Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 ottobre 2011

 

IMMIGRATI, DOSSIER CARITAS: IN ITALIA 5 MLN, "PRESENZA STRUTTURALE"
Roma - Sono 50 volte più che nel 1861, +3 mln nell'ultimo decennio, 500 mila gli irregolari. Incidono per il 7,5% su residenti, oltre 10% su forza lavoro. Oltre 7 mld contributi previdenza.
il Velino AGV, 27-10-2011
Roma - L’Italia è diventato “strutturalmente” un “paese multiculturale”: gli immigrati sfiorano ormai i cinque milioni (a cui vanno aggiunti circa 500 mila irregolari), con una incidenza sulla popolazione pari al 7,5 per cento, e sulla forza lavoro di oltre il dieci per cento. Una presenza superiore di 50 volte a quella del 1861, anno dell’Unità d’Italia. A rilevarlo è il XXI Dossier statistico immigrazione 2011, il rapporto annuale di Caritas italiana, la Fondazione Migrantes e la Caritas diocesana di Roma. Solo nell’ultimo decennio il numero di immigrati nel nostro paese è cresciuto di tre milioni e gli indicatori di inserimento sono sempre più forti: dalla presenza di famiglie (2 milioni quelle con almeno un componente straniero) al numero dei minori (993.238), dall’incidenza sulla popolazione residente (7,5 per cento) a quella sulla forza lavoro (oltre il 10 per cento), dal numero degli occupati (oltre 2 milioni) a quello dei titolari d’impresa (228.540), dalle acquisizioni di cittadinanza (66 mila) ai matrimoni misti (21.357).
Si tratta di numeri che – secondo Caritas e Migrantes – “attestano un insediamento sempre più stabile e strutturale” nel nostro Paese anche se “non sempre assecondato dalla legislazione”. La “dimensione ‘plurale’” è “una constatazione di fatto” di fronte alla quale “suonano fuori posto e demagogici, sia in Europa che in Italia, i continui richiami alla ‘tolleranza zero’ nei confronti degli immigrati”. Infatti “il massimo rigore non corrisponde alla più grande efficacia e a tal fine andrebbero azionate anche altre leve: quella della collaborazione con i paesi di origine e quella dell’integrazione sul posto” oltre a riconoscere che “siamo tutti uguali quanto a dignità, per cui deve venir meno qualsiasi sentimento di superiorità sugli altri”. È questa – afferma il dossier – “la direzione da seguire, con un maggiore coinvolgimento e politiche di più ampio respiro”. “Oltre la crisi, insieme”: questo è il tema del XXI Rapporto sull’immigrazione “perché solo attraverso la coesione solidale – che è il grande messaggio del cristianesimo – si può superare efficacemente la crisi”.
NEL MONDO – Negli ultimi dieci anni gli immigrati nel mondo sono aumentati di 64 milioni, arrivando a 214 milioni (dato Oim), di cui 4,2 di italiani e 3,7 di studenti stranieri. Nel 2009 sono 32,5 milioni i residenti con cittadinanza straniera nell’Ue a 27 (6,5 per cento della popolazione), mentre altri 14,8 milioni sono diventati cittadini dei paesi di accoglienza (attualmente nella misura di 776 mila l’anno), per cui quasi un decimo della popolazione europea non è nata sul posto. Secondo le statistiche dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati sono 15,4 milioni i rifugiati nel mondo (4 su 10 nei paesi in via di sviluppo), 850 mila i richiedenti asilo, e 358 mila le domande d’asilo, di cui 10 mila in Italia. Nel futuro cambieranno gli scenari migratori e, a causa della diminuzione della popolazione in età attiva, la Cina sarà il massimo polo di attrazione migratoria, così come continuerà a esserlo l’Europa.
I NUMERI IN ITALIA – Ad oggi sono 4.570.317 su 60.650 mila residenti, circa 50 volte in più rispetto all’anno dell’Unità nazionale, quando gli stranieri si fermavano a quota 88.639 (con una incidenza dello 0,4 per cento sulla popolazione residente). Nonostante la crisi, l’aumento è stato di 335.258 residenti nel 2010, e se si tiene conto di circa altri 400 mila cittadini stranieri, regolarmente presenti ma non ancora registrati in anagrafe, si tratta di quasi cinque milioni di persone. Nel frattempo, centinaia di migliaia di persone hanno perso l’autorizzazione a rimanere in Italia, perché sono scaduti ben 684.413 permessi, non rinnovati, mentre i rimpatri forzati sono stati 16.086 nel 2010. Viene anche accreditata la presenza di circa mezzo milione di persone in posizione irregolare. Di particolare interesse le cifre sui minori, in un Paese come il nostro soggetto al calo demografico. I figli dei cittadini stranieri sfiorano il milione con un’incidenza crescente (14 per cento, il 18,4 per cento considerando i nati da madre straniera e padre italiano). Le persone di seconda generazione sono quasi 650 mila, nate sul posto ma senza cittadinanza. Gli iscritti all’anno scolastico 2010-2011 sono 709.826 (con una incidenza del 7,9 per cento sulla popolazione studentesca). Gli universitari stranieri ammontano a 61.777 (3,6 per cento).
INSERIMENTO SOCIALE – I lavoratori immigrati sono oltre due milioni, un decimo della forza lavoro, e sono determinanti in diversi comparti per un tasso di attività più elevato e la disponibilità a ricoprire anche mansioni meno qualificate. Efficaci protagoniste nel mercato occupazionale sono anche le donne, che hanno inciso per la metà sui nuovi assunti del 2010. La popolazione immigrata è più giovane (32 anni, 12 in meno degli italiani), lontana dal pensionamento e versa annualmente oltre 7 miliardi di contributi previdenziali, assicura maggiore flessibilità territoriale e la disponibilità a inserirsi in tutti i settori lavorativi, crea autonomamente lavoro anche con i suoi 228.540 piccoli imprenditori, si occupa dell’assistenza delle famiglie, degli anziani e dei malati, anche se sta pagando più duramente la crisi in termini di disoccupazione e complessivamente rende più di quanto costi alle casse dello Stato. Le famiglie con almeno un membro straniero sono oltre 2 milioni, quasi un decimo del totale. Tra il 1996 e il 2009 sono stati 257.762 i matrimoni misti. Nell’ultimo anno sono stati 21.357, 1 ogni 10 celebrati, a cui si aggiungono 10.702 matrimoni con entrambi i partner stranieri. Nel 2010 i casi di cittadinanza per residenza o matrimonio sono stati 40 mila, ai quali vanno aggiunti 26 mila casi di riconoscimento registrati nelle anagrafi dei comuni. Sul piano abitativo solo il 21,3 per cento di proprietari sono immigrati, e il 34 per cento dei cittadini stranieri residenti si trova in situazione di disagio abitativo. È pressoché dimezzata l’incidenza degli immigrati sulle compravendite: dal 16,7 per cento nel 2007 all’8,7 per cento nel 2010 (53 mila transazioni su un totale di 618.819).
RELIGIONI - In Italia, secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes (che si basa sul presupposto che gli immigrati provenienti da un Paese ne rispecchino sostanzialmente la ripartizione per gruppi religiosi) tra i 4,5 milioni di stranieri residenti vi sono 2,465 milioni di cristiani (53,9 per cento), 1,505 milioni di musulmani (32,9 per cento), 120 mila induisti (2,6 per cento), 89 mila buddhisti (1,9 per cento), 61 mila fedeli di altre religioni orientali (1,3 per cento), 46 mila che fanno riferimento alle religioni tradizionali, settemila ebrei (0,1 per cento) e 83 mila (1,8 per cento) appartenenti ad altre religioni. Si aggiungono 196 mila immigrati (4,3 per cento) classificati come atei o non religiosi. I cristiani al loro interno sono così ripartiti: 1.405 mila ortodossi, 876 mila cattolici, 204 mila protestanti e 33 mila che fanno parte di altre comunità cristiane. Nel 2010, rispetto all’anno precedente, i cristiani sono aumentati di quattro punti percentuali (specialmente per l’incremento dei protestanti e degli ortodossi), i musulmani dello 0,9 per cento e i fedeli di religione orientale appena dello 0,4 per cento. 
 
 
 
Pensioni: immigrati contribuiscono con 7,5 mld euro
Dossier sui migranti: mezzo milione gli irregolari
ANSA.it, 27-10-2011
ROMA - Gli immigrati sono mediamente molto più giovani degli italiani, e quindi in proporzione tra gli stranieri ci sono più persone in età lavorativa che tra la popolazione italiana. L'età media degli immigrati è infatti di 32 anni contro i 44 degli italiani. Ecco perché, secondo le stime del Dossier sull'immigrazione Caritas/Migrantes, se il nostro sistema pensionistico regge è anche grazie ai circa 7,5 miliardi di euro all'anno di contributi pagati dagli immigrati.
I lavoratori stranieri (poco più di 2 milioni secondo l'Istat ma 200 mila in più secondo il Dossier che include anche i non residenti) costituiscono un decimo della forza lavoro in Italia e sono determinanti in diversi comparti produttivi. Attualmente stanno pagando duramente gli effetti della crisi e sono arrivati a incidere per un quinto sui disoccupati, ma il difficile momento non ha bloccato il loro dinamismo imprenditoriale, visto che le imprese gestite da immigrati sono aumentate nel 2010 di 20 mila unità, arrivando a quota 228.540. A queste persone, e alle loro famiglie, vengono garantiti alcuni servizi pubblici: il più oneroso è quello sanitario, che nel 2009 è costato allo Stato intorno ai 3,1 miliardi, il 2,8% della spesa complessiva per questo comparto. Per la scuola, invece, nell'anno scolastico 2008-2009 per gli alunni stranieri sono stati spesi circa 3 miliardi di euro. Circa 500 milioni la spesa per i servizi sociali comunali (su un totale di 7 miliardi di spesa sociale dei Comuni). Ma il saldo tra i versamenti degli stranieri all'erario e le spese pubbliche sostenute a loro favore è ampiamente positivo: 1,5 miliardi di euro secondo le stime del dossier. La precarietà lavorativa si riflette pesantemente sul piano abitativo: un immigrato su tre (34%) si trova in condizione di disagio per la casa, contro il 14% degli italiani. Sono aumentati gli sfratti per morosità e i pignoramenti degli immobili per chi non ha pagato le rate del mutuo, si è dimezzata in tre anni la quota di compravendite effettuate da stranieri.
MEZZO MILIONE DI IRREGOLARI, 1 OGNI 10  - Sarebbero circa mezzo milione gli immigrati irregolari presenti in Italia, uno ogni 10 in posizione regolare, secondo stime del Dossier Caritas/Migrantes. Nel 2010 sono stati registrati 4.201 respingimenti alle frontiere e 16.086 rimpatri forzati, a fronte di 50.717 persone rintracciate in posizione irregolare. Nel corso dello scorso anno sono sbarcati sulle nostre coste 4.406 persone, meno della metà rispetto al 2009 (9.573), per non parlare del 2008 quando erano state quasi 40 mila. Ma gli sbarchi sono ripresi nel 2011 a seguito degli sconvolgimenti politici della Tunisia, dell'Egitto e della Libia. Nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) nel 2010 sono transitati 7.039 immigrati, con una permanenza media di 51 giorni, ma meno della metà (3.339) è stata effettivamente rimpatriata mentre più di un sesto è stato dimesso per scadenza dei termini. Il dossier sottolinea quanto siano "costosi" i Cie, dove secondo dati parlamentari la retta giornaliera costa 45 euro, per non parlare dell'espulsione di uno straniero, che è valutabile in una spesa che può arrivare a 10 mila euro.
A CAUSA DELLA CRISI IMMIGRATI INVARIATI A QUOTA 5 MILIONI - La crisi economica con la conseguente mancanza di posti di lavoro incide negativamente anche sulla presenza degli immigrati: in un anno, secondo le stime del Dossier Caritas/Migrantes, il numero degli stranieri regolari in Italia è rimasto fermo a quasi 5 milioni. In realtà le nuove presenze sono state quasi mezzo milione, tra regolarizzati e nuovi venuti, ma altrettanti sono "scomparsi" perché il loro permesso di soggiorno è scaduto e, quindi, o sono stati rimpatriati o sono scivolati nell'irregolarità.
CARITAS: CHIAVE DI VOLTA E' L'INTEGRAZIONE - I flussi migratori necessitano di una regolamentazione, ma "si sbaglia a ritenere determinanti le norme di contrasto" che "continuano a mostra un'efficacia limitata, a comportare costi eccessivi e ad essere esposte a eventi imprevisti, come si è constatato in Nord Africa nel 2011". E' quanto si afferma nel ventunesimo Dossier Caritas/Migrantes sull'immigrazione, presentato oggi a Roma. E' l'integrazione la vera "chiave di volta" della politica migratoria, sostiene il rapporto. "L'inquadramento emergenziale dell'immigrazione - si legge - è fuori posto in un Paese in cui gli immigrati rappresentano almeno il 10% della forza lavoro, assistono 2,5 milioni di famiglie, diventano sempre più cittadini italiani (66 mila nel 2010 e oltre 600 mila nel complesso), incidono per il 7,9% sul numero totale degli iscritti a scuola, si sposano con gli italiani (257.762 matrimoni misti fra il 1996 e il 2009) e 650 mila sono nati in Italia". L'immigrazione è dunque, sottolinea il dossier, una realtà intrinseca al Paese. Quest'anno il rapporto di Caritas/Migrantes ha scelto lo slogan "Oltre la crisi, insieme".
 
 
 
Caritas-Migrantes, nel Lazio 542.688 presenze (4)
Libero, 27-10-2011
(Adnkronos) - Le classi d'eta' della popolazione immigrata, confrontate con quelle della popolazione complessiva, evidenziano notevoli differenze. La fascia d'eta' piu' popolosa per gli immigrati nel Lazio e' quella dei giovani adulti di 18-39 anni (poco meno della meta'). A differenza di altre regioni, in quest'area di piu' antico insediamento si riscontra anche una maggiore consistenza percentuale delle classi d'eta' piu' avanzate, perche' quelli che hanno gia' compiuto i 40 anni sono circa un terzo del totale, ovvero oltre due punti in piu' rispetto alla media nazionale.
In effetti, l'eta' media degli stranieri (33,4 anni) e' piu' elevata rispetto a quella nazionale (31,8 anni) e colloca il Lazio fra le poche regioni d'Italia nelle quali gli immigrati hanno un'eta' media superiore ai 33 anni. Nonostante cio', va ricordato che l'eta' media della popolazione laziale complessiva e' di 43,3 anni e l'incidenza degli ultrasessantacinquenni del 19,8%, contro il 2,6% degli stranieri.
Il quadro appena descritto, insieme a un indice di dipendenza strutturale del 51%, vale a dire il rapporto tra la popolazione in eta' non attiva (classi 0-14 anni e oltre 65 anni) e quella in eta' attiva (15-64 anni), rende evidente l'importanza dell'apporto, anche solamente da un punto di vista demografico, della componente immigrata.
 
 
 
IL RAPPORTO CARITAS/MIGRANTES
Immigrati, il futuro è in Cina e Giappone
Lo annuncia la "Bibbia laica" dei migranti
la Repubblica, 27-10-2011
VLADIMIRO POLCHI
I nuovi flussi si orienteranno verso i paesi asiatici. Attualmente, a livello mondiale, la massa umana che si sposta ammonta a 214 milioni di persone. In Italia sono 4 milioni e mezzo, il 51,8% sono donne, e gestiscono 228 mila imprese contribuendo con 7 miliardi di contributi pensionisti.I lavoratori stranieri sono un decimo della forza lavoro ma per la crisi incidono per un quinto sui disoccupati
Immigrati, il futuro è in Cina e Giappone Lo annuncia la "Bibbia laica" dei migranti  
ROMA - Parlano romeno, albanese, arabo e cinese. Costituiscono un decimo della forza lavoro del nostro Paese, pagano 7 miliardi di contribuiti pensionistici, gestiscono 228mila imprese, ma non sono impermeabili alla crisi. Eccoli i "nuovi italiani": cinque milioni e mezzo tra regolari e non. A fotografarli è il Dossier Caritas/Migrantes 2011 1, giunto quest'anno alla XXI edizione: una sorta di Bibbia laica per chiunque si occupi d'immigrazione in Italia. Centinaia di pagine e tabelle, che si aprono con una notizia: "La Cina diventerà il massimo sbocco per i flussi migratori internazionali, insieme al Giappone, alla Corea del Sud e ad altri Paesi asiatici".
Mezzo milione di irregolari. A livello mondiale i migranti sono arrivati a quota 214 milioni. E in Italia? Al 31 dicembre 2010, su 60.626.442 residenti nel nostro Paese, i 4.570.317 stranieri (per il 51,8% donne) incidono sulla popolazione per il 7,5%. Nell'ultimo anno l'aumento, nonostante la crisi, è stato di 335.258 persone al netto delle oltre 100mila cancellazioni dall'anagrafe (di cui 33mila per trasferimento all'estero e 74mila per irreperibilità) e dei 66mila casi di acquisizione di cittadinanza. Non è tutto: agli stranieri residenti, secondo la stima del Dossier, bisogna aggiungere oltre 400mila persone regolarmente presenti ma non ancora registrate in anagrafe, per una stima totale di 4miliorni e 968mila persone. A questi andrebbe infine sommato il mezzo milione di immigrati irregolari che vive in Italia. Dove vivono i migranti? Nord Ovest il 35,0%; Nord Est 26,3%; Centro 25,2%; Sud e Isole 13,5%.
La "tesoro" degli immigrati. Il Dossier ricorda che il sistema pensionistico italiano si regge grazie agli oltre 7 miliardi annui di contributi pagati dagli immigrati. Non solo. Il saldo tra i loro versamenti all'erario e le spese pubbliche sostenute a loro favore è ampiamente positivo: 1,5 miliardi di euro. I lavoratori stranieri costituiscono un decimo della forza lavoro ma, in seguito alla crisi, sono arrivati a incidere per un quinto sui disoccupati. Se agli immigrati si aggiungono poi i flussi di turisti, sono 200mila gli arrivi giornalieri dall'estero, che in un anno assicurano all'Italia entrate valutarie per oltre 29 miliardi di euro (Banca d'Italia). Stando all'Istat, infine, a metà secolo gli stranieri in Italia potranno essere 12,4 milioni, con una incidenza del 18% sui residenti.
Il welfare fai-da-te. Il Dossier Caritas/Migrantes ricorda che in Italia la famiglia è sostenuta con l'1,4% del Pil, mentre la media Ue è del 2%: "Le risorse limitate consentono di accogliere negli asili nido solo 9 bambini su 100 e non 33 come raccomandato a livello europeo. Il Centro internazionale di studi sulla famiglia ha calcolato che per crescere un figlio servono 741 euro al mese e 160.140 euro nell'intero ciclo formativo dall'asilo nido all'università". Anche per questo nelle famiglie italiane, dove le donne lavorano e sempre più sono le persone non autosufficienti, cresce l'aiuto delle badanti e delle collaboratrici familiari (secondo le ultime stime sarebbero circa 1,5 milioni) le quali, però, risultano coperte dalla contribuzione previdenziale in meno della metà dei casi. Insomma, molto è ancora il lavoro nero.
Cie costosi e inefficaci. "Nei costosi centri di identificazione ed espulsione (Cie)  -  si legge nel Dossier 2011  -  anche a seguito del protrarsi del trattenimento, sono sempre più ricorrenti le proteste, da ultimo da parte delle persone in fuga dal Nord Africa. Nel 2010 vi sono transitati 7.039 immigrati, con una permanenza media di 51 giorni; ma la possibilità di trattenimento è stata portata a 18 mesi, la stessa durata della custodia cautelare in carcere prevista per gli indagati per associazione mafiosa, sequestro di persona, pornografia e violenza sessuale". Da un'interpellanza parlamentare alla Camera risulta che la retta giornaliera in un Cie costa 45 euro, mentre l'espulsione effettiva di un immigrato è valutabile in 10mila euro.
Il flop delle espulsioni. "Nonostante gli accordi bilaterali in tema di riammissione - ricordano gli studiosi Caritas/Migrantes - nemmeno la metà delle persone trattenute nei Cie è stata effettivamente rimpatriata (3.339), mentre più di un sesto è stato dimesso per scadenza dei termini". E così nel 2010 sono stati registrati 4.201 respingimenti alle frontiere e 16.086 rimpatri forzati, a fronte di 50.717 persone rintracciate in posizione irregolare.
 
 
 
Diritto di voto. D’Alema (Pd): “La nostra democrazia è basata sul reddito?”
"Sembriamo città-Stato in cui la forza lavoro più umile non può andare alla urne. Eppure immigrati sostengono welfare e pensioni"
Stranier in Italia. it, 26-10-2010
Roma – 26 ottobre 2001 - ''E' difficile  capire che democrazia è la nostra, se i cittadini immigrati che rappresentano piu' del 10 per cento della ricchezza del nostro Paese e il 12 per cento della forza lavoro non ha diritto di voto”.
Lo ha detto oggi Massimo D'Alema, presidente del Copasir ed esponente del Pd,  nel corso di un’audizione davanti alla commissione Diritti umani del Senato.
“Le nostre – ha aggiunto -  sono democrazie che somigliano ormai piu' a Citta'-Stato, a democrazie censitarie [dove va alle urne solo chi raggiunge un determinato  reddito n.d.r.] in cui la forza lavoro piu' umile non gode del diritto di voto e questo altera la democrazia della rappresentanza''.
D’Alema ha poi ricordato che non permettendo agli immigrati di andare alle urne si viola anche il principio anglosassone del “no taxation without representation”. "Queste persone pagano le tasse e sono il sostegno del nostro sistema previdenziale e di welfare. Se andassero via non si pagherebbero piu' le pensioni"
 
 
 
Immigrazione: Torino, sms per ritiro permesso soggiorno
Emergenza Nord Africa, 1.300 stranieri identificati nel 2011
(ANSA) - TORINO, 26 OTT - Un sms sul telefono cellulare per ritirare il permesso di soggiorno: e' il nuovo servizio attivato dalla Questura di Torino, in collaborazione con Poste Italiane, per gli immigrati che hanno richiesto il rilascio o il rinnovo del documento e che, cosi', potranno evitare code agli sportelli dell'ufficio immigrazione, dove transitano circa 800 persone al giorno. Per accedere al servizio e' sufficiente che il cittadino indichi il proprio numero di cellulare all'atto della richiesta, che puo' essere presentata negli uffici postali.
Dall'inizio dell'anno, quando e' iniziata l'emergenza dei profughi provenienti dai Paesi del Nord Africa, sono state identificate e fotosegnalate circa 1.300 persone, alle quali e' stato concesso il permesso di soggiorno temporaneo e per le quali e' in corso l'iter per il riconoscimento dello status di rifugiato politico. (ANSA).
 
 
 
Ennahda: "Siamo l'Islam moderno" E in prima fila mette le donne
la Repubblica, 26-10-2011
SABINA AMBROGI
Il partito religioso uscito vincitore dalle ultime elezioni per l'Assemblea costituzionale desta molta inquietudine tra i secolaristi, soprattutto per il futuro dei diritti femminili. Ma si tratta di una formazione dotata di una buona comunicazione politica e così molti dei suoi leader sono donne, alcune velate altre no. Mentre per le strade del Paese si vedono sempre più hijab
TUNISI - Il partito islamista Ennahda ha avuto oltre il il 40% dei consensi nelle elezioni per l'assemblea costituente che dovrà redigere la nuova Costituzione del Paese, e avrà quasi la metà dei seggi nell'organismo che ridefinirà le regole del gioco in Tunisia.
Buona sintesi del volto di  questo Islam moderato  tollerante (come lo definisce  il New York Times) o  forse meglio sarebbe  dire  "Islam globalizzato", sono le donne attiviste del partito. La  rivoluzione  tunisina insieme alla destituzione del dittatore  ha portato un desiderio di affermazione  dell'identità arabo musulmana e di  libertà che passano anche attraverso l'uso del velo, percepito con insofferenza durante il  regime "laico" ma autoritario di Ben Ali.
Quella del velo è diventata  così una "riappropriazione"  libertaria delle donne. Mal vista dalle numerose associazioni di femministe, proprio per la sua  portata  simbolica, ha però preso subito piede. Così le strade di Tunisi si sono riempite a dismisura rispetto al passato  di donne velate, creando  un singolare choc con la post modernità che pure si affaccia nel paese: occupano il paesaggio urbano immensi manifesti pubblicitari con immagini di donne esposte fino al ridicolo mentre passano donne giovanissime e anziane sempre più  velate.  
Questa affermazione identitaria (al pari di quelle che si stanno costruendo in Europa) rischia però di rivelarsi una modesta vittoria per le donne. Durante le elezioni capolista sono stati quasi sempre uomini. Pochissime così saranno le donne che potranno battersi per i propri diritti da affermare nella Costituzione, come anche le conquiste del passato appaiono ulteriormente minacciate dall'ondata conservatrice.  
Giurano però  il contrario le attiviste del partito Ennahda, ricco e mediatizzato fino all'ingenuità  di mettere la farmacista Souad Abderrahim capolista a Tunisi, a simboleggiare la modernità. Souad non porta il velo, ha i capelli rossi tinti e veste all'occidentale. Parure di brillanti griffata, rilascia  interviste a tutti i media: " Ho conquistato la fiducia dei tunisini e questo mi basta. Avevo iniziato a fare politica con Bourghiba quando ero all'università,  poi ho smesso  perché era diventato impossibile e ho deciso di rifare politica dopo la rivoluzione".  Souad parla come  una  navigata  politica della nostra  maggioranza. Snocciola dati, fotografa con orgoglio le donne tunisine senza mai  dire come ottenere i brillanti obiettivi: "Questo partito rispetta le donne, la libertà e  le loro competenze. Tutte le donne devono lavorare, anche perché il tasso di riuscita all'università è maggiore rispetto agli uomini".
A  riguardo, il giornalista e scrittore Khémais Khayati  osserva: "Nel programma  di Ennahda hanno  fissato  365  punti, con tutto e il suo contrario. Un sacco di fesserie, come i 590.000 posti di lavoro in cinque anni.  Ma dove stanno in Tunisia? Guarda caso corrispondono precisamente al lavoro delle donne. In realtà Ennahda vuole  solo  ricominciare "dal basso" e  la  vera  mira sono le  prossime municipali. Entrare nelle piccole comunità, dove poco a poco vieteranno tutto, in nome dell'Islam. Come sta facendo Erdogan. Inoltre se tutto si deve fare nel rispetto dell'Islam, tanto per dirne una, si può tranquillamente reintrodurre la poligamia".
 Anche Soumaya Gannoushi  è in prima linea nel partito vincitore. Una delle figlie del leader Rashid  Gannoushi (in esilio per vent'anni  a Londra durante  il governo di Ben Ali),  è una giovane donna, vissuta e formata nelle università inglesi, tornata in Tunisia assieme alle sorelle per sostenere il padre nella campagna elettorale. Porta il velo come la maggior parte delle donne  all'interno del partito.  Eloquio brillantissimo, inglese senza accento, parla ovviamente l' arabo, e  poco francese (parlato sempre meno in Tunisia):
"Non c'è da avere paura. I nostri nemici hanno fatto leva  sul timore che le donne perdessero i diritti acquisiti. E anche Ben Ali ha fatto la stessa cosa: ha voluto far passare Ennahda come  un partito di fondamentalisti.  Mio padre incarna un'interpretazione progressista dell'Islam, si è sempre occupato di diritti umani, di diritti delle donne, compreso il diritto di una donna di diventare presidente della nazione. Né c'è contraddizione tra modernità, democrazia, diritti delle donne e Islam. E' molto  importante  per noi determinare le proprie scelte personali. Ennahda respinge pertanto  il  modo di trattare le donne in Arabia Saudita e in Iran, e intende conservare il Csp". Il riferimento è al Code du Statu Personnel, un insieme di norme  assolutamente invidiabile in tutta la regione del Maghreb che garantisce l'eguaglianza tra uomo e donna, vieta la poligamia, garantisce un matrimonio basato sulla volontà reciproca, stabilisce una procedura giuridica per il divorzio. Un insieme di norme rinforzato nel 1993 da Ben Ali  per perseguire i suoi obiettivi di modernizzazione, sempre in ottica conservatrice.
Nel programma di Ennahda - introdotto dalla frase : "Nel nome di Dio misericordioso"  disponibile in tre lingue (francese inglese arabo) su elegante carta patinata c'è un capitolo dedicato ai diritti delle donne e la riprovazione di ogni imposizione e marginalizzazione.  Anche se le idee di una delle capolista, Jawhara Etiss, nel  Tataouine regione sud della Tunisia, ispirano poca modernità. Abito lungo  e velo, non parla francese, solo inglese e arabo: "Per me l'identità  arabo-musulmana è la Oumma, tante nazioni islamiche in un'unica e sola nazione". E a smentire immediatamente le ambizioni  di autodeterminazione, ecco un  uomo tunisino che vaga all'interno della sede del partito e  propone a tutti la moglie "con dottorato in civilizzazione araba, a disposizione per ogni intervista".
Ennahda, sostenuto da Arabia Saudita e Qatar, ha potuto seguire i metodi di comunicazione occidentali durante la  sua campagna elettorale, beneficiando inoltre dell'appoggio di France 24 in arabo, e della seguitissima rete satellitare Al Jazeera, di proprietà dell'emiro del Qatsar. Questo, mentre i media tunisini davano prova di grande  democrazia e pluralismo, fino al rischio di azzerare  la comunicazione  per saturazione: tutti i 118 partiti politici hanno avuto uno spazio di visibilità  garantito in egual misura.  Forse ha ragione la blogger Emna Ben Jemaa che alla domanda "La rivoluzione è finita?" ha risposto   "deve ancora cominciare".
 
 
 
 
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