Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 novembre 2013

Accorinti requisisce un resort per i profughi
Il primo Cittadino punta a offrire condizioni civili, la prefettura insiste per la tendopoli
il manifesto, 21-11-2013  
Tonino Cafeo    
MESSINA
Al termine di un lungo fine settimana di trattative e mobilitazioni è finalmente chiaro cosa succederà ai 182 ospiti del Palanebiolo. Una palestra appartenente all'Università di Messina, situata in un quartiere residenziale nella zona nord della città dello stretto, che dal nove ottobre scorso è stata trasformata in un centro d'accoglienza per richiedenti asilo. Un luogo di transito, in realtà, messo in piedi in fretta e furia all'indomani dell'ennesima tragedia accaduta a largo di Lampedusa, in un autunno che ha visto moltiplicarsi gli sbarchi di migranti e di profughi sulle coste siciliane e l'esaurimento di tutti i posti disponibili nelle strutture d'accoglienza esistenti.
Il sindaco Renato Accorinti, alla fine di una faticosa riunione di giunta, ha firmato ieri un provvedimento di requisizione in uso del villaggio turístico Le Dune, nei dintorni di Capo Peloro. Una struttura che era stata individuata per tempo dall'Amministrazione Comunale come valida alternativa all'ospitalità in palestra o in tendopoli ma che, fino a ieri, era stata bocciata dal Prefetto di Messina perché ritenuta non idonea a causa di un processo per abuso edilizio a carico della proprietà. L'escamotage individuato dal sindaco di Messina e dai suoi collaboratori per superare l'ostacolo è stato il ri- chiamo alle «ragioni di necessità e urgenza» previste da una legge del 1865 in materia di requisizioni. Una norma che consente di «far prevalere il bene pubblico della risoluzione dell'emergenza su quello, altrettanto valido, ma, nella fat- tispecie recessivo, del ripristino dell'astratta legalità» consistente nell'evitare di recare vantaggio a una proprietà condannata per abuso edilizio.
Mentre scriviamo è in corso la valutazione di idoneità della soluzione individuata da Accorinti- che intanto ha ottenuto il via libera dalla Procura della Repubblica- da parte dei funzionari dell'Ufficio territoriale del Governo. Se tutto andrà come previsto, i richiedenti asilo potranno raggiungere presto il villaggio turístico lasciando finalmente il Palanebiolo. Sono quasi tutti giovani e giovanissimi, provenienti da diversi paesi africani - prevalentemente del Corno d'Africa, ma anche dal Gambia, dalla Nigeria e da altri paesi dell'Africa occidentale sub sahariana.
Fino ad oggi hanno vissuto in un regime che gli attivisti delle associazioni antirazziste locali hanno definito di «semidetenzione». Possono uscire infatti dalle otto del mattino alle venti, mentre passano le notti e consumano i pasti stipati in uno spazio insuficiente ad assicurare loro un soggiorno dignitoso, in condizioni igienico sanitarie più che precarie, come si è potato evincere dallo stato físico di alcuni di loro visitati dai mediei delle associazioni di volontariato che hanno riscontrato e denunciato diversi casi di malattie infettive, ferite d'arma da fuoco malcurate ed altre situazioni decisamente incompatibili con la struttura dove i servizi essenziali sono ridotti all'osso. Il prefetto di Messina, Stefano Trotta, ha sempre fornito rassicurazioni sulle condizioni di permanenza dei profughi all'interno del Palanebiolo. Le fonti interne all'ufficio territoriale del governo e all'Azienda sanitaria provinciale parlano di «farmaci giunti nella struttura fin dal primo giorno» e di «controlli sanitari tempestivi e rigorosi». I toni concilianti, tutta- via, sembrano avere pochi riscontri nella realtà. Ci sono le denunce dei volontari, ma anche i racconti dei ragazzi. «L'acqua corrente non basta», «ci sono solo tre bagni» per 182 persone. Verificare di persona è stato finora pressoché impossibile per le restrizioni sugli accessi per volontari e giornalisti. «Abbiamo aspettato un mese per avere un pass» ha denunciato il circolo Sankara dell'Arci, una delle realtà messinesi più vive sul terreno della tutela di migranti e richiedenti asilo.
Un mese di tira e molla durante il quale mai è stata veramente chiarita la natura giuridica del centro - si è passati da una cinquantina di naufraghi alle attuali 182 presenze - e tutto lascia pensare che quello che era nato come un punto d'appoggio assolutamente provvisorio sia nei fatti per diventato un non luogo destinato a raccogliere a tempo indeterminate un numero crescente di persone. Il 13 novembre scorso la gestione dello spazio è stata affidata dalla Prefettura di Messina ad un raggruppamento di imprese (Senis Hospes, la Caseína global service, Sol, Calatino) che da anni partecipano all'amministrazione di centri di detenzione per i migranti, mentre nello scorso fine settimana è stata resa operativa la decisione - più volte in verità annunciata- di affiancare al Palanebiolo una tendopoli nell'adiacente campo di baseball.
Questa novità ha dato nuovo slancio alla mobilitazione del movimento antirazzista messinese, che ha manífestato più volte la propria indignazione per una situazione in cui le preoccupazioni securitarie del ministero dell'interno hanno finito per oscurare ogni altra considerazione di carattere umanitario. Ma la rete di soggetti che si è formata sulla questione Palanebiolo (Arci, teatro Pinelli Occupato, Cub, Rifondazione, Sei, Movimento cambiamo Messina dal basso, la lista civica vicina al sindaco Accorinti) ha fatto diverse proposte concrete, fra cui quella della requisizione del resort «Le dune».
L'amministrazione comunale di Messina ha fatto proprie le ragioni delle associazioni e dei movimenti. «E' inaccettabile - ha dichiarato il sindaco Renato Accorinti - che nella nostra città possa sorgere un campo profughi indegno di un paese civile e accogliente quale dovrebbe essere l'Italia.
Abbiamo fatto presente al prefetto Trotta la nostra ferma contrarietà alla tendopoli, pensando allo stesso tempo ad individuare ogni possibile soluzione di accoglienza dignitosa».
Si è giunti cosi alla riunione di avant'ieri del Consiglio territoriale per l'immigrazione che si è svolta in un clirna teso, in cui le posizioni della prefettura e dell'amministrazione comunale - nettamente contrapposte - si sono confronta- te senza giungere ad un punto di incontro, mentre gli ospiti del Palanebiolo e gli attivisti antirazzisti hanno dato vita ad un colorato e rumoroso sit in sotto le finestre del palazzo del governo.
Al centro di quello che, al di la delle intenzioni soggettive, si è configurate come un vero e proprio scontro istituzionale fra comune e prefettura, c'è stata la ricerca di un luogo idoneo ad ospitare i rifugiati in condizioni digni- tose in grado però di superare le obiezioni delle autorità di governo in materia di legalità e sicurezza. La vicenda giudiziaria che riguarda il complesso Le Dune, secondo il prefetto Trotta, avrebbe pregiudicato la sua idoneità ad ospitare i richiedenti asilo. La soluzione individuata dall'amministrazione comunale peloritana dovrebbe adesso mettere la parola fine alla querelle, anche se si registrano osservazioni critiche molto pesanti da parte dell'attivismo antirazzista e solidale a proposito delia scarsa propensione al dialogo con il sindaco e la società civile da parte dei funzionari del governo.
Su quest'ultimo punto è intervenuto anche il deputato nazionale di Sei Erasmo Palazzotto che ha rivolto un interrogazione ai ministri Alfano, Mauro e Lorenzin «sulla reale natura giuridica dei Palanebiolo e sulle possibili alternative di accoglienza nel rispetto dei diritti umani» mentre il movimento antirazzista siciliano si prepara a scendere in piazza a Messina con una manifestazione prevista per il prossimo 14 dicembre.



Italia-Francia: "Insieme per una politica migratoria europea"
“Puntare ad accordi con i Paesi d’origine e di transito e al potenziamento di Frontex”. Dichiarazione congiunta dopo il vertice bilaterale di Roma
stranieriinitalia.it, 21-11-2013
Roma – 21 novembre 2013 - “In materia di politiche migratorie, Italia e Francia ritengono in dispensabile dare vita ad una vera e propria politica migratoria europea nei confronti dei Paesi della Sponda Sud del Mediterraneo, principale bacino di provenienza dei flussi migratori. A tal fine si impegnano a svolgere gli opportuni passi presso leIstituzioni europee e a coordinare la loro azione per cercare il più ampio consenso in seno al Consiglio”.
È uno dei pasasggi della dichiarazione congiunta firmata ieri a Roma dal premier Enrico letta e dal presidente francese François Hollande, al termine del vertice bilaterale tra Italia e francia. Un documento che pone con forza anche le politiche dell’immigrazione tra i temi sui quali i due Paesi vogliono unire le forze.
“In linea con le Conclusioni del Consiglio Europeo di ottobre 2013 – spiega il documento - occorre rilanciare l’impegno europeo per rafforzare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, attraverso programmi di cooperazione allo sviluppo per la lotta alla povertà, lo sviluppo sostenibile e la governance, e valorizzare i canali legali della migrazione anche con iniziative di formazione professionale e migrazione circolare, per affrontare le cause primarie delle migrazioni, nonché ai fini di una condivisione delle responsabilità nella gestione dei flussi migratori, rafforzando la lotta al traffico di esseri umani”.
Italia e Francia invitano a puntare sui “Partenariati per la Mobilità e la Sicurezza tra l’UE e i Paesi del Nord Africa”, anche “come leva per incentivare una maggiore cooperazione da parte di questi Paesi nel controllo delle frontiere e in materia di riammissione”. In parallelo, le politiche dell’Unione a sostegno dei Paesi della Sponda Sud dovranno contare su “un utilizzo più flessibile ed efficace delle esistenti risorse finanziarie”. E sono anche d’accordo sulla necessità di promuovere, nel quadro dell’UE e dell’Unione per il Mediterraneo, “progetti in favore de i rifugiati siriani, sul ruolo delle donne nella società, in materia di formazione professionale, di tutela dell’ambiente, della sicurezza alimentare e della nutrizione”.
Di fronte al perdurare della crisi libica e al flusso in continuo aumento di persone che da quel Paese, attraverso il Mediterraneo, giungono in Europa, Italia e Francia “considerano ormai improcrastinabile la necessità del comune impegno degli Stati membri nella gestione dei confini dell’Unione, tenendo, altresì, conto delle peculiarità dei confini marittimi”.
Per questo i due Paesi sostengono la necessità di “una strategia europea per le frontiere meridionali dell’Unione”, che preveda “una fase di controllo delle frontiere esterne dell’UE attraverso un potenziamento delle attività operative dell’Agenzia Frontex e un ampliamento delle risorse destinate all’Uffici o europeo di supporto all’asilo perché possa esercitare appieno il suo mandato nel sostegno ai sistemi nazionali di asilo”.
Inoltre, i due paesi collaboreranno all'interno dell'Unione Europea “per creare le sinergie e le soluzioni per la gestione dei migranti, nel pieno rispetto dei diritti umani, indipendentemente dal fatto che le persone in questione siano o no oggetto di protezione umanitaria. In questo contesto, l'Italia e la Francia continueranno la riflessione per assicurare la migliore applicazione delle regole, in uno spirito di genuina solidarietà tra Stati membri”.
 


I ragazzi del doposcuola? Da famiglie in difficoltà
la Repubblica, 21-11-2013
Zita Dazzi
DIFFICOLTÀ scolastiche per i figli delle famiglie colpite dalla crisi. Lo dice il rapporto della Caritas Ambrosiana che ha fatto una ricerca sui 7mila ragazzini iscritti a. 267 doposcuola parrocchiali. Un iscritto su quattro ai doposcuola viene da una famiglia che ha chiesto un aiuto materiale alla Caritas; uno su due ha un genitore con problemi economici dovuti alla crisi. «E spesso sono le scuole stesse a chiedere il nostra aiuto perché da sole non riescono a sostenere gli alunni più fragili, che vengono da famiglie senza lavora e con reddito basso non in grado ovviamente di pagare ripetizioni e insegnanti di sostegno», spiega don Roberto Davanzo, direttore di Caritas ambrosiana. Nelle scuole lombarde i figli dei migranti sono il 13 percento, in quelle milanesi il 25 per cento, ma nei doposcuola parrocchiali, i bambini stranieri sono il 48 percento. «Milano ha decuplicato il numero di immigrati in dieci anni e i mediatori culturali nelle scuole sono passati da 200 a 40 sottolinea Davanzo. I figli degli immigrati hanno più problemi con la lingua, spesso i genitori non parlano l'italiano e lasciarli senza sostegno significa penalizzarli per il futuro e danneggiare nell'immediato tutta la classe. Spesso sono le scuole a segnalarci i casi da seguire. Noi ci stiamo a "fare rete", come ci viene chiesto. Ma le istituzioni devono mettere risorse, altrimenti i nostri sforzi saranno insufficienti».



La battaglia (vinta) di Naoual e Maryana per il servizio civile
Corriere.it, 21-11-2013
Alessandra Coppola
«Bando discriminatorio: il ricorso è fondato». Maryana potrà contribuire a un programma sulle relazioni «adulti-minori» a Milano, Naoual lavorerà forse come volontaria nelle scuole di Carugate, Uyangoda proverà a occuparsi di «università e talenti», Suranga potrebbe addirittura partire per il Guatemala.Hanno dieci giorni di tempo, adesso, per presentare domanda per il Servizio Civile Nazionale, e quindi per candidarsi a questi progetti che il bando include. L’avrebbero voluto fare già da tempo, ma il via libera è appena di ieri: un giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha ordinato alla burocrazia di Roma le modifiche che permetteranno a questi ragazzi con documenti stranieri di partecipare. E i giochi si sono riaperti.
Sembrava tutto chiuso, lo scorso 4 novembre, alla scadenza del bando: tra i requisiti era fissato «essere cittadini italiani». E i quattro erano stati esclusi, insieme a tanti altri.
    «Più che discriminata mi sono sentita offesa», racconta Maryana Todyrenchuk, vent’anni, passaporto ucraino, in Italia dal 2003.
«Ho già molte esperienze di volontariato, organizzate dall’oratorio che frequento. E sono state molto belle, ho potuto aiutare gli altri. Adesso sono iscritta a Giurisprudenza alla Statale, e ho cominciato a interessarmi di diritti e obblighi: i miei pagano le tasse, io come posso contribuisco, perché non mi è permesso di fare un’esperienza di crescita importante come il servizio civile, che tra l’altro è volontario e non comporta guadagni?».
    Non è sola a sentirsi frustrata.
Naoual Bouhazza, 25 anni, sperimenta i paradossi delle leggi italiane quotidianamente, in famiglia: il padre, di origine marocchina, ha la cittadinanza italiana. Ha presentato la domanda dopo dieci anni di residenza regolare, l’ha ottenuta tre anni più tardi e l’ha trasmessa ai figli minorenni. Ma non a Naoual, che nell’attesa della risposta della burocrazia aveva compiuto 18 anni. La ragazza, maturati i requisiti, a sua volta ha fatto domanda, e sono altri tre anni che aspetta. Intanto, si è diplomata, cerca lavoro come contabile e, anche lei, collabora con associazioni del terzo settore nel suo Comune, a Concorezzo.
    «Un corso di italiano per donne straniere e il doposcuola con i bambini».
Non è stato sufficiente per partecipare alla prima versione del bando, di nuovo «discriminatorio». Benché la questione non fosse nuova, e già nell’edizione 2012 un tribunale milanese avesse bocciato il requisito della cittadinanza. Allora, però, la decisione del giudice era arrivata a gennaio, quando le selezioni erano state già ultimate, e aveva prodotto l’effetto di bloccare tutti i progetti. Per farli ripartire, il ricorrente (un ragazzo pachistano) e i suoi avvocati, Alberto Guariso e Livio Neri, avevano accettato la sospensione dell’esecutività della sentenza.
Il 4 ottobre, nonostante le promesse di politici e istituzioni, il bando 2013 ribadisce quello sbarramento. Maryana e Naoual insieme a Suranga e Uyangoda, assistiti ancora da Guariso e Neri, presentano un nuovo ricorso. Ieri accolto. Il giudice Fabrizio Scarzella ordina «l’accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente». E fissa a 10 giorni il termine per le nuove domande. Il vantaggio, questa volta, è che le selezioni per gli 8.146 volontari sono ancora aperte, e gli enti dovrebbero fare in tempo a valutare anche i candidati non italiani che si presenteranno.

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