Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Per gioco e per passione


Mauro Valeri

Il XII Congresso Nazionale dei Centri interculturali, che si è tenuto ad Ancona il 22 e 23 ottobre, dal titolo “Per gioco e per passione”, è stato dedicato al tema dell’intercultura, dello sport e del razzismo. L’ipotesi di considerare anche l’ambito sportivo come una materia interculturale, segna un passaggio culturale importante e ci permette di fare il punto sul legame che purtroppo lega ancora negativamente lo sport al razzismo. Schematicamente possiamo individuare alcuni nodi problematici.
Il primo nodo è di carattere storico. Lo sport moderno infatti è stato codificato proprio nel periodo di massima espansione coloniale, e di affermazione delle teorie razziste, le quali hanno offerto una interpretazione del gesto sportivo in chiave “razziale” o etnica che ha trovato una ampia diffusione popolare. D’altra parte, gran parte delle stesse discipline sportive nascono proponendo una visione delle relazioni umane fortemente contraddistinte dal razzismo. Il calcio, ad esempio, nasce come sport riservato a “inglesi, ricchi e bianchi”. Se gli anthropological days, che si sono svolti nelle Olimpiadi di Saint Louis del 1904, sono sicuramente un ricordo lontano, è pur vero che qualcosa di ambiguo rimane nell’organizzazione dei Giochi Olimpici più moderni (basti pensare a quali sono considerati oggi sport olimpici e quali invece no). Inoltre, la convinzione che la “supremazia sportiva” rappresenti anche una sorta di “supremazia nazionale”, se non addirittura razziale, non è stata ed è sostenuta soltanto dai regimi totalitari, ma trova ancora oggi numerosi sostenitori. Tenere conto di questo elemento storico è molto importante, perché ci obbliga a far riferimento alla storia dello sport sempre in maniera critica (una sorta di “controstoria”), utile semmai a evidenziare in che modo le rivendicazioni dei movimenti per i diritti civili attivi nella società siano riuscite a rendere lo sport meno elitario e razzista.
Strettamente connesso a questo aspetto storico, vi sono i pregiudizi razziali o etnici che troppo spesso sono, ancora oggi, presenti su libri e quotidiani sportivi, ma anche nei commenti radiofonici e televisivi. E’ facile leggere o ascoltare qualcuno attribuire le vittorie dei neri sul ring al fatto che si tratta di una “razza” che non sentirebbe la fatica e il dolore; oppure, ritenere che gli scarsi successi che ottengono i neri nel nuoto siano una conseguenza della loro ossatura “naturalmente” più pesante di quella dei bianchi! Qualcuno ha anche interpretato le vittorie degli atleti afroamericani nelle gare di velocità facendo riferimento ad una teoria “evoluzionista” razzista assai diffusa, anche se, ovviamente, mai accreditata: vincono loro perché sono i discendenti dei sopravvissuti alla tratta negriera, quindi i più forti e i più sani! La recente vittoria del giamaicano Bolt ha messo in discussione questa “teoria”, subito soppiantata da un’altra, altrettanto razzista, secondo la quale, essendo la Giamaica una delle prime tappe della tratta negriera, vi sarebbero stati lasciati i neri che, oltre ad essere sopravvissuti al mare, sarebbero anche i più ribelli. Spirito di ribellione e forza fisica sarebbero i componenti della miscela che farebbe di Bolt e concittadini i grandi velocisti! Un analogo discorso vale anche per spiegare le vittorie degli africani degli altopiani nelle gare di resistenza: in questo caso il motivo più gettonato è che “sono abituati a correre perché ogni giorno debbono correre decine di chilometri per andare a scuola”. Si tratta di pregiudizi che rischiano di alimentare il razzismo, sia attraverso la costruzione di stereotipi negativi, sia anche in stereotipi positivi che ingabbiano le persone e le relazioni.
Un altro nodo che lega sport a razzismo è invece di carattere metodologico: cosa dobbiamo intendere per “razzismo in ambito sportivo”. Al di là delle dichiarazioni di massima, sicuramente importanti, contenute in tutte le norme che regolamentano l’attività sportiva, e che ribadiscono la volontà di condannare qualsiasi comportamento o espressione di discriminazione razziale, oggi il problema è l’applicazione di quelle norme. O, più semplicemente: quando considerare un gesto realmente di discriminazione razziale? L’esempio più evidente è ciò che avviene negli stadi italiani, e in particolare i buuu urlati contro calciatori neri. Anche se è evidente che si tratta di una modalità razzista di animalizzare il calciatore, avversario e non, preso di mira, per gran parte dei tifosi, invece, quei buuu non avrebbero nulla a che vedere con il razzismo, poiché sarebbero solo un modo per provocare o contestare il calciatore. Un analogo discorso di assenza di chiarezza potrebbe essere fatto in merito agli striscioni: quali sono quelli razzisti? E’ vero che ogni settimana il giudice sportivo stabilisce le ammende contro i tifosi razzisti, ma ciò non toglie che permanga il rischio che si venga a creare una spaccatura tra un codice di giustizia sportivo sempre più severo sui comportamenti razzisti, e una parte consistente dei tifosi che ritiene che quegli episodi non siano tali (con l’evidente rischio, tutt’altro che lontano, che lo stesso giudice tenda ad accettare come normali ocmportamenti razzisti). In ciò la scuola potrebbe dare allo sport più di quanto lo sport possa dare alla scuola, in temini di riflessione e di proposte operative.
Un quarto nodo, che fa dello sport un terreno di discriminazione e non di integrazione, riguarda la possibilità di accesso alla carriera professionistica dei figli degli immigrati nati e cresciuti in Italia. Come più volte ribadito in questa rubrica, si tratta di una conseguenza dell’attuale legge sulla cittadinanza italiana, che prevede che sia possibile acquisirla alla nascita soltanto se si è figli di un genitore italiano. Ciò vuol dire che, anche se si nasce in Italia da genitori stranieri, si resta stranieri almeno fino ai 18 anni. Ancor più difficile acquisire la cittadinanza per chi arriva in Italia da bambino. Tutto questo ha immediate e preoccupanti conseguenze anche in ambito sportivo. Detto in termini più concreti, oggi per i figli di immigrati la carriera sportiva a livello professionistico è fortemente compromessa. Soprattutto perché, nel frattempo, in nome della difesa dell’italianità, da alcuni anni sono state inserite quote che limitano la presenza di atleti stranieri, termine che comprende ovviamente anche i figli degli immigrati nati e/o cresciuti in Italia.
E’ quindi evidente che lo sport, per poter svolgere quel ruolo di riconoscimento dell’altro e per poter divenire strumento interculturale, debba essere capace a sciogliere questi pericolosi legami instaurati con il razzismo, così come stanno facendo centinaia di associazioni che in tutta Italia stanno lottando il razzismo proprio partendo dallo sport.

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links