo dello stipendio (un'insegnante liceale di ruolo da 15 anni, ad esempio, nel 2009 guadagnava 1600 euro netti al mese, ora se ne ritrova 960 in busta paga) al ristorante o a bere un bicchierone di frappè nazionale, ossia di caffè in polvere shakerato con ghiaccio e un goccio di latte, non ci va quasi più.
«Io e mio marito siamo entrambi docenti universitari - ci racconta Antigoni Liberaki, economista all'ateneo della capitale -. Prima della crisi uscivamo due o tre volte la settimana a cena, ora non più di una volta, quando capita, fra i tagli agli stipendi e l'aumento delle tasse». Il Comune di Atene, per rianimare le sere di questa città che un tempo viveva 24 ore su 24 e ora serra invece porte e finestre dopo le nove di sera - anche per proteggersi dalla crescente microcriminalità - ha lanciato un'iniziativa in prova per le prossime quattro settimane: «Oggi si esce», nel senso che si va fuori a cena o a godersi il fresco in un caffè all'aperto: i ristoratori che hanno aderito offriranno ogni martedì un menu per dieci euro, un caffè per due euro, un cocktail per cinque: se l'iniziativa avrà successo, continuerà per tutta l'estate.
«Certo, il clima psicologico ad Atene è fra l'ansioso e il rassegnato- continua Liberaki- Noi abitiamo a Pangrati, un quartiere multietnico nè centrale nè periferico, ci abitano persone del ceto medio ma anche molti immigrati storici, con famiglie. Sono i più intimoriti qui ad Atene anche perchè sono diventati il capro espiatorio della rabbia di molti greci, soprattutto dei pestaggi organizzati dal movimento neonazista “Chrysi Avghì”, purtroppo appena entrato nel Parlamento con il 7 per cento dei voti.
Molti stranieri tornano nei Paesi d'origine. Esattamente come tornano a vivere nella casa paterna, in provincia, molti giovani greci che hanno perso il lavoro qui in città».
Su Atene cala la sera, la processione dei carrelli ricomincia il suo girone infernale. Ma ieri, almeno, si è festeggiato per le strade: l'Olympiakos ha vinto gli Europei di pallacanestro. Un segno di speranza.



 

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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