Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

8 settembre 2010

L'ESECUTIVO EUROPEO CHIEDI UN INCONTRO TRA MINISTRI PER L'UTILIZZO DEI FONDI NAZIONALI
Rom, task force Ue sull'integrazione
la Padania, 08-09-2010
ROMA - La Commissione europea ha creato una task force sui rom per valutare l'utilizzo dei fondi Ue dei diversi Stati membri per l'integrazione di questa etnia. La task force sarà composta da esperti dei servizi della Commissione e cercherà di mettere a fuoco anche i metodi per migliorare l'efficacia dei finanziamenti. I primi risultati del lavoro della task force saranno presentati al collegio dei commissari entro la fine dell'anno.
Oltre alla creazione di una task force, l'esecutivo Ue ha chiesto alla presidenza belga dell'Ue di organizzare, appena possibile, un incontro tra i ministri Ue interessati per mettere a fuoco l'utilizzo migliore
dei fondi nazionali e di quelli europei per favorire l'integrazione sociale ed economica dei rom. La riunione del Consiglio dovrà essere seguita, spiega la Commissione, da altri incontri annuali, sempre a livello ministeriale, e lo stesso esecutivo europeo organizzerà riunioni di funzionari ed esperti per valutare i progressi fatti sul piano dell'integrazione dei
rom negli Stati membri. Sarà inoltre chiesto alle prossime presidenze dell'Ue di tener conto delle priorità messe nero su bianco in una road map adottata nel giugno scorso sull'inclusione dei rom e sara intensificato il dialogo con questa comunità. La Commissione, conclude la nota dell'esecutivo,  continuerà a vigilare perché le misure prese dagli Stati membri sui rom rispettino le norme Uè sulla libera circolazione, la non discriminazione e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione.
Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord, intervenendo invece a Strasburgo ha difeso le decisioni prese dal Governo francese proprio sui rom: «Sono pretestuose le polemiche sul recente provvedimento del Governo francese come in precedenza quelle contro il ministro Maroni per le sue giuste misure sui minori rom - dice l'esponente del Carroccio -: hanno rispettato alla lettera  le  norme dell'Ue e del diritto internazionale».
Borghezio si è soprattutto scagliato contro «i buonisti delle sinistre europee che attaccano i governi che assumono provvedimenti nei confronti dei rom e, oggi, anche contro la Commissione Europea, ma non possono contestare i dati sulla crescita dei reati (250% di aumento negli ultimi 18 mesi a Parigi) ascrivibili ai rom».
Ponendo la questione in una diversa prospettiva, il presidente della Commissione europea José Manuel
Barroso ha sottolineato che «i governi devono rispettare i diritti delle minoranze» perché «nell'Unione europea non c'è posto per il razzismo e la xenofobia».
Da parte sua, Davide Boni chiede invece un'azione collettiva dell'Unione Europea per le espulsioni, dai singoli paesi, dei cittadini comunitari rom non in regola. «Il rischio è che le carovane dei rom passino da un paese all'altro - dice il presidente del Consiglio regionale lombardo -per questo le norme europee devono essere fatte rispettare, prevedendo l'espulsione per quei cittadini comunitari che non sono in regola con le leggi sui criteri necessari per restare in un paese».



Razzismo e xenofobia non hanno posto nell'Ue»

Il Tempo, 08-09-2010
Fabio Perugia
Europa Barroso entra nella polemica sui rom: rispetto dei diritti umani, attenti a derive populiste
? Attenzione a «non risvegliare fantasmi del passato. Razzismo e xenofobia non devono trovare spazio in Europa». Con queste parole José Manuel Barroso entra nel pieno della polemica sulle espulsioni dei rom. Il riferimento del presidente della Commissione europea è allo sterminio di massa che durante la Seconda Guerra Mondiale colpì non solo ebrei, neri, omosessuali e politici, ma anche zingari. «I governi -dice nel suo primo discorso sullo stato dell'Unione, da Strasburgo - devono rispettare i diritti umani, compresi quelli delle minoranze».
Il riferimento, anche se Barroso non lo dice a chiare lettere, è soprattutto alla Francia. Ma pure a tutti gli altri Paesi che in questi mesi devono affrontare l'emergenza nomadi: quindi anche all'Italia. Ogni forma di discriminazione, spiega il leader social democratico portoghese, «è puramente inaccettabile». Ma tutti i cittadini hanno «diritti e doveri» e serve «equilibrio» tra il rispetto del principio della libera circolazione e quello della sicurezza. Altrimenti il fenomeno dei rom  si presta a pericolose «strumentalizzazioni populiste».
«Serve una risposta seria e responsabile - spiega Barroso - e occorre evitare manipolazioni da politicanti su una questione estremamente grave e sensibile». Da Strasburgo, ascoltate le parole del presidente della Commissione europea, arriva anche la bacchettata dell'ex pre-mier belga, Guy Verhofstadt, secondo cui quello che sta accadendo in Francia è «inaccettabile e purtroppo non è un caso isolato. Vedo come vari governi che si trovano di fronte a difficoltà cadono progressivamente in una specie di tentazione populista di xenofobia e razzismo».
E intanto dopo le richieste dell'Italia, con il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il ministro dell'Interno Roberto Maroni, e i vertici di Parigi con il governo francese la Commissione Ue lancia una task force speciale che si occuperà della questione rom in particolare sulle modalità di utilizzo dei fondi europei per progetti volti all'integrazione. I membri dovranno riferire periodicamente al Parlamento europeo sui risultati ottenuti. I primi saranno pronti prima della fine di quest'anno.



Uccidono la Cittadinaza UE

Terra, 08-09-2010
Monica Frassoni
co-portavoce Verdi Europei
La discriminazione contro le mi-noranze Rom in vari Stati membri dell'Ue è un problema radicato che tocca il cuore del progetto europeo; valori fondamentali come la non discriminazione, l'integrazione e il rispetto delle minoranze, l'uguaglianza, la libertà di circolazione e di stabilimento per tutti i cittadini Ue, sono tutti messi in serio pericolo dall'idea che i Rom rappresentino una minaccia grave e urgente per la nostra sicurezza e che dovrebbero essere semplicemente eliminati dalle nostre città e periferie. Un'idea che non corrisponde assolutamente al vero: in Italia, tanto per fare un esempio, la criminalità organizzata controlla attività in nero per un valore di circa 120 miliardi di euro, eppure non c'è paragone in termini di attenzione politica e dei media verso questo tema rispetto a quella dedicata ai Rom. Il traferimento e l'espulsione dei Rom non rendono affatto le nostre città più sicure. Si tratta di un approccio sbagliato, totalmente inefficace in termini di miglioramento della sicurezza e di prevenzione del degrado e della povertà persistente di molte persone Rom, sia nel loro paese d'origine che in altri paesi dell'Ue.
? Infatti, ogni volta che un accampamento illegale viene sgomberato senza trovare una soluzione alternativa per i suoi occupanti, un altro campo illegale si insedia altrove, con la conseguenza che meno persone avranno possibilità di trovare un lavoro, meno bambini andranno a scuola, e la probabilità che vengano commessi piccoli reati salirà. Nel 2009 sono stati espulsi circa 10.000 Rom: più di due terzi sono già rientrati. Dall'inizio del 2010 sono circa 8.000 i Rom costretti a lasciare la Francia. In Italia, i numeri sono più o meno gli stessi. Anche se ora tutti parlano della Francia, in realtà, i Rom sono discriminati in molti altri paesi (Ungheria, Repubblica Ceca, ecc.), e se ne vanno da Romania e Bulgaria a causa delle condizioni estremamente difficili e per l'assenza di qualsiasi prospettiva di vita dignitosa. È come se ci fosse una "competizione" tra i governi degli Stati membri su chi è il migliore a cacciare i Rom. Nonostante siano europei a tutti gli effetti, i Rom sono sempre di più "cittadini di seconda categoria", cui le raccomandazioni, le direttive e le leggi, semplicemente, non si applicano. Ciò che la Francia, l'Italia e gli altri fanno con i Rom non è in linea con il diritto internazionale e comu-nitario. La sistematica discrimi-nazione ed esclusione violano le convenzioni internazionali sul¬la protezione delle minoranze nazionali, sulla protezione dei bambini, le linee guida delle Nazioni Unite su come procede¬re in caso di sgombero (nel caso dei campi: occorre sempre trovare prima una soluzione alternativa), oltre naturalmente al¬le direttive europee sulla parità di trattamento di tutti indipen-dentemente dalla razza e l'origine, sulla libera circolazione, sulla parità di trattamento sul lavoro, alla decisione quadro contro il razzismo e la xenofobia. Nel caso della Francia e in Itala c'è una manipolazione in atto di ciò che queste direttive effettivamente dicono. A titolo di esempio, non è possibile espellere dei cittadini dell'Ue perché sono poveri o perché non hanno un lavoro, a meno che non rappresentino un "onere eccessivo per i sistemi di sicurezza sociale". In ogni caso, la decisione di far lasciare il paese deve essere proporzionata e deve tener conto della situazione individuale e dei legami col paese ospitante di ogni persona, e la "minaccia" rappresentata per la sicurezza deve essere tangibile e immediata.
E qui ci preme sottolineare che il ruolo della Commissione Barroso II è molto importante, perché il suo ruolo non è solo quello di fare qualche blando richiamo, ma di agire rapidamente per garantire che queste siano rispettate, denunciando la natura illecita di tali comportamenti, spiegando come le direttive devono essere interpretate e attuate, e, se necessario, far partire rapida-mente procedure di infrazione. L'attuazione del diritto comunitario non può essere "su misura". Nel 2008 una forte pressione dei media, del Parlamento europeo e della Commissione riusci a far eliminare dal decreto del Governo italiano le disposizioni peggiori: lo stesso deve accadere in questa occasione. Non c'è bisogno di nuove leggi, ma di applicare quelle esistenti. Tanto per fare un esempio, in Francia una legge del 1990 impone che le città di più di 5.000 abitanti devono attrezzare un campo specifico per le "gens du voyage" è rimasta lettera morta. Si potrebbe fare un buon uso dei fondi Uè disponibili per migliorare le condizioni di vita dei Rom e offrire loro opportunità di lavoro nei 12 Stati membri obiettivo dell'azione Ue, coinvolgendo i Rom e nomadi disponibili in questo lavoro. Sostenere i numerosi progetti ed esperienze di integrazione delle famiglie Rom esistenti in tutta l'Ue, incluso in Italia e Francia, incentivandoli concretamente. L'istruzione, condizioni di vita decenti, campagne di sensibilizzazione sui pericoli del razzismo e della discriminazione, opportunità di lavoro sono il modo migliore per affrontare disagio e le paure della gente di fronte ai Rom e le comunità nomadi.
DISCRIMINANDO I ROM UCCIDIAMO L'IDEA DI CITTADINANZA UE



Sicurezza. Torna la flagranza differita
Espulsioni facilitate con decreto legge

il Sole, 08-09-2010
Marco Ludovico
Un decreto legge sulla sicurezza. Con due filoni principali: espulsione dei cittadini comunitari e violenza negli stadi. Ma anche altri temi all'ordine del giorno del Viminale, come quelli della lotta alla criminalità organizzata. Proprio ieri, del re¬sto, è entrato in vigore il Piano straordinario antimafia. E tutti i Comuni d'Italia dovranno prevedere contratti pubblici con il requisito della tracciabilità dei pagamenti.
Intanto al ministero dell'Interno si discutono le norme per la prossima riunione a palazzo Chigi. Il ministro Roberto Ma-roni intende presentare un provvedimento d'urgenza che, sul piano politico, traduce gli annunci fatti negli scorsi giorni di nuove misure del governo Berlusconi sulla sicurezza. A partire dall'immigrazione traverso il tandem costituitosi con la Francia di Nicolas Sarkozy e l'idea del ministro italiano di rilanciare alcuni interventi già messi sul tavolo nel 2008 ma poi fermati dall'Unione europea. L'asse con la Francia - ci sarebbe anche il tentativo di fare un trio con l'Inghilterra - ha lo scopo di convincere Bruxelles a modificare la direttiva europea sulla libera circolazione dei cittadini comunitari, che prevede l'espulsione solo in caso di motivi di ordine pubblico e sicurezza.
L'operazione è impegnativa, ma oltre allo scenario europeo c'è quello italiano, dove gli interventi restrittivi contro i rom - mai citati, com'è ovvio, nelle norme - hanno comunque un successo politico indubbio dell'elettorato di centrodestra. E va notato il sostegno all'inizia:iva di Maroni espresso da Andrea Ronchi, ministro finiano per le politiche europee: «La proposta del ministro degli Interni di un decreto legge sulla sicurezza urbana, contenente norme più restrittive sui temi
dell'allontanamento dei cittadini comunitari, della prostituzione e del vagabondaggio, deve essere valutata con attenzione e favore». Il Pd, invece, boccia e definisce «elettorali» queste proposte.
Il testo del Viminale, ancora nella fase della stesura, dovrà prevedere anche un capitolo il più possibile robusto sulla violenza degli stadi, altra croce del Viminale. Sarà ripristinato il cosiddetto arresto differito, cioè quello non in flagranza di reato ma destinato ai tifosi violenti scovati attraverso le videoregitrazioni. La norma, già esistente, era scaduta a giugno. Si immagina, poi, di rafforzare il ruolo degli steward, personale privato già presente negli stadi, che potrebbe avere compiti più stringenti sul controllo delle tifoserie (ferme restando le competenze esclusive delle forze dell'ordine). Tanto che sono state ipotizzate due norme di aggravanti di pena nei casi di violenze e minacce con oggetti contundenti e di lesioni gravi e gravissime agli steward. Si sta discutendo anche di alcuni correttivi per rendere più rapido ed efficace il procedimento di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose. E potrebbe esserci qualche novità per rafforzare l'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati.
Si ipotizzano, poi, alcune disposizioni di dettaglio per razionalizzare le procedure di concessione della cittadinanza per matrimonio, anche in base ad alcune osservazioni giunte dal Consiglio di Stato. Nel testo dovrebbe essere proposto anche un rafforzamento della presenza dei nostri dirigenti delle forze dell'ordine all'estero, i cosiddetti ufficiali di collegamento. E tocca intervenire anche sui Vigili del fuoco: perché, in base a una serie di dinamiche del personale, oggi mancano i capi squadra. Quelli, cioè, responsabili del gruppo di intervento.



ALEMANNO AL VIMINALI «Allontanamenti effettivi per i Rom"

il Sole, 08-09-2010
«Il ministero degli interni sta preparando un decreto legge sulla sicurezza, compresa quella urbana, che può contenere norme molto importanti sul versante nomadi per rendere effettivo l'allontanamento dei cittadini comunitari. È. chiaro che é una norma da discutere anche con l'Ue». Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al termine di un incontro privato con il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Il primo cittadino della capitale e il ministro si sono incontrati al Viminale, assieme all'assessore alle Politiche sociali, Sveva Belviso, per fare il punto della situazione sulla gestione dei nomadi di origine comunitaria che oggi vivono a Roma.



Alemanno caccia i rom Si vota

il Riformista, 08-09-2010
Peppino Caldarola
Non si può dire che Roma sia governata bene. La città è sporca, il traffico, tranne che in queste settimane estive, la soffoca, la violenza urbana, che fu uno dei cavalli di battaglia della destra nelle elezioni comunali, riempie le cronache dei giornali. Non c 'è traccia di interventi che guardino al futuro. Il sindaco passa gran parte del suo tempo in giro per il mondo con tante soste a Cortina dove partecipa a dibattiti alla moda. Ieri Alemanno ha inaugurato la ripresa amministrativa con il lancio del tema che a luì pare più urgente: la cacciata dei nomadi. Da Parigi, dove si è recato per avere lumi su questa materia, ha stabilito che la città non ne può più di rom e sinti. Ne vuole cacciare mille e cento con il foglio di via obbligatorio. Roma, secondo il sindaco, può ospitare solo seimila nomadi mentre vivono nei campi oltre settemila e cento persone. Si sta per aprire nella capitale la caccia allo zingaro perché la città non sarebbe in grado di convivere con poco più di mille persone oltre quelle previste. Alemanno non ci spiega questo balletto di numeri, non ci dice che cosa lo spinge ad affermare che la soglia dei seimila nomadi sia invalicabile. Vuole semplicemente assegnarsi la medaglietta di quello che ha buttato fuori dalla città una parte della sua popolazione più colorata e diversa. Se avesse detto che vuole buttare fuori chi delinque, avrei capito, ma l'idea della deportazione etnica mi fa paura. Anche da qui si capisce che si avvicina la campagna elettorale.



Maroni fa il Sarko: decreto per espellere i rom

Alemanno rivela: il provvedimento era stato congelato da due anni su pressioni della Ue, ma ora è indispensabile
Libero, 08-09-2010
Andrea Morigi
Il foglio di via per i cittadini comunitari è pronto già da due anni. Ma alla Commissione europea avevano fatto capire che non gradivano la sua approvazione nel pacchetto sicurezza. Così il governo italiano lo aveva messo in frigo per un po', in attesa di tempi migliori.
Ora, dopo l'espulsione delle carovane rom dalla Francia, e il loro esodo verso l'Italia, si può scongelare il provvedimento.
Lo rivela il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al termine di un incontro con il ministro degli Interni, Roberto Maroni. Sta per essere varato «un decreto legge sulla sicurezza, compresa quella urbana, che può contenere norme molto importanti sul versante nomadi per rendere effettivo l'allontanamento dei cittadini comunitari. È chiaro che è una norma da discutere anche con l'Ue».
Secondo alcune indiscrezioni, dovrebbe trattarsi di un'attualizzazione della direttiva 38/2004 sulla libera  circolazione  delle persone, adottata quando ancora la Romania non faceva parte dell'Ue. Attualmente si permette l'allontanamento dei cittadini comunitari soltanto per motivi gravi, ma la sanzione è praticamente inesistente. Si tratterebbe quindi di aggiungere un correttivo, sulla base di quanto già previ¬sto nel 2008 e poi non attuato per lo stop comunitario: uno strumento effettivo, come il riaccompagnamento alla frontiera o nei Paesi di provenienza. Tutto il nuovo dispositivo sarebbe così da inserire in un decreto che parte dalla sicurezza negli stadi e rinnova alcune norme sulla flagran¬za differita.
Non per entrare in rotta di col-lisione con l'immigrazionismo del presidente della Camera Gianfranco Fini, dicono al Viminale. L'emergenza c'è ed è autentica. La riconoscono perfino i finiani. Non a caso, uno dei primi a dirsi d'accordo con Roberto Maroni, che ne proporrà l'adozione al consiglio dei ministri e in sede europea, è un esponente di Futuro e Libertà. Andrea Ronchi, mi¬nistro delle Politiche comunitarie, si schiera senza se e senza ma con «la proposta del ministro degli Interni di un decreto legge sulla sicurezza urbana, contenente norme più restrittive sui temi dell'allontanamento dei cittadini comunitari, della prostituzione e del vagabondaggio». Nessun calcolo politico, perché «ci sono regole elementari di legalità e rispetto del decoro urbano che non possono essere eluse nel nome di una facile demagogia. Nessuno vuole mettere in discussione il principio della libera circolazione delle persone che rappresenta una conquista importante nella storia dell'integrazione comunitaria. Ma le direttive europee vanno applicate nel loro complesso, avendo ben presente che la permanenza in un Paese è consentita soltanto quando si ha una dimora certa e un reddito minimo. I diritti, insomma, vanno sempre coniugati con i doveri», spiega Ronchi, pur precisando che «naturalmente le espulsioni non devono riguardare un solo gruppo etnico, non devono essere collettive e devono garantire i diritti dei minori. Così come è necessario lavorare con sempre maggiore impegno per l'integrazione di tutti i cittadini onesti, comunitari o extracomunitari che siano».
L'opposizione immigrazionista, con Stefano Pedica dell'Italia dei Valori, accusa Alemanno e Maroni di seguire il presidente francese Nicolas Sarkozy in materia di nomadi, e di violare «le norme della Comunità europea» e di attuare «una politica odiosamente razzista e culturalmente pericolosa», arrivando a evocare un parallelo con lo sterminio degli ebrei. Ma perché non si rivelino accuse senza fondamento, occorre almeno una sponda a Bruxelles. Due giorni fa, invece, Sarkozy ha convinto il presidente della Commissione europea Barroso, che ieri ha invocato l'esigenza di «equilibrio tra libertà di circolazione e sicurezza». Contemporaneamente la Commissaria per i diritti fondamentali Viviane Reding e il Consiglio hanno assolto la politica dei rimpatri forzati decisa da Parigi. E anche il Parlamento europeo si appresta a fare lo stesso nella seduta odierna. Per l'Italia, è un implicito via libera.



E dall'opposizione piovono le accuse: deriva xenofoba

Dnews, 08-09-2010
Pedica (Idv): «Si violano le norme comunitarie»
Propaganda xenofoba in vista delle elezioni. Così l'opposizione bolla le parole di Alemanno (e del ministro Maroni) sull'allontamento e il divieto di reingresso per i nomadi. «Alemanno e Maroni violano le norme della comunità europea» afferma Stefano Pedica, senatore dell'Idv. Sergio Gaudio, coordinatore del Forum  Immigrazione del Pd di Roma, parla di "pericolosa deriva xenofoba", mentre Daniele Ozzimo, consigliere Pd al Comune di Roma, invita il sindaco Alemanno "a riferire in aula sul piano nomadi". Secca la replica del delegato il delegato del sindaco per le politiche della Sicurezza urbana, Giorgio Ciardi: «Da sinistra solo tiritere e slogan scaduti». _



Il discorso sullo stato dell'Unione
Barroso avverte: «Niente razzismo e xenofobia nell'Ue»

Corriere della sera, 08-09-2010
Luigi Offeddu
BRUXELLES — «Tutti in Europa devono rispettare la legge, e i governi devono rispettare i diritti umani, compresi quelli delle minoranze. In Europa non c'è posto per il razzismo e la xenofobia». Non nomina mai i rom, la Francia o Nicolas Sarkozy, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso. Ma nel giorno in cui si manifesta per le strade francesi proprio contro le espulsioni dei rom, queste sue parole insolitamente forti sembrano avere una cornice e dei destinatari ben precisi. Tanto più che vengono pronunciate davanti al Parlamento Europeo di Strasburgo, e nel primo solenne discorso sullo stato dell'Unione, una novità assoluta per le istituzioni europee. «Su certi argomenti delicati — ha aggiunto Barroso — quando un problema sorge, dobbiamo agire tutti con responsabilità. Io lancio un forte appello perché non siano risvegliati i fantasmi del passato europeo». Cioè i fantasmi delle persecuzioni razziste che hanno seminato lutti e terrore per tanta parte del Novecento. Il discorso è stato anche l'occasione per fare il punto sulla crisi economica, dalla quale il continente sta uscendo solo ora, «sia pure in modo difforme». Barroso, citando il rapporto sul tema elaborato nella scorsa primavera dal presidente dell'Università Bocconi Mario Monti, ha     ribadito intanto la necessità di rafforzare il mercato unico, da tempo sotto assedio. E ha snocciolato qualche cruda cifra sul malessere del continente: dal 2008 a oggi, ha detto, oltre 6,3 milioni di persone hanno perso il lavoro, e «ognuna di esse dovrebbe avere la possibilità di riaverlo». Sono circa 4 milioni i posti di lavoro oggi in attesa di assegnazione, e la Commissione Europea si propone di portare dall'attuale 69% al 75% il tasso di occupazione per le età comprese tra i 20 e i 64 anni, entro il 2020: nelle parole del suo presidente, «i cittadini dell'Europa si aspettano che noi agiamo per uscire dalla crisi. Dobbiamo mostrar loro che gli sforzi comuni condotti oggi porteranno a nuovi impieghi, a nuovi investimenti... E se agiamo con decisione, non avremo nulla da temere dal Ventunesimo secolo». Ma prima ancora, bisognerà smetterla di marciare in ordine sparso: «Ho esortato i leader europei ad agire insieme se davvero vogliono che l'Europa sia un protagonista globale e possa difendere il suo interesse». Alla fin fine c'è una sola via davanti a questi 500 milioni di cittadini: «Siamo tutti nella stessa barca: la Ue non realizzerà i suoi obiettivi in Europa senza gli Stati membri, e gli Stati membri non realizzeranno i loro obiettivi nel mondo senza la Ue».



Il Caso Alemanno: dieci campi autorizzati e due strutture d'accoglienza
Un piano nomadi fra interrogativi e perplessità
Cinque, 08-09-2010
Per Daniele Ozzimo, vicepresidente della Commissione Politiche Sociali e consigliere Pd al Comune di Roma «non si comprende ancora se questo piano rom esiste davvero ed è definitivo o è un documento in initinere, visto che i contenuti cambiano continuamente a seconda della convenienza»
Sgomberare i 200 microaccampamenti abusivi presenti a Roma. Poi, arrivare a dieci campi autorizzati ai quali si devono aggiungere due strutture d'accoglienza. Nei dieci campi verranno ospitate circa 6mila persone, un tetto massimo oltre al quale, secondo quanto più volte ribadito dal sindaco Gianni Alemanno, Roma non può gestire. Questi i principali obiettivi del piano nomadi voluto dal Campidoglio e che verrà attuato entro la fine del 2011. Alle sette strutture attrezzate già esistenti nella capitale andranno aggiunti due nuovi campi che verranno realizzati su terreni privati trovati grazie a un bando di gara pubblicato dal Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro in qualità di commissario straordinario del Governo. In verità si sta ancora studiando quali siano le aree più idonee, ma sarebbe quasi certo che le due nuove strutture dovrebbero trovarsi nel XVI e nel XIX municipio, zone dove attualmente non esistono campi. Verrà inoltre completamente attrezzato il campo de La Barbuta che diventerà regolare e ospiterà circa 600 persone. Intanto, è stato dato mandato al direttore del V dipartimento, che attuerà il piano, di scegliere tra quattro la località più idonea per una struttura di accoglienza da affiancare a quella già presente. Per quanto riguarda i tempi, sebbene non ci sia una scadenza certa, l'obiettivo è quello di arrivare entro dicembre 2011 alla chiusura dei campi abusivi e tollerati di Baiardo, Tor De Cenci, Tor Di Quinto, Foro Italico, Arco di Travertino, Ortolani (Acilia), Monachina, Salviati 1 e 2, Settechiese e Spellanzon. A quanto si apprende, a questi si potrebbero aggiungere anche i campi di Cesarina e
Lombroso che, essendo abbastanza piccoli, potrebbero essere assorbiti in una delle due nuove strutture. Per Daniele Ozzimo, vicepresidente della Commissione Politiche Sociali e consigliere Pd al Comune di Roma non si comprende ancora se questo piano Rom esiste davvero ed è definitivo o è un documento in initinere «visto che i contenuti cambiano continuamente a seconda della convnienza. Infatti solo qualche settimana fa si parlava di 5/6
campi di nuova realizzazione, per i quali è stato svolto anche un bando per l'individuazione delle aree, e oggi invece si fa menzione della costruzione di soli 3 insediamenti autorizzati ». Oltre a chiedere chiarezza Ozzimo vorrebbe capire dove saranno collocate le persone sgomberate in queste ore, ovvero se verranno destinate nei campi regolari già esistenti come ad esempio quelli di Salone e Castel Romano, già saturi, o se verranno accolti presso strutture come quella di via Salaria. Per esigere tutti questi chiarimenti il gruppo del Pd presenterà un'interrogazione urgente per conoscere le modalità di sgombero, i costi per l'amministrazione delle azioni di questi giorni e come sono stati utilizzati i 20 milioni (8 milioni dalla Regione, 5 milioni dal Comune e i restanti dal governo) stanziati per il piano nomadi. Inoltre verranno chieste le motivazioni per le quali non è ancora stata avviata la costruzione dei nuovi campi, visto che le risorse a disposizioni sono sufficienti.



IL CAPO DELLO STATO: «CONTRO LA CRISI SERVE PIU' INTEGRAZIONE NELL'UE»
«Immigrazione, bisogna ricercare soluzioni comuni in sede europea»
Corriere della sera, 08-09-2010
Napolitano: «L'Ue non è una fortezza ma vogliamo che sia un luogo sicuro e un luogo di incontro»
MILANO - «Ricercare soluzioni comuni in sede europea» ai problemi dell'emigrazione e della libera circolazione delle persone. E' la richiesta agli Stati Ue del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo il colloquio al Quirinale con la presidente finlandese Tarja Halonen, che condivide la stessa posizione. «L'ingresso di nuovi Stati Membri nell'Ue - ha detto Napolitano - ha posto problemi di libera circolazione delle minoranze all'interno dell'Unione e della lotta contro i traffici criminali. Sono sorti problemi di particolare acutezza che ci impegnano a ricercare soluzioni comuni». La Halonen ha detto che «bisogna ricordare i principi fondamentali dell'Europa: il rispetto dei diritti umani e il diritto degli stati. L'Ue non è una fortezza ma vogliamo che sia un luogo sicuro e un luogo di incontro».
CRISI - Successivamente Napolitano è intervenuto anche sul tema della crisi economica. Per uscire definitivamente dalla crisi economica e finanziaria e gettare le basi per un nuovo rilancio, «la parola d'ordine resta più Europa, più integrazione europea. Lo sviluppo economico e un balzo in avanti della crescita non sono possibili se non attraverso una forte sinergia nella Ue», ha sottolineato il capo dello Stato. Napolitano osserva che «è indispensabile poter contare su più iniziative concrete dell'Unione europea per favorire il rilancio e lo sviluppo. L'Italia, nelle riunioni del Consiglio europeo, ha sempre sostenuto la necessitá di interventi comuni, ad esempio rispetto alla crisi greca e all'attacco all'Eurozona e alla moneta unica». In particolare, sul tema riguardante le tasse sui movimenti finanziari, «non mi pare che la discussione sia giá approdata a misure concrete. Ma sono giá stati adottati orientamenti -registra con favore il presidente della Repubblica- per rafforzare la sorveglianza monetaria e sono stati istituiti nuovi strumenti come il Board contro il rischio sistemico, per impedire il ripetersi di crisi come quella greca». Napolitano si dice in ogni caso «convinto che le chance per l'Unione europea di giocare il ruolo che le spetta nel campo internazionale riposano sulla sua capacitá di agire e di affrontare i problemi in modo univoco e concorde, parlando con una voce unica».



I FEDELI INVISIBILI
Musulmani d'Italia Un milione in cerca di moschee
La costruzione di nuovi luoghi di culto spacca il Paese Ritardi e polemiche: chi garantisce davvero i permessi?
La Stampa, 08-09-2010
Francesca Paci
ROMA -Le barricate della Lega, l'apertura incondizionata del cardinal Tettamanzi, il via libera con riserva economica dell'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari: i musulmani «senza fissa dimora» di Milano sono diventati un affare di Stato. Sebbene l'Italia conti già 164 moschee, 222 luoghi di culto dedicati alla recitazione del Corano e quasi 400 associazioni culturali islamiche, la richiesta d'innalzare un minareto all'ombra del Pirellone viene percepita da molti come una rivendicazione simbolica più che religioso-edilizia. Dunque discutibile. E pazienza se il presidente americano Obama non teme il canto del muezzin neppure vicino a Ground Zero: prevenire in fondo è sempre meglio che curare.
La moschea, in teoria, è uno spazio per la preghiera assolutamente identico a una parrocchia o alla sede d'una riunione buddista. E' la comunità dei fedeli, la umma, a fare la chiesa. Per questo, anche se sarebbe auspicabile che il locale non fosse vergine, nel senso di mai utilizzato prima, e disponesse di minareto, fontana per le abluzioni rituali e nicchia orientata alla Mecca, la casa del Profeta Maometto può essere benissimo allestita dentro un appartamento, un ex capannone, perfino in una palestra noleggiata nelle ore in cui non c'è il corso di danza.
«Preferiremmo acquistare uno stabile e farne una moschea ma poiché sembra sempre più difficile ottenere i permessi e la destinazione d'uso a luogo di culto ripieghiamo sull'affitto» spiega il presidente dei Giovani Musulmani d'Italia Omar Jibril. Ventisei anni, nato a Milano da padre egiziano, laureato in ingegneria edile, Jibril rappresenta le generazione che non vede contraddizione tra ascoltare i Radiohead e leggere il Corano: «Ad eccezione delle moschee di Roma e Milano, quelle con tanto di minareto e fontane, in Italia ci sono solo centri islamici ricavati spesso in scantinati fatiscenti. La moschea dovrebbe essere il faro che rassicura la comunità circostante come il campanile. Ma da qualche tempo avviene l'op-
posto. A Sassuolo, per esempio, la nuova amministrazione ha ritirato i permessi concessi da quella precedente costringendo i musulmani a pregare in strada un anno e mezzo prima che il Consiglio
di Stato restituisse loro lo stabile sequestrato e il diritto».
L'11 settembre 2001 ha terremotato amicizie assai più collaudate di quella tra occidente e mondo islamico. Ma sono passati nove   anni   e   gli imam che benedicono pubblicamente Osama si contano sulle dita  della  mano. Quanti   ostacoli ci sono ancora sulla  via   delle moschee?
«Data la sensibilità del tema il blocco è politico, quando si tratta di dare l'ok al cantiere d'una moschea tutti si rimpallano la responsabilità della decisione finale» osserva l'islamologo Stefano Allievi, che ha appena terminato un tomone in inglese sui conflitti che l'edi-lizia islamica scatena in mezza Europa (un estratto sarà pubblicato a breve
da Laterza).
La burocrazia può fungere da scusa: la libertà di culto è un diritto sacrosanto garantito dalla Costituzione, ma chi ga-rantisce i profanissimi permessi? «Trattandosi di materia urbanistica toccherebbe agli enti locali - continua Allievi -. Sono loro che verificano i criteri di sicurezza e assegnano la destinazione d'uso a luogo di culto. Ma mentre se a non essere in regola è un oratorio o addirittura un locale dei poco amati Testimoni si concede la proroga di sei mesi, con i musulmani scatta tolleranza zero. Come se fosse selettiva, la legge viene applicata alla lettera e il locale chiude i battenti».
E pensare che quella «tecnica» dovrebbe essere la parte più semplice. L'impresa, rivela il direttore dell'Ufficio Italiano della Lega Musulmana Mondiale Mario Scialoja, è trovare i finanziamenti. Quando nel 1973 venne autorizzata la grande moschea romana di Monte Antenne, di cui Scialojaè stato a lungo l'anima, l'Italia concesse il terreno e i soldi arrivarono da Riad. In tutti gli altri casi sono i fedeli ad autotassarsi: «La maggior parte dei musulmani del nostro paese sono stranieri, versano quel che possono. Poi ci sono comunità più ricche come quella egiziana, che a Roma ha realizzato un bello spazio in viale dell'Esercito, o mecenati: per Monte Antenne un mio amico laico donò un milione di lire».
Tempi aurei d'armonia democristiana. Allo Stato spettava l'onere politico, alla comunità musulmana quello economico. Oggi prevalgono tensioni. L'unica eccezione è la moschea Colle Val d'Elsa, appoggiatasi  al Monte dei Paschi   di   Siena. Ma in modo halal, precisa il presidente dell'istituto    culturale islamico di viale Jenner, a Milano:  «La Banca non ha dato denaro un leasing, dato che il Corano considera il mutuo una forma d'usura».
L'impasse è politico e il dialogo langue. Anche perché i musulmani sono divisi. Chi parla per loro? «Sarebbe già un bene stabilire chi prega per loro invece dei tanti imam fai da te senza formazione religiosa» chiosa Scialoja. Quello degli imam, le guide della preghiera, è un nodo critico.     Generalmente si tratta di macellai o leader carismatici che    s'inginocchiano alla Mecca davanti agli altri. Nessuno in Italia pensa a un albo dei pastori protestanti o valdesi, ma nell'era in cui qualcuno invoca Allah per distruggere l'Occidente può capitare di chiedere agli altri di pregare in italiano.



La loro preghiera divide la città

La Stampa, 08-09-2010
FABIO POLETTI
Dopo due Ramadan e più di ottanta venerdì di preghiera dove capita, i centomila musulmani di Milano aspettano un miracolo. L'arcivescovo Dionigi Tettamanzi, fa il misericordioso: «Hanno diritto a praticare la loro fede nella legalità. E' legittima la loro richiesta di avere un posto per pregare. La politica strumentalizza il problema della moschea». Il ministro Roberto Maroni della Lega, distrugge ogni speranza: «Sono il ministro dell'Interno, non un costruttore di moschee». In questo muro contro muro che divide Milano, si trova nessuno per impilare qualche mattone per tirare su la moschea.
L'anno prossimo scade la convenzione con il Palasharp, luogo del rock e pure delle provvisorie preghiere ad Allah. Al-tri posti non ce ne sono. Ogni tanto si parla di fare un referendum tra i cittadini, ma il problema rimane per aria. Riccardo De Corato,vicesindaco del Pdl, dice che è soprattutto una questione di sicurezza: «No a facili slogan sulla moschea». I leghisti nemmeno vogliono sentirne parlare. Stefano Boeri, architetto e aspirante sindaco del Pd vorrebbe una soluzione veloce. Il sindaco Letizia Moratti dice che c'è molto da fare: «E' l'anno della cultura islamica. Lavoriamo su questo». Nell'attesa, il loro secondo anno scandito dal Ramadan che va a finire, i musulmani lo passano a pregare tra un teatro e una palestra.



Tre casi controversi
TORINO
Avranno un edificio ma senza minareto
La Stampa, 08-09-2010
Andrea Rossi
A Torino la comunità marocchina che si riconosce nella Moschea della Pace di Porta Palazzo ha acquistato i locali di un ex mobilificio in Barrie-ra Milano, periferia Nord e chiesto al Comune, il 3 dicembre dello scorso anno, il permesso di realizzarvi una moschea. L'associazione, una Onlus - con dovere perciò di rendere pubblici i bilanci - ha acquisito l'edificio e previsto i lavori di adeguamento sfruttando un autofinanziamento interno alla comunità, donazioni e un contributo del ministero per gli affari religiosi del Marocco. Totale: 1,2 milioni di euro. Il Comune si è detto favorevole al progetto della moschea, ma il via libera ai lavori non è stato ancora concesso. Problemi burocratici, relativi sia al progetto di ristrutturazione, sia allo statuto dell'associazione. Problemi che potrebbero essersi sbloccati ieri, quando gli islamici hanno inviato i chiarimenti richiesti: l'associazione si pro-pone di svolgere attività di culto, che secondo il piano re-golatore della città è attività di servizio e non richiede per-ciò varianti al piano stesso. Il chiarimento dovrebbe accelerare l'iter.
L'edificio, all'esterno, non porterà segni visibili, tanto meno il minareto chiesto dai musulmani ma negato dal Comune. La Lega ha annunciato che farà ricorso al Tar.



Sfrattati da 18 anni chiedono la sede

La stampa, 08-09-2010
Alessandra Pieracci
Era il 1992 quando i musulmani furono sfrattati dal magazzino in cui pregavano. La comunità islamica acquistò un edificio a Coronata, periferia industriale, per realizzarvi la moschea. Il no del Comune fu motivato da problemi di viabilità in un quartiere già martoriato da servitù. Con la mediazione della curia fu proposta la permuta con un terreno dei francescani, ma il nuovo sito aveva altre problematiche. Il 16 luglio 2008 la sindaco Marta Vincenzi firma un patto di intesa, il primo in Italia, con il rappresentante della comunità islamica genovese Salah Husein. Nel 2009 il comune propone l'estrema alta periferia del quartiere del Legaccio, ridotta a discarica, dove la comunità potrà realizzare la sua moschea da un milione e trecentomila euro, 600 metri quadrati, tre piani con minareto di 15 metri, posteggio e giardini, previa costituzione di una Fondazione. Ma ora il siriano Mohamed Baha' El-Din Ghrewati, studi medici a Roma, Milano e Laigueglia, da molti ritenuto l'eminenza grigia delllJcoii, fa sapere che mai voterà la cessione al Comune di parte dell'immobile di via Coronata. E su Facebook oltre 400 musulmani spingono la proposta del Mil, il Movimento indipendentista ligure che propagan¬da dialetto e tradizioni, per trasformare invece il grande edificio che cesserà di ospitare il mercato del pesce, poco distante dalla darsena dove nel 1500 sorgeva una moschea.



Lucio Sesto Domenica iniziativa di solidarietà dell'associazione glbt
Omofobia in condominio Senza casa perchè gay
Cinque, 08-09-2010
Sei gay? Niente casa. È successo a massimo Frana, docente presso un istituto superiore di Roma che aveva affittato una stanza in un appartamento al quinto piano di un condominio in zona Lucio Sestio. Secondo quanto denunciato dall'uomo ad Arcigay, dopo aver rivelato il suo orientamento sessuale alla proprietaria dell'immobile, un avvocato in pensione, lei gli ha negato la possibilità di stipulare il contratto di affitto sostenendo di non volere affittare casa a immigrati e gay. Il docente ha spiegato che « la proprietaria mi ha anche rimproverato per averle fatto perdere del tempo, sostenendo che nel condominio non avrebbero capito certe cose. Ho perdonato la signora, ma spero si renda conto della cattiveria delle sue parole e della violenza del suo atteggiamento. Sono preoccupato all'idea che vi possa essere un intero condominio che rifiuta le persone gay, secondo quanto ha insistito a ripetere. Così come rimango incredulo che un avvocato, quale la signora ha sostenuto di essere, possa parlare e agire in un simile modo. Da dieci anni insegno ai miei alunni a essere aperti e rispettosi di ogni diversità, vista come valore che arricchisce, e devo dire che i giovani, opportunamente invitati a riflettere, dimostrano spesso di saper dare risposte positive ed equilibrate sul tema dell'integrazione e dell'accoglienza dell'altro». Arcigay ha organizzato per venerdì 10 settembre, a partire dalle 12, un volantinaggio proprio nei pressi della fermata della metropolitana Lucio Sestio, perchè le persone possano conoscere questa vicenda e reagiscano a questo clima intollerabile : «Distribuiremo dei cartelli "Affittasi" con la scritta "Omofobia in condominio? No grazie ! " », ha dichiarato Fabrizio Marrazzo, presidente dell'associazione glbt. cinque



Più alunni stranieri nelle aule della capitale

la Repubblica, 08-09-2010
Anna Rita Cillis
Nelle scuole superato il tetto del 30%. L'Ufficio regionale: "Scelta oculata". La percentuale decisa dal Miur non può essere applicata in zone ad alta densità di extracomunitari. Le iscrizioni degli immigrati sono il 12% in più
Mentre l'anno scolastico si apre l'eco delle polemiche nate dopo che il Miur, il ministero dell'istruzione, aveva dato indicazione agli istituti di non superare il tetto del 30 per cento di studenti stranieri in ogni prima, si fa ancora sentire. E non a caso. Nella Capitale, infatti in istituti come la Pisacane (scuola, oggi incorporata nel plesso comprensivo di via Laparelli), il Daniele Manin e la scuola Publio Vibo Mariano, con sede sulla via Cassia suddiviso in tre plessi, il numero dei ragazzini stranieri andava ben oltre. "Abbiamo ridisegnato solo in parte la struttura degli istituti - spiega ora Giuseppe Minichiello, dirigente dell'Ufficio Scolastico Regionale - ovviamente la circolare del ministero è stata applicata ma non c'è stato alcuno strappo - e in certi casi abbiamo concesso delle deroghe, dopo un attenta valutazione, permettendo ad almeno quattro istituti tra cui il Mani, la Pisacane e la Vibo Mariano di poter superare, anche se non di molto, il 30 per cento".
A Minichiello fa eco Paolo Mazzoli, presidente della Asal, l'Associazione delle scuole autonome del Lazio: "Dopo alcune riunioni all'ufficio scolastico regionale il fenomeno quanto meno si è ridimensionato e le temute "classi ghetto" sono state in parte evitate. Per noi sarebbe stato però più utile dare indirizzi di principio alle scuole e poi valutare caso per caso. Non tutte le scuole e i territori sono uguali e questa diversità andrebbe tenuta in considerazione. Nel XII municipio, ad esempio, grazie a un patto territoriale, lo spinosissimo problema dell'inserimento di nomadi provenienti dal campo di Castel Romano è stato affrontato ridistribuendo sul territorio il numero degli studenti rom e non concentrandoli sono in una scuola".
Se dunque da una parte si è cercato di arginare il problema alla Publio Vibo Mariano, che quest'anno avrà tre prime materne, sette prime elementari e sette prime medie, l'incidenza degli studenti stranieri di "seconda generazione è da sempre molto alta", spiega la dirigente Elena Sonnino aggiungendo anche che "nelle prime classi in ottemperanza delle indicazioni ministeriali, si è cercato di avvicinarsi il più possibile al tetto indicato ma è stato comunque necessario richiedere la deroga visto che in quasi tutte le prime classi si superava, anche se di poco, il 30 per cento. Ma nella stragrande maggioranza dei casi - aggiunge Sannino - i nostri bambini o sono nati in Italia o hanno comunque frequentato, a seconda degli ordini di studi, la nostra scuola e quindi hanno problemi di lingua molti relativi".
Una scuola, quella romana dove si concentra, secondo il rapporto della Caritas del 2009, il numero più alto in Italia di studenti stranieri (oltre il 70 per cento del totale) e quindi sempre più multietnica: solo lo scorso anno erano circa 32mila i ragazzi nati in altri paesi che frequentavano le nostre classi. Quest'anno -i dati non sono ancora ufficiali - il numero dovrebbe crescere del 12 per cento.



Il prof che "arruola" gli alunni immigrati

la RepubblicaBoologna; 08-09-2010
Alessandro Dall'Olio
I corsi gratuiti della Camera del Lavoro, la prima "porta" che si apre a chi arriva in città e ha bisogno di imparare la nostra lingua. Un bigliettino e un sorriso, così Gino Giacovelli allarga le sue classi di italiano
Alle fermate del bus, nei capannelli delle piazze e agli angoli delle strade. Tra un sorriso e un saluto, la sua mano si infila in tasca e offre un bigliettino ad ogni straniero che incontra. Come nel medioevo si arruolavano soldati alle porte della città, così questo signore "allarga" le sue classi. Gino Giacovelli (nella foto a destra) insegna la nostra lingua agli stranieri appena giunti a Bologna, quelli che si sono fermati qua senza nemmeno un bagaglio di dieci parole italiane, tanta era la fretta di scappare da guerre e miserie umane. Su quei foglietti gli orari dei corsi gratuiti della Cgil, un numero telefonico e quello del bus che raggiunge il Centro Zonarelli, dove Gino impegna parte della propria vita per migliorare quelle altrui. "Forse per onorare il fatto che sono stato il primo della mia famiglia ad andare a scuola da bambino - racconta - nella mia Taranto ho insegnato matematica, poi la vita mi ha portato tra questi portici. Ho venduto libri, ho fatto il consulente finanziario, ma ciò che faccio ora è la cosa migliore.
Vedere una classe raddoppiare è una gioia, quanto smussare le timidezze e fare alzare quegli occhi bassi. Mi piace lavorare con gli ultimi, regalare le prime 50 parole italiane". Le sue lezioni, che quest'anno hanno trovato ospitalità al centro di via Sacco (0514222072), sono singolari, in classi miste per nazionalità ed età. Mentre una collega, Novella Miano, fornisce i dogmi grammaticali, Gino coinvolge la classe attraverso il testo di "Margherita" di Cocciante o partendo da "tanto gentile e tanto onesta pare" del sommo poeta. Alcuni ex alunni sono diventati collaboratori volontari: Nabin, 19 anni, nepalese, in partenza per un master negli Stati Uniti, che di giorno lavora da McDonald e la sera tiene lezioni allo Zonarelli in hurdu, la colta Mila che ha lasciato Sarajevo 15 anni fa, o Ahmed, diciassettenne bengalese che tre anni fa era tra i banchi ed ora è davanti alla lavagna, sul prato, a tradurre il vocabolario italiano ad alcune mamme dai sari colorati.

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