Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

09 luglio 2012

Immigrati: 45 sbarcati nella notte nel salento
(AGI) 09-07-2012, Lecce, - Uno sbarco di migranti e' avvenuto intorno alla mezzanotte sulla costa tra Torre Vado e Marina di Presicce (Le). Si tratta di 45 persone, tutti maschi di etnia afgana e pakistana, che sono state accompagnate al centro di accoglienza Don Tonino Bello di Otranto (Le) per le operazioni di riconoscimento. In questi giorni gli sbarchi sulla costa salentina sono favoriti dal mare calmo .

 

Immigrazione: sbarco nel siracusano, fermati due scafisti
Sono accusati di avere condotto barcone con 61 migranti
(ANSA) - CATANIA, 9 LUG - Due somali, di 26 e 23 anni, sono stati fermati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nell'ambito delle indagini sullo sbarco di 61 extracomunitari avvenuto ieri a Portopalo di Capo Passero. Le indagini sono state eseguite da polizia giudiziaria, agenti del Gruppo interforze contrasto immigrazione clandestina, del commissariato di Pachino e da militari dei carabinieri. Dopo la contestazione del reato i due indagati sono stati condotti nel carcere di Siracusa. (ANSA).



Immigrati “Una sanatoria con rischio ricatto”
Permesso di soggiorno al clandestino che denuncia il datore di lavoro
Laura Boldrini: “Aspettiamo il testo, ma sicuramente si afferma un principio giusto nel senso della legalità”
il Fatto, 08-07-2012
Wanda Marra
Il percorso che si è intrapreso è molto importante e molto difficile: perché implica il riconoscimento di un’illegalità diffusa. C’è tutto un settore, l’agricoltura, che funziona con il lavoro nero”. È Loris De Filippi, responsabile di Medici senza Frontiere Italia a sottolineare l’aspetto simbolico oltre che “fattuale” del decreto legislativo sull’immigrazione approvato venerdì dal Consiglio dei ministri. Provvedimento che potrebbe segnare la fine del caporalato. Punto cardine la regolarizzazione del lavoro nero, che si porta dietro principalmente due conseguenze: l’emersione del fenomeno, con relativa sanatoria e l’inasprimento delle pene per chi dà lavoro in nero. Il decreto legislativo varato dal Cdm recepisce la direttiva europea 2009/52/CE sulle “norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. Come spiegano gli esperti del settore, il governo era obbligato a recepire tale direttiva. “Noi come Commissioni di Camera e Senato, approfittando anche della distrazione del Pdl, abbiamo dato parere favorevole a condizione che fosse concessa al datore di lavoro la possibilità di regolarizzare il proprio lavoratore”, spiega la parlamentare democratica Livia Turco.
E IL MINISTRO Andrea Riccardi su questo punto ha battuto dall’inizio. Dunque, ci si avvia ad una sanatoria in piena regola. Il testo non è ancora definitivo (ora deve andare alla Corte dei Conti, poi sarà pubblicato, dopodiché verrà pubblicato il testo attuativo), ma dovrebbe essere molto estesa, riguardando non solo l’agricoltura, ma anche il lavoro domestico, di colf e badanti. “Per l’Europa questo non sarebbe possibile. E dunque in realtà tecnicamente si tratta di una regolarizzazione ad personam”, spiega Filippo Mira-glia, responsabile Immigrazione dell’Arci. Le cifre si annunciano esorbitanti: in occasione del decreto flussi del 2010 per 98mila posti regolari disponibili le domande furono 430mila (il governo poi ne concesse solo 12mila). E se a questi lavoratori in nero si aggiungono i circa 600mila che hanno perso il lavoro recentemente, la cifra sale. “Il governo concede la possibilità di ravvedersi al datore di lavoro - spiega Miraglia - versando 1000 euro e 3 mesi di contributi arretrati. Questo significa che se ad essere regolarizzati saranno almeno in 500mila tra Inps e denaro sottratto all’evasione nelle casse dello Stato arriveranno annualmente tra i 3 e i 5 miliardi”. Il decreto contiene - per gli esperti del settore - anche una serie di punti interrogativi e di potenziali problemi. Spiega Miraglia: “1000 euro per la regolarizzazione sono effettivamente tanti, anche perché sappiamo perfettamente che alla fine a doverli pagare sono gli stessi immigrati. Con consequenziale rischio di finire vittime di truffe”.
Ma la questione forse più controversa è quella che riguarda la possibilità per chi denuncia il proprio datore di lavoro di avere un permesso di soggiorno. “Potenzialmente è una norma pericolosissima”, spiega Sergio Briguglio, fisico nella vita, ma tra i principali esperti di politica dell’immigrazione in Italia (il suo archivio, www. stranierii  nitalia.com/briguglio   raccoglie gran parte della documentazione prodotta sull'argomento dal 1992).
IL RISCHIO è il ricatto: “Alla fine, il decreto del governo dovrebbe essere un permesso per motivi umanitari e dunque riguardare solo i casi di grave sfruttamento”, spiega Briguglio. E c’è un altro punto non ancora definito: sarà di certo un permesso di soggiorno per giustizia, e dunque una volta che il procedimento nei confronti del datore di lavoro finisce, scade. “Ma dovrebbe esserci la possibilità che se l’immigrato trova un posto di lavoro nel frattempo, il suo permesso si trasforma”. Cosa, quest’ultima, che si augura l’Arci. Sottolinea Miraglia: “La norma che riguarda la denuncia del datore di lavoro dovrebbe essere applicata pochissimo. Quello del lavoro nero, è un tema delicato, in cui il confine tra abuso e connivenza è molto difficile: anche se si tratta di una situazione di illegalità, tranne in casi, appunto, di estremo sfruttamento, dal lavoro nero hanno da guadagnare sia il datore di lavoro che il lavoratore”.



Denuncia il caporalato? Premio all'immigrato
Avvenire, 07-07-2012
Laura Silvia Battaglia
Il caporalato è reato. Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo nei confronti dei datori di lavoro che "impiegano" migranti irregolari. In questo modo – con il via libera delle Commmissioni di Camera e Senato, a larga maggioranza, mentre la Lega ha votato contro – l’Italia si conforma alla normativa europea in vigore, dopo anni di denunce dei sindacati e delle associazioni.
Il fenomeno è noto. Gli «invisibili», secondo la Cgil, sono 80mila. Arrivano da Senegal, Costa D’Avorio, Ciad, Sudan, Burkina Faso, Egitto, Tunisia, Libia, Marocco. Si muovono su e giù per l’Italia, seguendo le «rotte» delle attività stagionali di raccolta: angurie a Nardò; pomodori nella Capitanata; olive e ortaggi in Salento; patate e agrumi nel Siracusano; pesche e ortaggi nel Casertano; agrumi nella piana di Gioia Tauro; raccolta dei pomodori in Basilicata; prodotti orticoli a Latina; uva in Veneto; mele in Trentino. Lavorano in nero, sotto salario e senza sicurezza. Almeno, fino a ieri, fino all’approvazione del decreto legislativo.
Secondo i sindacati, solo il 5% della manodopera extracomunitaria ha un regolare contratto di lavoro; la quasi totalità ha una tariffa non sindacale (presenza di sottosalario, nella migliore delle ipotesi il 60% della paga sindacale prevista). Il 95% di questi lavoratori non ha un regolare contratto di lavoro e riceve una paga giornaliera al di fuori di ogni regola salariale; il 95,6% di questi lavoratori, per poter lavorare, deve sottostare all’intermediazione illecita di manodopera da parte dei caporali.
Secondo i dati a disposizione del sindacato, «almeno nei 2/3 delle aziende agricole inserite negli elenchi nominativi trimestrali, pur effettuando produzione di angurie/pomodori e nonostante la certezza che i raccolti vengano eseguiti da centinaia di lavoratori migranti, non figurano ufficialmente comunicazioni di assunzione, presso il centro per l’impiego, di manodopera extracomunitaria». E, sempre sulla base dei dati della Cgil, «i titolari di aziende agricole incrociano questa tipologia di lavoratori solo ed esclusivamente attraverso i caporali, essi stessi extracomunitari, i quali, invece, risultano regolarmente assunti (poche decine in tutto) dalle stesse aziende agricole».
Con il decreto, in particolare è stata approvata una norma che premia con il permesso di soggiorno i lavoratori che denunciano gli imprenditori disonesti.
A sostegno del decreto, accolto con favore dai partiti e dalle associaizoni, ieri, Cgil e Flai Cgil hanno lanciato la campagna «Gli invisibili nelle campagne di raccolta» per dare assistenza a 360 gradi a tutti lavoratori stranieri, impegnati nelle campagne di raccolta. La Flai Cgil, infatti, denuncia da anni episodi di sfruttamento e propone interventi di contrasto a queste situazioni di schiavitù. II progetto durerà due anni: raggiungerà i lavoratori con camper attrezzati per portare loro assistenza con medici, e assistenza fiscale, contrattuale e giuridica con gli avvocati. La campagna, partita il 5 luglio da Lecce, proseguirà a Foggia, Rosarno, Bolzano, Siracusa, Ragusa, Salerno. Si concluderà in Veneto a ottobre 2013.



Per la Corte costituzionale è illegittima la norma che esclude dalla regolarizzazione gli extracomunitari condannati per reati che prevedono l’arresto in flagranza.
Per i giudici la norma viola l’articolo 3 della Costituzione e “rischia di pregiudicare irragionevolmente gli interessi” dei datori di lavoro.
Imigrazioneoggi, 09-07-2012
È anticostituzionale la norma, contenuta nel provvedimento anticrisi dell’agosto 2009, secondo la quale è automatico il rigetto dell’istanza di regolarizzazione per un lavoratore extracomunitario nel caso in cui questo venga condannato per uno dei reati, tra cui furto, corruzione, o truffa, contemplati nell’articolo 381 del codice di procedura penale, inerente l’arresto in flagranza.
Lo ha sancito la Corte costituzionale, secondo cui è tale norma è illegittima perché non prevede che lo stop alla regolarizzazione sia preceduto dall’accertamento, da parte della Pubblica amministrazione, che lo straniero “rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato”.
La norma in questione, si legge nella sentenza n.172, viola il principio di uguaglianza, previsto dall’articolo 3 della Costituzione. “La regolarizzazione in esame riguarda i soli stranieri extracomunitari i quali da un tempo, ritenuto dal legislatore apprezzabile, svolgevano, sia pure in una situazione di irregolarità, attività di assistenza in favore del datore di lavoro o di componenti della famiglia del predetto, ancorché non conviventi, affetti da patologie o disabilità che ne limitano l’autosufficienza, ovvero attività di lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. Sono, queste, infatti, attività che, per il loro contenuto e per la circostanza di essere svolte all’interno di una famiglia, da un canto, agevolano l’accertamento dell’effettiva pericolosità dello straniero”.
L’automatismo contenuto nella norma in esame, “nel caso di assistenza in favore di quanti sono affetti da patologie o disabilità che ne limitano l’autosufficienza – osservano i giudici delle leggi – rischia di pregiudicare irragionevolmente gli interessi di questi ultimi. È, invero, notorio che, soprattutto quando tale attività sia stata svolta per un tempo apprezzabile, può instaurarsi un legame peculiare e forte con chi ha bisogno di assistenza costante e che, quindi, può essere leso da un diniego disposto in difetto di ogni valutazione in ordine alla effettiva imprescindibilità e proporzionalità dello stesso rispetto all’esigenza di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato”.



Usano gli immigrati per fare cassa
West, 09-07-2012
Giuseppe Terranova

Anche il governo Monti scivola sull’immigrazione. Con l’aggravante che coglie l’occasione del recepimento di una norma comunitaria per appiccicare in un codicillo il francobollo di un male nazionale: quello delle sanatorie di massa a ripetizione. Trasformando così l’Europa da scudo a pretesto.
Partiamo dai fatti. Lo scorso venerdì, con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri ha recepito la direttiva europea 52/2009 contro lo sfruttamento di manodopera immigrata irregolare. La quale prevede due principali novità che nel nostro paese sono diventate tre. La prima, l’immigrato illegale vittima di grave sfruttamento che denuncia il suo datore di lavoro ha diritto ad un permesso di soggiorno della durata di sei mesi. La seconda, sanzioni amministrative e penali più severe per chi assume “braccia” straniere clandestine. La terza, specificità tutta italica, è stata tecnicamente definita “ravvedimento operoso”. Che, fortemente voluta dal limpido ministro per l’integrazione Andrea Riccardi, offre agli imprenditori che impiegano clandestini una sorta di vero e proprio salvacondotto. Che consiste nella possibilità di autodenunciarsi per sanare, pagando una irrisoria ammenda, la propria posizione e quella dei loro dipendenti. Una mossa illegittima e impropria.
Illegittima perché ammorbidisce fino al punto di svuotare la reale applicazione della direttiva europea. Che su questo fronte parla chiaro: “gli stati membri sono liberi di adottare o mantenere sanzioni e norme più severe…”. Non più soft come abbiamo fatto noi.
Impropria in ragione del fatto che, in nome dei vincoli imposti da Bruxelles, dà il via libera mascherato all’ennesima regolarizzazione nel nostro paese. Sospetto quest’ultimo confermato dall’inusitata celerità con la quale, in una fase in cui le priorità sono ben altre, l’esecutivo dei professori ha deciso di adottare un provvedimento che peraltro introduce pochissime novità nel nostro ordinamento. Visto che in Italia da oltre mezzo secolo è vietato l’impiego di lavoratori non in regola e in particolare dal 2001, con la Bossi-Fini, l’assunzione di un dipendente privo di permesso soggiorno è sanzionata con tre mesi di carcere e fino a 5 mila euro di ammenda.



Fuga nella notte dal Cie: immigrati riescono a scappare
il Giornale, 09-07-2012
A poco più di due mesi dall'ultimo tentativo di evasione, l'altra sera hanno provato a fuggire altri cinque giovani stranieri ospiti del Centro di identificazione ed espulsione di via Corelli.
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I monitor di sorveglianza li hanno però inquadrati sui tetti, sono intervenuti i poliziotti di guardia che sono riusciti a bloccarne tre, mentre altri due hanno saltato il muro di cinta e sono spariti nel buoi, nonostante le ricerche immediatamente attivate.
La nuova fuga è avvenuta attorno alle 22, quando cinque stranieri sono stati ripresi dalle telecamere di sorveglianza mentre salivano sul tetto del centro. Gli evasi avevano con se alcune lenzuola arrotolate e annodate da usare come corda per calarsi a terra. Gli agenti sono subito usciti dal corpo di guardia e hanno raggiunto l'edificio in tempo per bloccare tre fuggiaschi, scesi poi volontariamente. Altri due hanno invece fatto in tempo a toccare terra e sparire nelle campagne che circondano il Cie, posto all'estrema periferia est di Milano. Ancora incerta la loro provenienza e la loro età, in quanto erano ancora in corso le procedure per la loro identificazione, dovrebbero tuttavia essere tutti nordafricani sui 25 anni.
L'ultimo tentativo di evasione da via Corelli risale al 20 marzo quando due clandestini erano riusciti a impossessarsi delle chiavi dei reparti e stavano lasciando il centro. Sono stati però intercettati dalla polizia e si sono subito arresi. Molto più movimentata invece la giornata del 15 gennaio quando, a seguito di uno dei periodi controlli alla ricerca di oggetti pericolosi, è scoppiata una mezza rivolta. I clandestini hanno incendiato materassi e sfasciato arredi fino a quando la polizia ha riportato a fatica la calma, arrestando 27 persone.



Esame per la patente di guida solo in italiano. Per il ministro Passera non si tornerà più alle traduzioni nelle lingue straniere.
Il ministro per lo Sviluppo ritiene il vecchio sistema oneroso e discriminatorio perché si traducevano solo alcune lingue.
Immigrazioneoggi, 09-07-2012
I test per il conseguimento della patente di guida continueranno ad essere solo in lingua italiana. È quanto ha dichiarato il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera all’interrogazione del senatore di Cn Valerio Carrara.
Nel quesito, il senatore Carrara chiedeva al Governo di tornare alla vecchia formula, precedente alla riforma del codice della strada, quando le domande erano formulate, oltre che in italiano, anche nelle sette lingue ufficiali del’Onu: inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo, cinese e arabo.
Passera ha invece risposto che non ci sarà più la traduzione dei quiz in altre lingue, “con esclusione di quelle a tutela delle minoranze linguistiche”, perché l’esperienza maturata “non si è rivelata positiva”.
Secondo il ministro, il sistema “risultava piuttosto oneroso sotto il profilo finanziario” e, "a fronte degli alti costi per le traduzioni”, si è scoperto che “spesso i termini tecnici sono stati tradotti in maniera impropria e imprecisa". Inoltre, alcuni candidati, ha detto il ministro, hanno segnalato “diverse imprecisioni” sulle quali il Ministero, “non disponendo di traduttori per le sette lingue, non si è potuto pronunciare”. Come se non bastasse, c’è stato chi, “pur provenendo da Paesi che utilizzano uno dei sette idiomi tradotti, non era in grado di comprendere i quiz perché parlavano solo un dialetto assolutamente diverso dalla loro lingua ufficiale”.
Per Passera poi, cosa più importante, “le lingue tradotte non esaurivano i regimi linguistici delle comunità straniere maggiormente presenti in Italia come romeno, polacco, albanese, portoghese e indiano bangla” tanto da far pensare ad una situazione discriminatoria per cui si decidevano gli idiomi da tradurre “senza adeguata motivazione”.

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