Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

L'Italia la Libia e il trattato della vergogna

Valentina Brinis Ernesto Maria Ruffini
Il 2 giugno la sede di Tripoli dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu è stata costretta a chiudere poiché, non aderendo la Libia alla Convenzione di Ginevra, le attività svolte dall’ufficio venivano considerate “illecite”.
È una questione che riguarda, e molto, l’Italia. E, infatti, il “trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” siglato con la Libia ha appena compiuto un anno. Una cooperazione nella «lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, all'immigrazione clandestina» attraverso «un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche». Così, dal 15 maggio 2009, viene attuata una politica di respingimento di quanti tentano di approdare irregolarmente sulle nostre coste. Gli effetti di questa politica sono drammatici. Per un verso si è registrata una riduzione delle richieste di asilo presentate agli organi italiani: dagli oltre 31mila del 2008 a poco più di 17mila nel 2009. Per altro verso gli sbarchi, che nel 2008 sono stati 36.900, si sono ridotti a 9.573 (ma quelli in Sicilia rappresentavano appena il 5% degli ingressi irregolari), con un calo notevole, del 90%, da maggio a dicembre. Ma la realtà che si cela dietro questi numeri mette sotto accusa la pratica dei respingimenti e più in generale l’inasprimento delle misure di contrasto all’immigrazione. Ne conseguono la rinuncia al viaggio da parte chi è a conoscenza delle  politiche migratorie italiane, il pesantissimo controllo libico sul territorio e sulle coste, l’intercettazione e il respingimento in mare di quanti riescono a imbarcarsi. Quei migranti respinti con ogni probabilità, avevano diritto di ottenere lo status di rifugiati, ma di loro non sapremo più nulla. Certo, avevamo solidi motivi per chiudere il contenzioso con la Libia per il nostro passato coloniale, ma, evidentemente, nemmeno un motivo qualunque per aiutare uomini e donne provenienti da paesi dove quel passato è stato ugualmente disastroso. Intanto il ministro Franco Frattini vanta il fatto di aver salvato tanti dalla morte in mare. È immorale il tentativo di presentare all’opinione pubblica una sola faccia del fenomeno migratorio: se i morti sono morti (e i 419 del 2009 a noi sembrano molti), qual è il destino dei salvati, dei “respinti”? L’alternativa possibile sarà tra la detenzione nei campi libici di cui sono stati ben documentati i livelli di civiltà giuridica, e il ritorno coatto alle situazioni di guerra, miseria, persecuzione dalle quali erano fuggiti. Ma, secondo l’articolo 16 del Trattato, le parti non dovrebbero adoperarsi «per la diffusione di una cultura ispirata ai principi della collaborazione tra i popoli»?

L’Unità 18 giugno 2010
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