Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 maggio 2013

La scelta di Jean Claude camerunense e giornalista
l'Unità, 10-05-2013
Italia-razzismo
Lo scorso 3 maggio è stata celebrata la giornata mondiale della libertà di stampa. Una giornata, questa, voluta dall'Unesco che, per l'occasione, dal 1997 conferisce il premio Guillermo Cano World Press Freedom Prize a persone, organizzazioni o istituzioni che hanno dato un contributo evidente alla difesa e/o alla promozione della libertà di stampa ovunque nel mondo, specialmente dove essa è minacciata. Il nome del premio non è affatto casuale.
È quello di un giornalista colombiano assassinato nel 1986 all'ingresso della sede del giornale  El Espectador, per cui lavorava.
Il motivo dell'omicidio è legato all’inchiesta sui traffici di droga in Colombia che portava avanti con non poche difficoltà. La storia di Cano non è unica, purtroppo. Nel 2012, secondo la Federazione internazionale dei Giornalisti di Bruxelles, sono 121 le persone uccise per ragioni legate allo svolgimento del mestiere del giornalista. Una cifra drammatica che fa capire quanto ancora c’è da fare perché il diritto alla libertà di stampa possa essere pienamente esercitato. Le vittime di questa negazione, però, non sono solo quelle che perdono la vita. Ci sono molti giornalisti che a quella sorte riescono a scampare, ma si trovano costretti a fuggire anche dal loro Paese per chiedere asilo altrove. Di essi non si conosce il numero perché, una volta giunti nel nuovo Stato, preferiscono mantenere l'anonimato. Ciò accade soprattutto dove non esistono particolari forme di tutela per chi appartiene a quella categoria, come in Italia. Qui, infatti, i giornalisti sono inseriti nei normali circuiti di accoglienza in cui convivono con molti altri richiedenti asilo o rifugiati, e in cui il rischio di essere riconosciuti, e minacciati o perseguitati, dai loro connazionali è davvero alto. Ma non solo. Quegli stessi connazionali potrebbero addirittura rappresentare una reale minaccia per la loro incolumità in quanto possibili spie di governi ancora in carica nei paesi d'origine. È questo che motiva il perpetuarsi della condizione di fuga da parte dei giornalisti rifugiati, costretti a nascondersi, mascherarsi e - perché capita anche questo - negare la propria identità. Ciò significa che, il fatto di decidere se richiedere o meno il riconoscimento della professione in Italia, diventa una scelta da ponderare molto dettagliatamente sia perché si tratterebbe di uscire allo scoperto e, dunque, rischiare; sia perché la procedura burocratica è molto lunga. Ma qualcuno di temerario c'è. Un paio di settimane fa, Jean Claude Mbede, giornalista camerunense rifugiato in Italia dal 2008, si è iscritto all'Ordine nazionale dei giornalisti professionisti. È la prima volta che in Italia accade un fatto del genere e, si spera, che non rimanga l'unico. Se così fosse il nostro Paese perderebbe tanto in termini di competenze. Queste persone, infatti, sono assolutamente preparate sulla situazione politica e sociale di paesi di cui, qui, si parla ancora poco.  



Lampedusa, soccorsi 181 migranti alla deriva: c'erano due neonati
Avvenire, 10-05-2013
È arrivata a Lampedusa alle 6 di questa mattina la motovedetta della Guardia Costiera che nella notte ha soccorso un gommone alla deriva con 98 migranti a bordo, tra cui 17 donne, una in stato di gravidanza, e due neonati.
Un altro gruppo di migranti soccorso su un altro gommone alla deriva, 83 persone, tutti uomini, suddivisi su due motovedette, è atteso a Lampedusa per le 9.30-10. Si è intanto accertato che una terza segnalazione di emergenza giunta ieri notte tramite telefono satellitare si riferiva a una delle due unità già soccorse.
La Guardia Costiera sottolinea come, nonostante il costante impegno profuso a Genova a seguito dell'incidente di due giorni fa, con due persone ancora disperse, non si allenta la vigilanza nelle altre aree, e in particolare nel Canale di Sicilia.



SUMMIT A FIRENZE
«Lo ius soli? Temperato È la via scelta dall'Europa»
Avvenire, 10-09-2013
Vincenzo R. Spagnolo
Non sono certo questi che mi fermeranno... Il tema della cittadinanza non può restare inascoltato». Sotto i soffitti lignei di Palazzo Vecchio, dipinti nel Cinquecento dal Vasari, il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge incontra i cronisti in una pausa del summit sullo Stato dell’Unione europea.
Lo striscione offensivo esposto a Macerata non l’ha fiaccata: «Conta la risposta della società civile. L’Europa ha diversi modelli di cittadinanza: non ho mai auspicato uno ius soli puro, applicato solo negli Usa. Il nostro continente va verso uno ius soli temperato…». Arriva il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, per pronunciare il discorso sullo Stato dell’Unione: «Non bisogna demonizzare i nazionalismi e l’euroscetticismo, ma dimostrare che l’Ue è la migliore alternativa».
Nel 63° anniversario della Dichiarazione di Schuman, Firenze torna capitale europea come nel Rinascimento, col sindaco Matteo Renzi a fare da padrone di casa. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in un messaggio auspica che la Ue prosegua con le riforme «a sostegno della ripresa dell’economia e dell’occupazione». Cittadinanza, solidarietà, accoglienza sono fra i concetti più declinati dagli ospiti internazionali del summit, insieme ai loro contrari, come la xenofobia e le folate “scissioniste” che squassano il continente: «La paura e il pregiudizio si diffondono a causa di gruppi nazionalisti e demagogici, che sfruttano l’attuale malessere sociale di coloro che non hanno un lavoro e che non hanno fiducia nel futuro.
Solo un federalismo europeo può far convivere 500 milioni di persone di culture diverse», osserva il ministro degli Esteri Emma Bonino. «L’Unione Europea è parte della soluzione, non del problema», aggiunge il ministro per le Politiche europee, Enzo Moavero Milanesi, mentre il senatore a vita ed ex-premier Mario Monti è convinto che molte forze politiche, anche in Italia, abbiano lucrato voti con l’antieuropeismo.
Il presidente della Camera Laura Boldrini punta il dito sugli Stati, Italia compresa, che respingendo migranti verso alcuni Paesi hanno violato i loro diritti fondamentali e le imprese, «anche europee» che sfruttano lavoratori di altri continenti, compresi gli oltre 900 morti a Dacca nel crollo di una fabbrica. Ormai, denuncia, «la solidarietà cede il passo a atteggiamenti  meschini, vendicativi, che dividono l’Europa invece di unirla». Non solo: «Forze estremiste,  spesso con espliciti accenti neonazisti, sono attualmente rappresentate in alcuni parlamenti nazionali.
Bande razziste si aggirano per le strade di alcuni Paesi europei, molestando e aggredendo migranti e rifugiati. Bisogna agire contro gli Stati che violano diritti fondamentali». Il Commissario europeo agli Affari Interni, Cecilia Malmstrom, impegnata nel contrastare la tratta di esseri umani, torna sul nodo della cittadinanza: «Sono i singoli Stati ad avere competenza in materia, ma l’esperienza dimostra che concederla ai migranti di seconda generazione abbassa il rischio di discriminazione, prevenendo conflitti sociali».
E nel grande salone dei Cinquecento, prima di tornare a Roma, il ministro Kyenge formula un auspicio: «Vorrei un’Europa contraria a ogni discriminazione in cui tutti, autoctoni e stranieri, lavorino per una società di persone uguali davanti alla legge».
 


Grillo contro lo ius soli: "Regola che può cambiare, ma con referendum"
Il leader del Movimento 5 Stelle, in un post sul suo blog, chiarisce: "Se si è nati in Italia da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni, è un fatto acquisito". Cambiare la norma è una decisione che "non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente"
la Repubblica, 10-05-2013
ROMA - Lo ius soli, in Europa, non è presente "se non con alcune eccezioni estremamente regolamentate". Lo scrive il leader del Movimento 5 Stelle, in un post sul suo blog, nel quale chiarisce che in Italia, "se si è nati da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni", lo ius soli è già un fatto acquisito e spiega: "chi vuole al compimento del 18simo anno di età può decidere di diventare cittadino italiano".
"Questa regola può naturalmente essere cambiata, ma solo attraverso un referendum nel quale si spiegano gli effetti di uno ius soli dalla nascita. Una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente. Inoltre, ancor prima del referendum, lo ius soli dovrebbe essere materia di discussione e di concertazione con gli Stati della UE. Chi entra in Italia, infatti, entra in Europa", aggiunge il leader del Movimento, che poi attacca la poca chiarezza della sinistra: "Dalle dichiarazioni della sinistra che la trionferà (ma sempre a spese degli italiani) non è chiaro quali siano le condizioni che permetterebbero a chi nasce in Italia di diventare ipso facto cittadino italiano".

 

Insulti razzisti a Kyenge Che va avanti sullo ius soli
Corriere della sera, 10-05-2013
ROMA — «Kyenge torna in Congo»: l'ennesimo attacco firmato Forza nuova al neoministro per l'Integrazione Cécile Kyenge è uno striscione, comparso nella notte tra mercoledì e giovedì, davanti alla sede del Pd di Macerata. «Non sono questi che mi fermeranno — ha replicato ferma il neoministro —. La mia risposta non è fondamentale, ma lo è ciò che risponde la società civile». Kyenge, che ha ricevuto la solidarietà di tutto il mondo politico, ha assicurato di non essere «assolutamente» preoccupata. Ma ieri nel tardo pomeriggio agenti della Digos hanno perquisito la sede di Forza nuova a Macerata: non «avrebbero trovato nulla di interessante». «Non ci lasceremo intimidire — ha replicato il movimento di estrema destra —. Pertanto la battaglia contro immigrazione e ius soli continua».



Ci voleva una ministra nera per scoprire l’Italia razzista
Corriere della sera, 10-05-2013
Rania Ibrahim
Ma siamo sicuri che l’Italia fosse pronta ad avere un ministro della Repubblica italiana nera? Abbiamo voluto fare gli americani per poi accorgersi di colpo che siamo nati in Italy? Abbiamo applaudito Obama tutti contenti riconoscendo l’importanza della “scelta razziale” in un Paese come gli USA e poi, una ministra nera ci ha turbato il sonno, facendoci scoprire quanto siamo ancora indietro e attaccati a paure e pregiudizi.
Pensavate sarebbe passata inosservata come Josefa Idem, anche lei nuova italiana? Non certo in Italia. Almeno non nella mia Italia, quella che in questi giorni invece di stringersi a “coorte”… si stringe attorno alle esternazioni razziste e xenofobe di chiunque… dal giornalista frustrato al politico superato becero e ignorante, al nuovo italiano inacidito o all’ex parlamentare trombato. La stessa Italia che ho imparato a conoscere sulla mia pelle, attraverso i commenti e gli insulti razzisti che riceviamo nel blog o durante le conferenze e le manifestazioni. Quella dei media fomentatori di odio e populismo a beneficio di share e audience.
Insomma sono state nominate due ministri donna a ricoprire cariche istituzionali importanti, un vero onore, e di chi si parla… non certo della bionda, della bianca della tedesca… della sportiva, ma solo della nera, dell’africana…di quella come dicono tanti soprattutto nelle segrete urne e dietro ai loro pc che non potrà mai rappresentarli pienamente perché nera, africana e perché parla di meticciato. Capisco, forse la Kyenge ancora non ha imparato a fare il “politico all’italiana” visto che con la sua sincerità ha “offeso” molti italiani parlando di meticciato. La prossima volta più falsità o diplomazia a seconda del contesto signora Kyenge, mi raccomando.
Non basta visivamente mettere parlamentari di colore, disabili, con il velo…o con il turbante, la strada è lunga e mi pare che stiamo messi male. Bisogna arrivare alla pancia e non solo nel mondo elitario degli intellettuali e degli addetti al lavoro, ma alla strada, i quartieri e oggi il web, sono lo specchio del disagio e della condizione di tutta questa insofferenza e sofferenza.
Eppure credo che se andiamo avanti così, non basterà un giuramento a renderci italiani, rimarremo sempre un marocchino di merda, un musulmano di merda, un ebreo di merda o una negra di merda. E vi assicuro che basta poco per sentirsi addosso uno di questi eleganti appellativi, allo stadio o in una fila di un supermercato o anche fuori da scuola, sulla pelle dei nostri figli. Spesso per sciocchezze.
    Molti italiani la pensano così…grazie al cielo non la maggioranza…che ci piaccia o no…negarlo sarebbe mera ipocrisia. E c’è anche chi ne va fiero.
Non so bene di chi sia la colpa, forse dei nuovi cittadini, delle istituzioni, della politica opportunista che etichetta, ghettizza e che usa bandiere nelle campagne elettorali proponendo trans, lesbiche, disabili, 2g, neri o altro? insomma, capisco l’importanza delle testimonianze e dei simboli…ma siamo sicuri che in questo modo si ottengono risultati?
    Insomma basta nascondersi. Dovrebbero essere temi trasversali, universali e non hanno bisogno di testimonial.
Non dobbiamo tollerare esternazioni indegne come “Scimmia congolese”, “Governante puzzolente”, “Negra vai a lavare i cessi”, “Kunta Kinthe tornatene in Congo” faccia da casalinga… sono solo alcuni dei moltissimi insulti razzisti rivolti alla Kyenge sulla sua pagina Facebook. Alla mercé dei soliti razzisti dal dito veloce e dalla tastiera bollente non ci sono le capacità e le competenze della Kyenge, ma il suo colore di pelle, cosa irrilevante dal punto di vista istituzionale e politico, anzi da ogni punti di vista.
    Populismo, xenofobia e demagogia della specie più becera. E vi assicuro che fa male all’anima.
Ma cosa dobbiamo dimostrare ancora per essere riconosciuti come italiani e basta? Insomma bruciano e sputano sul Tricolore e vanno al governo per anni, una Italo-congolese nera dice che rispetta e va fiera delle sue origini non ci rappresenta, ci offende? Che dire se non la solita italietta!? L’Italia provinciale, del campanilismo, della Bergamo de sure o de sota, l’Italia del nord contro il sud, del lumbard contro il terun…insomma di quella Italia ancora troppo divisa e che si indigna spesso ultimamente per dichiarazioni che parlano di meticciato e che non un muove un dito davanti ad una politica sorda e cieca rispetto ai reali problemi allarmanti del Paese.
Comunque forse un merito questa nomina ce l’ha, quella di sbatterci in faccia la realtà, di scardinare una volta per tutte ipocrisie degli italiani che ancora si credono brava gente, che ancora pensano che questo non sia un paese razzista, il paese del furbo che va avanti e del buono che è un fesso. Un paese che si immagina bianco e che si ricorda del tricolore solo ogni 4 anni durante i mondiali e allora si che si vedono sventolare le bandiere sui balconi, un paese che nega il sacrosanto diritto ai suoi cittadini di inginocchiarsi e pregare in una Moschea, definendosi cattolico per poi non accorgersi delle proprie Chiese vuote anche la domenica mattina. Un paese che all’occorrenza sottolinea fieramente la cultura e le gesta dei suoi avi e poi si perde nei programmi della De Filippi e della D’Urso, o del Grande fratello divenuti oramai il vero sogno dell’italiano medio…ci crediamo accoglienti e poi teniamo aperti i CIE, diamo una connotazione geografica e spesso religiosa al crimine fregandocene delle statistiche e della realtà che ci farebbe apparire peggiori di quanto noi non vogliamo vederci.
   Chissà se questa era l’Italia che si immaginava mio padre quando nel 1971 scelse questo paese per viverci e realizzarsi.?Ah, dimenticavo, ancora oggi mio padre sta aspettando la cittadinanza italiana.



 

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