Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

7 giugno 2011

 

La loro idea di stampa: il Viminale stavolta respinge i giornalisti
Italia-Razzismo 7 giugno 2011
Tempi bui, per il diritto all’informazione. La circolare n. 1305 del 01.04.2011 del ministero dell’Interno, con oggetto «accesso ai centri per immigrati», stabilisce che a seguito degli sbarchi degli ultimi mesi e per «non intralciare le attività» rivolte agli stranieri, l’accesso alle strutture è consentito solo ad alcune organizzazioni umanitarie. Ed è successo che, nei mesi scorsi, molti parlamentari e consiglieri regionali non sono stai fatti entrare quando, invece, leggi nazionali e regionali (che in alcun modo possono essere scavalcate da una circolare) prevedono e regolamentano il loro ingresso nei centri. I deputati radicali Perduca e Poretti, da sempre sensibili a questi temi, hanno presentato una interrogazione al ministro Maroni per avere chiarimenti circa il «respingimento» dei loro colleghi dai centri e, solo dopo le pressioni esercitate anche da altri parlamentari, è stato garantito loro l’accesso a tutte le strutture. La cosa preoccupante, adesso, rimane il divieto di accesso per i giornalisti, che non possono più entrare nelle strutture e documentare quanto lì accade, neanche se accompagnati da parlamentari (come avveniva prima della circolare). La preoccupante circostanza viene denunciata da un gruppo di giornalisti, supportati dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Per i giornalisti la «censura non può essere istituita con una circolare del Viminale» e si chiede al governo di «rispettare il diritto di cronaca e l’articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di stampa». C’è da chiedersi, in effetti, quali siano le “attività” svolte all’interno dei centri che verrebbero “intralciate” da una libera e corretta informazione. Le ipotesi, ahinoi, non sono certo incoraggianti.
 
 
 
Class action per i diritti dei migranti
justicetv.it
Una class action  per 63 immigrati,indetta da Cgil. Inca e Federconsumatori contro l'amministrazione pubblica per chiedere correttezza nelle procedure di ricongiungimenti familiari, nei procedimenti amministrativi, nella concessione della cittadinanza italiana nei tempi previsti dalle leggi, nel riconoscimento dello status di lungo soggiornante. In particolar modo la class action riguarda il diritto di cittadinzanza che, spesso, supera  di gran lunga il tempo di attesa dei due anni previsti normalmente dalla legge. A presentare l'iniziativa, in prima istanza, la Cgil, che ha coinvolto anche Federconsumatori e Inca ,il patronato del sindacato .
L'idea, è nata da anni di esperienza sul campo, visto sia il sindacato, sia il patronato hanno avuto modo di entrare in contatto con decine di migliaia di immigrati che hanno avuto la necessità di assistenza e di tutela nei loro rapporti con la pubblica amministrazione, nelle pratiche di rinnovo o di rilascio del permesso di soggiorno, nelle procedure di regolarizzazione della posizione lavorativa, nelle richieste di ricongiungimento familiare.
Pratiche che, secondo gli enti coinvolti - molto spesso sono state ostacolate da cavilli burocratici .
Una seconda class action, riguarda il riconoscimento dei permessi di soggiorno per lungo soggiornanti, anche questi soggetti ad attese lunghe e a disservizi della pubblica amministrazione e riguarda circa dieci lavoratori stranieri e le loro famiglie.
Vera Lamonica, segretario federale Cgil ha dichiarato che "L'idea della class action -nasce dall'esigenza di rendere collettiva la battaglia per il rispetto dei diritti individuali essenziali".
I legali promotori hanno anche ribadito che bisogna fare attenzione  a non confondere la class action di mercato (quella per esempio dei risparmiatori truffati) con la class action contro la pubblica amministrazione , nel caso di cui stiamo parlando, si tratta di una class action contro le inefficienze dell'amministrazione pubblica che è accusata di non aver applicato come dovrebbe le regole per il rispetto dei diritti degli immigrati".
Nelle intenzioni del sindacato questa é una class action pilota,che prende spunto da storie individuali, ma che è rivolta a tutti gli immigrati che potrebbero trovarsi nelle stesse situazioni. E non è però neppure escluso che oltre a ricorrere ad azioni collettive si possa adire le vie legali anche per ottenere eventuali risarcimenti per i danni subiti.
 
 
 
Paletti sugli immigrati e il fisco. La Lega torna alla linea "dura"
Corriere della Sera 7 giugno 2011
Cremonesi Marco
Paletti sugli immigrati e il fisco La Lega torna alla linea «dura» Voci sul Carroccio tentato dal voto, ma il Senatur non strappa MILANO — Torna la Lega «cattiva». Con gli immigrati. E poi riforma fiscale (quel che si può), e riforma istituzionale. Il summit di Arcore più che mettere a posto tutte le sparse tessere del mosaico politico è servito soprattutto a stabilire quanto meno un «percorso». E pazienza se il termine è curiosamente mutuato dalla sinistra. Il giro di boa sarà il raduno di Pontida di domenica 19 giugno. In quella data, Umberto Bossi offrirà al Sacro prato alcune parole d'ordine. Non tutte nuovissime, in verità, e certamente non saranno nuove per Silvio Berlusconi, che ne verrà informato in anticipo. Il premier, a sua volta, all'indomani dell'evento padano e forse in sede di verifica di governo, darà il suo pubblico assenso all'alleato. Che cosa chiederà Umberto Bossi per dare nuovo orizzonte alle perplesse legioni padane? Per prima cosa — ancora lei —, sicurezza. Il leader leghista chiederà il pugno di ferro contro i barconi che arrivano dall'altra sponda del mediterraneo. Blocchi navali? A dir poco. Di quelli duri. Spiega un leghista di peso che «il Carroccio chiederà di dispiegare tutti quei deterrenti che già sono stati utilizzati da alcuni governi di sinistra in Europa. Il modello sono Spagna e Grecia». Quando un leghista parla di modello greco o spagnolo intende sempre una cosa sola: sparare sui barconi per farli tornare da dove sono venuti. Secondo punto, riforme istituzionali. Con tanto di «cronoprogramma»: taglio del numero dei parlamentari e, soprattutto, Senato delle Regioni. Ma la novità forse più significativa, e per contro meno nitidamente definita, riguarda la riforma fiscale. È vero, Angelino Alfano ha parlato dell'impegno comune per il pareggio di bilancio nel 2014. Significa sciabolare spese per 40 miliardi nel prossimo triennio. Il che lascia supporre che in tema di conti pubblici la linea che conta resti quella di Giulio Tremonti. Che pure, anche ieri pare si sia scontrato energicamente con il premier. Eppure, il severo ministro all'Economia pare abbia alla fine promesso di vedere quel che si potrà fare. E dunque, da qui all'appuntamento sul «Sacro prato», l'uomo di via XX settembre lavorerà per offrire all'«amico Umberto» qualche cosa di spendibile. C'è chi parla di cautissimi ritocchi alle aliquote, chi di un inizio di quoziente familiare. Il tutto con una tempistica scandita per dare il meglio di sé a ridosso delle elezioni. L'orientamento, da quel che è dato capire, sarà «sociab : per reperire il fabbisogno, uno dei provvedimenti su cui si sta ragionando è il ritocco al rialzo dell'Iva per alcuni beni definiti pudicamente «non di largo consumo». In ogni caso, i leghisti ritengono la svolta indispensabile. E alcune agenzie attribuiscono a Bossi un secco monito: «Altrimenti dopo la sberla ci sarà il ko». Per il resto, Berlusconi si è raccomandato con l'«amico Umberto di «sentirsi, sentirsi molto». Il summit doveva infatti servire anche per riprendere le misure di un'alleanza che negli ultimi mesi è apparsa parecchio sfilacciata. Da questo punto di vista, come tutti i partecipanti si affrettano a ribadire, il summit è riuscito. Certo, una parte della base e dei quadri intermedi del partito continua a sperare nel voto anticipato. Di più: si dice convinta che alla fine Umberto Bossi rovescerà il tavolo. O che comunque persuaderà il premier a tornare alle urne nel 2012. Secondo altri colonnelli leghisti, «una posizione prepolitica. Certo, non con le carte che abbiamo in mano oggi». Ma forse, il dato più significativo è il ritorno ad Arcore di Aldo Brancher, l'uomo che per anni è stato il gran sacerdote del rapporto tra Lega e berlusconiani. Marco Cremonesi La strategia La sicurezza e l'immigrazione 1 Bossi rilancerà il pugno di ferro sul tema sicurezza, legato soprattutto all'immigrazione L'obiettivo è limitare gli sbarchi sulle coste italiane Meno parlamentari e Senato delle Regioni 2 Secondo punto, riforme istituzionali. Previsti il taglio del numero dei parlamentari e, soprattutto, il Senato delle Regioni Orientamento «social» e ritocchi fiscali 3 Giulio Tremonti lavorerà per offrire a Bossi temi spendibili sotto elezioni: forse cauti ritocchi alle aliquote o un inizio di quoziente familiare 
 
 
 
Ancona: la Questura informa con un sms gli esiti della pratica per il soggiorno.
ImmigrazioneOggi 7 giugno 2011
Iniziativa sperimentale promossa dal Ministero dell’interno e da Poste Italiane attiva anche a Perugia e Messina.
Attivo anche alla Questura di Ancona il servizio sperimentale che avvisa con un sms quando è pronta la pratica per il soggiorno. Si tratta di una procedura al momento in fase di prova, oltre che nel capoluogo marchigiano, anche a Perugia e Messina.
Realizzato dal Ministero dell’interno e da Poste Italiane, il sistema prevede da oggi l’invio di un sms al cellulare del diretto interessato, per informarlo sull’orario in cui deve presentarsi in Questura o al Commissariato. In questa fase sperimentale, l’Ufficio immigrazione manterrà in funzione anche la vecchia modalità di consegna dei titoli.
 
 
 
Statistica: la matematica per il cittadino
Education 2.0   7 giugno 2011 
Chiara Sacco 
Mai come in queste ultime settimane dell’anno in cui il caldo si fa sentire opprimente può apparire vera la convinzione che la scuola non interessi gli studenti: alcuni ancora pallidi, altri con il colore dei primi bagni guardano apatici verso la cattedra, subiscono... Non è del resto l’atteggiamento più diffuso tra i banchi? A volte sembra vana ogni passione profusa nell’insegnamento.
A volte però “sbottano”. Lo metto tra virgolette questo verbo, perché lo trovo perfetto nel descrivere gli interventi autonomi di alcuni dei miei ragazzi: senza chiedere il permesso di parlare alzando educatamente la mano, tanta è l’urgenza, prorompono in frasi tipo: “Ma vengono tutti qui, prof.!”. 
Di chi stanno parlando? Degli immigrati. Di che cosa stavo parlando io? Beh, io ero partita con l’idea di spiegare i criteri per l’acquisizione della cittadinanza italiana; ma mi lascio trascinare verso il nuovo tema tanta è la forza contenuta nelle parole del mio studente, e tanta è l’ignoranza su cui questa emozione si è costruita: vengono tutti qui?, ma se siamo ancora uno dei Paesi UE con più bassa percentuale di immigrati! Dall’alto della mia cattedra dico che non è vero, non vengono tutti qui; e poi dico altre cose, sempre le stesse da un po’ di anni iniziando ora dalla cittadinanza, ora dai problemi di ordine pubblico, ora dalla disoccupazione (perché molti ragazzi sono convinti che i disoccupati si ritrovino soprattutto tra gli immigrati), ora da un altro argomento previsto nei libri di testo e che gli studenti usano come grimaldello per parlare di ciò che sta loro a cuore.
Meno male che lo fanno. Ma le discussioni hanno un difetto, me ne accorgo quando siamo a casa. La mia parola contro la loro; mi stanno a sentire, ascoltano delle mie visite nella multietnica Gran Bretagna, ascoltano la descrizione dei supermercati francesi dove tale è la varietà di piatti stranieri da farti credere di fare il giro del mondo in ottanta minuti, ma rimane la mia parola contro la loro. Sarà meglio che scatti delle foto durante la mia prossima vacanza?
E poi nelle discussioni pochi parlano; la maggior parte in genere tace, per timidezza, per mancanza di idee o per timore di dire cose fuori dal coro. Sì, perché chi parla è sempre e solo contrario all’immigrazione. Per la maggioranza silenziosa è solo una perdita di tempo? Ed infine, per i molti altri argomenti che suscitano emozioni, magari basate su dati scorretti, che fare?
Trovo la soluzione durante il corso di aggiornamento, organizzato dal Centro in Europa, Edulatina*, che ha l’obiettivo di illustrare la cultura latinoamericana, prevalente nella città di Genova. Il primo incontro è dedicato all’analisi dei flussi migratori degli ultimi cinquanta anni circa, analizzati attraverso i dati statistici prodotti dal Comune. Mentre il sociologo Paolo Arvati parla, ripasso in piccolo la storia del mondo, dell’epoca in cui all’università di Genova si iscrivevano giovani greci in fuga dalla dittatura; vedo la Genova di oggi abitata da un gran numero di anziani accuditi da badanti straniere, donne invece che uomini come magari si vedono in altre città d’Italia; ritrovo ciò che avevo affermato davanti agli studenti, e cioè che in Italia non c’è certo la maggior concentrazione di stranieri. Preferiscono dirigersi verso Paesi a più veloce sviluppo economico; anche se si analizzano le differenze regionali balza agli occhi che Genova si colloca in una situazione intermedia tra il Sud privo di attrattive e un Nord Est con maggiori presenze straniere. Insomma gli immigrati vanno là dove c’è più lavoro, perché c’è una crescita maggiore; quasi quasi dovremmo desiderare di averne tanti qui, perché la loro presenza è un sintomo di buona salute. Sorrido all’idea di concludere una lezione con un’idea tanto balzana. E mi armo. Di tabelle statistiche, di accordi con l’insegnante di matematica o di trattamento testi, di fotocopie. Illustro i dati, insegno a leggere i grafici, faccio notare le particolarità; non più la mia parola contro quella degli studenti, ma i numeri che nella loro inesorabile freddezza correggono luoghi comuni e suscitano nuove domande: ma perché mai a Genova e solo a Genova la comunità più ampia proviene dall’Ecuador?
Il lavoro finale è una relazione basata su alcune delle tabelle illustrate, a scelta dello studente; è possibile anche organizzare una prova di lettura di grafici, stile OCSE-Pisa, ma la soddisfazione più grande è aver trovato un nuovo modo di analizzare i fenomeni sociali, un modo partecipativo soprattutto se prima dei dati si fanno avanzare ipotesi agli studenti: “Ma secondo voi...”, un’attività dal sapore giocoso che li diverte abbastanza. Il collega di matematica mi riferisce di aver fatto meno fatica a spiegare determinati argomenti poiché i ragazzi erano interessati da numeri che avevano un significato; concordiamo: la statistica è la matematica del cittadino, quella che si troverà sempre davanti, che avrà la capacità, se fatta bene, la presunzione, se fatta male, di spiegargli in che mondo vive e di orientarlo nelle emozioni e nelle scelte.
 
 
 
I morti del Mediterraneo e le verità sugli immigrati
Vanity Fair 7 giugno 2011
Giovanni Gozzini 
Nella notte tra giovedi e venerdi (forse) è avvenuto il disastro più grave della storia recente del Mediterraneo. Alle porte di casa nostra un barcone con 250 migranti si è inabissato in mare. Nessun superstite. Dei morti non sappiamo e probabilmente non sapremo mai niente. Non è vero. Le agenzie internazionali che lavorano sulle migrazioni clandestine (prima fra tutte la International Organization for Migration con sede a Ginevra) ci ripetono da anni cose che facciamo finta di non sapere.
Primo. I migranti che arrivano su barconi di fortuna sono una piccola parte (circa il 10%) dei clandestini: la grande maggioranza è composta da overstayers, cioè da persone che entrano legalmente ma rimangono oltre i limiti di tempo consentiti.
Secondo. Non sono disperati. Alla minoranza che fugge da situazioni di pericolo (guerre civili, persecuzioni) e come tale gode del diritto di asilo, fa riscontro una maggioranza che si muove attratta da opportunità economiche. Nella scelta migratoria investono un capitale (da qualche centinaio a qualche migliaio di euro) e nei loro paesi di origine (spesso centrafricani) non fanno parte delle fasce più povere della popolazione. Spesso sono diplomati e addirittura laureati. In genere non si muovono a caso: seguono il richiamo di parenti e amici già emigrati.
Terzo. In media dopo un periodo di cinque anni una consistente minoranza (attorno a un terzo del totale) ritorna in patria, dopo aver accumulato il denaro che gli serviva. Le disumane condizioni abitative cui si sottopongono anche nel nostro paese sono il frutto di questa necessità fortunatamente temporanea di risparmiare.
Quarto. I soldi che mandano a casa mentre lavorano da noi superano ormai ampiamente il volume totale degli aiuti ufficiali che i paesi ricchi danno ai paesi poveri. E, a differenza di questi ultimi, i soldi spediti dagli emigrati arrivano  tutti nelle situazioni di bisogno.
Quinto. Non tolgono posti di lavoro  agli italiani (o ai tedeschi, ai francesi ecc.) perché occupano una fascia secondaria di mercato del lavoro (badanti, commessi) non assicurata e precaria che noi e i nostri figli cerchiamo in ogni modo di evitare. La disoccupazione di casa nostra è figlia di altre cose  (tecnologia, merci straniere a basso costo): i portuali sono stati sostituiti dai container e dai lavoratori specializzati  (gruisti, addetti ai computer) che governano il movimento delle merci. Non da altri portuali africani.
Sesto. Per le organizzazioni criminali il traffico di esseri umani sta diventando competitivo con il traffico di stupefacenti. I migranti clandestini sono ormai metà del movimento internazionale di persone (circa due milioni di persone all'anno) e garantiscono con i loro piccoli capitali faticosamente accumulati e consegnati in mano ai nuovi schiavisti un fatturato annuo pari a qualche  centinaio di milioni di euro.
Settimo. Se teniamo presenti le sei cose precedenti dobbiamo cambiare radicalmente il nostro modo di gestire l'immigrazione. Invece di promettere impossibili contingentamenti dei  flussi immigratori per poi regolarmente smentirsi con periodiche sanatorie, dovremmo concertare con i paesi d'origine modalità di  ingresso sicure e controllate, combattendo le organizzazioni criminali sul loro stesso terreno e rendendole inutili. Lasciare liberi gli immigrati entrati in questo modo di trovarsi (entro un periodo di tempo limitato e ragionevole) un tutore-datore di lavoro italiano che garantisca per loro. Disperdere la loro presenza sul territorio evitando gli assembramenti eccessivi, forieri di scontro con i nostri  concittadini. Favorire il ricongiungimento delle famiglie di immigrati, che generalmente sono meno portate alla delinquenza degli individui singoli.
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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