Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

11 settembre 2014

Profughi. Vita difficile per chi cerca protezione nell’Ue
Viaggi rischiosi per arrivare, attese nei centri di detenzione, insufficienti misure di accoglienza. Rapporto dell’ECRE
stranieriinitalia.it, 11-09-14
11 settembre 2014- Accesso limitato al territorio EU, richiedenti asilo che finiscono in centri di detenzione in alcuni paesi, e accoglienza spesso inadeguata per capacità e condizioni.
Sono  alcuni degli aspetti messi in luce da un rapporto presentato  martedì dal Consiglio Europeo sui Rifugiati e gli Esuli (ECRE). La fotografia del persistente divario tra la teoria del Sistema Comune d’Asilo Europeo (CEAS) e la stridente realtà che affrontano i richiedenti asilo nei 15 Stati Membri dell’Unione Europea analizzati dal rapporto (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Malta, Olanda, Polonia, Svezia e Regno Unito).
Mentre alle porte dell’Europa si moltiplicano i conflitti, chi cerca protezione spesso trova la morte in viaggi sempre più rischiosi per raggiungere l’Europa. Quest’anno sono morte o disperse nel mar Mediterraneo oltre 2.000 persone, nonostante gli sforzi dell’operazione “Mare Nostrum”, che ne ha salvate oltre 100.000.
“Creare più ostacoli ai rifugiati per raggiungere il territorio UE è di solo beneficio per i trafficanti. E’ assurdo che i rifugiati siano costretti a pagare migliaia di euro per raggiungere l’Europa a causa delle politiche restrittive dei visti, di sanzioni e controlli ai confini che impediscono loro di viaggiare legalmente" dice Michael Diedring, Segretario Generale dell’ECRE, al lancio del rapporto “Mind the gap: una prospettiva delle ONG sulle sfide dell’Accesso alla Protezione nel Sistema Comune d’Asilo”.
“Concordiamo sul fatto che il soccorso in mare nel canale di Sicilia debba essere considerato una responsabilità europea e che gli sforzi italiani nell’operazione “Mare Nostrum” debbano essere supportati dagli altri Stati Membri e dalla stessa Commissione Europea. ”Frontex Plus” per il momento, non sembra andare in questa direzione. Piuttosto punta al rafforzamento dei controlli e della sorveglianza”, sottolinea Christopher Hein, Direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati.
Quei richiedenti asilo che riescono ad arrivare in Europa continuano a dover affrontare ulteriori ostacoli: la detenzione amministrativa durante l’esame della domanda e l’accesso all’accoglienza.
In Ungheria il 26% di tutti i richiedenti asilo e quasi la metà (42%) degli uomini singoli sono detenuti, anche i minori non accompagnati sono trattenuti insieme agli adulti per lunghi periodi, nonostante la legge lo vieti. A Cipro, dove la detenzione riguarda un numero minore di casi, le condizioni sono simili a quelle di una vera e propria prigione: le persone sono detenute in celle sotto uno stretto sistema di sorveglianza, possono trascorrere in luoghi comuni solo poche ore al giorno e vengono ammanettate per trasferimenti all’interno o fuori del centro. In Italia, non è prevista detenzione per richiedenti asilo, che hanno invece libertà di entrare ed uscire dai centri d’accoglienza e di muoversi sul territorio.
Senza accesso all’accoglienza, i richiedenti asilo, che per legge non possono lavorare, sono obbligati a cavarsela come possono per guadagnarsi da vivere.
L’arrivo di decine di migliaia di persone via mare, rappresenta un’enorme sfida operativa e umanitaria per l’Italia, che ha fin qui aumentato il numero dei posti in accoglienza e adibito nuove strutture temporanee. Come risultato, attualmente sono ospitate circa 60.000 persone. Tuttavia, gli standard ricettivi italiani non sono omogenei sul territorio e i centri d’accoglienza sono pressoché al collasso. Il sud Italia sta ospitando circa il 55% dei richiedenti asilo, solo la regione Sicilia più del 25%.
 La deficienza del sistema ricettivo italiano, tuttavia, colpisce maggiormente le persone alle quali è stata già riconosciuta una forma di protezione rispetto a quelle appena arrivate. I rifugiati che non riescono ad accedere al sistema d’accoglienza, si ritrovano di fatto senza alcun supporto e molti cercano di raggiungere altri Paesi europei alla ricerca di migliori condizioni di vita e prospettive di integrazione.



Soccorsi "privati" in mare, in due settimane salvati oltre 1.500 migranti
Primo bilancio del progetto Moas (Migrant Offshore Aid Station) lanciato dalla famiglia Catrambone. Tutti i migranti soccorsi sono stati affidati al programma Mare Nostrum. “Sono quasi tutti siriani, palestinesi ed eritrei. Alcuni hanno venduto tutti i loro beni per scappare”
Redattore sociale, 11-09-14
ROMA - Oltre 1.500 migranti soccorsi in sole due settimane di attività. È il primo bilancio del Moas (Migrant Offshore Aid Station), la prima operazione di soccorso di migranti in difficoltà nel Mediterraneo finanziata da privati partita dall’isola di Malta grazie all’impegno della famiglia Catrambone, una coppia di imprenditori italo-americana che ha deciso di dare il proprio contributo alle operazioni di salvataggio dei migranti in mare mettendo a disposizione una propria imbarcazione, la Phoenix I, con a bordo volontari, tecnici e attrezzature per soccorrere le barche in difficoltà.
Dopo i primi soccorsi, durante i quali sono stati portati in salvo e trasferiti alle autorità italiane circa 300 migranti, in questi giorni la Phoenix ha intercettato altre quattro diverse imbarcazioni in difficoltà. La prima con circa 300 persone, di cui 83 tra donne e bambini a cui i volontari del Moas hanno prestato i primi soccorsi. Sempre in questi giorni un ulteriore intervento della Phoenix ha portato in salvo circa 400 migranti. Nelle ultime, altre 500 persone sono state soccorse e trasferite alla Marina italiana. “Si tratta per lo più di siriani, palestinesi ed eritrei – spiegano i responsabili del Moas -. Tra i migranti, alcuni sono partiti da Damasco e hanno raccontato di aver venduto tutti i loro beni per poter effettuare il viaggio. Uno di loro ha detto di aver venduto casa e auto, spendendo circa 15 mila dollari per portare la propria famiglia lontana dal conflitto”.
Le operazioni in mare della Phoenix avvengono in stretta collaborazione con le autorità internazionali operanti nella zona, nonostante non sia stato stretto alcun accordo ufficiale. Prima di ogni operazione di salvataggio, la Phoenix comunica con le autorità per inviare informazioni riguardo alle navi soccorso e ricevere indicazioni sul da farsi. Ad oggi, però, i migranti soccorsi sono stati affidati tutti alle autorità italiane impegnate nel Mediterraneo col programma Mare Nostrum. Dotata di due gommoni e altrettanti droni per individuare in mare le imbarcazioni in difficoltà, la Phoenix sta continuando la propria missione senza sosta, pubblicando costantemente aggiornamenti attraverso il proprio canale Twitter. I fondi messi a disposizione dalla famiglia Catrambone, però, permettono di finanziare il progetto per un altro mese e mezzo, ma sul web è stata lanciata una raccolta fondi per permettere di prolungare le operazioni. (ga)



I vigili urbani sui migranti:«Paura di contrarre scabbia e tbc»
L’Ospol, l’organizzazione sindacale delle polizie locali, denuncia i pericoli per la salute dei lavoratori. Chiesto un kit sanitario per chi entra in contatto con soggetti a rischio
Corriere.it, 11-09-14
ROMA — Paura di contrarre la scabbia, la malaria e la tbc perché «a stretto contatto, per motivi di servizio, con persone senza fissa dimora, extracomunitari senza permesso di soggiorno, con minori extracomunitari per accompagni nei Centri di accoglienza».
La richiesta
Di qui la richiesta unanime di mettere in mora l’Amministrazione Comunale attivando atti giudiziari contro il sindaco Marino e il comandante del Corpo per inosservanza della legge in materia di sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro. Di questo si è parlato mercoledì 10 settembre nella Sala Gonzaga del Comando Generale dove si è svolta l’assemblea convocata dall’Ospol. «L’allerta salute nei comandi municipali è grande - si legge in una nota del sindacato - e i vigili si sentono sempre più minacciati dal rischio contagio.
Mascherine e guanti
L’Ospol recependo le istanze dei lavoratori ha fatto richiesta al Campidoglio della dotazione, per tutti e 6.200 vigili urbani di Roma, del Kit sanitario di tutela composto da mascherina protettiva, occhiali balistici, corpetto e guanti antitaglio. L’Ospol continuerà la sua azione di lotta con Assemblee a macchia di leopardo in tutta la città non escludendo azioni di scioperi necessari per la salvaguardia della salute del lavoratore». Nell’Assemblea i vigili hanno inoltre chiesto di attivare ogni procedura di legge per spingere l’Amministrazione Comunale «a rendere pubblica l’incidenza delle malattie professionali che colpiscono i vigili della Capitale, il pericolo contagio di malattie pericolose legate alla strada e al servizio, l’incidenza della mortalità tra i vigili urbani che svolgono o hanno svolto servizi strada a stretto contatto con gli agenti atmosferici e polveri sottili dal 2000 ad oggi.
Diritto alla salute
Il sindacato non si ferma e andrà avanti nel rivendicare il diritto alla salute per gli agenti municipali che operano a rischio personale senza alcun strumento di protezione, senza tutele assicurative e senza profilassi sanitarie. L’Ospol ha interessato la Regione Lazio, per l’attivazione dell’Istituto Epidemiologico Asl, gli organismi Sanitari Nazionali e l’Autorità Giudiziaria».



Immigrati arruolati come guide per parlare al mondo
la Repubblica- Milano, 11-09-14
ORIANA LISO
DAi pashtu,la lingua ufficiale dell`Afghanistan, allo shona, lingua ufficiale dello Zirnbabwe. I cittadini milanesi-o meglio: gli stranieri nuovi milanesi- che conoscono lingue cosìpoco diffuse potrebbero diventare gli accompagnatori dei visitatori stranieri durante i sei mesi di Expo. Potrebbero così illustrare la storia, la cultura, la gastronomia milanese anche a quei turisti che non parlano l`inglese, il francese, lo spagnolo e, in generale, le lingue più diffuse, quelle che vengono normalmente usate per le indicazioni di servizio, per i cartelli turistici, nei menù dei ristoranti.
L`idea nasce dal Consiglio di zona 1 ed è stata raccolta da Palazzo Marino che ha appena pubblicato un bando, scadenza 23 settembre, per trovare un`associazione no profit (già attiva nel settore del turismo e dell`accoglienza) che - dietro pagamento di un massimo di 6mila euro - organizzi un corso di preparazione aperto ai cittadini residenti a Milano «che abbiano conoscenza adeguata della lingua italiana e della lingua di uno dei Paesi classificati a basso o medio reddito secondo la classificazione della Bancamondiale, nonché della cultura del Paese ospitante, nonché competenze informatiche di base». Persone che, grazie al corso, potranno diventare «intermediari culturali tra Milano e i visitatori». È, insomma, un modo per utilizzare in chiave turistica la forte presenza di immigrati in città: saranno soprattutto loro, quelli che sono in Italia da più tempo e quindi conoscono la lingua e la cultura milanese,
a poter partecipare ai corsi che si svolgeranno, secondo le previsioni, entro dicembre. Saranno almeno 75 ore di lezione, si studieranno elementi di base della comunicazione, l`orientamento a Milano ( cenni storici, aspetti geografici ed economici, trasporti, servizi ), percorsi di arte e storia ( dalla Milano romana e medievale a quella della moda, dai musei alla Scala, dai personaggi storici più importanti alle glorie sportive), informatica, la gastronomia e le tradizioni culinarie ( imprescindibili, e non soltanto perché il tema di expo è l`alimentazione) e, infine, la Milano multietnica.
Basta scorrere l`elenco dei Paesi considerati a basso e medio reddito per capire che il progetto è rivolto a quei turisti che non arriveranno, probabilmente, con le grandi organizzazioni dei tour operator (vedi la Cina, dove già è stato venduto 1 milione di biglietti, anche se compare ancora tra le nazioni con reddito medio-basso). Paesi dell`Africa centrale, del Sud-Est asiatico, del centro e del Sud America ma, senza allontanarsi troppo, anche dell`ex Jugoslavia. I partecipanti al corso non dovranno pagare nulla per le lezioni ma alla fine, dopo una valutazione, i migliori entreranno nel progetto per Expo. Per loro il Comune «si riserva di valutare alcune borse lavoro della durata di sei mesi». Ovvero: forse ci sarà una piccola retribuzione.



Calcio e razzismo. L'Unar alla Figc: "Un fondo per la prevenzione"
L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali insiste: “Servono soldi per iniziative tra i giovani”. Ma  Tavecchio non risponde
stranieriinitalia.it, 11-09-14
Roma – 11 settembre 2014 - “Guardiamo con grande interesse all’iniziativa Uefa per la lotta al razzismo e alle discriminazioni nel mondo del calcio e siamo contenti che Michel Platini si faccia interprete di un messaggio così importante a livello europeo”.
Marco De Giorgi, Direttore dell’ Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità, saluta così il convegno della Uefa sul razzismo in corso a Roma. E sveal che “i dati del monitoraggio dei media così come quelli del nostro Contact Center Unar, dimostrano una escalation del problema delle molestie e delle discriminazioni nello sport e nel calcio".
"Per questo - ricorda il direttore dell'Unar - abbiamo proposto alla Figc l’istituzione di un Fondo per iniziative di prevenzione rivolte ai più giovani, a cominciare dalle scuole, per la promozione e la valorizzazione delle diversità”.
La proposta è stata lanciata questa estate, dopo la famigerata battuta di Carlo Tavecchio, neopresidente della Figc, sugli “Optì Pobà” che nel loro paese “mangiavano le banane”.  L’UNar suggeriva di alimentare il fondo con parte delle somme derivanti dalle sanzioni comminate alle società per episodi di razzismo.
Finora, però, Tavecchio ha lasciato cadere l’invito. “Non abbiamo ancora avuto risposte” ammette De Giorgi.

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