07 maggio 2015

Senza dignità non c`è accoglienza
Il Mattino, 07-05-2015
Antonio Mattone
Ieri 562 profughi sbarcati a Napoli, l`altro ieri 652 a Saler` no, domani chissà quanti altri. Il sistema dell`accoglienza rischia di saltare. Dove saranno sistemati tutti i migranti che stanno per arrivare dalle nostre parti? E come reagiranno gli abitanti di zone già segnate da endemici problemi sociali, mancanza di lavoro e di servizi? Segue a pag. 35
Già qualche giorno fa i cittadini di Cellole, nel Casertano, guidati dal loro sindaco erano scesi in strada per protestare dopo l`arrivo di 24 immigrati che dovevano essere ospitati in una villetta gestita da una cooperativa sociale. C`è da dire che le condizioni di questa struttura non sembravano garantire una degna accoglienza. Basti pensare che mancava l`acqua calda e non c`erano i letti per tutti gli ospiti. E qui sorge il problema di avere garanzie dalle associazioni che prendono in carico persone già provate da lunghi ed estenuanti viaggi, e dei relativi controlli che bisogna esercitare. Non è pensabile che non ci sia alcuna verifica sui luoghi dove andranno ad alloggiare i migranti. L`accoglienza non può diventare solo un business ma deve essere caratterizzata da un imprescindibile tratto umanitario e da una opportuna sostenibilità.
Tuttavia bisogna anche dire che, soprattutto in questa fase elettorale, c`è chi specula sulle paure collettive e getta benzina sul fuoco per ottenere qualche consenso in più, semplificando una realtà estremamente complessa e difficilmente controllabile.
Se non verranno rimosse alla radice le cause di questo esodo biblico non possiamo illuderci di fermare l`ondata migratoria che si sta riversando sulle nostre coste e finiremo per esserne travolti. E non basteranno i paventati blocchi navali o le sparate preelettorali a spaventare chi fugge da guerre e orrori. Ieri nel porto di Napoli sono sbarcati eritrei, sudanesi, pakistani, siriani. Gente che proviene da luoghi dove la vita non vale nulla. L`Europa non può più far finta che il problema non esita e deve farsene carico.
Deve ridiventare un soggetto politicamente attivo ripristinando azioni di diplomazia internazionale nelle zone di conflitto, promuovendo interventi e progetti nei paesi in via di sviluppo e dando una significativa svolta all`operazione Triton che deve riacquistare quella natura di assistenza ai migranti che invece aveva caratterizzato Mare Nostrum.
Solo per fare un esempio ieri nel porto di Napoli alcuni soccorritori lamentavano che con Mare Nostrum le operazioni di identificazione e di prima assistenza avvenivano già sulle navi, per cui quando i migranti
sbarcavano nei nostri porti venivano immediatamente smistati nei centri di accoglienza o negli ospedali se avevano bisogno di cure. Dei profughi arrivati ieri a Napoli solo 121 resteranno in Campania, mentre gli altri sono già partiti per alcune Regioni del Nord. L`altro problema serio da affrontare è la ripartizione dei migranti nel territorio italiano. Un peso che non può gravare solo su qualche comunità, ma che deve essere ridistribuito equamente in tutti i territori della nazione. Le Regioni italiane possono farsi carico dell`accoglienza degli immigrati in proporzione alle loro risorse.
Mi ha molto colpito l`esperienza del sindaco di Pozzallo e dei suoi cittadini, un paese di 19mila abitanti che in un anno ha visto sbarcare oltre 25mila persone. Lo scorso febbraio in un convegno sui migranti organizzato dalla chiesa di Napoli affermò con orgoglio: «Voglio essere il sindaco che accoglie i migranti e non l`amministratore che riceve cadaveri». E allora osservare ieri nel porto di Napoli rappresentanti delle istituzioni, volontari, medici, mediatori culturali operare insieme in sinergia e collaborazione era un bel vedere e un segno di speranza.


 
Accoglienza, i prefetti fanno contratti con i privati
Il Messaggero, 07-05-2015
Valentina Errante
ROMA Nonostante gli annunci e le buone intenzioni, le risposte non sono arrivate, o almeno non da tutte le regioni italiane. E così, in molte province, dopo la circolare inviata lunedì scorso dal Viminale, per trovare accoglienza nelle regioni del Centro e Nord Italia a circa 8mila migranti, le prefetture hanno fatto ricorso a strutture private. Si evita, almeno fino al 31 maggio, giorno delle elezioni, lo scontrò frontale, che nascerebbe dalle requisizioni dei siti già contemplata dal ministero dell`Interno, mentre la tensione con le amministrazioni locali continua a crescere.
E` difficile che l`incontro di oggi tra l`Anci, la Conferenza delle Regioni e il ministro Angelino Alfano porti risultati concreti. E intanto gli sbarchi continuano e l`emergenza cresce: i richiedenti asilo, 25.099 al 21 aprile, il 4 maggio erano già 33.831. Un dato che andrebbe aggiornato in progress. In mattinata è prevista anche la prima convocazione della neonata commissione d`inchiesta della Camera
 sull`Accoglienza e il trattamento dei migranti: sarà il capo del Dipartimento sui diritti civili, Mario Morcone, a illustrare la drammatica situazione.
LA RIDISTRIBUZIONE
La circolare di lunedì, inviata a tutti i prefetti esclusi quelli siciliani, non prevedeva la ridistribuzione numerica sul territorio degli immigrati. Per evitare lo scontro con gli enti locali, il capo del Dipartimento ha evitato di replicare la direttiva del 13 aprile, che indicava esattamente i numeri dell`accoglienza sul territorio proporzionale alla densità, ed è rimasta lettera morta. E così sono stati i prefetti a muoversi, dopo avere convocato i sindaci. In molti casi non hanno avuto risposta ed è stato necessario ricorrere a convenzioni con i privati per far fronte all`emergenza. La divisione continua, comunque, a non essere proporzionata.
IL TAVOLO
Un punto di accordo si cercherà questo pomeriggio, alla riunione tra Alfano, Anci e Conferenza delle Regioni. E` difficile che l`incontro porti a una matematica divisione sul territorio dei migranti. Sindaci e governatori torneranno sulla necessità di aumentare da 20mi- la a 40 mila i posti degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), a chiedere certezze sui fondi che il ministero intenda impiegare e sulla indispensabile revisione dei tempi per esaminare le richieste di asilo. «Io - ha spiegato Alfano - sono il ministro dell`Interno e devo seppellire chi arrivi morto e accogliere chi arrivi vivo. Ma ci deve essere giustizia e un`equa distribuzione dei migranti nei Paesi europei e nelle regioni italiane. Non sarebbe giusto scaricare sulle regioni che hanno l`onere del 90% degli sbarchi anche il peso di accogliere da soli tutti i migranti». Il Piano nazionale di accoglienza, varato a luglio, con le quote destinate a ciascuna regione, è saltato sul rifiuto degli amministratori. Prevedeva anche la creazione di "hub" regionali di prima, accoglienza, dove fare un primo screening di chi sbarca. Regioni e Comuni invocano l`uso delle caserme dismesse. Il ministero della Difesa, da parte sua, ha offerto dodici strutture, solo tre, per ora, utilizzate. Intanto, proseguono i soccorsi in mare, si allunga l`elenco dei morti. E continuano anche le polemiche.
 


Le richieste d`asilo arretrate che creano il caos dell`accoglienza
Esaminata solo una domanda su due: 40 mila migranti in attesa nei centri
Corriere della sera, 07-05-2015
Fiorenza Sarzanini Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
ROMA Ci sono circa 40mila richieste di asilo presentate all`Italia che devono essere ancora esaminate. In attesa che arrivino le risposte il sistema di accoglienza rischia di andare in tilt.
Gli accordi internazionali obbligano infatti le autorità del nostro Paese a provvedere all`assistenza dei profughi fino al termine della procedura, ma le commissioni territoriali appaiono ormai ingolfate e i tempi continuano ad allungarsi. Sono i dati trasmessi dal ministero dell`Interno al Parlamento a fotografare una situazione drammatica che si aggrava con il trascorrere delle settimane e i continui sbarchi di migranti. Perché dimostrano che soltanto una istanza su due viene «lavorata» mentre le persone alloggiate nei centri e nelle strutture temporanee ormai sono quasi 75 mila, alle quali si aggiungono 12 mila minori.
Le nuove istanze
Nel 2014 sono state presentate 64.886 richieste per ottenere lo status di rifugiato. Ne sono state esaminate soltanto 36.330 e di queste i138 per cento è stata respinta. L`arretrato si è sommato a quello degli anni precedenti, ma ciò che maggiormente preoccupa sono le nuove richieste perché dei 33.831 giunti sulle nostre coste fino al 4 maggio scorso, ben 20.858 hanno già chiesto di ottenere il riconoscimento. Secondo il Trattato di Dublino lo Stato dell`Unione europea dove il richiedente asilo ha messo piede per la prima volta ha l`obbligo di verificare i requisiti e dunque nel caso di chi arriva attraversando il Mediterraneo è l`Italia a dover provvedere.
Migliaia di «dinieghi»
Tempi più rapidi servirebbero certamente ad alleggerire la situazione perché le statistiche dimostrano che almeno un terzo degli stranieri non ha diritto a ottenere la protezione internazionale, dunque non deve rientrare nel programma di accoglienza gestito dal Viminale. Nel 2014 su ci sono stati infatti 13.327 dinieghi e la stessa percentuale sembra confermata anche per i primi mesi di quest`anno visto che su 14.636 casi verificati, ben 6.927 sono stati giudicati non idonei. Più volte il ministro Angelino Mano ha aumentato il numero delle commissioni proprio per cercare di velocizzare il sistema e adesso si pensa di intervenire nuovamente per tentare di alleggerire la pressione sul sistema di accoglienza.
Le 1.800 strutture
Oggi pomeriggio al Viminale ci sarà un incontro con i rappresentanti di Regioni e Comuni. L`obiettivo è varare un piano più strutturato che consenta di non agire in emergenza per tutta l`estate alla ricerca di posti dove alloggiare i migranti. Più volte il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione, ha evidenziato la necessità di poter contare su un circuito stabile senza essere costretti ad allestire tendopoli oppure a chiuderli nelle caserme. Lo ha ripetuto ieri lo stesso Mano evidenziando come «non sarebbe giusto scaricare sulle Regioni che hanno l`onere del go per cento degli sbarchi anche il peso di accogliere da soli tutti i migranti». Un chiaro riferimento al Sud, con la Sicilia che può contare su 107 strutture temporanee e si fa carico del 23 per cento degli stranieri, la Calabria che ne ha 54 e ne prende i16 per cento, la Puglia con so luoghi di accoglienza e arriva addirittura all`8. Un peso notevole tenendo conto che la Lombardia ha 313 luoghi e si fa carico del 9 per cento dei migranti, il Piemonte ne ha tgo e finora ha accettato il 6 per cento pur facendo sapere di essere disponibile ad aumentare la capienza, mentre il Veneto ha 145 strutture e si ferma al 4 per cento.
I tempi dell`Onu
Sbarchi e tragedie non sembrano conoscere tregua, ma questo non appare sufficiente ad accelerare le trattative con l`Unione europea e con l`Onu per ottenere almeno il via libera alla distruzione dei barconi degli scafisti. E sembra sempre più difficile che alla fine si riesca ad ottenerlo. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà lunedì prossimo per discutere le strategie in materia di immigrazione, ma le resistenze già evidenti - quelle della Russia in particolare, ma non solo - rispetto alla possibilità di intervenire militarmente o con operazioni di polizia internazionale fanno ritenere che anche questa volta non si riuscirà a trovare l`accordo per la firma della risoluzione. Per questo l`Italia ha deciso di proseguire comunque all`affondamento dei mezzi, oppure al trasferimento in alcuni porti delle Regioni del sud o a Malta, visto che il governo de La Valletta sta mostrando piena collaborazione.



I migranti per tornare alla ricchezza delle terre
La patria agricola dei migranti
il manifesto, 07-05-2015
Piero Bevilacqua
Che i grandi flussi migratori costituiscano fenomeni inarrestabili, destinati a cambiare i•volto dei paesi, dovrebbe esser noto in Italia, terra d`emigrazione e di antica sapienza storica. A poco valgono le barriere, gli strepiti, le paure di fronte a processi demografici e sociali incontenibili. Essi avanzano a dispetto di
tutto, procedono anche molecolarmente e cambiano la storia del mondo, che lo vogliano o no i contemporanei. Perciò una istituzione come i Centri d`Identificazione ed Espulsione - nati dalla fantasia miserabile del centro-destra - ha sintetizzato tutta la miopia e l`inettitudine delle nostre classi dirigenti di fronte a un fenomeno che non sono in grado di fronteggiare, ma neppure di comprendere. Miopia e inettitudine paradossali, per un paese in declino demografico, malamente invecchiato, che respinge l`energia vitale di una gioventù affamata di lavoro, di stabilità e di sicurezza di vita. Eppure, non mancano gli esempi recenti che potrebbero insegnare qualcosa ai governanti italiani e anche a quelli europei.  continua a pagina 15
I quali , come s'è visto di recente, di fronte alle ecatombi nel Mediterraneo, condensano la loro alta progettualità nell`idea di affondare i barconi dei disperati. Qui gli algoritmi degli strateghi della finanza precipitano nel ridicolo. Negli anni `90 gli USA hanno conosciuto una ondata di immigrazione fra le più vaste e intense della loro storia. Quell`immissione demografica, proveniente dal Sud e Centro America, ha costituito, fino all` 11 settembre, una delle leve della straordinaria espansione economica del decennio. Nuova popolazione, dunque nuovi bisogni di case, servizi, cibo e beni, e tanta disponibilità di forza lavoro a basso costo. E ancora oggi è l`immigrazione che tiene in piedi la base alimentare di quel paese. In California, la "campagna" degli USA, quasi nessuna raccolta di frutta e ortaggi sarebbe possibile senza il lavoro dei latinos, in grado di reggere un durissimo lavoro a temperature insopportabili per la popolazione americana.Non è un modello da imitare, ma è la realtà.Ma anche a casa nostra, lo ricordano giustamente Tonino Perna e Alfonso Gianni nel loro articolo, gli immigrati svolgono già una funzione economica decisiva nelle nostre campagne, ancorché in condizioni spesso inaccettabili.
Si fa poco sapere agli italiani, ad es., che gran parte del settore zootecnico del Nord Italia è stato tenuto in vita dal lavoro oscuro e silenzioso degli immigrati dall`India. Ma quanto propongono Perna e Gianni può diventare in effetti un grande progetto. Costituisce una strada non solo utile e percorribile, ma obbligata per un insieme di ragioni. Intanto perché riportare alla nostra terra migliaia di giovani africani o di altri altri stati che l`hanno dovuta abbandonare nel loro paese, per miseria o per guerra, signica dare una prospettiva a una parte importante della popolazione migrante. Al tempo stesso, l`ingresso di tanti giovani che hanno esperienza e vocazione per il lavoro agricolo potrebbe rimettere in vita territori vastissimi non solo del nostro Sud, ma anche delle colline preappeniche di tutta la Penisola, oggi in abbandono o in via di spopolamento. Infine, porre il fenomeno dell`immigrazione al centro di un vasto progetto di inserimento sociale, farne una leva di progresso economico e ambientale di tutto il paese, rafforzerebbe enormemente il discorso di pura difesa umanitaria degli immigrati che oggi fa la sinistra e le forze democratiche. Qui sta un nodo di elaborazione politica di assoluto rilievo, che può disinnescare la miscela populistica e xenofoba della destra italiana. Com` è ovvio, il processo di inserimento dei nuovi arrivati nelle nostre campagne non può essere affidato alla spontaneità. Questi miracoli del cosi detto libero mercato avvengono solo nella testa degli economisti neoliberisti. Occorre che la mano pubblica faccia la sua parte, sia a livello centrale, con apposite leggi, sia in periferia, tramite le amministrazioni comunali. La base di partenza è la disponibilità della terra. Esistono immense estensioni dí territori abbandonati, ricordano Perna e Gianni. Ma molti di questi, specie se collocati non lontano dal mare, sono in attesa di edificazione, perché la speranza di arricchirsi con la rendita non muore mai. E dunque occorre stabilire per legge l`impossibilità netta e invalicabile di cambiare destinazione d`uso alle terre agricole. Tanto più che si tratta quasi sempre di terre collinari, che assolvono un compito di equilibrio ambientale e idrogeologico decisivo per la sicurezza di territori e abitati. Ma i comuni dovrebbero fare la loro parte, impegnandosi a inventariare le loro terre e quelle demaniali disponibili. In queste aree, che rappresentano certamente l`osso della nostra agricoltura, è possibile sviluppare economie niente affatto marginali.Nelle migliori terre di collina potrebbe fiorire e in parte rifiorire la frutticoltura di qualità, in grado di valorizzare la biodiversità agricola ineguagliabile di cui ancora disponiamo. Oggi esiste solo a livello amatoriale, si dovrebbe innalzare a una scala accettabile di produzione e immettere nel mercato. Ma accanto all`agricoltura si potrebbe sviluppare un ambito gravemente sottovalutato: quello della silvicultura.
E` poco noto che nel Mezzogiorno l`intervento della Cassa, che ha riforestato larga parte delle nostre montagne e colline - limitando le alluvioni che periodicamente funestavano paesi a abitati - ha avuto un indirizzo molto specifico: si è limitato alla protezione del suolo dai fenomeni di erosione. Oggi noi abbiamo km quadrati di boscaglia e di macchia e siamo costretti a importare dall`Europa il legname da opera: noci, ciliegi, castagni, oltre a quello dei paesi tropicali. Si apre dunque uno scenario di possibilità di nuova forestazione con alberi di pregio di straordinaria ampiezza, in grado di far rivivere tanti paesi e terre oggi abbandonati. Tanto più che alla selvicoltura si può accompagnare l`allevamento, soprattutto di animali da cortile, e l`uso delle acque interne, capaci di produrre reddito immediato.
Naturalmente, a valle, si presenta il problema della commercializzazione dei prodotti. E` questo l`altro grande nodo su cui intervenire. Lasciare i produttori in balia della grande distribuzione significa strozzare i loro redditi e condannarli all`abbandono dell`impresa. E qui occorre imparare dall`esperienza della riforma agraria del 1950. Le imprese che allora ebbero successo e riuscirono a sopravvivere, furono quelle che ebbero una quota sufficiente di terra ( almeno 5 Ha) e la casa. Ma che al tempo stesso godettero dell`assistenza tecnica degli Enti di riforma e la possibilità di accesso al mercato. La creazione di cooperative, come quelle previste dal Decreto Gullo per l`assegnazione delle terre incolte, del 1944, dovrebbe costituire una piattaforma importante dell`intero progetto, in grado di mettere insieme efficienza economica e relazioni solidali. Non è solo in gioco la possibilità di valorizzazione economica dei territori. Si gioca qui anche la scommessa di ricostruire, sulle nostre antiche terre, nuove comunità di vita.
 


I centri rom di Roma tra sprechi e segregazione
Avvenire, 07-05-2015
Luca Liverani
Un fiume di soldi dei contribuenti spesi dal Campidoglio per lasciare i rom in uno stato di segregazione, privazione dei diritti, emarginazione. Condizioni che inevitabilmente favoriscono il degrado sociale e la devianza. È la condizione di 242 famiglie rom, circa 900 persone, che a Roma vivono da anni in tre centri di raccolta, più altre quattro strutture, ufficialmente «a carattere temporaneo e transitorio». Salatissimo il conto a fine 2014: 8 milioni e 53mila euro, il 29,8% in più rispetto al 2013.
È la denuncia documentata dell’Associazione 21 luglio, nel dossier Centri di raccolta Spa, presentato ieri in Campidoglio con l’assessore alle Politiche sociali Francesca Danese, il presidente della Commissione diritti umani senatore Luigi Manconi, il consigliere comunale Riccardo Magi della Lista Marino, il sociologo Tommaso Vitale.
Giusto un anno fa l’Associazione aveva pubblicato Campi Nomadi Spa, raccontando - sei mesi prima dell’inchiesta "Mondo di mezzo" - l’affare da 24 milioni nel 2013 spesi per i Villaggi della solidarietà (i campi sosta comunali), i Centri di raccolta e gli sgomberi. Ora il focus è sui sette Centri di raccolta, «spazi segregati privi dei requisiti minimi stabiliti dalla legge regionale 41».
Capannoni industriali e magazzini privi dell’abitabilità, allestiti - in fretta e a caro prezzo - dopo gli sgomberi forzati dell’amministrazione Alemanno. Sono in via Salaria 971, in via Visso (il Best House Rom), in via Amarilli. Poi all’ex Fiera di Roma e in tre palazzine sostanzialmente a norma: via san Cipirello, via di Torre Morena, via Toraldo. Per tutti i costi, rispetto al 2013, sono lievitati nel 2014: da oltre 6 milioni a più di 8. Fondi quasi tutti assegnati a enti e cooperative tramite affidamento diretto, senza bando pubblico: per il 90,6% spesi per la gestione dei centri, 4% per la sicurezza, 5,4% per la scolarizzazione. Zero per percorsi di inserimento sociale.
Chi ci guadagna? Al Consorzio casa della Solidarietà il 49,2%, 4 milioni. Alla Cooperativa Inopera il 32%, 2,5 milioni. In media 33mila euro l’anno a famiglia. «Sulla questione rom, più che su altre, si gioca la qualità della democrazia in Italia», avverte Manconi. «È in corso un criminalizzazione per la messa al bando di una minoranza. In 70 anni di democrazia non era mai stato condotto un processo di omologazione di un popolo a un fatto criminale», possibile «per la scarsa consapevolezza di cosa sono i diritti fondamentali».
Il mantenimento dei Centri di raccolta, dice il presidente della 21 luglio Carlo Stasolla, «è garantito da un accordo implicito, un "patto dell’invisibilità" fondato su tre parole chiave: assistenza, invisibilità, profitto». In cambio di «spazi abitativi inadeguati» ma non a rischio sgombero, un vitto «spesso immangiabile» e «utenze gratuite», i rom «non rivendicano i loro diritti» e chi lo fa «rischia di essere cacciato». Il gestore è «lautamente pagato per garantire l’osservanza del patto».
Nel dossier dopo la denuncia c’è spazio per la proposta. A indicare un percorso di uscita è Tommaso Vitale, sociologo all’Università Scienses Po di Parigi. «Nell’analisi delle politiche pubbliche non contano le intenzioni, ma solo i risultati in termini di benessere delle persone», spiega Vitale che si occupa del tema da oltre 15 anni. E indica sette principi: uno, soluzioni abitative per tutti i soggetti, senza scremature, pena «la perdita di fiducia e la ripresa di occupazioni, baraccopoli, sgomberi».
Due, confermare i budget, riconvertendoli. Tre, variare le soluzioni: sostegno all’acquisto di case o all’affitto, autocostruzioni e ristrutturazioni, aree attrezzate per famiglie estese. Quattro, negoziare direttamente con le famiglie. Cinque, programmare la spesa con budget individuali. Sei, realizzare un piano complessivo con strumenti, procedure, tempi e obiettivi verificabili. Settimo, dialogare con la città, per spiegare che includere avvantaggia tutti: rom, romani e turisti. «Solo Roma, in Europa, si è spinta tanto nella segregazione. Messina, Padova, Bologna, Venezia, Reggio Calabria, Bergamo hanno già superato i campi».



Gli immigrati si imbarcano su Facebook
Pagine in arabo offrono viaggi clandestini verso l`Italia. Ci sono anche offerte speciali: sotto gli 11 anni è gratis.
Panorama, 07-05-2015
Laura Cappon
Un viaggio clandestino verso l`Italia su una nave di 88 metri. Al prezzo di 6 mila dollari, con tanto dì offerta speciale: il posto gratis per i bambini sotto gli 11 anni. L`annuncio con foto e informazioni dettagliate è pubblicato, in arabo, sulla pagina Facebook «viaggi da Mersin verso l`Italia». Mersin è in Turchia e, anche se quella pagina è stata rimossa, non è l`unica nel suo genere. Anche su «Viaggi verso la Turchia e l`Italia» in un post del 24 aprile è stato scritto: «Siamo lieti dí informarvi che ci sono posti nelle nostre navi» fornendo due numeri di telefono che, si specifica, sono contattabili «anche su Whatsapp e Viber», applicazioni per chiamate gratuite. Un`offerta a tutto tondo, insomma, impreziosita da allettanti foto di sfolgoranti imbarcazioni che, promette la pagina, porteranno i migranti a destinazione. Specchietti per le allodole? I diffidenti che si preoccupano («Ma rischio di morire in viaggio?») vengono rassicurati dall`amministratore della pagina.
Un`altra ha un titolo molto più esplicito: «Richiedenti asilo, immigrazione regolare e irregolare verso tutti i Paesi. Pagina esclusiva per i siriani». Conta ben 18 mila «like» e alterna indicazioni su come richiedere asilo nei Paesi europei a invitanti offerte di viaggi. clandestini. La popolarità di queste pagine è l`ennesimo segnale della grande quantità di persone che dal Medio Oriente o dall`Africa tentano di ottenere asilo in Europa. Con ogni mezzo, compreso Facebook. Non a caso Frontex, l`agenzia europea per la gestione delle frontiere, nel suo report sul terzo quadrimestre 2014 ha sottolineato come «i social media sono utilizzati per scambiare informazioni tra i migranti e i trafficanti».
Il numero di disperati che decidono di partire verso l`Italia continua a crescere vertiginosamente nonostante la tragedia del 19 aprile, quando circa 800 persone morirono nel naufragio più grave nel Canale di Sicilia. Dall`inizio dell`anno sono oltre 33 mila gli immigrati sbarcati in Italia. Una volontaria che si occupa dell`assistenza di chi arriva dal corno d`Africa al Cairo spiega a Panorama che i lunghi tempi di attesa per ottenere in Egitto lo status di rifugiato spingono i richiedenti asilo a partire per il Mediterraneo. «Sono sfiniti dai tempi di attesa, i più giovani pensano di farcela e decidono di affidarsi ai trafficanti, con tutti i mezzi». Social network compresi.


Carta di soggiorno. Il test d’italiano si prenota online, ma non tutti lo devono fare
Il ministero dell’Interno ricorda la procedura per chi chiede il permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo. E le categorie per le quali non sono previste verifiche sulla lingua
stranieriinitalia.it, 07-05-2015
Roma – 6 maggio 2015 – Essere in Italia regolarmente da almeno cinque anni, guadagnare abbastanza per mantenersi e conoscere l’italiano almeno in maniera elementare. Sono i questi i requisiti principali per chiedere il permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo, più conosciuto come “carta di soggiorno”.
Circa la metà degli stranieri in Italia già ce l’ha, per tutti gli altri rimane un traguardo molto ambito. Si tratta infatti di un permesso a tempo indeterminato, che consente anche di godere di molti diritti altrimenti riservati a cittadini italiani e dell’Unione Europea.
Come si dimostra la conoscenza dell’italiano? Superando un test che va prenotato online, come ha appena ricordato il ministero dell’Interno in una scheda pubblicata sul suo sito.
La domanda si presenta attraverso il sito https://testitaliano.interno.it. Viene poi girata allo Sportello Unico per l’Immigrazione della provincia di residenza e, che, sempre attraverso lo stesso sito, convoca entro 60 giorni l'immigrato, indicandogli data e ora dell’esame.
Chi supera l’esame, conquista la carta di soggiorno. Chi  viene bocciato può riprovare, prenotando online un nuovo esame, ma solo se sono passati almeeno 90 giorni dal test precedente.
Il ministero dell’Interno ricorda anche che sono esentati dal test i figli che hanno meno di 14 anni e le” persone con gravi deficit di apprendimento linguistico certificati da una struttura sanitaria pubblica”. Inoltre, non sono tenuti a sottoporsi al test quanti hanno titoli di studio, certificazioni o qualifiche che lasciano intendere che già conosce bene l’italiano.
In particolare, spiega il Viminale, è esentato chi:  
“a) è in possesso di attestati o titoli che certifichino la conoscenza della lingua italiana a un livello non inferiore all'A2 del Quadro comune di riferimento europeo per la conoscenza delle lingue, rilasciato dall’Università per stranieri di Siena, dall’Università per stranieri di Perugia, dall’Università degli studi Roma tre e dalla società Dante Alighieri (enti certificatori);
b) è in possesso di un'attestazione che dimostri che il cittadino ha frequentato un corso di lingua italiana presso i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti ed ha conseguito, al termine del corso, un titolo che attesta il raggiungimento di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune di riferimento europeo per la conoscenza delle lingue;
c) ha ottenuto, nell’ambito dei crediti maturati per l’accordo di integrazione di cui all’art. 4-bis del Testo unico, il riconoscimento di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune di riferimento europeo per la conoscenza delle lingue;
d) ha conseguito il diploma di scuola secondaria di primo o secondo grado presso un istituto scolastico appartenente al sistema italiano di istruzione o ha conseguito, presso i centri provinciali per l’istruzione degli adulti il diploma di scuola secondaria di primo o di secondo grado, ovvero frequenta un corso di studi presso una Università italiana statale o non statale legalmente riconosciuta, o frequenta in Italia il dottorato o un master universitario;
e) ha fatto ingresso in Italia in qualità di: dirigente o lavoratore altamente qualificato di società che hanno sede o filiali in Italia; professore universitario o ricercatore con incarico in Italia; traduttore/interprete; giornalista corrispondente ufficialmente accreditato in Italia”.
 

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